Tumore uretere
Buongiorno, a mia madre (51 anni) è stato riscontrato un carciroma uroteliale sinistro da una cistouretografia e relativo esame istologico, durante la quale è stato applicato uno stent all'uretere sx. Dalla risonananza magnetica hanno rilevato un pacchetto linfonodale di circa 10 cm nella zona aortica e cava. Dalla tac hanno riscontrato un angioma nel fegato e uno nella milza (ma ci è stato detto nulla di rilevante). Dalla scintigrafia ossea hanno riscontrato una singola metastasi ossea a livello della sinfisi pubica (non perfettamente evidenziata nella tac). La scintigrafia renale ha evidenziato rene dx perfettamente funzionante (sebbene in atteggiamento da sovraccarico) e rene sx ai limiti dell'esclusione.
Inizialmente, prima della scintigrafia, l'urologo era intenzionato ad operarla (nefrectomia totale sx del rene e dell'uretere e del pacchetto linfonodale). In seguito all'evidenza della metastasi hanno deciso di indirizzarla da un oncologo. Quest'ultimo ritiene che la situazione di mia madre sia troppo in uno stato avanzato e che la prognosi è pessima. Ora l'ha sottoposta ha 3-4 cicli di chemio di gemtacibina e cisplatino, dopo i quali rieffettueranno una tac di controllo.
Ora mi chiedo:
- mia madre è veramente ormai persa e non ci sono speranze che la massa tumorale regredisca e si possa operare?
- quanto può ancora vivere di sola chemio?
- cosa pensate del nuovo farmaco per la chemio bevacizumab?
- ci hanno consigliato per la metastasi ossea pubica (visto che le da dolore e la fa zoppicare) di eliminarla attraverso la crioablazione di metastasi ossee. Tale intervento (sebbene ci è stato detto in anestesia locale) è compatibile con la chemio che sta facendo? Quali potrebbero essere le conseguenze?
Spero di avere presto delle risposte a questi dubbi che mi attanagliano.
Inizialmente, prima della scintigrafia, l'urologo era intenzionato ad operarla (nefrectomia totale sx del rene e dell'uretere e del pacchetto linfonodale). In seguito all'evidenza della metastasi hanno deciso di indirizzarla da un oncologo. Quest'ultimo ritiene che la situazione di mia madre sia troppo in uno stato avanzato e che la prognosi è pessima. Ora l'ha sottoposta ha 3-4 cicli di chemio di gemtacibina e cisplatino, dopo i quali rieffettueranno una tac di controllo.
Ora mi chiedo:
- mia madre è veramente ormai persa e non ci sono speranze che la massa tumorale regredisca e si possa operare?
- quanto può ancora vivere di sola chemio?
- cosa pensate del nuovo farmaco per la chemio bevacizumab?
- ci hanno consigliato per la metastasi ossea pubica (visto che le da dolore e la fa zoppicare) di eliminarla attraverso la crioablazione di metastasi ossee. Tale intervento (sebbene ci è stato detto in anestesia locale) è compatibile con la chemio che sta facendo? Quali potrebbero essere le conseguenze?
Spero di avere presto delle risposte a questi dubbi che mi attanagliano.
[#1]
Penso che se l'oncologo ha bisogno di una ablazione chirurgica del tumore o dei linfonodi sarà lui stesso a consigliarLa. Per la metastasi non sarebbe male una radioterapia ma qd informazioni devono essere seguite solo dopo controllo medico dello stato clinico.
Cordiali saluti
Cordiali saluti
Dott.Roberto Mallus
[#2]
Data la giovane età di sua madre la nefroureterectomia credo sia indispensabile per potere avere una speranza
Saluti
Saluti
Dr. Gabriele Antonini
Urologo Andrologo
www.antoniniurology.com
www.protesipeniene.it
[#3]
Utente
Gentili dottori,
grazie mille per le vostre risposte. In merito alla radioterapia, visto che l'attuale oncologo si è limitato a dare degli antidolorifici molto forti che, sì le tolgono il dolore, ma rendono mia madre in stato alienato senza risolvere a monte il problema, ora abbiamo contattato un altro oncologo che ritiene opportuno farla (ha parlato di 15 gg con bifosfati(zatema). Ci ha assicurato che è molto efficace sulle metastasi ossee ed ha un'alta tolleranza.
L'equipe che invece vorrebbe fare la crioablazione intende prima fare una pet-tac addominale per evidenziare meglio la metastasi (dimensioni, eventuali ulteriori metastasi) per poi effettuare questo intervento.
Ora dovremmo decidere cosa è maggiormente efficace e con meno effetti collaterali fra la crioablazione e la radioterapia.
Voi cosa ne pensate?
In merito alla nefroureterectomia, questo nuovo oncologo anche lui è dell'opinione che se dopo il primo o secondo ciclo di chemio occorrerebbe fare un intervento.
Grazie ancora per le vostre utili risposte.
grazie mille per le vostre risposte. In merito alla radioterapia, visto che l'attuale oncologo si è limitato a dare degli antidolorifici molto forti che, sì le tolgono il dolore, ma rendono mia madre in stato alienato senza risolvere a monte il problema, ora abbiamo contattato un altro oncologo che ritiene opportuno farla (ha parlato di 15 gg con bifosfati(zatema). Ci ha assicurato che è molto efficace sulle metastasi ossee ed ha un'alta tolleranza.
L'equipe che invece vorrebbe fare la crioablazione intende prima fare una pet-tac addominale per evidenziare meglio la metastasi (dimensioni, eventuali ulteriori metastasi) per poi effettuare questo intervento.
Ora dovremmo decidere cosa è maggiormente efficace e con meno effetti collaterali fra la crioablazione e la radioterapia.
Voi cosa ne pensate?
In merito alla nefroureterectomia, questo nuovo oncologo anche lui è dell'opinione che se dopo il primo o secondo ciclo di chemio occorrerebbe fare un intervento.
Grazie ancora per le vostre utili risposte.
[#4]
Utente
Gentili dottori,
mi ritrovo a riscrivervi in quanto abbiamo avuto le risposte della prima tac di controllo.
dopo tre cicli di chemioterapia a base di gemtacibina e cisplatino la tac è risultata la seguente:
"Torace: in sede paraortica sinistra (aorta toracica) si apprezza una linfoadenopatia di circa 16 mm di diam max (diametro prec. 21 mm)
Addome-pelvi: Fegato di dimensioni nei limiti, a livello del III segmento epatico si apprezza una sfumata area ipodenza delle dimensioni max di circa 6mm (la lesione mostra caratteristiche todensitometriche compatibili con secondarismo ed è diminuita di dimensioni rispetto TC precedente dove misurava 9 mm di DM).
In corrispondenza della pelvi renale di sinistra si apprezza una neoformazione solida, ipodensa del diam max di circa 56 mm (diametro prec. 65 mm). La lesione occupa pressocchè completamente la pelvi renale infiltrando il parenchima renale circostante e il tessuto adiposo perirenale. Si apprezza infiltrazione dell'arteria renale di sinistra e compressione della vena renale omolaterale ad opera di alcuni linfonodi localizzati in sede paraortica sinistra (diametro 22 mm. La precedente TAC visualizzava grappoli di linfonodi di 33mm).
La branca sinistra della sinfisi pubica presenta aspetto rigonfio e sclerosi della spongiosa ossea con interruzione lineare della corticale da riferire a frattura patologica."
Orbene, la situazione è "pesante" ma comunque di buon auspicio visto che tutto si è ridotto con la chemio: linfonodi (sia in numero che in dimensione), tumore primitivo, secondarismi (per la metastasi ossea nella sinfisi pubica mia madre ora sta facendo radioterapia).
Gli oncologi hanno deciso di continuare con altri cicli di chemioterapia, visto il buon risultato (devo dire che a mamma le si sono dastricamente ridotti i dolori anche se la stanchezza aumenta).
Mi chiedo: IN QUESTA SITUAZIONE è AUSPICABILE UN INTERVENTO? QUANDO? QUALI SONO I RISULTATI CHE SI SPEREREBBERO CON L'INTERVENTO? QUALI LE POSSIBILI COMPLICAZIONI?
Vorrei un cortese giudizio di un urologo.
mi ritrovo a riscrivervi in quanto abbiamo avuto le risposte della prima tac di controllo.
dopo tre cicli di chemioterapia a base di gemtacibina e cisplatino la tac è risultata la seguente:
"Torace: in sede paraortica sinistra (aorta toracica) si apprezza una linfoadenopatia di circa 16 mm di diam max (diametro prec. 21 mm)
Addome-pelvi: Fegato di dimensioni nei limiti, a livello del III segmento epatico si apprezza una sfumata area ipodenza delle dimensioni max di circa 6mm (la lesione mostra caratteristiche todensitometriche compatibili con secondarismo ed è diminuita di dimensioni rispetto TC precedente dove misurava 9 mm di DM).
In corrispondenza della pelvi renale di sinistra si apprezza una neoformazione solida, ipodensa del diam max di circa 56 mm (diametro prec. 65 mm). La lesione occupa pressocchè completamente la pelvi renale infiltrando il parenchima renale circostante e il tessuto adiposo perirenale. Si apprezza infiltrazione dell'arteria renale di sinistra e compressione della vena renale omolaterale ad opera di alcuni linfonodi localizzati in sede paraortica sinistra (diametro 22 mm. La precedente TAC visualizzava grappoli di linfonodi di 33mm).
La branca sinistra della sinfisi pubica presenta aspetto rigonfio e sclerosi della spongiosa ossea con interruzione lineare della corticale da riferire a frattura patologica."
Orbene, la situazione è "pesante" ma comunque di buon auspicio visto che tutto si è ridotto con la chemio: linfonodi (sia in numero che in dimensione), tumore primitivo, secondarismi (per la metastasi ossea nella sinfisi pubica mia madre ora sta facendo radioterapia).
Gli oncologi hanno deciso di continuare con altri cicli di chemioterapia, visto il buon risultato (devo dire che a mamma le si sono dastricamente ridotti i dolori anche se la stanchezza aumenta).
Mi chiedo: IN QUESTA SITUAZIONE è AUSPICABILE UN INTERVENTO? QUANDO? QUALI SONO I RISULTATI CHE SI SPEREREBBERO CON L'INTERVENTO? QUALI LE POSSIBILI COMPLICAZIONI?
Vorrei un cortese giudizio di un urologo.
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 13k visite dal 10/07/2008.
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