Ansia, depressione, problemi sessuali, relazionali & C.: posso farcela da solo?

giuseppesantonocito
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta

Una parte consistente di utenti si rendono protagonisti di un interessante fenomeno, quando ci scrivono per una richiesta. La richiesta in questione può essere riassunta così: “Aiutatemi a risolvere il mio problema, ma senza dirmi: ‘Vada dallo psicologo’. Ce la devo fare da solo”.

Le spiegazioni addotte sono varie, per esempio:

1) “Ho sempre cercato di risolvermi da solo i problemi, quindi devo farcela anche stavolta.”
2) “Andare dallo psicologo mi farebbe sentire davvero malato, invece il mio è solo un problema psicologico.”
3) “In fondo, il mio non è un problema così grave: mi basterebbe un piccolo aiuto e ce la potrei fare da me.”
4) “Non riuscirei a reggere l’imbarazzo e la vergogna di raccontare a qualcun altro i miei problemi.”
5) “Dovrei confessare ai miei genitori/ai miei cari che vado da uno psicologo, e questo non sarebbe tollerabile.”
6) “La mia situazione economica non mi permette di andare da uno psicologo; questo servizio invece è gratuito.”

Ma la spiegazione che preferisco, la mia number one, è:

7) “Non ho molta fiducia in psicologi, psichiatri ecc.”

In tutte queste spiegazioni c’è un elemento costante, macroscopico, come il proverbiale elefante in salotto, del quale però l’utente non sembra riuscire a rendersi conto: la presenza di un fondamentale paradosso nella richiesta. In sostanza è come se l’utente stesse dicendo:

“Mi rivolgo a voi, psicologi, per fare da me, cioè perché mi diciate come poter fare a meno degli psicologi.”

È evidente che si tratta di una richiesta paradossale: in qualunque modo le si risponda, c’è qualcosa che non torna. Se io, psicologo, potessi aiutarti a distanza - ammesso che fosse possibile - non staresti risolvendo da solo il tuo problema, lo staresti facendo attraverso il mio aiuto. D’altra parte, se non ti aiutassi, potresti iniziare a dubitare o a rafforzare una convinzione preesistente che gli psicologi, in fondo, non servono a molto. Comunque la si giri, l’utente si trova in posizione perdente, si è sconfitto da solo.

Quando il malefico bug di ragionamento viene svelato e messo di fronte ai loro occhi - io lo faccio spesso - gli utenti mostrano disappunto, rimangono disorientati: è come se gli venisse smontato qualcosa di cui avevano bisogno per tenere a bada le loro ansie.

Non c’è malizia in questo genere di richieste, sia chiaro. L’utente è alle prese con un problema e si arrabatta come può per cercare di farvi fronte. Viene a sapere che su internet c’è un servizio gratuito, chiamato Medicitalia, si collega ed espone il suo disagio. Aiutatemi, per favore. È del tutto comprensibile.

Le richieste paradossali, tuttavia, quasi sempre sono di per sé indice di problematicità, come c’insegna la tradizione di ricerca di Palo Alto. Molte psicopatologie sono correlate a difficoltà e incongruenze di comunicazione che, a loro volta, correlano a convinzioni e credenze altrettanto problematiche o paradossali. Perciò, quando l’utente esprime una richiesta del tipo:

“Mi rivolgo a voi, psicologi, perché mi diciate come poter fare a meno degli psicologi.”

possiamo prenderlo come segno quasi certo che sotto c’è realmente un problema psicologico ad affliggerlo. Che la descrizione del problema riguardi ansia, umore depresso, problemi sessuali, relazionali o altro, l’utente è vittima di un autoinganno particolarmente insidioso, che poi è lo stesso del tipico studente che s’iscrive a psicologia: crede di potersi risolvere da sé, studiandoci sopra, questioni sue personali. Più m’informo, più mi avvicinerò alla soluzione. Siamo nell’era dell’informazione, dopotutto, siamo persuasi che informazione equivalga a potere. Ma i problemi psicologici interessano quasi sempre le emozioni e sono circolari, non lineari. Sapere che dovremmo lasciare una persona che ci causa più problemi di quanti ce ne risolva, è cosa completamente diversa dal sentire che dovremmo farlo. Sapere che mi farebbe bene essere più socievole, non ha nulla a che vedere con il sentire il modo in cui riuscirci.

C’è un tratto che accomuna non solo le richieste come quelle che stiamo esaminando ma, dopo aver risposto a più di 8.000 consulti, sembra accomunare molti utenti dell’area di psicologia di Medicitalia: sto parlando del tratto di carattere noto come ossessività.

In generale, molti dei nostri utenti sembrano presentare un tratto ossessivo abbastanza marcato. Ciò non vuol dire automaticamente patologico; a distanza non è possibile fare diagnosi, quindi non possiamo sapere con certezza se siamo in presenza di patologia o meno. L’ossessività è un tratto presente in misura maggiore o minore in qualunque individuo. È il tratto responsabile ad esempio della precisione, della pignoleria, del bisogno di “fare le cose per bene”. Tutte qualità desiderabili. Nella sua versione patologica, però, l’ossessività è mantenuta in vita da una tendenza ansiosa di base, che invece di esprimersi attraverso sintomi somatici (per es. panico, tachicardia, somatizzazioni ecc.) si esprime attraverso il dubbio o la preoccupazione che potrebbe succedere o stia succedendo qualcosa d’indesiderato.

Le tentate soluzioni escogitate dall’ossessivo per tenere a bada l’ansia sono molteplici, ma si possono essenzialmente ricondurre alla tematica del controllo. Se riesco a controllare qualcosa, avrò più potere su di essa, pensa l’ossessivo, quindi mi farà meno paura. Controllo può voler dire verifica, ripetizione ritualistica ma anche, come già detto, maggiori informazioni.

Ecco quindi in che senso molti utenti che scrivono a Medicitalia sono un po’ ossessivi: l’idea di consultare uno specialista a distanza, sotto anonimato, per fargli delle domande, regala una forte illusione di controllo sul processo di consultazione: non mi vedi, non sai chi sono, ti chiedo consigli che poi potrò decidere in tutta autonomia se mettere in pratica o no. In più, posso ricevere risposte da molti specialisti diversi.  E in psicologia è una vera manna, dato l’elevato numero di professionisti iscritti.

Indizi di ossessività ipercontrollante sono ravvisabili nelle spiegazioni n. 1, 2, 3 e nella n. 7. In quest’ultima potrebbe essere presente anche una leggera sfumatura paranoica, espressa sotto forma di sfiducia o paura di poter restare danneggiati dal contatto con lo specialista, contatto che a distanza si riduce al minimo necessario. Inoltre, sempre nella 7, l’utente sembra non rendersi conto di star dicendo: “Non mi fido degli psicologi” proprio a degli psicologi, a cui chiede, dichiarando però di non fidarsene, un aiuto concreto per risolversi “da solo” un problema. Un simpatico paradosso nel paradosso!

Nelle n. 2 e 3 può essere presente una negazione della gravità e urgenza del problema. Ma basta domandare: “Allora, se non è così grave, come mai si è rivolto a degli psicologi?” per svelarla. A volte lo sminuire il problema sembra quasi uno stratagemma, da parte dell’utente, per cercare di “estorcerci” un consiglio. Il ragionamento è: “So che non potete fare psicoterapia online, ma il mio non è un caso da psicoterapia, mi basta solo un consiglio”. Dopo magari aver elencato paurose e preoccupanti liste di sintomi, che lasciano intendere che il problema c’è, eccome.

La giustificazione n. 2, inoltre, rende conto di una negazione più generale e radicata nel vasto pubblico, ovvero che i problemi psicologici debbano/possano essere trattati in modo fondamentalmente diverso dalle altre patologie. Il che è vero, ma per altri motivi. “Il mio è solo un problema psicologico”, perciò ovviamente devo riuscire a risolvermelo da solo. Dopotutto, dobbiamo essere padroni di ciò che ci passa in mente, no? Di nuovo la tematica ossessiva: se la mia mente fa ciò che non deve, ho solo bisogno delle informazioni necessarie per rimetterla sotto controllo.

Le n. 4 e 5 possono rimandare ad aspetti di vergogna e stigma sociale del recarsi dallo psicologo o dallo psichiatra, i “dottori dei pazzi”. La sentiamo da utenti di alcune zone geografiche più spesso che da altre, presumibilmente per motivi di cultura locale.

Nella spiegazione n. 6 è invece presente una speranza illusoria, anche questa ampiamente diffusa: che un consulto online possa avere lo stesso valore ed efficacia di un intervento di persona. Non è così, purtroppo. Per motivi sia di deontologia professionale che di politica del sito, non possiamo fornire indicazioni diagnostiche né intervenire direttamente sul problema presentato. Possiamo limitarci solo a un orientamento generale e a qualche suggerimento, ma sempre con il contagocce. Anche perché, tanto, un intervento a distanza non funzionerebbe comunque. Inoltre il problema economico può essere in molti casi aggirato: esistono forme di terapia breve altrettanto efficaci di altre più tradizionali; esistono il servizio pubblico, i centri di ascolto psicologico per studenti universitari ecc.

Insomma, valutate bene su cosa si basa la vostra riluttanza a rivolgervi di persona a un professionista, perché potrebbe essere essa stessa parte del problema.

Data pubblicazione: 04 aprile 2012

16 commenti

#3
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Utente 267XXX

Nel mio percorso di vita ci sono stati alcuni eventi che ho affrontato con crisi depressive, ansia, fuga. Non ho avuto difficoltà a rivolgermi allo psicologo ma dopo brevi percorsi, gli specialisti contattati, hanno ritenuto il problema risolto dandomi un in bocca al lupo per una vita all'insegna del cambiamento e ricca di soddisfazioni. Ora a 36 anni, di fronte ad una nuova "ricaduta", mi chiedo se il mio ricorso ad uno psicoterapeuta non rappresenti la volontà di delegare ad altri un mio problema ma continuo a credere che lo psicoterapeuta possa aiutarmi nel comprendere le motivazioni del mio soccombere e nel fornirmi gli strumenti per evitarlo. Tuttavia il "devi farcela da solo!" di chi mi sta intorno mi crea non poche difficoltà!

#4
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Dr. Giuseppe Santonocito


Le questioni da lei sollevate sono diverse e sarebbe necessario uno spazio maggiore per risponderle.

In generale si può dire che la psicoterapia, di qualunque tipo, dovrebbe servire a mettere in condizione la persona di camminare sulle proprie gambe, non a renderlo più dipendente dal terapeuta o da chiunque altro. Proprio il contrario.

Ciò non esclude tuttavia che vecchi problemi apparentemente risolti possano ripresentarsi in futuro. Alcune psicopatologie sono come le patologie di altro tipo: guarirne non assicura vita natural durante che non ci si possa ammalare di nuovo. Lo psicoterapeuta non è un mago, così come non lo è il medico.

Nel suo caso sembrano però essere presenti aspetti relazionali/sociali che probabilmente non limitano il problema ad ansia e depressione e forse sono proprio quelli che non sono stati del tutto risolti.

#5
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Utente 267XXX

La ringrazio per la risposta. Mi auguro che il percorso terapeutico mi consenta di riconoscere e risolvere gli aspetti cui fa riferimento - e spero che la mia ostinazione mel ricercare motivazioni inconsce e fattori scatenanti sia fondata e non un alibi per soccombere - perchè, diversamente, ho paura che lo stato di prostrazione in cui mi riducono l'insonnia totale, l'ansia e gli altri strumenti del mio sabotaggio mi impediranno, come è accaduto finora, di compromettere le tappe importanti della mia vita ed in un certo senso la vita stessa.

#6
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Dr. Giuseppe Santonocito


>>> spero che la mia ostinazione mel ricercare motivazioni inconsce e fattori scatenanti sia fondata e non un alibi per soccombere
>>>

In un'ottica breve strategica non si tratta né dell'una né dell'altra cosa, ma semmai di un'espressione di ossessività, ossia del bisogno eccessivo di controllare ciò che ci succede. Si tratta di una convinzione molto diffusa: se riesco a capire "da dove vengono" i miei problemi, in qualche modo troverò il modo di risolverli. Solo che spesso non funziona. Legga in giro per i consulti e ne troverà innumerevoli esempi.

#7
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Utente 267XXX

Spero di venirne a capo perché non è assolutamente facile affrontare questi periodi. Il mio auspicio è che lo psicoterapeuta sia in grado di accompagnarmi verso ciò che funziona e, soprattutto, di convincermene. In ogni caso la ringrazio nuovamente per la sua disponibilità.

#9
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Dr. Fernando Bellizzi

Interessante!
E c'è da evidenziare una bellissima contraddizione! Chiedono ad altri come possono fare da soli...

#10
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Dr. Fernando Bellizzi

E questo comportamento è costante non solo qui, ma in qualsiasi forum di psicologia on-line!
E questa modalità di richiesta di aiuto ad altro da sè si evidenzia anche nei libri di auto-aiuto, laddove il messaggio che non sembra essere percepito è la richiesta all'autore del libro di aiutarli a far da sé, come se il libro si fosse scritto da solo...! ;)

#11
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Ex utente

Interessante e vero.
A volte si spera di poter risolvere da soli, non tanto per presunzione ma per paura che sia "qualcosa di serio".
Colpevoli anche i medici di base, in questo, che ti rifilano la fatidica (e sbagliatissima!) frase: "tranquillo, è solo ansia"....
come se fosse qualcosa da poco!

#12
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Dr. Giuseppe Santonocito

Infatti l'ansia può essere fisiologica o patologica e non sempre è facile stabilirne il confine.

Anche perché, come avrà letto nell'articolo, può essere lo stesso paziente a "raccontarsi" che in fondo non è nulla di grave, che "ce la si può fare anche da soli".

Succede spesso nelle richieste di consulto che ci arrivano su questo sito: l'utente inizia elencando paurose liste di sintomi, ma quando gli si fa presente che è necessaria una cura vera e propria, e non un semplice scambio di email, ridimensiona il tutto avanzando la possibilità che "forse non sono poi così grave".

In altre parole: la persona riconosce di avere un problema finché crede di poterselo risolvere da solo con le dritte di un esperto (paradosso), salvo fare marcia indietro quando gli si fa presente che deve necessariamente cercare aiuto specialistico.

È SEMPRE lo stesso tentativo di controllo in azione = ossessività.

#13
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Utente 409XXX

Articolo interessante e dice, sostanzialmente, la verità: noi utenti vogliamo soluzioni gratis e immediate, come una ricetta o un foglio di istruzioni per fare da sè.
Domandina che richiede suggerimento (col contagocce): Se un soggetto fatica a relazionarsi con tutti (genitori e amici compresi,seppur in maniera meno evidente) per colpa di una malocclusione che non gli permette nemmeno di serrare le labbra (inducendolo a vergognarsi di esporsi in pubblico, cercando di scappare da situazioni sociali), può essere possibile risolvere il "problema psicologico (sindrome da evitamento) semplicemente facendo l'intervento maxillo facciale?
In sintesi: per un problema simile uno psicologo può consigliare come soluzione un intervento maxillo facciale?
Grazie!

#14
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Dr. Giuseppe Santonocito

Lo psicoloogo non può consigliare alcun tipo di intervento, tale compito spetta al chirurgo.

Tuttavia, lo psicologo può aiutare la persona a valutare quali potrebbero essere le conseguenze dell'intervento, positive o negative.

Pensi questo: non tutte le persone che hanno un problema fisico hanno difficoltà a relazionarsi. Perciò "la colpa" - per usare le sue parole - non è il problema fisico di per sé, ma più probabilmente una certa predisposizione all'ansia. Che rimarrebbe invariata risolvendo il solo aspetto fisico e che, anzi, troverebbe facilmente il modo di ripresentarsi in altro modo. Com'è tipico dell'ansia.

In altre parole l'intervento potrebbe non essere sufficiente, se non viene nel contempo intrapreso un intervento psicologico per il superamento della tendenza ansiosa.

#15
Foto profilo Utente 409XXX
Utente 409XXX

Ne ho parlato con una ragazza neo laureata in psicologia, la quale mi diceva che a volte anzichè suggerire della psicoterapia, se uno psicologo mi suggerisse di fare l'intervento per risolvere il problema psicologico allora dovrei tenerne conto.
Il fatto è che questa introversione, scappare dalle situazioni sociali trovando rifugio e pace interiore stando nelle mura domestiche, faticare a parlare guardando negli occhi le persone, essere timidi anche se non lo si è (a sentimento) realmente, ma solo per "colpa" di questa bocca che non riesce a chiudersi SI PENSA che sistemano l'occlusione possa tornare autostima, sparire la vergogna di esporsi e relazionarsi, non temere più il giudizio (più nella nostra mente che negli altri) degli altri, ecc.

#16
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Dr. Giuseppe Santonocito

Se è neolaureata, su che basi può affermare "a volte"?

Non basta la laurea per occuparsi di psicoterapia, occorrono altri quattro anni di specializzazione.

E poi occorrono come minimo alcuni anni di esperienza prima di poter aver incontrato una casistica di grandezza tale per cui si possa affermare "a volte questo, a volte no".

Se ritiene di aver bisogno di un parere attendibile per il suo problema, si rivolga a uno psicologo possibilmente non neolaureato.

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