Altro medico universitario che mi ha detto di prendere il contramal

Gentile Dottore,
il 31 Maggio sono stata sottoposta ad intervento chirurgico di ureterolitotrissia destra e posizionamento di stent ureterale jj omolaterale per un calcolo di 2 cm . Sono stata ricoverata 4 giorni prima dell'intervento e trattata ininterrottamente con morfina,fino al alle dimissioni avvenute il giorno seguente. Dalla sera stessa ho accusato forti dolori, e a volte nausea e vomito ,pari a tutte le coliche renali avute in precedenza. Ho pensato fosse normale e sono andata avanti per una settimana senza chiamare l'ospedale.Ma i dolori sono diventati impossibili e diventavano lancinanti ogni volta che dovevo urinare. Allora ho chiamato al numero delle emergenze e mi ha risposto un giovane medico universitario che mi ha detto di prendere il CODAMOL. Così ho fatto,ma la situazione migliorava finché non andavo al bagno ,poi tutto come prima. Ho richiamato due giorni dopo. Altro medico universitario che mi ha detto di prendere il CONTRAMAL. Gli ho detto se poteva riferire la mia chiamata al medico di cui ero diventata paziente per sapere se era normale tutto questo,dato che quello a cui mi ero rivolta dopo la visita privata per prenotare il ricovero non l'avevo più visto ( e non so se anche questo è normale).Mi ha detto che l'avrebbe avvertito. Stessa storia,il nuovo antidolorifico ha lo stesso effetto del primo e il medico non mi richiama. Decido 2 giorni dopo di richiamare il medico a cui mi ero rivolta inizialmente,mi risponde la segretaria che ,devo riconoscere molto gentile e disponibile, rendendosi conto di come stavo male rintracciò subito il medico che mi aveva operato il quale oltre a dirmi di recarmi subito in un pronto soccorso disse anche che nessuno lo aveva mai avvisato delle mie chiamate e mi lasciò il suo numero. Così ho fatto,al pronto soccorso mi hanno fatto tornare anche il giorno dopo per un consulto con l'urologo poiché sia l'ecografia che la diretta non erano molto chiare. Giustamente l'urologo mi consigliò di tornare tempestivamente da chi ero in cura in quanto non essendo chiara la situazione con gli esami, lì avrebbero saputo come muoversi, se togliere lo stent al più presto o altro. Tornata a casa, questo è successo il 12 giugno, ho chiamato subito il medico che non ho trovato. Così gli ho mandato un msg ma non ho mai ricevuto risposta. Concludendo ,da mercoledì la mia temperatura varia da 37,5 a 38,5,sono in balia di me stessa,non so se devo preoccuparmi o se sto esagerando,dato che loro mi sembrano molto tranquilli. Inoltre mi è stato già anticipato dal medico appena operata che quasi sicuramente non sarebbe bastato un unico intervento per risolvere. La prego mi consigli lei sul da farsi. Sono tornata al lavoro con la febbre e i dolori,come tante sono una precaria e se non lavoro non mi pagano. Non ce la faccio più . Mi scusi per averla assillata e grazie di tutto
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Dr. Paolo Piana Urologo 43.3k 1.9k
Gentile Signora,
per intanto pensiamo che lei sia stata sottoposta ad un intervento endoscopico di uretero-litotrissia e non "chirurgico" come lei ci dice. I gravi fastidi che lei lamenta in questo periodo sono certamente legati, almeno in massima parte, alla presenza all'interno dell'uretere dello stent (od endoprotesi, o doppio j che dir si voglia). Pur trattandosi di un oggetto molto morbido e sottile, non stupisce che talora non venga tollerato al punto che si debba pensare di rimuoverlo prima del previsto. Questo anche se oggi in linea di massima si cerca di mantenere lo stent in sede per il minimo tempo necessario, in media non più di 5-7 giorni, almeno nei casi meno complessi. Qui però subentra il fatto di cui ci scrive, del dubbio che questo intervento non abbia risolto completamente il problema e che quindi all'interno dell'uretere siano presenti ancora dei residui significativi. Se così fosse, il fastidiosissimo stent sarebbe però necessario per assicurare lo scarico del rene, in attesa di un secondo intervento di revisione e bonifica. Pertanto, è ora assolutamente essenziale conoscere nel massimo dettaglio quale sia la situazione attuale, anche ricorrendo ad una TAC senza mezzo di contrasto, se gli esami eseguiti non risultano sufficientemente chiari. Solo in questo modo sarà possibile decidere per il meglio, ovvero se rimuovere lo stent o passare direttamente al secondo tempo, in questo caso nel minor tempo ragionevolmente possibile. In quanto alle sue evidenti difficoltà di comunicazione con la struttura sanitaria ed i nostri Colleghi, purtroppo ci scrive di cose che possono accadere abbastanza facilmente quando il rapporto tra medico e persona assistita non è diretto ma "diffuso", come appunto perlopiù accade nelle strutture pubbliche. Le consigliamo di ricercare appena possibile un rapporto diretto, non mediato dal telefono, segretarie e collaboratori. Ci faccia sapere, se lo desidera.

Saluti

Paolo Piana
Medico Chirurgo - Specialista in Urologia
Trattamento integrato della Calcolosi Urinaria
www.paolopianaurologo.it

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