Valutazione riduzione psa senza alcuna terapia dopo ripresa biochimica
Gent. mi Dottori, Vi scrivo per chiedere, per gentilezza, un Vostro aiuto, in quanto mi trovo in difficoltà nell’inquadrare la seguente problematica.
Mio padre 85 enne, ad oggi in buona salute generale, ha subito nel 2007 un intervento di prostatectomia radicale e linfectomia iliaco-otturatoria bilaterale a seguito di una neoplasia (Gleason score (3+4) in 12 prelievi/12, PSA = 9. 04, pT3b, pN0, pMx). L’intervento è perfettamente riuscito e per i successivi 11 anni i controlli hanno sempre evidenziato un PSA pari a zero. Non è stata effettuata radioterapia dopo l’intervento chirurgico. Poi nel 2018 (forse a seguito di notevoli sofferenze emotive, morte della moglie ed altri eventi negativi) si è avuta una ripresa biochimica secondo la seguente cronologia:
02/07/2018: psa 0. 69;
28/09/2018: psa 1. 11;
22/10/2018: psa 1. 35;
09/01/2019: psa 2. 78;
09/04/2019: psa 5. 30:
I dottori che lo seguono hanno inizialmente deciso di evitare di intervenire terapeuticamente anche alla luce del fatto che una PET colina eseguita il 18/10/2018 aveva dato esito negativo. E’ stato eseguito pertanto un monitoraggio nel tempo del PSA con l’indicazione di rifare successivamente una nuova PET. Questa, eseguita il 10/06/2019, evidenzia alcune aree di ipermetabolismo colinico di pertinenza linfonodale in sede iliaca interna sx, iliaca esterna bilaterale e otturatoria sx.
A seguito di ciò sarebbe stata presa in considerazione una radioterapia mirata alla zona interessata. La cosa però particolare che si è verificata è il fatto che, senza che sia stato effettuato, fino al momento presente, alcun trattamento (né radioterapia, né terapia ormonale) il PSA è cominciato a scendere:
07/06/2019 psa 4. 85;
31/07/2019 psa 3. 88.
Il mio dilemma è questo: considerato tale decremento (da 5. 30 a 3. 88), cosa che normalmente si ottiene per effetto dell’applicazione di una terapia e che invece, in questo caso, si è verificato naturalmente senza alcuna terapia, come bisogna inquadrare tale fenomeno? Come un possibile miglioramento del quadro clinico? Potrebbe essere opportuno valutare l’evoluzione ulteriore del PSA (ad es. se è in ulteriore e progressiva discesa) e magari ripetere fra un po’ di tempo la PET prima di procedere ad una terapia, sia essa radiante o ormonale, considerando anche l’età del paziente e che le terapie sono inevitabilmente associate a significativi effetti collaterali? Potrebbe, infine, in questo momento, essere controproducente intervenire con una terapia rischiando magari così di bloccare, o perlomeno disturbare, processi naturali che potrebbero forse portare ad una regressione della malattia?
Vi ringrazio veramente tanto e Vi saluto cordialmente.
Mio padre 85 enne, ad oggi in buona salute generale, ha subito nel 2007 un intervento di prostatectomia radicale e linfectomia iliaco-otturatoria bilaterale a seguito di una neoplasia (Gleason score (3+4) in 12 prelievi/12, PSA = 9. 04, pT3b, pN0, pMx). L’intervento è perfettamente riuscito e per i successivi 11 anni i controlli hanno sempre evidenziato un PSA pari a zero. Non è stata effettuata radioterapia dopo l’intervento chirurgico. Poi nel 2018 (forse a seguito di notevoli sofferenze emotive, morte della moglie ed altri eventi negativi) si è avuta una ripresa biochimica secondo la seguente cronologia:
02/07/2018: psa 0. 69;
28/09/2018: psa 1. 11;
22/10/2018: psa 1. 35;
09/01/2019: psa 2. 78;
09/04/2019: psa 5. 30:
I dottori che lo seguono hanno inizialmente deciso di evitare di intervenire terapeuticamente anche alla luce del fatto che una PET colina eseguita il 18/10/2018 aveva dato esito negativo. E’ stato eseguito pertanto un monitoraggio nel tempo del PSA con l’indicazione di rifare successivamente una nuova PET. Questa, eseguita il 10/06/2019, evidenzia alcune aree di ipermetabolismo colinico di pertinenza linfonodale in sede iliaca interna sx, iliaca esterna bilaterale e otturatoria sx.
A seguito di ciò sarebbe stata presa in considerazione una radioterapia mirata alla zona interessata. La cosa però particolare che si è verificata è il fatto che, senza che sia stato effettuato, fino al momento presente, alcun trattamento (né radioterapia, né terapia ormonale) il PSA è cominciato a scendere:
07/06/2019 psa 4. 85;
31/07/2019 psa 3. 88.
Il mio dilemma è questo: considerato tale decremento (da 5. 30 a 3. 88), cosa che normalmente si ottiene per effetto dell’applicazione di una terapia e che invece, in questo caso, si è verificato naturalmente senza alcuna terapia, come bisogna inquadrare tale fenomeno? Come un possibile miglioramento del quadro clinico? Potrebbe essere opportuno valutare l’evoluzione ulteriore del PSA (ad es. se è in ulteriore e progressiva discesa) e magari ripetere fra un po’ di tempo la PET prima di procedere ad una terapia, sia essa radiante o ormonale, considerando anche l’età del paziente e che le terapie sono inevitabilmente associate a significativi effetti collaterali? Potrebbe, infine, in questo momento, essere controproducente intervenire con una terapia rischiando magari così di bloccare, o perlomeno disturbare, processi naturali che potrebbero forse portare ad una regressione della malattia?
Vi ringrazio veramente tanto e Vi saluto cordialmente.
[#1]
A 85 anni crediamo che la maggioranza dei nostri Colleghi, noi compresi, non darebbe indicaziine ad alcun tipo di trattamento adiuvante, i cui effetti collaterali sarebbero quasi certamente molto più significativi che i vantaggi e tenderebbero comunque ad abbassare in qualche modo il livello della qualità di vita. Ricordiamo che a quell’età qualsiasi tipo di progressione tumorale é molto rallentata, ancor di più quella di un tumore già di per sé a lenta evoluzione come quello della prostata. In quanto alla sua domanda, ci pare impossibile dare una risposta precisa e formulare delle mere ipotesi é senz’altro molto vano. Si tenga conto che il PSA é comunque un marcatore tumorale di bassa qualità per alcune sue caratteristiche ed in talune situazioni non stupisce che vada incontro a risultati contraddittori.
Paolo Piana
Medico Chirurgo - Specialista in Urologia
Trattamento integrato della Calcolosi Urinaria
www.paolopianaurologo.it
[#2]
Utente
Gent.mo Dott. PIANA, desidero innanzitutto ringraziarLa per la risposta fornitami, risposta che fra l’altro avverto orientata oltre che dalla conoscenza medica anche dal buon senso e nei riguardi della quale sento di essere allineato.
Mi rimangono però i seguenti dubbi. Considerata l’età di mio padre ed il fatto che non ha più la prostata, la lenta evoluzione di un tumore alla prostata alla quale ha accennato nella risposta deve riferirsi anche alla evoluzione delle metastasi, espressione della ripresa biochimica, che nel caso di mio padre sarebbero state evidenziate a livello dei linfonodi pelvici? Secondo i dati della letteratura medica qual è la sopravvivenza media che ci si può aspettare, ovviamente in esclusiva relazione con il tumore metastatico? A parte la comparsa di effetti collaterali delle varie terapie (radioterapia e ormonoterapia), sempre in riferimento alla casistica medica e a casi simili a mio padre, ci può essere differenza, in termini di sopravvivenza, tra il trattamento ed il non trattamento? E, infine, se non vengono trattati i linfonodi non c’è il rischio di disseminazione metastatica anche in altri organi, ad es. ossa con tutto il carico di sofferenza e di dolore che ne può derivare? Mi scuso veramente per le numerose domande, La ringrazio tanto e La saluto cordialmente.
Mi rimangono però i seguenti dubbi. Considerata l’età di mio padre ed il fatto che non ha più la prostata, la lenta evoluzione di un tumore alla prostata alla quale ha accennato nella risposta deve riferirsi anche alla evoluzione delle metastasi, espressione della ripresa biochimica, che nel caso di mio padre sarebbero state evidenziate a livello dei linfonodi pelvici? Secondo i dati della letteratura medica qual è la sopravvivenza media che ci si può aspettare, ovviamente in esclusiva relazione con il tumore metastatico? A parte la comparsa di effetti collaterali delle varie terapie (radioterapia e ormonoterapia), sempre in riferimento alla casistica medica e a casi simili a mio padre, ci può essere differenza, in termini di sopravvivenza, tra il trattamento ed il non trattamento? E, infine, se non vengono trattati i linfonodi non c’è il rischio di disseminazione metastatica anche in altri organi, ad es. ossa con tutto il carico di sofferenza e di dolore che ne può derivare? Mi scuso veramente per le numerose domande, La ringrazio tanto e La saluto cordialmente.
[#3]
I valori del PSA sono comunque ancora piuttosto bassi, se possono significare una ripresa biochimica di malattia, certamente la compromissione dev'essere modesta. Le metastasi linfonodali si accompagnano a valori mediamente 10 volte più grandi e le metastasi ossee 100 volte e più. Pertanto pensiamo che si sia generalmente parlando ben lontani da un'evoluzione pericolosa. In pratica per l'età ed altri fattori è molto più facile in questo frangente che l'eventuale causa di morte non sia legata al tumore prostatico, ma all'insogenza di altre patologie.
[#4]
Utente
Grazie mille Dott. PIANA per la Sua risposta, nonché per la Sua pazienza e gentilezza. Mi permetto di rivolgerLe un’ultima domanda. Poiché i medici che lo seguono sono praticamente convinti ad intervenire in quanto ritengono il valore del psa, ma soprattutto quanto evidenziato della PET, elementi tali da giustificare, nonostante l’età, l’intervento sia radioterapico che ormonale, Lei è eventualmente a conoscenza di un medico in zona Firenze o province limitrofe che presenti un orientamento simile al Suo e condiviso da molti Suoi colleghi, al quale poterci rivolgere per essere seguiti nei periodi futuri? Le chiedo questo perché ho letto Lei che opera a Torino che purtroppo per noi è piuttosto distante. La ringrazio ancora tanto e Le invio i miei migliori saluti.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 4.1k visite dal 02/09/2019.
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