Lo psicologo non è un medico

giuseppesantonocito
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta

Ogni tanto succede che i nostri utenti/clienti/pazienti si rivolgano a noi psicologi usando l’appellativo di medico.

“Grazie dottore, lei è davvero un bravo medico!”

“Lei è il medico che ha centrato meglio il problema, gli altri medici non avevano saputo ascoltarmi”.

Molte persone credono in assoluta buona fede che lo psicologo sia un medico. E alcuni medici, dal canto loro, ci rivolgono la critica scherzosa e bonaria secondo cui noi approfitteremmo di tale malinteso, in un certo senso spacciandoci per medici senza esserlo, omettendo apposta di specificare all’utente come stanno le cose.

Già, ma come stanno, davvero, le cose?

Quest’articolo mostra in che senso lo psicologo non è un medico.

Il dato di fatto principale è che medico e psicologo compiono percorsi di studi in larga parte distinti, con poche o pochissime aree di sovrapposizione (con alcune eccezioni notevoli, che vedremo).

Lo psicologo è un professionista che ha frequentato la Facoltà di Psicologia (FP nell’immagine di seguito) per una durata nominale di 5 anni, terminata la quale, per potersi iscrivere all’Albo degli Psicologi e Psicoterapeuti, deve frequentare un anno di tirocinio post-laurea (TPS nell’immagine) presso una struttura riconosciuta. Successivamente all’Esame di Stato e all’iscrizione al suo Albo, lo psicologo ha la possibilità - non l’obbligo - di studiare altri 4 o 5 anni frequentando una scuola di specializzazione in psicoterapia (SSP) riconosciuta, che lo abiliterà per legge all’esercizio della psicoterapia.

Si tratta di un percorso di studio delle materie psicologiche che può andare complessivamente da un minimo assoluto di 6 anni per lo psicologo non psicoterapeuta fino a 12-13 anni per lo psicologo psicoterapeuta, a seconda del tempo di preparazione speso per la tesi, del tipo di scuola di specializzazione frequentata ecc..

La rappresentazione grafica del percorso di studi dello psicologo psicoterapeuta è pertanto la seguente (la lunghezza delle barre è proporzionale alla durata, ossia il disegno è in scala):

Com’è possibile vedere si tratta di 6-13 anni di studio dedicati interamente allo studio di materie riguardanti psicologia e psicoterapia.

Si consideri oltretutto che durante la scuola di specializzazione l’aspirante psicoterapeuta è tenuto a effettuare almeno 100 ore annue di tirocinio in psicoterapia presso strutture riconosciute, per un totale minimo di 400 ore.

Vediamo ora il caso del medico.

Il medico è un professionista che ha frequentato la Facoltà di Medicina e Chirurgia, il cui piano di studi prevede tutt’oggi un solo esame di psicologia (E nell’immagine di seguito, in scala con l’immagine sopra). Considerato che un esame universitario richiede in media circa 3 mesi per essere preparato, la rappresentazione grafica proporzionale del tempo dedicato dal medico allo studio della psicologia nel suo percorso standard di studi è questa:

Si tratta di una differenza evidente, che rende conto di come, per la medicina, gli aspetti psicologici non siano tradizionalmente considerati “di prima classe”. Ogni medico ammetterà che essi sono importanti nella gestione del paziente, ma di fatto il suo percorso standard di studi non è attrezzato a tenerne conto in modo adeguato.

Vi sono tuttavia notevoli eccezioni. La più ovvia è lo psichiatra, un medico che dopo aver conseguito la laurea in medicina ha ottenuto la specializzazione in psichiatria. Tale specializzazione ha attualmente la durata di 4 o 5 anni, anche se le materie trattate e il taglio degli insegnamenti hanno un’impronta in generale più biologica, attenta all’uso di farmaci e che tiene meno in conto la fenomenologia psichica e la soggettività del paziente. Nonostante ciò, lo psichiatra è abilitato all’esercizio della psicoterapia appena terminata la specializzazione, previa la sola iscrizione nello specifico Albo dei Medici Psicoterapeuti.

Alcuni psichiatri - e anche medici non psichiatri - decidono poi d’iscriversi a una scuola di specializzazione specifica in psicoterapia, come gli psicologi, perché la specializzazione in psichiatria prevede un numero di ore dedicato alla psicoterapia di gran lunga inferiore rispetto alle scuole di psicoterapia. Si deve però notare che tali medici - psichiatri o meno - che s’iscrivono a una scuola di specializzazione in psicoterapia, non avendo frequentato la Facoltà di Psicologia, mancano delle basi che costituiscono il bagaglio formativo fondamentale dello psicologo: si troveranno a studiare psicoterapia senza aver studiato prima psicologia.

E quindi può essere facile cedere alla tentazione di continuare a interpretare la psicoterapia in chiave squisitamente medica, tentando di ricondurre la psicoterapia alle basi biologiche apprese nella loro Facoltà. Si tratterebbe però di un tentativo incompleto e fallimentare, poiché la psicologia, sebbene appartenga formalmente alla biologia, ha presupposti che poco hanno da spartire con il pensiero lineare, di causa-effetto, cartesiano, proprio delle altre scienze naturali.

Non a caso la Legge 56/89 sull’ordinamento della professione dello psicologo stabilisce che lo psicologo, psicoterapeuta o meno, svolge una professione indipendente e diversa da quella del medico.

Vi sono poi medici che per scelta personale o necessità frequentano corsi di aggiornamento sia su materie di tipo psicologico, come ad esempio la comunicazione interpersonale, sia sull’uso di farmaci specifici per psichiatria.

Osservando e confrontando le due immagini è tuttavia lampante come lo psicologo passa tutto il tempo della sua formazione a studiare materie specificamente psicologiche, da un punto di vista teorico e pratico, mentre il medico, a meno di eccezioni, vi dedichi pochissimo tempo.

Quindi, la prossima volta che vi sentirete dire: “Lei ha un problema psicologico, ma non ha bisogno dello psicologo”, pensateci.

Per ulteriori approfondimenti sulle figure abilitate per legge a trattare il disagio e le patologie psichiche si veda l’ottimo articolo del collega Callina: Quale professionista PSI?

 

Data pubblicazione: 25 settembre 2012 Ultimo aggiornamento: 10 gennaio 2015

57 commenti

#24
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Utente 269XXX

Interessante post.
Credo che vedere un ruolo medico nello psicologo nasce anche dal fatto che io, persona, non ho la necessità di dividere il corpo dalla mente e credo che la persona quando va dallo psicologo ci va come persona globale, intera. Sono io tutto che mi sento meglio, sia come corpo che come emozioni, sia se risolvo un problema dal medico che dallo psicologo.

Siccome ho letto qualche libro di psicologia e mi sono interessato alla facoltà di psicologia, ho notato però che non tutta la psicologia è psicologia clinica, che credo sia quella che interessa il mondo della salute della persona.

Inoltre, se non sbaglio, in Francia, ed anche in altri paesi, per diventare psicoterapeuti c'è una più ampia possibilità per le professioni sanitarie. Se non ricordo male è sufficiente un requisito di 50 anni di età ed essere una professione sanitaria qualsiasi, quindi anche infermieri, assistenti sociali, per poter accedere alla formazione da psicoterapeuta.

Credo che poi del vasto campo della psicologia, alla fine sono molto meno le materie specifiche della psicologia clinica, che credo poi sono proprie quelle che utilizzano il medico e lo psicologo clinico.

È importante, credo, anche che la legge tenga conto del fatto che le sole competenze psicologiche non sono sufficienti per gestire una malattia mentale, infatti lo psicoterapeuta non medico, non solo non può entrare nell'ambito delle compotenze mediche, ma è tenuto ad essere in contatto con il medico del paziente, il che è comprensibile, visto che se c'è una psicopatologia, questa coinvolge tutta la persona e non solo parti.

#25
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Dr. Giuseppe Santonocito

Correzione dell'autore:
La durata della specializzazione in psichiatria può attualmente essere 4 o 5 anni, a seconda della scuola. Ad es. nell'Università di Genova (http://www.sspsich.unige.it) e nell'Università di Milano (http://www.medicina.unimi.it/PostLaurea/1746_ITA_HTML.html) è di 4 anni.

#26
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Dr. Giuseppe Santonocito

Gentile Utente 269472
I suoi commenti sono corretti, specialmente se considerati dal punto di vista di chi fruisce le cure.

Dal mio punto di vista il caso francese non costituisce l'ideale, specie se si considera che l'Italia è il paese dove forse più di ogni altro la legislazione che regola la professione di psicoterapeuta è a favore dell'utenza: in Italia solo chi è psicologo o medico può diventare psicoterapeuta.

#27
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Utente 269XXX

Quindi è meglio andare da uno psicoterapeuta giovane, o meglio, laureato dopo la 56/89 perchè la sua formazione tutela meglio l'utenza?
Se non ricordo male su facebook mi ero capitato di leggere dei commenti di uno psicologo che esortava i giovani a specificare che erano dottori in psicologia. La cosa mi aveva incuriosito tanto. Ed in effetti ho scoperto che prima della 56/89 si diventava psicoterapeuta da più facoltà (per lo più umanistiche). Allora, per essere sicuri di essere più tutelati, sopra quale numero d'iscrizione all'ordine è consigliabile rivolgersi?

#28
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Dr. Giuseppe Santonocito

Possono esserci pro e contro nel rivolgersi a un terapeuta più giovane o a uno più anziano. Esempio banale: l'anziano può avere dalla sua una maggior esperienza, mentre il giovane può beneficiare di conoscenze scientifiche più recenti. Ma a mio avviso sarebbe un errore basarsi solo sull'età o addirittura sul numero d'iscrizione all'Ordine. Il successo di qualunque intervento psicologico dipende anche da altre importanti variabili, come la motivazione del paziente/cliente, le sue aspettative, la relazione fra lui e il terapeuta e la competenza dello stesso terapeuta. Che può essere indipendente dall'esperienza. Per alcune classi di disturbi, inoltre, alcuni approcci terapeutici possono essere più indicati di altri. Come vede è necessario considerare altri fattori, la scelta giovane/anziano non risolve tutto. Inoltre, se iniziando ad andare da un terapeuta non ci si trovasse bene, è sempre possibile cambiare! Non è che andare in terapia o richiedere una consulenza equivalga a sposarsi! ^__^

#29
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Utente 269XXX

Il numero d'iscirzione era come possibile riferimento sulla formazione che più tutela, come avevo letto.

Non pensavo all'età anagrafica come garanzia, anche perchè un terapeuta, del quale mi hanno parlato molto bene, si era iscritto a psicologia a circa 15 anni dal pensionamento come bancario, per cui pur essendo anziano d'età, aveva invece quel giovane bagaglio di studi.

Però scusi, gli anziani non si aggiornano? Credevo di aver letto che anche gli psicologi devono tenersi aggiornati come i medici?

#30
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Dr. Giuseppe Santonocito

Certo, ed è proprio per questo che le ho elencato altre variabili, altrettanto importanti, che determinano il successo di una terapia o di una consulenza.

#31
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Utente 269XXX

Innanzitutto grazie per il tempo che dedica a rispondermi.
Però, scusi, allora non è solo la formazione e gli anni che contano e tutelano il paziente. Forse anche i medici e gli psichiatri, magari anche grazie alla dea bendata, hanno alcune di queste variabili?
Anche perchè, mi sembra che ci siano anche in televisione, più psichiatri che parlano con autorevolezza di psicologia di quanti siano gli psicologi. Mi vengono in mente ad esempio Raffaele Morelli e Willy Pasini come rappresentanti del mondo della psicologia, salvo poi scoprire che sono psichiatri.
Il dubbio di fondo che mi resta, è come mai se gli psichiatri, ed in medici in generale, sono poco preparati in psicologia, poi ci sono figure predominanti ed eminenti che proprio psicologi non sono. Sempre restando nella psicologia clinica, ovviamente.
Grazie del suo tempo per oggi, dato che tra poco smetto di lavorare e torno al pc domani.

#34
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Dr. Giuseppe Santonocito

>>> allora non è solo la formazione e gli anni che contano e tutelano il paziente
>>>

Gliel'ho detto sopra: ci sono altre importanti variabili in gioco. Non solo riguardo alla tutela del paziente, ma anche a garanzia del risultato.

Ed è chiaro che formazione ed esperienza da sole non bastano. Estremizzando, il fatto che un idraulico abbia 30 anni d'esperienza servirebbe a poco per curare un ansioso. Di contro, la formazione *è* importante ma non è tutto.

>>> Forse anche i medici e gli psichiatri, magari anche grazie alla dea bendata, hanno alcune di queste variabili?
>>>

Certo, ma non si tratta di dea bendata, si tratta di competenza. Gli studi possono solo fornire le basi, ma poi è il singolo professionista, coniugando gli studi fatti con le proprie capacità, naturali e apprese, e le sue aspirazioni/opportunità, a fare la differenza.

Per farle un altro esempio: uno può studiare ragioneria e poi diventare venditore, magari un ottimo venditore. Ma molti di quelli che studiano ragioneria finiranno per fare i ragionieri o una professione affine.

>>> mi sembra che ci siano anche in televisione, più psichiatri che parlano con autorevolezza di psicologia di quanti siano gli psicologi
>>>

Rispetto la sua opinione sull'autorevolezza, però è vero che in tv si vedono più psichiatri che psicologi. Ma lei non deve confondere la televisione con ciò che può accadere nel mondo "reale". Altrimenti cadrebbe nello stesso errore delle signore anziane e sole, che pensano che il mondo "là fuori" sia uguale a quello che vedono in tv! ^__^

La medicina, allo stato attuale, ha più visibilità mediatica della psicologia, anche quando trattasi di psicopatologia. Inoltre la professione di medico è regolamentata da più tempo di quella dello psicologo e anche questo ha la sua importanza. Agli occhi di molte persone la figura del medico è ancora più autorevole di quella dello psicologo.

Ciò non toglie, tuttavia, che esistano forme di psicoterapia, praticate oggi di solito da psicologi, in grado di ottenere ottimi risultati in poche sedute per molti comuni disturbi psichici. In televisione questo ancora si vede poco, eppure accade.

#40
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Utente 269XXX

Io ad esempio ho avuto diverse esperienze di psicoterapia. Un terapia che ha ottenuto un risultato straordinario è stato con la Terapia Breve Strategica, ma mi sono trovato con un terapeuta sbrigativo, per cui dovevo esplorare secondo i miei tempi con un altro terapeuta, che mi permetteva di approfondire meglio le tematiche emerse.
Poi un giorno ho visto in televisione l'ipnosi. All'inizio ero scettico, ma poi ho notato che effettivamente dietro grandi nomi c'erano medici e psichiatri. Devo dire che ora è la modalità d'indagine personale che preferisco e con la quale mi trovo meglio.

#41
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Dr. Giuseppe Santonocito

Bisogna intendersi su qual è lo scopo da ottenere e che cosa intende lei per "indagine personale".

Gli approcci psicoterapeutici si distinguono anche in base allo status che essi attribuiscono al costrutto di "patologia".

In alcuni approcci si ritiene, grosso modo, che le psicopatologie non esistano e che etichettare qualcosa come patologico sia una scelta arbitraria, da evitare.

Altri approcci invece riconoscono l'esistenza di modelli comportamentali ed esperienza soggettiva anomali, che possono a buon diritto essere definiti patologici.

Alcuni approcci sono più focalizzati sul problema, che viene innanzitutto definito nel modo più chiaro possibile, altri adottano una posizione più d'indagine, come dice lei, di scoperta (ad es. i modelli psicoanalitici).

Quindi è chiaro che a seconda delle aspettative della persona potrà essere indicato un approccio piuttosto che un altro. Se uno vuole "indagare" su se stesso e fare un percorso di scoperta, potrà anche "prendersela più comoda". Ma se un paziente è attanagliato dall'ansia o in preda a dolore fortissimo per la perdita di una persona cara o di una relazione, solo per esemplificare, è chiaro che avrà poco tempo da perdere: vuole innanzitutto stare meglio, tutto il resto si può rimandare a un secondo tempo.

Se lei ha ottenuto risultati straordinari in terapia breve strategica, ma poi ha sentito la necessità di una fase successiva di elaborazione e reinterpretazione (sto ipotizzando) del lavoro fatto, e questa fase a suo giudizio è venuta a mancare, può essere dipeso dall'eccessiva sbrigatività del terapeuta, ma anche dal fatto che lei poteva avere sia un bisogno immediato da soddisfare *sia* un bisogno d'indagine su se stesso.

Certamente una forma di terapia come la breve strategica nasce con l'obiettivo di arrivare a soluzione nel più breve tempo possibile, ma essa ha codificata in sé una fase della terapia, il cosiddetto consolidamento, che serve proprio a tirare le fila del lavoro fatto, a rendere permanenti i cambiamenti ottenuti e a soddisfare, se ce ne sono, i bisogni interpretativi del paziente. Perché non sempre ci sono: anzi, secondo la mia esperienza le persone apprezzano molto la celerità di questo metodo terapeutico, che permette loro di risparmiare tempo, denaro e lavorio psichico non necessari.

Si arriva al paradosso per cui, talvolta, dev'essere il terapeuta breve a raccomandare al paziente di non andarsene troppo presto una volta sbloccato il problema e ottenuti i primi miglioramenti!

#42
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Utente 269XXX

Intanto comprendo la sua scelta di focalizzare la risposta sulla terapia breve strategica. Così come comprenderà che essendo io soddisfatto dell'ipnosi, parlo di ciò che credo conoscere meglio e che ho potuto sperimentare con maggiore soddisfazione, considerando tanti fattori, che non sto a elencare.
Sul fatto che sia costata poco, mi permetta di dubitare, dato che la sensazione è stata che sia usciti troppo in fretta i soldi, rispetto alle mie esigenze. Se il risultato è stato rapido, solo successivamente ho potuto indagare meglio il mio vissuto, e questo l'ho fatto con la terapia ipnotica.
Credo che mi sono sentito più a mio agio a fare quella fase di consolidamento proprio con il metodo ipnotico. Come ha detto prima, la psicoterapia non è un matrimonio, e quindi ho preferito legarmi più all'ipnosi.

E poi, mi sembra che spesso i diversi modelli psicologici siano molto simili, solo che si sente il bisogno di dare un nome proprio alle cose ed esprimere il proprio punto di vista. Delle volte sembra quasi di stare in una catena di fast food dove cambia il nome del prodotto che vendono, ma alla fine la sostanza resta la stessa.

Comunque il passaggio dalla terapia breve strategica all'ipnosi è avvenuto anche perchè avevo visto che in alcune occasioni vengono presentate insieme. E comunque anche l'ipnosi rientrava tra le terapie brevi.
Una volta appresa la tecnica, grazie all'autoipnosi ho potuto fare parte del lavoro in autonomia, e questo mi ha permesso il vero risparmio. Lavoro in autonomia con l'autoipnosi e poi sedute di controllo. E questo modello risponde alle mie esigenze attuali.

#45
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Dr. Giuseppe Santonocito

Da parte mia, invece, potrei comprendere la sua scelta di non chiarire bene quale sarebbero stati i motivi o le patologie che l'avrebbero convinta ad andare in terapia, perché se lo facesse sarebbe molto più semplice per me risponderle. Ma se vuole può sempre farlo.

Una delle definizioni alternative di terapia breve strategica è "ipnosi senza trance". Se lei lo avesse saputo, probabilmente non starebbe facendo tante distinzioni fra ipnosi e terapia breve strategica. Mentre, di contro, potrei ammettere senza problemi che possa essere incappato in un terapeuta strategico forse più ferrato sulle tecniche che sugli aspetti di comunicazione e relazione.

La sistematizzazione dell'uso dell'ipnosi a fini clinici si deve soprattutto a Erickson, che nella seconda parte della sua carriera utilizzò sempre di più l'ipnosi conversazionale e sempre di meno le induzioni di trance formali. In altre parole, tutto ciò che l'ipnosi può ottenere a fini clinici con una trance è possibile ottenerlo senza. Con la possibile eccezione forse dell'amnesia ipnotica, come sostenuto da C. Loriedo.

>>> E poi, mi sembra che spesso i diversi modelli psicologici siano molto simili, solo che si sente il bisogno di dare un nome proprio alle cose ed esprimere il proprio punto di vista. Delle volte sembra quasi di stare in una catena di fast food dove cambia il nome del prodotto che vendono, ma alla fine la sostanza resta la stessa.
>>>

Se ne è davvero convinto, s'informi e veda quanto è facile curare un panicante o un ossessivo grave con una forma di terapia poco direttva o poco focalizzata sull'espressione del disturbo, e poi ne riparliamo.

Non deve convincere me della bontà dell'ipnosi. La uso tutti i giorni con i miei pazienti, senza bisogno di far chiudere loro gli occhi.

#48
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Utente 269XXX

Niente patologie, come escluso dai diversi test, solo problemi da risolvere e la necessità di farsi consigliare da un esperto, anche se gli psicologi poco amano questo ruolo di esperti che consigliano strategie.

Interessante la frase che cita di Loriedo, e la ringrazio, dato che avevo delle difficoltà a capire il senso del post del Dr. Vincentiis: insomma, io dico che mi trovo bene con l'ipnosi; lei dice che usa l'ipnosi tutti i giorni, ed arriva qui a dirci che è pericolosa...
Che poi, lui può commentare questa sua news, mentre lei non può scrivere niente nella news del collega, dato che non ammette i commenti dai professionisti.

Per sforzarmi a trovare un lato positivo, forse vuole mettermi in guardia dal fatto che almeno l'ipnotista che mi fa chiudere gli occhi, mi fa sapere quando mi sta ipnotizzando, lei invece che non fa chiudere gli occhi non si sa quando sta ipnotizzando! :)
Spero accetti questo piccolo scherzo.

Comunque, non volevo convincerla, ci mancherebbe, non mi permetterei. Solo che io parlo della mia esperienza e mi muovo nel mio piccolo orticello, cioè provo a parlare della mia esperienza di ipnosi, fatta di sedute (la mia psicologo ha un approccio ericksoniano, e non sempre m'ipnotizza con gli occhi chiusi, anche se questa modalità di chiudere gli occhi mi fa vivere un'esperienza più intensa), letture autonome, e non di un sapere che nasce da un piano di studi preparato da esperti. Questo per sottolineare che non voglio convincerla, semplicemente condividere la mia esperienza, e che ringrazio, dato che mi ha fatto conoscere cose nuove che non sapevo, grazie a questo interessante scambio.

L'ipnosi a me da sicurezza proprio perchè tanti professionisti, anche in campo medico, la utilizzano e ci scrivono.

L'ultimo libro che ho letto è Ipnosi e scienze cognitive, scritto insieme da Emanuele Del Castello e Giuseppe Ducci, che sono uno psicologo psicoterapeuta ed uno psichiatra psicoterapeuta. Mi è molto piaciuto il fatto che fosse scritto da uno psicologo e da un medico. Certo, l'ho trovato un pò complesso, ma interessante.

Ora scrivo qualcosa nella news del suo collega, che sta lì da più di un anno senza un commento. Le prendo in prestito la frase di Coriedo: posso riprodurla all'interno del sito? Credo di si.

#49
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Dr. Alessandro Raggi

gentile utente, bisognerebbe distinguere tra ipnosi e ipnoterapia. L'ipnosi è una condizione psicofisica che assomiglia in tutto e per tutto a condizioni psicofisiche naturalmente presenti nella vita quotidiana degli individui. Generalmente chiamiamo ipnosi questo "stato" naturale, quando esso viene indotto grazie alla presenza del terapeuta: occhi aperti o chiusi, come ha osservato giustamente lei, non contano in ipnosi. Per fare terapia ovviamente non basta la sola ipnosi o lo stato ipnotico (che comunque già di per se pare sia terapeutico), ma ci vuole una ipnoterapia, cioè l'utilizzo di questo "stato naturale" etero-indotto per fini terapeutici. Questo passaggio può apparire semplice, ma non lo è, occorrono anni di formazione, di studi e di pratica clinica. Che l'ipnotista (psicoterapeuta) assomigli a una sorta di maghetto da talk show televisivo del genere "a me gli occhi", è quello si, un falso mito. Pertanto trovo personalmente abbastanza comprensibili alcune delle sue perplessità, dato che come lei dice ha sperimentato personalmente una terapia efficace con uno psicoterapeuta ipnotista evidentemente Ericksoniano. L'ipnoterapia, infatti, non è uno stato di passività del soggetto e non è una semplice tecnica, ma una vera e propria disciplina psicoterapeutica, particolarmente efficace in alcuni casi e con alcune persone.

#50
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Dr. Alessandro Raggi

ps: lei cita Del Castello e Ducci, che sono due bravissimi professionisti e valenti psicoterapeuti, grandi esperti di ipnosi clinica ericksoniana: uno psicologo e l'altro medico.

#51
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Utente 219XXX

Secondo me in questa discussione manca il riferimento ad un fenomeno essenziale che comprende sia la ipnosi con trance sia quella senza: la suggestione. Certamente la suggestione in ambito terapeutico è usata a scopi terapeutici diversamente da quanto avviene nelle pratiche commerciali.

#52
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Dr. Giuseppe Santonocito

Se non c'era alcuna psicopatologia da curare, ma difficoltà da risolvere, è probabile che qualsiasi consulenza psicologica (quindi non psicoterapia) fornita in modo appropriato avrebbe potuto essere adeguata.

Il senso dell'articolo del collega De Vincentiis è che molti si rivolgono all'ipnosi solo perché più o meno consapevolmente attratti dall'aspetto "magico" che la riveste, magari convinti che facendosi ipnotizzare il lavoro lo farà tutto il terapeuta, evitandogli la responsabilità di doversi impegnare in prima persona. Mi pare d'aver capito che questo non sia il suo caso, ma se legge le richieste d'informazioni sull'ipnosi che ci pervengono su questo sito capirà cosa intendo.

>>> gli psicologi poco amano questo ruolo di esperti che consigliano strategie
>>>

"Gli psicologi" vuol dire poco. La sua osservazione si può riferire solo alle terapie meno direttive, come le dicevo sopra. È chiaro nelle forme di terapia poco direttive il terapeuta sarà restio a fornire indicazioni chiare su cosa fare. In quelle direttive invece l'ossatura della terapia sarà costituita proprio dalle prescrizioni comportamentali che la persona deve mettere in atto.

>>> lei invece che non fa chiudere gli occhi non si sa quando sta ipnotizzando! :)
>>>

Certo, ed è anche questo a rendere la terapia strategica così efficiente. L'ipnosi è un modo di aggirare le resistenze del paziente; l'ipnosi conversazionale è un modo di aggirare anche le resistenze del paziente a essere ipnotizzato in modo formale, cosa che molte persone non richiedono/non gradiscono.

Parlando in generale, il concetto di efficienza è ancora purtroppo abbastanza trascurato in psicoterapia. Al contrario di altre scienze dove si dà per scontato che ottenere tanto con poco sia un valore (rasoio di Occam), in psicoterapia ancora persiste questa credenza che per ottenere cambiamenti profondi e duraturi occorra relativamente molto tempo.

#53
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Utente 269XXX

Interessanti anche gli altri contributi che effettivamente aggiungono dettagli che chiariscono meglio come stanno le cose sull'ipnosi.

Sulla suggestione in effetti non ci avevo pensato, e questo mi ha ricordato anche una nozione che in effetti è poco nota, e riguarda il fatto che così come esiste l'effetto placebo, c'è anche l'effetto nocebo.

Son d'accordo pure io che se l'intervento è lieve chiunque poteva farlo, ma che ci posso fare se quell'intervento lieve l'ho risolto con l'ipnosi, e se questa è la mia esperienza? :)

Poi son d'accordo che così come posso dire *avevo fame ed ho mangiato dei crackers*, chiunque mi può rispondere che anche se mangiavo la frutta mi andava via la fame. Vabbè, è andata così per quello stimolo di fame. :)

Però scusi, e il suo articolo sull'autoinganno, non entra in qualche modo? Se son contento così, quale è il problema di chi non iresce ad essere contento allo stesso modo? E se risolvo così, che problema c'è al fatto che ho risolto così?

E poi scusi, ma il modello di dover fare in prima persona, lo trovo discutibile: è proprio perchè si fa in prima persona, che spesso si finisce dallo psicologo.
E poi non credo che sia un modello riggettabile a priori: mi pare che il modello chirurgico si basi proprio sul fatto che fa tutto il chirurgo e il paziente dorme (grazie al cielo, ci aggiungo!).

A me ormai la trance non sembra una pratica così complicata, sinceramente, anzi ormai, è rapida, tant'è che alla fine la durata delle ultime sedute era di gran lunga più breve (e quindi il *tassametro* correva meno): chiudere gli occhi e sprofondare per me era un attimo.

Però, certo, credo che dipenda anche da tanti fattori personali, sia dell' ipnotista (o terapista breve) che dell'utente.

#54
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Dr. Giuseppe Santonocito

>>> Se son contento così, quale è il problema di chi non iresce ad essere contento allo stesso modo? E se risolvo così, che problema c'è al fatto che ho risolto così?
>>>

Infatti il problema non è mio.

Se lei è contento, che motivo avrebbe di cercare di convincere me della bontà delle sue scelte o del suo punto di vista? Non sono stato io ad averla chiamata in discussione.

Se lei è contento così, buon per lei. Se però fa osservazioni inesatte, parziali o che tradiscono una scarsa conoscenza dello stato delle cose, da esperto mi sento di doverla correggere. Tutto qui.

Altrimenti che senso avrebbe fare domande a degli esperti? Per sentirsi dire le cose nel modo in cui vogliamo ci vengano dette?

Se le piacciono i crackers continui pure a mangiarne. E occhio alla linea ;)

#55
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Utente 269XXX

Mi dispiace che continua a pensare che cerco di convincerla: non è questa la mia intenzione. Ripeto, io parlo solo della mia esperienza, ed umilmente solo di quella posso parlare.

Credo che però andrebbe aggiunto come aggettivo che le mie osservazioni, oltre inesatte, parziali o tradenti scarsa conoscenza, potrebbero anche essere semplicemente relative alla mia esperienza: è ovvio che non posso andare oltre me stesso.

Ed io questo mi pare di averlo espresso più volte, cioè che condivido la mia esperienza che è limitata e che non è professionale.

Gli esseri umani siamo limitati.

Ma questo chiunque nel proprio campo.

Le domande agli esperti si fanno proprio perchè esperti, ma daltronde mi ha riconosciuto che facevo osservazioni corrette nel primo scambio di risposta. Quindi credo che delle volte anche gli utenti facciano osservazioni corrette, e che non sempre debbano essere corretti. No?

Perchè è convinto che cerco di convincerla?
Scusi, mica crederà che tutti fanno ipnosi quando parlano senza fare una trance dichiarata? :)

Comunque grazie delle sue risposte e del suo tempo, anche durante il fine settimana!

#56
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Dr. Giuseppe Santonocito

>>> Scusi, mica crederà che tutti fanno ipnosi quando parlano senza fare una trance dichiarata? :)
>>>

Tranquillo, tanto, anche se fosse vero, l'ipnosi per email non funziona. Se crede ai poteri dell'ipnosi fino a questo punto... non fa altro che invogliare la lepre a correre, ossia me a correggerla bonariamente ancora di più :)

Non ho detto che lei ha scritto TUTTE cose sbagliate, le ho semplicemente fatto notare quali erano i punti deboli del suo argomentare. Infatti lei stesso ha riconosciuto di aver capito aspetti nuovi, che prima non conosceva.

Ma non sento il bisogno di modificare il suo punto di vista. Lei ha fatto delle osservazioni, io le ho risposto secondo le conoscenze che può avere un esperto. Tutto qui.

Inoltre, siamo andati off topic e ci siamo allontanati notevolmente dall'oggetto del post, motivo in più, da parte mia, per non avere interesse ad alimentare la discussione.

Sarebbe interessante avere un spazio di discussione diverso da consulti e blogpost, dove poter far incontrare utenti e specialisti su questo sito, ma allo stato attuale delle cose non è possibile, quindi gli scambi di vedute che si possono avere nei commenti dei blogpost devono necessariamente restare limitati e focalizzati. Questo almeno è il modo in cui io interpreto lo strumento.

Cordiali saluti

#57
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Utente 269XXX

La saluto anche io e la ringrazio!

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