Second opinion per intervento di nefrectomia parziale
Gentili dottori,
scrivo per mio padre, un uomo di 66 anni, alto 1, 85m peso 70kg.
A marzo 2021 iniziava 8 cicli di chemioterapia gemcitabina-cisplatino per una diagnosi di colangiocarcinoma. Durante la chemioterapia si rendeva necessario sottoporlo al posizionamento di due stent ureterali JJ a lunga permanenza per una litiasi renale bilaterale, di cui una a stampo della pelvi renale sx in rene a ferro di cavallo.
A gennaio 2022 si sottoponeva ad una resezione epatica destra allargata in due tempi (ALPPS) con posizionamento di tubo di Kehr. L’esame istologico confermava colangiocarcinoma di grado II e riportava margine di resezione libero da neoplasia a <1mm, assenza di metastasi linfonodali. A seguito dell’intervento sviluppava un’insufficienza epatica post-resezione, da cui si riprendeva solo parzialmente ad aprile.
Su suggerimento degli urologi, ad aprile si sottoponeva alla sostituzione degli stent ureterali posizionati l’anno prima. In questa occasione sviluppa una complicanza infettiva da pseudomonas, risultato positivo all’urinocoltura. La diagnosi era di pielonefrite e veniva trattata con Tazocin. Durante la permanenza in ospedale, una volta risolta la febbre e ancora sotto antibiotico, veniva sottoposto ad una colangiografia trans-Kehr a seguito della quale sviluppa una batteriemia dovuta presumibilmente alla traslocazione di batteri presenti nel tubo di Kehr (aveva pochi giorni prima effettuato una biliocoltura risultata positiva a uno streptococco e un rodococco).
Una settimana fa, dopo l’interruzione della terapia antibiotica, ha nuovamente sviluppato febbre alta, è risultato nuovamente positivo a pseudomonas in urinocoltura e ha ripreso la terapia antibiotica.
Attualmente è apiretico e gli esami ematochimici epatici e renali sono nella norma. Da un consulto multidisciplinare è emerso che per risolvere l’infezione sarà necessario asportare il calcolo che è presumibilmente infetto. Mio padre è restio a sottoporsi ad un altro intervento, soprattutto perché la soluzione proposta dai medici è una nefrectomia parziale e considerata la situazione di salute già molto compromessa, come spiegato dai medici, potrebbe non superare l’intervento.
Date le tristi circostanze, le nostre perplessità sono essenzialmente due:
1) Vorremmo essere certi che la soluzione chirurgica sia l’unica strada perseguibile e che anche tentando altre terapie antibiotiche l’infezione non potrà risolversi
2) Nel caso in cui si renda necessaria la chirurgia, vorremo chiedere chiarimenti riguardo alla strategia chirurgica da adottare, perché la nefrectomia parziale ci sembra onestamente un accanimento terapeutico del tutto sproporzionato rispetto alle sue condizioni di salute.
Per questi motivi vorremmo chiedere una second opinion. Come potremmo fare per rendere disponibile la documentazione clinica ad un altro urologo in libera professione dato che lui si trova attualmente ricoverato?
Ringraziandovi per la disponibilità, porgo cordiali saluti
scrivo per mio padre, un uomo di 66 anni, alto 1, 85m peso 70kg.
A marzo 2021 iniziava 8 cicli di chemioterapia gemcitabina-cisplatino per una diagnosi di colangiocarcinoma. Durante la chemioterapia si rendeva necessario sottoporlo al posizionamento di due stent ureterali JJ a lunga permanenza per una litiasi renale bilaterale, di cui una a stampo della pelvi renale sx in rene a ferro di cavallo.
A gennaio 2022 si sottoponeva ad una resezione epatica destra allargata in due tempi (ALPPS) con posizionamento di tubo di Kehr. L’esame istologico confermava colangiocarcinoma di grado II e riportava margine di resezione libero da neoplasia a <1mm, assenza di metastasi linfonodali. A seguito dell’intervento sviluppava un’insufficienza epatica post-resezione, da cui si riprendeva solo parzialmente ad aprile.
Su suggerimento degli urologi, ad aprile si sottoponeva alla sostituzione degli stent ureterali posizionati l’anno prima. In questa occasione sviluppa una complicanza infettiva da pseudomonas, risultato positivo all’urinocoltura. La diagnosi era di pielonefrite e veniva trattata con Tazocin. Durante la permanenza in ospedale, una volta risolta la febbre e ancora sotto antibiotico, veniva sottoposto ad una colangiografia trans-Kehr a seguito della quale sviluppa una batteriemia dovuta presumibilmente alla traslocazione di batteri presenti nel tubo di Kehr (aveva pochi giorni prima effettuato una biliocoltura risultata positiva a uno streptococco e un rodococco).
Una settimana fa, dopo l’interruzione della terapia antibiotica, ha nuovamente sviluppato febbre alta, è risultato nuovamente positivo a pseudomonas in urinocoltura e ha ripreso la terapia antibiotica.
Attualmente è apiretico e gli esami ematochimici epatici e renali sono nella norma. Da un consulto multidisciplinare è emerso che per risolvere l’infezione sarà necessario asportare il calcolo che è presumibilmente infetto. Mio padre è restio a sottoporsi ad un altro intervento, soprattutto perché la soluzione proposta dai medici è una nefrectomia parziale e considerata la situazione di salute già molto compromessa, come spiegato dai medici, potrebbe non superare l’intervento.
Date le tristi circostanze, le nostre perplessità sono essenzialmente due:
1) Vorremmo essere certi che la soluzione chirurgica sia l’unica strada perseguibile e che anche tentando altre terapie antibiotiche l’infezione non potrà risolversi
2) Nel caso in cui si renda necessaria la chirurgia, vorremo chiedere chiarimenti riguardo alla strategia chirurgica da adottare, perché la nefrectomia parziale ci sembra onestamente un accanimento terapeutico del tutto sproporzionato rispetto alle sue condizioni di salute.
Per questi motivi vorremmo chiedere una second opinion. Come potremmo fare per rendere disponibile la documentazione clinica ad un altro urologo in libera professione dato che lui si trova attualmente ricoverato?
Ringraziandovi per la disponibilità, porgo cordiali saluti
[#1]
Buonasera,
la situazione e' sicuramente complessa e comprensibile che l'idea di un novo intervento importante possa spaventare.
E' possibile che le infezioni ricorrenti siano sostenute dalla calcolosi a stampo, sia per lo svuotamento non completo causato dal calcolo nonostante gli stent, sia per un impianto della stessa sul calcolo a stampo.
L'urgenza dell'intervento e' dettata soprattutto dalle infezioni. Se le terapie antibiotiche correttamente provate da un centro qualificato di malattie infettive non riescono a riportare una situazione di stabilita' con urine sterili, l'intervento diventa necessario.
Mi permetto di ricordare che anche gli stent possono infettarsi e quindi la prima cosa e' di sostituire gli stessi.
il trattamento della calcolosi dipende dalla caratteristica e dimensioni dei calcoli.
La nefrectomia parziale e' sicuramente l'opzione più' aggressiva e' di solito e' dettata da calcoli che hanno determinato un danno importante in una parte del parenchima renale o ascessualizzati in esso cosi' da rendere necessario l'asportazione anche di una parte del rene.
Forme di terapia meno aggressive possono essere l'asportazione chirurgica ( robotica e quindi meno invasiva) del solo calcolo.
La maggior parte dei calcoli vengono trattati endoscopicamente con accesso percutanea diretto sul rene o per via retrograda ureterale a seconda di posizione e dimensioni utilizzando laser od onde d'urto.
La presenza di una infezione attiva puo' rendere pericoloso il trattamento di frantumazione del calcolo.
Su tutto questo ragionamento deve essere posto inoltre il problema di un rene a ferro di cavallo e le condizioni generali del pazienti e precedenti interventi.
Il consiglio e' di affidarsi ad un centro ad elevata esperienza sul trattamento della calcolosi complessa
Un cordiale saluto
Prof Alessandro Sciarra
la situazione e' sicuramente complessa e comprensibile che l'idea di un novo intervento importante possa spaventare.
E' possibile che le infezioni ricorrenti siano sostenute dalla calcolosi a stampo, sia per lo svuotamento non completo causato dal calcolo nonostante gli stent, sia per un impianto della stessa sul calcolo a stampo.
L'urgenza dell'intervento e' dettata soprattutto dalle infezioni. Se le terapie antibiotiche correttamente provate da un centro qualificato di malattie infettive non riescono a riportare una situazione di stabilita' con urine sterili, l'intervento diventa necessario.
Mi permetto di ricordare che anche gli stent possono infettarsi e quindi la prima cosa e' di sostituire gli stessi.
il trattamento della calcolosi dipende dalla caratteristica e dimensioni dei calcoli.
La nefrectomia parziale e' sicuramente l'opzione più' aggressiva e' di solito e' dettata da calcoli che hanno determinato un danno importante in una parte del parenchima renale o ascessualizzati in esso cosi' da rendere necessario l'asportazione anche di una parte del rene.
Forme di terapia meno aggressive possono essere l'asportazione chirurgica ( robotica e quindi meno invasiva) del solo calcolo.
La maggior parte dei calcoli vengono trattati endoscopicamente con accesso percutanea diretto sul rene o per via retrograda ureterale a seconda di posizione e dimensioni utilizzando laser od onde d'urto.
La presenza di una infezione attiva puo' rendere pericoloso il trattamento di frantumazione del calcolo.
Su tutto questo ragionamento deve essere posto inoltre il problema di un rene a ferro di cavallo e le condizioni generali del pazienti e precedenti interventi.
Il consiglio e' di affidarsi ad un centro ad elevata esperienza sul trattamento della calcolosi complessa
Un cordiale saluto
Prof Alessandro Sciarra
Prof. Alessandro Sciarra
Prof I fascia Universita' Sapienza di Roma
Specialista in Urologia-Chirurgia Robotica
alessandro.sciarra@uniroma1.it
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.9k visite dal 19/05/2022.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.