Adenocarcinoma della prostata
Gentili Medici buongiorno,
ho 57 anni e recentemente effettuato una biopsia prostatica a seguito di una risonanza multiparametrica che aveva rilevato una area pseudonodulare dubbia al terzo superiore della ghiandola (PI-RADS score 3) di diametro circa 8 mm. Il referto della biopsia è stato il seguente:
A)B) tessuto prostatico con aspetti iperplastici, aree di atrofia e flogosi cronica aspecifica
C) adenocarcinoma della prostata, grado 7 (3+4) di Gleason, gruppo 2 (ISUP-WHO 2016). La neoplasia interessa il 40% circa del tessuto prelevato dal TARGET laterale destro (6/6 agobiospie). La componente neoplastica con Gleason 4 rappresenta meno del 5% del totale ed è costituita da pattern di tipo "poorly-formed glands". Per concludere, il mio PSA a Marzo 2018 era 3.790 (PSAfree/PSA = 0.174).
Prima domanda : un vostro giudizio generale. Secondo voi sono riuscito a diagnosticarlo in fase sufficientemente precoce? Poi: l'urologo mi ha prospettato due strade : prostatectomia radicale robotica e radioterapia, dicendomi che sono entrambe valide. Mio padre ha avuto lo stesso tumore anni fa (a 68 anni) ed è stato operato (tra parentesi lo ebbe anche mio nonno, deceduto ad 83 anni). Anch'io, per vari motivi, tenderei a seguire la stessa strada, anche perchè non mi va tanto di "convivere" con un tumore in pancia. L'urologo però mi ha già detto che c'è una lista d'attesa di circa cinque mesi. E' compatibile con il mio stato secondo voi? Immagino poi che l'operazione abbia senso se il tumore non si è già diffuso altrove: Mio padre, prima dell'operazione, eseguì una scintigrafia ossea ed una TAC total-body. L'urologo, nell'incontro di consegna del referto, non me ne ha parlato. Immagino però che siano esami da fare (poi non so se una TAC o una PET), vero? Ovvero non vorrei si affidasse solo alla "statistica" una verifica di questo genere. Infine: sempre mio padre, in attesa dell'operazione, fece una terapia "di arresto" con enantone. Anche qui non ho però avuto (ancora) notizia specifica. Pensate sia necessaria (o essa o qualcosa di simile)? Vi ringrazio delle vostra collaborazione.
ho 57 anni e recentemente effettuato una biopsia prostatica a seguito di una risonanza multiparametrica che aveva rilevato una area pseudonodulare dubbia al terzo superiore della ghiandola (PI-RADS score 3) di diametro circa 8 mm. Il referto della biopsia è stato il seguente:
A)B) tessuto prostatico con aspetti iperplastici, aree di atrofia e flogosi cronica aspecifica
C) adenocarcinoma della prostata, grado 7 (3+4) di Gleason, gruppo 2 (ISUP-WHO 2016). La neoplasia interessa il 40% circa del tessuto prelevato dal TARGET laterale destro (6/6 agobiospie). La componente neoplastica con Gleason 4 rappresenta meno del 5% del totale ed è costituita da pattern di tipo "poorly-formed glands". Per concludere, il mio PSA a Marzo 2018 era 3.790 (PSAfree/PSA = 0.174).
Prima domanda : un vostro giudizio generale. Secondo voi sono riuscito a diagnosticarlo in fase sufficientemente precoce? Poi: l'urologo mi ha prospettato due strade : prostatectomia radicale robotica e radioterapia, dicendomi che sono entrambe valide. Mio padre ha avuto lo stesso tumore anni fa (a 68 anni) ed è stato operato (tra parentesi lo ebbe anche mio nonno, deceduto ad 83 anni). Anch'io, per vari motivi, tenderei a seguire la stessa strada, anche perchè non mi va tanto di "convivere" con un tumore in pancia. L'urologo però mi ha già detto che c'è una lista d'attesa di circa cinque mesi. E' compatibile con il mio stato secondo voi? Immagino poi che l'operazione abbia senso se il tumore non si è già diffuso altrove: Mio padre, prima dell'operazione, eseguì una scintigrafia ossea ed una TAC total-body. L'urologo, nell'incontro di consegna del referto, non me ne ha parlato. Immagino però che siano esami da fare (poi non so se una TAC o una PET), vero? Ovvero non vorrei si affidasse solo alla "statistica" una verifica di questo genere. Infine: sempre mio padre, in attesa dell'operazione, fece una terapia "di arresto" con enantone. Anche qui non ho però avuto (ancora) notizia specifica. Pensate sia necessaria (o essa o qualcosa di simile)? Vi ringrazio delle vostra collaborazione.
[#1]
Considerato il tipo istologico (3+4) ed i valori ancora piuttosto bassi del PSA, alcuni protocolli non ritengono necessari ulteriori esami di stadiazione. Dipende però molto dalle abitudini del centro di cura. Tantomeno è indicata una terapia farmacologica neo-adiuvante. Cinque mesi d'attesa non sono pochi, comunque non riteniamo sia particolarmente rischioso attendere, sempre che non si trovi qualcosa di meglio.
Paolo Piana
Medico Chirurgo - Specialista in Urologia
Trattamento integrato della Calcolosi Urinaria
www.paolopianaurologo.it
[#2]
Utente
Egregio Dott. Piana ed egregi Medici buongiorno,
capisco i protocolli, ma devo dire che sino ad ora la "statistica" mi ha un po' "fregato": nel 2017 ho fatto una ecografia prostatica (negativa), due esplorazioni rettali (tranquille), i valori di PSA erano quelli che erano. Nel 2018, a Maggio, altra visita ed altra esplorazione rettale (tranquilla). Sono stato io che per la familiarità ho "insisitito" (ed ottenuto dal Medico) il benestare per effettuare la RMM da cui è seguito tutto il resto. Ed infine mi trovo un 3+4 (mio padre aveva un 2+3!!), anche se la componente 4 è sotto il 5%... Comunque: ho effettuato per consulto una visita dall'Urologo che aveva in cura mio padre (e me sino al 2017: ora va in pensione). E per quanto il messaggio sia di una certa (relativa!) tranquillità, c'è però una cosa nell'approccio che mi lascia un po' pensieroso. Di fatto entrambi gli Urologi da me visti lasciano a me ("questa è una scelta tua") la scelta tra prostatectomia e radioterapia. Ora, lasciamo per un attimo perdere le mie intenzioni o le mie inclinazioni ("papà si è operato", "mi piace, non mi piace convivere con un tumore in pancia" etc.). Ma io, sia teoricamente che praticamente, potrei benissimo essere una persona che non distingue una prostata da un salame. Quindi va bene dire "sono entrambe valide", ma poi come "faccio" io la scelta? Tiro una monetina? Cosa è più indicato per me? Mi sembra un po' velleitario procedere in questo modo per una patologia di questo genere! L'unica cosa che riesco a "ragionare" è che la scelta della radioterapia implicherebbe che nel follow-up le metodiche di monitoraggio di come effettivamente sto siano assolutamente affidabili (ovvero come il PSA dopo PR), se no corro il rischio (penso) di accorgermi che è necessario operare quando i buoi sono già andati a pascolare altrove.... Ma è vero tutto ciò? Stiamo sempre parlando dei pensieri di un profano! Eppure queste sono le "parole" che ho ricevuto, e non penso che cambieranno, in quanto immagino che un Medico non cambi opinione a seconda di come un paziente insiste, vero? Insomma: cosa devo fare? Sempre grazie mille.
N.B.
Il secondo Urologo ha consigliato di completare la stadiazione con una TAC pelvica.
capisco i protocolli, ma devo dire che sino ad ora la "statistica" mi ha un po' "fregato": nel 2017 ho fatto una ecografia prostatica (negativa), due esplorazioni rettali (tranquille), i valori di PSA erano quelli che erano. Nel 2018, a Maggio, altra visita ed altra esplorazione rettale (tranquilla). Sono stato io che per la familiarità ho "insisitito" (ed ottenuto dal Medico) il benestare per effettuare la RMM da cui è seguito tutto il resto. Ed infine mi trovo un 3+4 (mio padre aveva un 2+3!!), anche se la componente 4 è sotto il 5%... Comunque: ho effettuato per consulto una visita dall'Urologo che aveva in cura mio padre (e me sino al 2017: ora va in pensione). E per quanto il messaggio sia di una certa (relativa!) tranquillità, c'è però una cosa nell'approccio che mi lascia un po' pensieroso. Di fatto entrambi gli Urologi da me visti lasciano a me ("questa è una scelta tua") la scelta tra prostatectomia e radioterapia. Ora, lasciamo per un attimo perdere le mie intenzioni o le mie inclinazioni ("papà si è operato", "mi piace, non mi piace convivere con un tumore in pancia" etc.). Ma io, sia teoricamente che praticamente, potrei benissimo essere una persona che non distingue una prostata da un salame. Quindi va bene dire "sono entrambe valide", ma poi come "faccio" io la scelta? Tiro una monetina? Cosa è più indicato per me? Mi sembra un po' velleitario procedere in questo modo per una patologia di questo genere! L'unica cosa che riesco a "ragionare" è che la scelta della radioterapia implicherebbe che nel follow-up le metodiche di monitoraggio di come effettivamente sto siano assolutamente affidabili (ovvero come il PSA dopo PR), se no corro il rischio (penso) di accorgermi che è necessario operare quando i buoi sono già andati a pascolare altrove.... Ma è vero tutto ciò? Stiamo sempre parlando dei pensieri di un profano! Eppure queste sono le "parole" che ho ricevuto, e non penso che cambieranno, in quanto immagino che un Medico non cambi opinione a seconda di come un paziente insiste, vero? Insomma: cosa devo fare? Sempre grazie mille.
N.B.
Il secondo Urologo ha consigliato di completare la stadiazione con una TAC pelvica.
[#3]
Utente
Ah. nota aggiuntiva: fatto salvo quanto detto prima, come unica indicazione personale (questa sì) valida posso dire che il mio obiettivo è fare il meglio per sconfiggere la malattia principale in quanto tale, ovvero sono (tendenzialmente!) meno orientato a pesare come primo fattore di scelta i cosiddetti "effetti collaterali" (impotenza etc.). Questo non vuol dire che peso pari a zero ad esempio i rischi operatori (comunque si tratterà di robotica), però non appartengo a quel gruppo di persone che considera (ad esempio) una certa perdita di "virilità" il fattore predominante. La cosa importante (scusate l'ovvietà) è che voglio guarire..... Ancora Grazie.
[#4]
A parità di efficacia, una volte spiegati dettagliatamente i pro- ed i contro insiti nei due appocci terapeutici, coinvolgere il paziente nella decisione è doveroso. Se poi andiamo a vedere i "grossi numeri", si può rilevare che, almeno fino ad oggi, nella sua fascia di età 8relativamente bassa) sono stati molto più frequenti gli interventi che le applicazioni radioterapiche. Sembrerà banale, ma il motivo sostanziale della scelta chirurgica è proprio quello di non "avere più la prosata in pancia", cosa che necessita di qualche maggiore attenzione protratta nel lungo periodo. Se questo motitvo sia sufficiente a far affrontare il rischio di alterazioni (emendabili) della continenza e dell'erezione è poi una scelta assolutamente personale. Concludiamo dicendo che questi tumori localizzati ed a bassa aggressività molto probabilemente tra 10 anni verranno trattati in modo non invasivo con applicazioni "focali" di energia (radioterapia, ultrasuoni focalizzati, laser o quant'altro).
[#5]
Utente
Gentili Dottori buongiorno,
dopo alcune riflessioni ho deciso di affrontare l'intervento di prostatectomia (robotica), sono in lista di attesa e sarò chiamato entro due o tre mesi. Ho però un dubbio relativo ad un accertamento che l'urologo che mi avrà in cura non ritiene di fare pur avendone parlato (mi ha "solo" prescritto una eco addome completo) mentre il mio medico di base, che ovviamente tengo costantemente informato sulla situazione, ritene necessario fare ed anzi mi ha immediatamente prescritto. Mi riferisco alla PET total body al fine di rilevare eventuali metastasi ad esempio ossee. Sinceramente dopo la scelta di operarmi non mi piacerebbe affatto rimettere in discussione tale scelta. Una possibilità, ma chiedo ovviamente il vostro parere, potrebbe essere quella di effettuare tale accertamento una volta operato (ed una volta esaminata la prostata estratta), visto anche che mancano non più di due/tre mesi alla operazione. Cosa ne dite? Corro dei rischi?
Vi riporto il risultato della mia biopsia (ho 58 anni) :
A)B) tessuto prostatico con aspetti iperplastici, aree di atrofia e flogosi cronica aspecifica
C) adenocarcinoma della prostata, grado 7 (3+4) di Gleason, gruppo 2 (ISUP-WHO 2016). La neoplasia interessa il 40% circa del tessuto prelevato dal TARGET laterale destro (6/6 agobiospie). La componente neoplastica con Gleason 4 rappresenta meno del 5% del totale ed è costituita da pattern di tipo "poorly-formed glands". Per concludere, il mio PSA a Marzo 2018 era 3.790 (PSAfree/PSA = 0.174).
Ancora grazie.
dopo alcune riflessioni ho deciso di affrontare l'intervento di prostatectomia (robotica), sono in lista di attesa e sarò chiamato entro due o tre mesi. Ho però un dubbio relativo ad un accertamento che l'urologo che mi avrà in cura non ritiene di fare pur avendone parlato (mi ha "solo" prescritto una eco addome completo) mentre il mio medico di base, che ovviamente tengo costantemente informato sulla situazione, ritene necessario fare ed anzi mi ha immediatamente prescritto. Mi riferisco alla PET total body al fine di rilevare eventuali metastasi ad esempio ossee. Sinceramente dopo la scelta di operarmi non mi piacerebbe affatto rimettere in discussione tale scelta. Una possibilità, ma chiedo ovviamente il vostro parere, potrebbe essere quella di effettuare tale accertamento una volta operato (ed una volta esaminata la prostata estratta), visto anche che mancano non più di due/tre mesi alla operazione. Cosa ne dite? Corro dei rischi?
Vi riporto il risultato della mia biopsia (ho 58 anni) :
A)B) tessuto prostatico con aspetti iperplastici, aree di atrofia e flogosi cronica aspecifica
C) adenocarcinoma della prostata, grado 7 (3+4) di Gleason, gruppo 2 (ISUP-WHO 2016). La neoplasia interessa il 40% circa del tessuto prelevato dal TARGET laterale destro (6/6 agobiospie). La componente neoplastica con Gleason 4 rappresenta meno del 5% del totale ed è costituita da pattern di tipo "poorly-formed glands". Per concludere, il mio PSA a Marzo 2018 era 3.790 (PSAfree/PSA = 0.174).
Ancora grazie.
[#7]
Utente
Gentili Dottori buongiorno,
ho 58 anni, e Vi scrivo dopo avere effettuato l'intervento di prostatectomia radicale robotica (RALP) in quanto purtroppo sto avendo delle complicazioni postoperatorie legate al tentativo di rimozione del catetere.
Premetto che durante la degenza non ho avuto che lievi rialzi di temperatura (entro 37.5) e solo la sera.
Cerco di riassumere :
Lunedì (giorno 0) : intervento, a detta del chirurgo, perfettamente riuscito. Due o tre attacchi di forte singhiozzo durante la notte all'assunzione di acqua, durati una decina di minuti ciascuno.
Mercoledì (giorno 2) : rimozione del drenaggio
Giovedì (giorno 3) : mi libero di intestino, ma durante l'operazione mi partono dei forti spasmi al basso ventre, durati circa dieci minuti.
Domenica (giorno 6) : mi libero di nuovo di intestino, stando attento a "controllare" le spinte e non compaiono spasmi.
Lunedì (giorno 7) : rimozione del catetere, e qui iniziano i problemi:
a) cerco di bere, ma non sento particolare stimolo. Faccio poca urina (un po' colorata di rosso - le sacche di raccolta dei giorni precedenti erano chiare). In totale urino 200 cc circa.
b) dopo l'ultimo tentativo di minzione mi parte un forte spasmo tipo quello precedente, chiamo l'infermiere che dice "può capitare", mi stendo sul letto e questo spasmo passa dopo circa dieci minuti lasciandomi un senso di indolenzimento/sensazione di contrattura.
c) dopo mezz'ora, mentre passeggio in corsia, davanti allo studio dei medici mi parte in modo del tutto autonomo una contrazione al perineo che si diffonde al basso ventre e all'addome. Di nuovo spasmo. Non riesco più a camminare. Il medico interviene ed ordina di rimettere il catetere, che si proverà a togliere venerdi in ambulatorio.
Dalla ecografia risultano 100cc in vescica.
Martedì (giorno 8) : dimissione con catetere.
Venerdì (giorno 11) : mi reco in ambulatorio, tolgono il catetere, inizio a bere e a passeggiare, sento di perdere nel pannolone molta più urina dell'altra volta, faccio poca pipì, e dopo tre ore inizia ancora una sensazione di diffusa contrazione a tutto l'addome che va aumentando progressivamente (non ho però spasmi "localizzati" come le altre volte). Dopo un' ora faccio fatica a camminare, Di nuovo chiamo il mio chirurgo che alla ecografia rileva pochissima urina in vescica. A quel punto mi rimette il catetere, mi prescrive 20 mg pro die di Lioresal in due dosi, mi dà appuntamento a venerdì (prossimo) dove verrà effettuata una cistografia (non effettuata durante la degenza).
Alla mia domanda su cosa stia succedendo, ricevo risposte un po' "ipotetiche" (lievi "spifferi di urina dalla anastomosi, comportamento troppo "reattivo" dello sfintere, etc.). La mia impressione è che non abbiano una risposta certa.
Allora riporto qui la mia domanda :
a) di grazia, cosa sta succedendo?
b) dovrò essere rioperato (spero proprio di noooooo!!!!)?
c) riuscirò a togliere questo catetere?
d) tutto ciò fa crollare la probabilità di non rimanere incontinente (come ora mi sembra di essere)?
Sono abbastanza "depresso", anche perchè altri miei conoscenti che hanno subito questa operazione non hanno avuto questi problemi....
Ultima nota : le urine di raccolta sono chiare (siamo a circa 4/5 litri/giorno).
Un grazie di cuore
Stefano
ho 58 anni, e Vi scrivo dopo avere effettuato l'intervento di prostatectomia radicale robotica (RALP) in quanto purtroppo sto avendo delle complicazioni postoperatorie legate al tentativo di rimozione del catetere.
Premetto che durante la degenza non ho avuto che lievi rialzi di temperatura (entro 37.5) e solo la sera.
Cerco di riassumere :
Lunedì (giorno 0) : intervento, a detta del chirurgo, perfettamente riuscito. Due o tre attacchi di forte singhiozzo durante la notte all'assunzione di acqua, durati una decina di minuti ciascuno.
Mercoledì (giorno 2) : rimozione del drenaggio
Giovedì (giorno 3) : mi libero di intestino, ma durante l'operazione mi partono dei forti spasmi al basso ventre, durati circa dieci minuti.
Domenica (giorno 6) : mi libero di nuovo di intestino, stando attento a "controllare" le spinte e non compaiono spasmi.
Lunedì (giorno 7) : rimozione del catetere, e qui iniziano i problemi:
a) cerco di bere, ma non sento particolare stimolo. Faccio poca urina (un po' colorata di rosso - le sacche di raccolta dei giorni precedenti erano chiare). In totale urino 200 cc circa.
b) dopo l'ultimo tentativo di minzione mi parte un forte spasmo tipo quello precedente, chiamo l'infermiere che dice "può capitare", mi stendo sul letto e questo spasmo passa dopo circa dieci minuti lasciandomi un senso di indolenzimento/sensazione di contrattura.
c) dopo mezz'ora, mentre passeggio in corsia, davanti allo studio dei medici mi parte in modo del tutto autonomo una contrazione al perineo che si diffonde al basso ventre e all'addome. Di nuovo spasmo. Non riesco più a camminare. Il medico interviene ed ordina di rimettere il catetere, che si proverà a togliere venerdi in ambulatorio.
Dalla ecografia risultano 100cc in vescica.
Martedì (giorno 8) : dimissione con catetere.
Venerdì (giorno 11) : mi reco in ambulatorio, tolgono il catetere, inizio a bere e a passeggiare, sento di perdere nel pannolone molta più urina dell'altra volta, faccio poca pipì, e dopo tre ore inizia ancora una sensazione di diffusa contrazione a tutto l'addome che va aumentando progressivamente (non ho però spasmi "localizzati" come le altre volte). Dopo un' ora faccio fatica a camminare, Di nuovo chiamo il mio chirurgo che alla ecografia rileva pochissima urina in vescica. A quel punto mi rimette il catetere, mi prescrive 20 mg pro die di Lioresal in due dosi, mi dà appuntamento a venerdì (prossimo) dove verrà effettuata una cistografia (non effettuata durante la degenza).
Alla mia domanda su cosa stia succedendo, ricevo risposte un po' "ipotetiche" (lievi "spifferi di urina dalla anastomosi, comportamento troppo "reattivo" dello sfintere, etc.). La mia impressione è che non abbiano una risposta certa.
Allora riporto qui la mia domanda :
a) di grazia, cosa sta succedendo?
b) dovrò essere rioperato (spero proprio di noooooo!!!!)?
c) riuscirò a togliere questo catetere?
d) tutto ciò fa crollare la probabilità di non rimanere incontinente (come ora mi sembra di essere)?
Sono abbastanza "depresso", anche perchè altri miei conoscenti che hanno subito questa operazione non hanno avuto questi problemi....
Ultima nota : le urine di raccolta sono chiare (siamo a circa 4/5 litri/giorno).
Un grazie di cuore
Stefano
[#8]
E' ovviamente difficile esprimere un giudizio su un intervento eseguito da altri Colleghi, tantopiù se recente e con un decorso un poco tortuoso. Possiamo dire che in taluni casi la ripresa della minzione può essere più difficoltosa, per vari motivi, perlpiù non legati alla tecnica chirurgica. D'ogni modo, andando per gradi, la cistografia inizierà a fornire qualche elemento in più, potrebbe anche seguire una valutazione endoscopica. Escludiamo in linea di massima la revisione chirurgica.
[#9]
Utente
Gentilissimi Dottori buongiorno,
purtroppo c'è stato un altro fatto negativo. Ieri mattino, dopo forti brividi, mi sono svegliato con 39.4 di temperatura. Mia moglie è andata dal medico dellìOspedale di cui sono paziente e mi ha prescritto 500mg di Ciproxin due volte al dì (ho iniziato a prenderlo ieri a mezzogiorno) e tachipirina. Ieri, pur con l'assunzione di un totale di 2.5 g di tachipirina, la temperatura si è mantenuta attorno a 39 ed oggi, ho avuto 38.8 alle 7.30 (ho preso 500mg di tachipirina) e 38.3 verso le 12.30.
Il medico ieri ha ipotizzato che la rimozione e la riapplicazione del catetere fosse la motivazione, ma mia madre ha portato il catetere per cinque anni, ha avuto diversi rialzi febbrili, ma mai così improvvisi e violenti. Invece, una "perdita" anche minima dalla cicatrice chirurgica (che lunedì scorso mi era stata "accennata" come possibile causa degli spasmi) mi sembra più compatibile sia con gli spasmi/contrazioni dei muscoli addominali (che sono avvenuti entrambi lunedì scorso e venerdì scorso dopo due o tre ore dalle rimozioni del catetere) sia con il rialzo febbrile così violento di ieri notte.
A questo punto la parola alla cistografia, ma nel caso fosse positiva, cosa si fa di solito (almeno come prima strategia?). Immagino che in questo caso il catetere non vada certo rimosso.
Gentili Dottori, il mio intento con queste domande non è certo la "mancanza di fiducia", o per giudicare se hanno fatto le cose bene o no, ma io sono in generale più tranquillo come persona se riesco in generale a farmi un quadro anche minimo del perchè di quello che sta succedendo (ammesso che sia possibile), ed in questo caso anche il Vostro contrinbuto (che chiedo ovviamente senza alcun impegno) mi può essere utile in tal senso....
Grazie mille
Stefano
purtroppo c'è stato un altro fatto negativo. Ieri mattino, dopo forti brividi, mi sono svegliato con 39.4 di temperatura. Mia moglie è andata dal medico dellìOspedale di cui sono paziente e mi ha prescritto 500mg di Ciproxin due volte al dì (ho iniziato a prenderlo ieri a mezzogiorno) e tachipirina. Ieri, pur con l'assunzione di un totale di 2.5 g di tachipirina, la temperatura si è mantenuta attorno a 39 ed oggi, ho avuto 38.8 alle 7.30 (ho preso 500mg di tachipirina) e 38.3 verso le 12.30.
Il medico ieri ha ipotizzato che la rimozione e la riapplicazione del catetere fosse la motivazione, ma mia madre ha portato il catetere per cinque anni, ha avuto diversi rialzi febbrili, ma mai così improvvisi e violenti. Invece, una "perdita" anche minima dalla cicatrice chirurgica (che lunedì scorso mi era stata "accennata" come possibile causa degli spasmi) mi sembra più compatibile sia con gli spasmi/contrazioni dei muscoli addominali (che sono avvenuti entrambi lunedì scorso e venerdì scorso dopo due o tre ore dalle rimozioni del catetere) sia con il rialzo febbrile così violento di ieri notte.
A questo punto la parola alla cistografia, ma nel caso fosse positiva, cosa si fa di solito (almeno come prima strategia?). Immagino che in questo caso il catetere non vada certo rimosso.
Gentili Dottori, il mio intento con queste domande non è certo la "mancanza di fiducia", o per giudicare se hanno fatto le cose bene o no, ma io sono in generale più tranquillo come persona se riesco in generale a farmi un quadro anche minimo del perchè di quello che sta succedendo (ammesso che sia possibile), ed in questo caso anche il Vostro contrinbuto (che chiedo ovviamente senza alcun impegno) mi può essere utile in tal senso....
Grazie mille
Stefano
[#10]
In qualsiasi situazione vi sia un catetere urinario a permanenza, il rischio di infezione è generalmente e notevolmente aumentato. Questo tanto più negli esiti di un recente intervento e relativa degenza in ambiente ospedaliero, che come ben si sa è laddove pascolano i batteri più antipatici e resistenti. L'eventuale deiscenza parziale della anastomosi uretro-vescicale dovrebbe anche dare qualche altro segno di sè, ma il sospetto e leggittimo e solo la cistografia lo potrà confermare o smentire. In caso si confermasse la fistol urinosa, l'unica soluzione è continuare a mantenere il catetere ancora per un certo periodo, le indicazioni al reintervento sono rarissime.
[#11]
Utente
Gentili Dottori buongiorno,
innanzitutto grazie ancora delle Vostre risposte. La mia febbre, di cui Vi avevo detto nel mio ultimo post, ha un andamento un po' strano: di giorno scende (talvolta mi sveglio la mattina anche sfebbrato), ma la sera tardi si "risveglia" e risale (tre giorni fa a 37.8, due giorni fa a 38.6, ieri a 37.8... Comunque: sentito per telefono, il mio urologo ha ipotizzato di fare uno o due giorni di osservazione in ospedale per capirci meglio. Ma ciò che più mi importa ora è la possibilità di effettuare la cistografia (programmata per questo mercoledì) e poter finalmente togliere questo catetere (che al posto della settimana standard prevista per le RALP è su ormai da tre settimane...). Perchè ho questa "fretta"? Perchè il mio timore è che ogni periodo in più di permanenza del catetere (e quindi di inattività dello sfintere - o di quella parte dello sfintere che è rimasta) possa abbattere le probabilità di non avere incontinenza residua cronica. Infatti nella visita preoperatoria con la fisioterapista del reparto, mi era stata data come "fondamentale" la necessità di iniziare gli esercizi di riabilitazione (esercizi di kegel o simili) il prima possibile dopo l'intervento.
Grazie mille.
Stefano
innanzitutto grazie ancora delle Vostre risposte. La mia febbre, di cui Vi avevo detto nel mio ultimo post, ha un andamento un po' strano: di giorno scende (talvolta mi sveglio la mattina anche sfebbrato), ma la sera tardi si "risveglia" e risale (tre giorni fa a 37.8, due giorni fa a 38.6, ieri a 37.8... Comunque: sentito per telefono, il mio urologo ha ipotizzato di fare uno o due giorni di osservazione in ospedale per capirci meglio. Ma ciò che più mi importa ora è la possibilità di effettuare la cistografia (programmata per questo mercoledì) e poter finalmente togliere questo catetere (che al posto della settimana standard prevista per le RALP è su ormai da tre settimane...). Perchè ho questa "fretta"? Perchè il mio timore è che ogni periodo in più di permanenza del catetere (e quindi di inattività dello sfintere - o di quella parte dello sfintere che è rimasta) possa abbattere le probabilità di non avere incontinenza residua cronica. Infatti nella visita preoperatoria con la fisioterapista del reparto, mi era stata data come "fondamentale" la necessità di iniziare gli esercizi di riabilitazione (esercizi di kegel o simili) il prima possibile dopo l'intervento.
Grazie mille.
Stefano
[#12]
Diremmo che la sua preoccupazione sulla funzionalità dello sfintere non abbia reali motivazioni. Ci pare a questo punto che la febbre sia legata alla presenza del catetere, che comunque è facile fnte di infezioni. Auspichiamo quindi che possa essere rimosso al più presto possibile.
[#13]
Utente
Gentili Dottori,
purtroppo c'è stata una evoluzione molto negativa di tutta la vicenda.
Mercoledì mi sono recato in ospedale per effettuare la cistografia. Questa, purtroppo, ha evidenziato una perdita ("ad ore sei", se non ricordo male "nel piatto vescicale") della anastomosi di circa mezzo cm. di diametro. La causa della presenza di questo foro o fessura viene ipotizzata nella perdita di uno o più punti avvenuta per lo spasmo avuto alla prima rimozione del catetere. Decidono quindi di riprovare dopo sette giorni, ma, contemporaneamente, di sostituire il catetere con uno di maggior pescaggio e portata. E qui sono iniziati i guai. Sostituito il catetere, quasi immediatamente lo stesso inizia a scaricare sangue vivo. Dopo dei tentativi infruttuosi di lavaggio, mi ricoverano d'urgenza con la prospettiva di portarmi in sala per una valutazione endoscopica. Nel frattempo però le urine tornano ad essere chiare, quindi decidono di temporeggiare. Dopo due o tre ore la situazione precipita. Il catetere torna a scaricare sangue, io ho forti dolori, chiamo e iniziano a fare dei lavaggi (delle "cistolusi"), ma la vescica è ormai piena di sangue e di coaguli. Il sangue inizia ad uscire anche attorno al catetere. Mi portano quindi in sala operatoria dove alle 21 circa (dopo una certa attesa, dato che era occupata....), sotto controllo endoscopico, effettuano una pulizia dei coaguli e una "coagulazione" del vaso (una "TUR emostatica"), che mi pare avere capito essere "esterno" alla anastomosi. Inoltre posizionano due cateteri che prelevano l'urina direttamente dai reni, e due cateteri vescicali (uno in vescica, uno in corrispondenza dell'anastomosi), al fine di drenare i residui derivanti dalla emorragia che è avvenuta. Su tutti questi cateteri stanno effettuando dei lavaggi. Lo scopo di prelevare l'urina direttamente dai reni è quello di favorire il più possibile la chiusura della fessura evidenziata dalla cistografia.
Mercoledi prossimo rieffettueranno una cistografia e valuteranno il da farsi.
Come vedete, tutto ciò che poteva andare male, lo ha fatto. Una operazione che era stata definita "di routine" sta rivelandosi una odissea.
La fessura che si è aperta non è certo piccola. Si chiuderà semplicemente attendendo? E in quanto tempo? Lo so che "non si può dire", ma stiamo parlando di giorni, di settimane o peggio? E una chiusura "senza punti" di un foro simile, sarà una chiusura affidabile, o in caso di ritenzione urinaria di qualunque genere quello rimarrà per sempre "un punto debole" a rischio deiscenza? Con tutti questi guai il recupero della continenza verrà sensibilmente messo in forse?
Grazie.
purtroppo c'è stata una evoluzione molto negativa di tutta la vicenda.
Mercoledì mi sono recato in ospedale per effettuare la cistografia. Questa, purtroppo, ha evidenziato una perdita ("ad ore sei", se non ricordo male "nel piatto vescicale") della anastomosi di circa mezzo cm. di diametro. La causa della presenza di questo foro o fessura viene ipotizzata nella perdita di uno o più punti avvenuta per lo spasmo avuto alla prima rimozione del catetere. Decidono quindi di riprovare dopo sette giorni, ma, contemporaneamente, di sostituire il catetere con uno di maggior pescaggio e portata. E qui sono iniziati i guai. Sostituito il catetere, quasi immediatamente lo stesso inizia a scaricare sangue vivo. Dopo dei tentativi infruttuosi di lavaggio, mi ricoverano d'urgenza con la prospettiva di portarmi in sala per una valutazione endoscopica. Nel frattempo però le urine tornano ad essere chiare, quindi decidono di temporeggiare. Dopo due o tre ore la situazione precipita. Il catetere torna a scaricare sangue, io ho forti dolori, chiamo e iniziano a fare dei lavaggi (delle "cistolusi"), ma la vescica è ormai piena di sangue e di coaguli. Il sangue inizia ad uscire anche attorno al catetere. Mi portano quindi in sala operatoria dove alle 21 circa (dopo una certa attesa, dato che era occupata....), sotto controllo endoscopico, effettuano una pulizia dei coaguli e una "coagulazione" del vaso (una "TUR emostatica"), che mi pare avere capito essere "esterno" alla anastomosi. Inoltre posizionano due cateteri che prelevano l'urina direttamente dai reni, e due cateteri vescicali (uno in vescica, uno in corrispondenza dell'anastomosi), al fine di drenare i residui derivanti dalla emorragia che è avvenuta. Su tutti questi cateteri stanno effettuando dei lavaggi. Lo scopo di prelevare l'urina direttamente dai reni è quello di favorire il più possibile la chiusura della fessura evidenziata dalla cistografia.
Mercoledi prossimo rieffettueranno una cistografia e valuteranno il da farsi.
Come vedete, tutto ciò che poteva andare male, lo ha fatto. Una operazione che era stata definita "di routine" sta rivelandosi una odissea.
La fessura che si è aperta non è certo piccola. Si chiuderà semplicemente attendendo? E in quanto tempo? Lo so che "non si può dire", ma stiamo parlando di giorni, di settimane o peggio? E una chiusura "senza punti" di un foro simile, sarà una chiusura affidabile, o in caso di ritenzione urinaria di qualunque genere quello rimarrà per sempre "un punto debole" a rischio deiscenza? Con tutti questi guai il recupero della continenza verrà sensibilmente messo in forse?
Grazie.
[#14]
La deiscenza dell'anastomosi si chiuderà certamente, non vi è mai necessità di revisione chirurgica. Su quanto tempo ci impiegherà è difficile dire, indicativamente qualche settimana, ma la consistnza sarà pari al resto della sutura. Ovviamente non potrà tenere fino ad allora i cateteri ureterali, se essi scaricano all'esterno. Pensiamo che questi le verranno rimossi abbastanza velocemente.
[#15]
Utente
Grazie mille Dottore,
io sono attualmente ricoverato. La cosa che però mi spaventa di più nell'immediato è che possa ricapitare un fenomeno emorragico come quello dell'altro ieri, anche in assenza di "manovre" di ogni genere che sino a mercoledì non sono previste. Mi sto muovendo molto poco dal letto anche per questo.... Inoltre non mi libero dall'altro ieri mattina, e non vorrei che mi arrivassero delle feci "dure", con le ovvie conseguenze..... Devo chiedere di darmi un purgante?
Grazie
io sono attualmente ricoverato. La cosa che però mi spaventa di più nell'immediato è che possa ricapitare un fenomeno emorragico come quello dell'altro ieri, anche in assenza di "manovre" di ogni genere che sino a mercoledì non sono previste. Mi sto muovendo molto poco dal letto anche per questo.... Inoltre non mi libero dall'altro ieri mattina, e non vorrei che mi arrivassero delle feci "dure", con le ovvie conseguenze..... Devo chiedere di darmi un purgante?
Grazie
[#16]
Utente
Gentile Dott. Piana buongiorno.
Il tempo di "qualche settimana" che lei cita come tempo verosimile di chiusura della deiscenza immagino si riferisca al tempo con solo catetere vescicale inserito e non con anche gli stent uretrali con scarico esterno (li chiamano "mono j") , che comunque, mi sembra di capire, non possono essere mantenuti per tutto quel periodo (a proposito, quale può essere un tempo max di permanenza di tali stent?). Le domando ciò in quanto la necessità di tali stent è stata giustificata con l'obiettivo di tenere asciutta il più possibile sia la vescica, sia la zona della anastomosi, in modo da accelerare il processo di chiusura della deiscenza (ma io non penso che tale accorgimento possa portare da "qualche settimana" a "qualche giorno".....).
Ma la mia domanda in questo momento è un'altra. Viste le conseguenze devastanti che ha avuto la sostituzione del catetere di questo mercoledì (ma era proprio necessario cambiarlo? Il catetere precedente drenava benissimo della urina limpidissima, ora le sacche di raccolta sono passate da una a quattro (!) e sono tutte colorate di rosso), non c'è nessuna metodica, a parte contrastografia e cistoscopia, per valutare esattamente lo stato delle cose? Quale sarà ora l'attuale entità della deiscenza? Quale sarà ora l'esatto stato della anastomosi? Queste percolazioni di sangue che continuo a vedere dal catetere vescicale, si riferiscono a residui o si tratta ancora di ematuria "fresca" (seppur ridotta...).?
Insomma, in cinque minuti mercoledì mi sembra di avere fatto un salto indietro devastante.....
Il tempo di "qualche settimana" che lei cita come tempo verosimile di chiusura della deiscenza immagino si riferisca al tempo con solo catetere vescicale inserito e non con anche gli stent uretrali con scarico esterno (li chiamano "mono j") , che comunque, mi sembra di capire, non possono essere mantenuti per tutto quel periodo (a proposito, quale può essere un tempo max di permanenza di tali stent?). Le domando ciò in quanto la necessità di tali stent è stata giustificata con l'obiettivo di tenere asciutta il più possibile sia la vescica, sia la zona della anastomosi, in modo da accelerare il processo di chiusura della deiscenza (ma io non penso che tale accorgimento possa portare da "qualche settimana" a "qualche giorno".....).
Ma la mia domanda in questo momento è un'altra. Viste le conseguenze devastanti che ha avuto la sostituzione del catetere di questo mercoledì (ma era proprio necessario cambiarlo? Il catetere precedente drenava benissimo della urina limpidissima, ora le sacche di raccolta sono passate da una a quattro (!) e sono tutte colorate di rosso), non c'è nessuna metodica, a parte contrastografia e cistoscopia, per valutare esattamente lo stato delle cose? Quale sarà ora l'attuale entità della deiscenza? Quale sarà ora l'esatto stato della anastomosi? Queste percolazioni di sangue che continuo a vedere dal catetere vescicale, si riferiscono a residui o si tratta ancora di ematuria "fresca" (seppur ridotta...).?
Insomma, in cinque minuti mercoledì mi sembra di avere fatto un salto indietro devastante.....
[#17]
Comprendiamo le sue apprensioni, ma in questo momento il nostro giudizio a distanza non ha proprio alcun valore, poiché lei è attualmente ricoverato essendo stato sottoposto a manovre ed interventi di cui noi non abbiamo alcuna documentazione, a parte quello che lei ci riferisce. Abbia pazienza, ma questo dal punto di vista medico ha un valore molto relativo. S affidi ai Colleghi che la stanno seguendo, è davvero molto probabile che le cose vadano gradualmente a sistemarsi. Non è certamente il primo ad andare incontro a codesti incidenti di percorso.
[#18]
Utente
Gentile Dott. Piana,
ci mancherebbe che io pensi che un reparto ospedaliero possa essere sostituito da dei consulti online! Ma Lei, nei suoi post, mi ha dato e dà delle informazioni generali utilissime. Ad esempio che la presenza certa di incontinenza residua non recuperabile a fronte di un aumento (ovviamente non di mesi) di forzata inattività dello sfintere non è motivo di reale ed accertata preoccupazione. Oppure che la deiscenza della anastomosi si chiuderà certamente senza bisogno di intervenire chirurgicamente e che la sua consistenza sarà pari al resto della sutura. Queste sono per me informazioni utilissime di cui La ringrazio. Ecco perché continuerò ad "utilizzare" la Sua cortesia, e le assicuro che non c'è pericolo che le Sue parole vengano fraintese.
Grazie
Stefano.
ci mancherebbe che io pensi che un reparto ospedaliero possa essere sostituito da dei consulti online! Ma Lei, nei suoi post, mi ha dato e dà delle informazioni generali utilissime. Ad esempio che la presenza certa di incontinenza residua non recuperabile a fronte di un aumento (ovviamente non di mesi) di forzata inattività dello sfintere non è motivo di reale ed accertata preoccupazione. Oppure che la deiscenza della anastomosi si chiuderà certamente senza bisogno di intervenire chirurgicamente e che la sua consistenza sarà pari al resto della sutura. Queste sono per me informazioni utilissime di cui La ringrazio. Ecco perché continuerò ad "utilizzare" la Sua cortesia, e le assicuro che non c'è pericolo che le Sue parole vengano fraintese.
Grazie
Stefano.
[#20]
Utente
Gentili Dottori buongiorno,
sfrutto ancora la Vs disponibilità per chiedervi : non c'è nessuna metodica, a parte contrastografia (e cistoscopia) per valutare lo stato di salute e di tenuta di una anastomosi? Un esame ecografico potrebbe aiutare in tal senso?
So che faccio molte domande, ma il mio stato d'animo è quello di una persona che ha pensato di curare in un certo modo una malattia tumorale, e si sente incappato in una complicazione che anche qui in ospedale mi hanno fatto percepire come veramente rara e alla quale non ero assolutamente preparato....
Grazie mille
Stefano
sfrutto ancora la Vs disponibilità per chiedervi : non c'è nessuna metodica, a parte contrastografia (e cistoscopia) per valutare lo stato di salute e di tenuta di una anastomosi? Un esame ecografico potrebbe aiutare in tal senso?
So che faccio molte domande, ma il mio stato d'animo è quello di una persona che ha pensato di curare in un certo modo una malattia tumorale, e si sente incappato in una complicazione che anche qui in ospedale mi hanno fatto percepire come veramente rara e alla quale non ero assolutamente preparato....
Grazie mille
Stefano
[#22]
Utente
Gentili Dottori,
ritorno ancora sulla questione del sangue che continua ad essere raccolto dalle sacche di raccolta del catetere vescicale (siamo a circa 200cc - 300 cc di residuo rosso al giorno). Continuano a dirmi che probabilmente si tratta di sangue "vecchio". Però mi stanno sottoponendo a due lavaggi vescicali al giorno, e io stesso vedo che alla fine dei lavaggi, nella siringa si arriva a prelevare liquido trasparente (ovvero: vescica pulita). Ma se ciò è vero, quel sangue raccolto dal catetere vescicale cosa può essere se non sangue "nuovo" che si versa e si deposita anche molto lentamente (è quindi per questo sembra "vecchio")? Purtroppo non sto ricevendo risposte "chiare" in tal senso. Ma se queste "perdite" sono ancora presenti, è pensabile procedere a qualsivoglia manovra sul catetere? Ricordo che oltre al catetere vescicale, ho anche due stent uretrali dai quali sta uscendo urina chiara.
Grazie mille
Stefano.
ritorno ancora sulla questione del sangue che continua ad essere raccolto dalle sacche di raccolta del catetere vescicale (siamo a circa 200cc - 300 cc di residuo rosso al giorno). Continuano a dirmi che probabilmente si tratta di sangue "vecchio". Però mi stanno sottoponendo a due lavaggi vescicali al giorno, e io stesso vedo che alla fine dei lavaggi, nella siringa si arriva a prelevare liquido trasparente (ovvero: vescica pulita). Ma se ciò è vero, quel sangue raccolto dal catetere vescicale cosa può essere se non sangue "nuovo" che si versa e si deposita anche molto lentamente (è quindi per questo sembra "vecchio")? Purtroppo non sto ricevendo risposte "chiare" in tal senso. Ma se queste "perdite" sono ancora presenti, è pensabile procedere a qualsivoglia manovra sul catetere? Ricordo che oltre al catetere vescicale, ho anche due stent uretrali dai quali sta uscendo urina chiara.
Grazie mille
Stefano.
[#24]
Utente
Grazie mille Dottore,
so bene di questa grande capacità "colorante" del sangue ed ho imparato anche che occorre guardare il tubo.
Ma, considerati anche i precedenti, la mia domanda è : quando la deiscenza sarà realmente chiusa, è vero che io dai cateteri vescicali dovrei vedere residuo pulito (in altre parole, finché non è pulito la deiscenza non è veramente risolta)?
Ieri ho effettuato una nuova contrastografia, che ha mostrato un certo miglioramento rispetto alla precedente, ma c'è ancora spandimento. Il medico è stato gentile e mi ha mostrato "in diretta" le immagini contrastografiche, e in effetti c'è un piccolo sbaffo a sx e uno più pronunciato a dx. Una contrastografia "risolutiva" che aspetto dovrebbe avere? Sbaffi zero?
Grazie mille
Stefano
so bene di questa grande capacità "colorante" del sangue ed ho imparato anche che occorre guardare il tubo.
Ma, considerati anche i precedenti, la mia domanda è : quando la deiscenza sarà realmente chiusa, è vero che io dai cateteri vescicali dovrei vedere residuo pulito (in altre parole, finché non è pulito la deiscenza non è veramente risolta)?
Ieri ho effettuato una nuova contrastografia, che ha mostrato un certo miglioramento rispetto alla precedente, ma c'è ancora spandimento. Il medico è stato gentile e mi ha mostrato "in diretta" le immagini contrastografiche, e in effetti c'è un piccolo sbaffo a sx e uno più pronunciato a dx. Una contrastografia "risolutiva" che aspetto dovrebbe avere? Sbaffi zero?
Grazie mille
Stefano
[#26]
Utente
Gentili Dottori buongiorno,
una (auspicata) risoluzione "spontanea" della deiscenza, ovvero la formazione di una cicatrice "di seconda intenzione", prefigura una situazione a maggior rischio di future stenosi, rispetto invece al caso in cui l'anastomosi cicatrizza senza complicazioni?
Grazie mille.
Stefano.
una (auspicata) risoluzione "spontanea" della deiscenza, ovvero la formazione di una cicatrice "di seconda intenzione", prefigura una situazione a maggior rischio di future stenosi, rispetto invece al caso in cui l'anastomosi cicatrizza senza complicazioni?
Grazie mille.
Stefano.
[#28]
Utente
Gentili Dottori,
per favorire la cicatrizzazione della deiscenza (e/o anche, in subordine, per le questioni che poi seguiranno) , è consigliabile stare il più possibile tranquilli a letto (a parte ovviamente i momenti in cui è necessario alzarsi, ovvero sistemazione letto, igiene elementare e bisogni personali, pasti, etc. etc.) o è meglio alternare dei momenti di passeggiate in corsia? Siccome mi hanno detto che alzandosi la pressione in pancia si alza, non vorrei stressare in alcun modo sollecitare inutilmente la neo-formando cicatrice.
Grazie mille
Stefano
per favorire la cicatrizzazione della deiscenza (e/o anche, in subordine, per le questioni che poi seguiranno) , è consigliabile stare il più possibile tranquilli a letto (a parte ovviamente i momenti in cui è necessario alzarsi, ovvero sistemazione letto, igiene elementare e bisogni personali, pasti, etc. etc.) o è meglio alternare dei momenti di passeggiate in corsia? Siccome mi hanno detto che alzandosi la pressione in pancia si alza, non vorrei stressare in alcun modo sollecitare inutilmente la neo-formando cicatrice.
Grazie mille
Stefano
[#30]
Utente
Gentili Dottori,
innanzitutto grazie sempre per le vostre risposte.
La deiscenza sulla anastomosi che mi sta causando tanti problemi, da esame cistoscopico effettuato tre settimane fa in sala operatoria, risulta essere di 1 cm. e mezzo circa ("dalle ore 4 alle ore 6"), e non, purtroppo, di mezzo cm. come avevo detto precedentemente.
Una settimana fa hanno provato a sgonfiare il palloncino del catetere vescicale (per tenere il tutto in posizione hanno utilizzato una incerottatura particolare), ipotizzando che il palloncino potesse tenere in tensione l'anastomosi.
Come già detto sono stati collocati due stent uretrali mono-j, ma sono molto "instabili", nelle ultime due settimane hanno dovuto essere riposizionati già due volte (l'ultima tre giorni fa), e già vedo che la sacca di raccolta di quello di sx si sta riempendo poco. Hanno effettuato lavaggio, ma la situazione non cambia. Ma il posizionamento di stent uretrali (esterni) è possibile che sia operazione così precaria dal punto di vista del mantenimento della posizione e del pescaggio??? Occorre prendere qualche farmaco in concomitanza di tali posizionamenti?
Altra notizia che mi hanno dato è che nella peggiore delle ipotesi, la zona non è rioperabile, causa stato di infiammazione dei tessuti ("sarebbe come piantare dei punti nel marmo"...).
Insomma, il tempo passa e la mia preoccupazione per l'esito finale non fa che crescere.......
Grazie mille
Stefano
innanzitutto grazie sempre per le vostre risposte.
La deiscenza sulla anastomosi che mi sta causando tanti problemi, da esame cistoscopico effettuato tre settimane fa in sala operatoria, risulta essere di 1 cm. e mezzo circa ("dalle ore 4 alle ore 6"), e non, purtroppo, di mezzo cm. come avevo detto precedentemente.
Una settimana fa hanno provato a sgonfiare il palloncino del catetere vescicale (per tenere il tutto in posizione hanno utilizzato una incerottatura particolare), ipotizzando che il palloncino potesse tenere in tensione l'anastomosi.
Come già detto sono stati collocati due stent uretrali mono-j, ma sono molto "instabili", nelle ultime due settimane hanno dovuto essere riposizionati già due volte (l'ultima tre giorni fa), e già vedo che la sacca di raccolta di quello di sx si sta riempendo poco. Hanno effettuato lavaggio, ma la situazione non cambia. Ma il posizionamento di stent uretrali (esterni) è possibile che sia operazione così precaria dal punto di vista del mantenimento della posizione e del pescaggio??? Occorre prendere qualche farmaco in concomitanza di tali posizionamenti?
Altra notizia che mi hanno dato è che nella peggiore delle ipotesi, la zona non è rioperabile, causa stato di infiammazione dei tessuti ("sarebbe come piantare dei punti nel marmo"...).
Insomma, il tempo passa e la mia preoccupazione per l'esito finale non fa che crescere.......
Grazie mille
Stefano
[#31]
La desiscenza si chiuderà certamente, su questo nessun urologo può nutrire dei dubbi. Altrettanto certo è che le indicazini ad una revisione chirurgica sono rarissime e non ci pare certamente questo il caso. La scelta di drenare le urine tramite cateteri ureterali (verosimilmente mono-j) espone certamente al rischio di possibili sposizionamenti, ma l'unica alternativa sarebbe quella di avere le urine drenate tramite nefrostomie percutanee, con due sacchhetti di raccolta nella zona lombare. Non una passegguata insomma.
[#32]
Utente
Gentili Dottori buongiorno,
mercoledì scorso ho effettuato la mia quarta contrastografia che ha mostrato un miglioramento della situazione, ma purtroppo gli spandimenti ci sono ancora.
Ricordo la situazione: monto attualmente due stent uretrali mono-j e un catetere vescicale a cui è stato sgonfiato il palloncino (per non distendere la vescica). Il catetere è tenuto in sede da una incerottatura particolare.
Percepisco da parte dei medici una certa relativa "sorpresa" per il tempo che sta passando.
Tra parentesi, dai miei sacchetti di raccolta, vedo che gli stent uretrali non sono sempre così efficienti nel tenere asciutta la zona. Infatti i sacchetti di raccolta del catetere vescicale, raccolgono comunque una quantità di urina pari al 10%-15% mediamente del totale, e talvolta anche di più. Vengono effettuati dei lavaggi dei mono-j, ma ultimamente non sono stati fatti controlli radiologici per una eventuale dislocazione degli stessi.
Questa entità di raccolta (o in generale la presenza di raccolta) del catetere vescicale può essere sufficiente ad inficiare l'obiettivo di "tenere asciutta" la zona critica?
Infine un "dettaglio tecnico" : vedo da vari fogli di preparazione alla cistografia che sarebbe indicato effettuare questo esame ad intestino pulito, cosa che invece nel mio caso non viene fatta. Ai fini della valutazione dello stato della deiscenza, questo può eventualmente inficiare la affidabilità della valutazione?
Grazie mille
Stefano
mercoledì scorso ho effettuato la mia quarta contrastografia che ha mostrato un miglioramento della situazione, ma purtroppo gli spandimenti ci sono ancora.
Ricordo la situazione: monto attualmente due stent uretrali mono-j e un catetere vescicale a cui è stato sgonfiato il palloncino (per non distendere la vescica). Il catetere è tenuto in sede da una incerottatura particolare.
Percepisco da parte dei medici una certa relativa "sorpresa" per il tempo che sta passando.
Tra parentesi, dai miei sacchetti di raccolta, vedo che gli stent uretrali non sono sempre così efficienti nel tenere asciutta la zona. Infatti i sacchetti di raccolta del catetere vescicale, raccolgono comunque una quantità di urina pari al 10%-15% mediamente del totale, e talvolta anche di più. Vengono effettuati dei lavaggi dei mono-j, ma ultimamente non sono stati fatti controlli radiologici per una eventuale dislocazione degli stessi.
Questa entità di raccolta (o in generale la presenza di raccolta) del catetere vescicale può essere sufficiente ad inficiare l'obiettivo di "tenere asciutta" la zona critica?
Infine un "dettaglio tecnico" : vedo da vari fogli di preparazione alla cistografia che sarebbe indicato effettuare questo esame ad intestino pulito, cosa che invece nel mio caso non viene fatta. Ai fini della valutazione dello stato della deiscenza, questo può eventualmente inficiare la affidabilità della valutazione?
Grazie mille
Stefano
[#33]
I cateterini ureterali non possono certamente assicurare una perfetta tenuta alle pareti dell'uretere, pertanto una piccola quantità di urina può fluire a fianco e scendere in vescica. Questo accadrebbe d'altronde anche se vi fossero delle nefrorstomie dirette attraverso la parete addominale, Dieemmo se la quantità di urina che sfugge è nei termini che ci riferisce, la situazione sia accettabile ed il risultato che ci si attende possa considerarsi raggiunto. Nelle contrastografie vescicali di questo tipo le ombre parassite intestinali non sono in genere significative.
[#34]
Utente
Gentili Dottori buongiorno,
questo mercoledì ho effettuato la mia quinta cistografia settimanale, la quale, a detta del chirurgo che mi ha operato e che ha effettuato l'esame, ha mostrato, ovviamente a detta sua, un significativo miglioramento della situazione. Infatti mi ha mostrato gentilmente le immagini radiografiche, e se la prima cistografia mostrava un deciso spandimento bilaterale che a sx arrivava sino alla cima della vescica ed oltre, nella ultima si vedeva uno sbaffo solo a sx dell'altezza di circa un sesto della vescica od anche meno.
Dopodiché lo stesso chirurgo mi ha convocato nello studio medici, dicendomi che sulla base di quanto visto, si sarebbe potuto procedere anche subito al prossimo step: la rimozione degli ureterali è, dopo qualche giorno, la definitiva rimozione del vescicale.
Vista però tutta la "tormentata" storia pregressa (e, tra parentesi, la mia rinnovata richiesta di procedere il più possibile sul sicuro e senza fretta - a tutti fa piacere essere dimessi, ma una settimana in più o in meno ormai conta poco... ), si è deciso di procedere ad un ultimo controllo lunedì questo, per poi, molto verosimilmente, procedere con le progressive rimozioni.
Ma qui nasce il mio dubbio. Pur tenendo conto, ripeto, che l'ospedalizzazione ha le sue controindicazioni, ciò che mi lascia perplesso è la eventualità di andare lo stesso avanti "non a sbaffi zero". Io ovviamente non sono in grado (e non è compito mio esserlo) di giudicare la potenziale pericolosità legata alla presenza di uno sbaffo, ancorché piccolo. Ma in tutte queste settimane mi è stato ripetuto: quando la cistografia andrà bene, toglieremo prima gli stent e poi il resto. Ma io ho sempre pensato, magari sbagliando, che questo "va bene" volesse dire mancanza totale di sbaffi (ricordiamo poi sempre il trascorso, si ha a che fare con una deiscenza che a tutti gli effetti sta guarendo in seconda intenzione...).
C'è poi il discorso legato all'intervallo di tempo che deve passare tra rimozione degli stent e rimozione del vescicale. Anche qui mi è stato detto che anche quest'ultima rimozione verrà preceduta da cistografia. Ma senza gli stent, la vescica tornerà a bagnarsi di urina molto più di prima. In queste condizioni ci si può lo stesso aspettare una progressione nella guarigione della deiscenza o no? E "pochi giorni", come mi è stato prospettato, hanno lo stesso un senso in questo caso?
Sempre grazie mille
Sig. Stefano.
questo mercoledì ho effettuato la mia quinta cistografia settimanale, la quale, a detta del chirurgo che mi ha operato e che ha effettuato l'esame, ha mostrato, ovviamente a detta sua, un significativo miglioramento della situazione. Infatti mi ha mostrato gentilmente le immagini radiografiche, e se la prima cistografia mostrava un deciso spandimento bilaterale che a sx arrivava sino alla cima della vescica ed oltre, nella ultima si vedeva uno sbaffo solo a sx dell'altezza di circa un sesto della vescica od anche meno.
Dopodiché lo stesso chirurgo mi ha convocato nello studio medici, dicendomi che sulla base di quanto visto, si sarebbe potuto procedere anche subito al prossimo step: la rimozione degli ureterali è, dopo qualche giorno, la definitiva rimozione del vescicale.
Vista però tutta la "tormentata" storia pregressa (e, tra parentesi, la mia rinnovata richiesta di procedere il più possibile sul sicuro e senza fretta - a tutti fa piacere essere dimessi, ma una settimana in più o in meno ormai conta poco... ), si è deciso di procedere ad un ultimo controllo lunedì questo, per poi, molto verosimilmente, procedere con le progressive rimozioni.
Ma qui nasce il mio dubbio. Pur tenendo conto, ripeto, che l'ospedalizzazione ha le sue controindicazioni, ciò che mi lascia perplesso è la eventualità di andare lo stesso avanti "non a sbaffi zero". Io ovviamente non sono in grado (e non è compito mio esserlo) di giudicare la potenziale pericolosità legata alla presenza di uno sbaffo, ancorché piccolo. Ma in tutte queste settimane mi è stato ripetuto: quando la cistografia andrà bene, toglieremo prima gli stent e poi il resto. Ma io ho sempre pensato, magari sbagliando, che questo "va bene" volesse dire mancanza totale di sbaffi (ricordiamo poi sempre il trascorso, si ha a che fare con una deiscenza che a tutti gli effetti sta guarendo in seconda intenzione...).
C'è poi il discorso legato all'intervallo di tempo che deve passare tra rimozione degli stent e rimozione del vescicale. Anche qui mi è stato detto che anche quest'ultima rimozione verrà preceduta da cistografia. Ma senza gli stent, la vescica tornerà a bagnarsi di urina molto più di prima. In queste condizioni ci si può lo stesso aspettare una progressione nella guarigione della deiscenza o no? E "pochi giorni", come mi è stato prospettato, hanno lo stesso un senso in questo caso?
Sempre grazie mille
Sig. Stefano.
[#35]
Ad un certo punto bisognerà pure saltare il fosso, altrimenti non se ne esce più, non crede? tenga conto che con il catetere in sede sempre aperto, la vescica è costantemete vuota e gli stent sono stati inseriti solo per ulteriore scrupolo. Immaginiamo lei verrà dimesso con il catetere, si ripeterà una ultima cistografia dopo un a settimana e quindi il caso pitrà essee definitivamente risolto.
[#36]
Utente
Gentili Dottori buongiorno,
finalmente, dopo una lunga degenza (dal 06/03 al 20/04), ricordo che la mia prostatectomia risale al 12/02, e dopo l'ultima contrastografia senza sbaffi, sono stato dimesso.
La deiscenza sembra essersi chiusa e quindi sono tornato a casa. Dal punto di vista della continenza ad oggi le cose non vanno malissimo (avrò un 20/30 grammi di urina persa al giorno). Ovviamente faccio ancora vita assai casalinga, ma dopotutto è chiaro che ci vuole pazienza. Grossi dolori non ne ho, anche se vado in bagno ancora diverse volte al giorno, da 10 a 15.
Scrivo però perchè purtroppo, per mia colpevole "distrazione", questo venerdì sono stato vittima di un inopinato "incidente" : cadutomi il telefono per terra, ho avuto una specie di "blackout" momentaneo dell'attenzione (ripeto, mea culpa!), e mi sono chinato a raccoglierlo piegandomi non tanto sulle gambe, ma di schiena, con un movimento non violento ma neanche particolarmente lento. Rialzatomi, ho subito sentito una specie di lieve dolrino/bruciorino (ma proprio lieve) purtroppo nella zona del perineo (ove mai avevo avuto sensazioni in precedenza), che da circa cinque giorni è più o meno sempre là (non è continuo, a momenti lo sento, a momenti no). Non è niente di doloroso o particolarmente fastidioso, solo che la zona è proprio quella "brutta" e il mio timore è quello di avere dato una stirata alla uretra o alla anastomosi o alla cicatrice e quindi avere fatto qualche danno. Non ho altri sintomi: le urine continuano ad essere perfettamente chiare e non ho fino ad ora avuto febbre. Ripeto: non ho sollevato pesi od altro, ma effettivamente mi sono piegato di schiena.... Per prudenza ho sospeso la ginnastica pelvica. Posso riprenderla anche se ho ancora questo fastidio? Devo preoccuparmi ed andare in reparto a fare qualche controllo?
Grazie mille
Sig. Stefano
finalmente, dopo una lunga degenza (dal 06/03 al 20/04), ricordo che la mia prostatectomia risale al 12/02, e dopo l'ultima contrastografia senza sbaffi, sono stato dimesso.
La deiscenza sembra essersi chiusa e quindi sono tornato a casa. Dal punto di vista della continenza ad oggi le cose non vanno malissimo (avrò un 20/30 grammi di urina persa al giorno). Ovviamente faccio ancora vita assai casalinga, ma dopotutto è chiaro che ci vuole pazienza. Grossi dolori non ne ho, anche se vado in bagno ancora diverse volte al giorno, da 10 a 15.
Scrivo però perchè purtroppo, per mia colpevole "distrazione", questo venerdì sono stato vittima di un inopinato "incidente" : cadutomi il telefono per terra, ho avuto una specie di "blackout" momentaneo dell'attenzione (ripeto, mea culpa!), e mi sono chinato a raccoglierlo piegandomi non tanto sulle gambe, ma di schiena, con un movimento non violento ma neanche particolarmente lento. Rialzatomi, ho subito sentito una specie di lieve dolrino/bruciorino (ma proprio lieve) purtroppo nella zona del perineo (ove mai avevo avuto sensazioni in precedenza), che da circa cinque giorni è più o meno sempre là (non è continuo, a momenti lo sento, a momenti no). Non è niente di doloroso o particolarmente fastidioso, solo che la zona è proprio quella "brutta" e il mio timore è quello di avere dato una stirata alla uretra o alla anastomosi o alla cicatrice e quindi avere fatto qualche danno. Non ho altri sintomi: le urine continuano ad essere perfettamente chiare e non ho fino ad ora avuto febbre. Ripeto: non ho sollevato pesi od altro, ma effettivamente mi sono piegato di schiena.... Per prudenza ho sospeso la ginnastica pelvica. Posso riprenderla anche se ho ancora questo fastidio? Devo preoccuparmi ed andare in reparto a fare qualche controllo?
Grazie mille
Sig. Stefano
[#38]
Utente
Gentile Dott. Piana grazie mille,
quanto dice mi tranquillizza, solo che ora mi è nato comunque un problema fastidioso. Da quando è comparso questo doloretto ho sospeso la ginnastica di recupero del pavimento pelvico, che avevo iniziato da qualche settimana. Oggi ho provato a riprenderla, solo che non appena contraggo il perineo (con la solita trattenuta dello stimolo minzionale), tale doloretto localizzato (sempre al perineo) diventa abbastanza fastidioso (non acuto, ma fastidioso). In ospedale mi hanno raccomandato di fare la ginnastica, ed io, sino a settimana scorsa l'ho fatta coscienziosamente, e debbo dire che a livello di continenza non mi sembra di andare male (a parte il fatto di andare in bagno dalle 10 alle 15 volte al giorno). Ma ora sono in dubbio su che fare. Fino a che punto è corretto ignorare tale doloretto (anche se non ha origini urologiche) e fare lo stesso la ginnastica? Non rischio di cronicizzarlo? Ripeto, so bene quanto sia importante la ginnastica pelvica per il recupero della continenza e vorrei tanto farla, ma tale sintomo mi preoccupa un po'. Delle pomate (tipo Fastum gel) o degli antinfiammatori (tipo OKI) potrebbero aiutare?
Che rabbia! Era filato tutto bene sino ad una settimana fa..... Ora mi muovo meno, ho timore a raccogliere oggetti (anche senza piegare la schiena) e così via.....
Grazie mille
Sig. Stefano
quanto dice mi tranquillizza, solo che ora mi è nato comunque un problema fastidioso. Da quando è comparso questo doloretto ho sospeso la ginnastica di recupero del pavimento pelvico, che avevo iniziato da qualche settimana. Oggi ho provato a riprenderla, solo che non appena contraggo il perineo (con la solita trattenuta dello stimolo minzionale), tale doloretto localizzato (sempre al perineo) diventa abbastanza fastidioso (non acuto, ma fastidioso). In ospedale mi hanno raccomandato di fare la ginnastica, ed io, sino a settimana scorsa l'ho fatta coscienziosamente, e debbo dire che a livello di continenza non mi sembra di andare male (a parte il fatto di andare in bagno dalle 10 alle 15 volte al giorno). Ma ora sono in dubbio su che fare. Fino a che punto è corretto ignorare tale doloretto (anche se non ha origini urologiche) e fare lo stesso la ginnastica? Non rischio di cronicizzarlo? Ripeto, so bene quanto sia importante la ginnastica pelvica per il recupero della continenza e vorrei tanto farla, ma tale sintomo mi preoccupa un po'. Delle pomate (tipo Fastum gel) o degli antinfiammatori (tipo OKI) potrebbero aiutare?
Che rabbia! Era filato tutto bene sino ad una settimana fa..... Ora mi muovo meno, ho timore a raccogliere oggetti (anche senza piegare la schiena) e così via.....
Grazie mille
Sig. Stefano
[#39]
Intanto stia tranquillo. Sul risultato di lungo periodo, interrompere la fisioterapia perineale per un paio di settimane non può avere un effetto significativo. Il doloretto perineale passerà e lei potrà riprendere tranquillamente il suo programma. Nel frattempo, qualche anti-infiammatorio farà al caso suo, ne parli con il suo medico curante.
[#40]
Utente
Gentile Dott.Piana, ancora grazie mille.
Dopo aver consultato il mio medico curante, ho effettuato quattro giorni di antifiammatorio (OKI, due bustine al dì), e la situazione sembra migliorata, anche se non risolta del tutto. Una certa sensazione di bruciorino rimane, in particolare a gambe flesse (ad esempio da seduto) anche se riesco lo stesso a fare la ginnastica senza particolari dolori.
Solo che ogni giorno sembra portarne una nuova! E non si capisce mai se si tratta di "tappe" da sopportare nel mio particolare caso, o c'è qualcosa di cui preoccuparsi. Ieri sera ero a passeggio dopo cena (avevo bevuto un tre quattro bicchieri di acqua) ed ad un certo punto ho sentito il bisogno di urinare. Siccome non potevo farlo in quel punto, mi sono incamminato verso casa e quindi avrò trattenuto per una decina di minuti (il fatto "positivo" è che non perdevo). Solo che dopo un po' lo stimolo si è fatto troppo pressante e mi sono servito di un amico albero. A quel punto mi sono ancora partiti un po' i bruciorini perinaeali, ma soprattutto, da stamattina, mi è partita una sensazione di tensione e dolenza addominale non forte ma fastidiosa in fascia sotto-ombelicale, di pancia gonfia, fastidio alla pressione stando in piedi e dolenze/dolenzine varie in zona inguinale, soprattutto camminando. Le urine continuano comunque ad essere chiare. Per quanto queste sensazioni non siano nè acute, nè lancinanti, a cosa possono essere dovute? E' un effetto della lunga degenza o ci può essere ancora qualche "spifferino" (magari provocato da miei comportamenti, la mia maggiore paura)? Occorre dire che è la prima volta che mi sono trovato a dover trattenere per questo tempo. Non dovevo? In ospedale mi hanno sempre detto che non debbo interrompere e riprendere la minzione, ma non posso nemmeno trattenere per qualche minuto? Insomma, queste cose, non sapendo come interpretarle, non aiutano certo il mio cammino di recupero...
Grazie mille
Stefano
Dopo aver consultato il mio medico curante, ho effettuato quattro giorni di antifiammatorio (OKI, due bustine al dì), e la situazione sembra migliorata, anche se non risolta del tutto. Una certa sensazione di bruciorino rimane, in particolare a gambe flesse (ad esempio da seduto) anche se riesco lo stesso a fare la ginnastica senza particolari dolori.
Solo che ogni giorno sembra portarne una nuova! E non si capisce mai se si tratta di "tappe" da sopportare nel mio particolare caso, o c'è qualcosa di cui preoccuparsi. Ieri sera ero a passeggio dopo cena (avevo bevuto un tre quattro bicchieri di acqua) ed ad un certo punto ho sentito il bisogno di urinare. Siccome non potevo farlo in quel punto, mi sono incamminato verso casa e quindi avrò trattenuto per una decina di minuti (il fatto "positivo" è che non perdevo). Solo che dopo un po' lo stimolo si è fatto troppo pressante e mi sono servito di un amico albero. A quel punto mi sono ancora partiti un po' i bruciorini perinaeali, ma soprattutto, da stamattina, mi è partita una sensazione di tensione e dolenza addominale non forte ma fastidiosa in fascia sotto-ombelicale, di pancia gonfia, fastidio alla pressione stando in piedi e dolenze/dolenzine varie in zona inguinale, soprattutto camminando. Le urine continuano comunque ad essere chiare. Per quanto queste sensazioni non siano nè acute, nè lancinanti, a cosa possono essere dovute? E' un effetto della lunga degenza o ci può essere ancora qualche "spifferino" (magari provocato da miei comportamenti, la mia maggiore paura)? Occorre dire che è la prima volta che mi sono trovato a dover trattenere per questo tempo. Non dovevo? In ospedale mi hanno sempre detto che non debbo interrompere e riprendere la minzione, ma non posso nemmeno trattenere per qualche minuto? Insomma, queste cose, non sapendo come interpretarle, non aiutano certo il mio cammino di recupero...
Grazie mille
Stefano
[#41]
Riteniamo che la situazione sia certmente stablizzata dal punto di vista anatomico, magari non dal punto di vista funzionale, considerando ad esempio il lungo periodo di caterizzazione. Pensiamo che comunque con molta gradualità le cose sisistemeranno. Immaginiamo comunque che le siano stati prescritti dei controlli a tempi programmato, tra cui un'ecografia dell'addome.
[#42]
Utente
Gentile Dott. Piana (e Gentili Medici che eventualmente leggeranno) buongiorno.
Riprendo a scrivere dopo un bel po' di tempo innanzitutto ringraziando sempre per i consigli che ricevo.
Riporto innanzitutto il referto della mia ultima visita di controllo (Gen 2020):
RALP 02.2019 - pT3apN0 - ISUP 7 (3+4) - R0,
Rifersice mitto accettabile (ma non sempre identico come flusso ndr), non incontinenza (buon risultato ovviamente ndr), rifersice algia (non forte ndr) sovrapubica a vescica piena (ovvero mi devo recare abbastanza più spesso del dovuto al bar a chiedere un caffè e ad usare la toilette.... Aggiungo poi, non riferito durante la visita, una sensazione non sistematica di fastidio al perineo quando seduto che mi obbliga a cambiare spesso posizione).
TC torace : negativa
Eco addome (12.2019): non linfoceli, vescica simmetrica non idrofrenosa.
PSA (12/2019) < 0.006 (che io ripeto, per ora, ogni tre mesi).
In sostanza, viste tutte le complicazioni avute, poteva sicuramente andare peggio (soprattutto per quanto riguarda la incontinenza....).
Domanda: posso quindi di fatto "scordarmi" della deiscenza sofferta e considerarmi alla pari di ogni altro paziente che abbia fatto una RALP, ma senza le mie "complicazioni" successive (infatti, a tutt'oggi, mi limito ancora un po' sugli sforzi quali ad esempio sollevare pesi ovviamente non ingenti)?
Ma il principale motivo per cui scrivo è dovuto ad un concetto che il mio medico di base mi ripete spesso quando lo vado a trovare: in sostanza lui mi dice che io sono stato fino ad ora curato da degli "urologi", ma che dovrei anche farmi visitare da un "oncologo".
Fino ad ora l'unico monitoraggio su eventuali riprese oncologiche che effettuo (a parte l'eco addominale) è il PSA periodico. Ma basta? Dovrei anche consultare un oncologo, oltre che rifarmi agli urologi del reparto presso cui sono stato in cura?
Aggiungo infine che tra gli esami preoperatori non hanno ritenuto di farmi fare nè scintigrafia ossea, nè PET.
Come sempre grazie mille.
Stefano
Riprendo a scrivere dopo un bel po' di tempo innanzitutto ringraziando sempre per i consigli che ricevo.
Riporto innanzitutto il referto della mia ultima visita di controllo (Gen 2020):
RALP 02.2019 - pT3apN0 - ISUP 7 (3+4) - R0,
Rifersice mitto accettabile (ma non sempre identico come flusso ndr), non incontinenza (buon risultato ovviamente ndr), rifersice algia (non forte ndr) sovrapubica a vescica piena (ovvero mi devo recare abbastanza più spesso del dovuto al bar a chiedere un caffè e ad usare la toilette.... Aggiungo poi, non riferito durante la visita, una sensazione non sistematica di fastidio al perineo quando seduto che mi obbliga a cambiare spesso posizione).
TC torace : negativa
Eco addome (12.2019): non linfoceli, vescica simmetrica non idrofrenosa.
PSA (12/2019) < 0.006 (che io ripeto, per ora, ogni tre mesi).
In sostanza, viste tutte le complicazioni avute, poteva sicuramente andare peggio (soprattutto per quanto riguarda la incontinenza....).
Domanda: posso quindi di fatto "scordarmi" della deiscenza sofferta e considerarmi alla pari di ogni altro paziente che abbia fatto una RALP, ma senza le mie "complicazioni" successive (infatti, a tutt'oggi, mi limito ancora un po' sugli sforzi quali ad esempio sollevare pesi ovviamente non ingenti)?
Ma il principale motivo per cui scrivo è dovuto ad un concetto che il mio medico di base mi ripete spesso quando lo vado a trovare: in sostanza lui mi dice che io sono stato fino ad ora curato da degli "urologi", ma che dovrei anche farmi visitare da un "oncologo".
Fino ad ora l'unico monitoraggio su eventuali riprese oncologiche che effettuo (a parte l'eco addominale) è il PSA periodico. Ma basta? Dovrei anche consultare un oncologo, oltre che rifarmi agli urologi del reparto presso cui sono stato in cura?
Aggiungo infine che tra gli esami preoperatori non hanno ritenuto di farmi fare nè scintigrafia ossea, nè PET.
Come sempre grazie mille.
Stefano
[#43]
L'oncologo medico si occupa di tumore della prostata solo in situazioni avanzate e non più emendabili dal punto di vista chirurgico, che meritano qualche forma di terapia adiuvante (ormonoterapia, chemioterapia, ecc.). Fortunatamente lei NON rientra in questa poco ambita categoria, la sua situazione attuale conferma una situazione assolutamente tranquilla, con un PSA praticamente azzerato. L'esame istologico pT3a impone certamente ancora qualche attenzione per alcuni anni, ma i controlli possono certamente essere a carico dell'urologo.
Questo consulto ha ricevuto 43 risposte e 7.6k visite dal 20/11/2018.
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