Idroureteronefrosi e fistola vescicale

A seguito di una recidiva di carcinoma del retto distale, il 31 maggio scorso mia moglie (59 anni) è stata sottoposta ad intervento chirurgico di “amputazione del retto per via addominoperineale con colectomia posteriore ed isteroannessiectomia e appendicectomia in blocco; confezionamento di colostomia definitiva.”
Nelle settimane seguenti, e ancora adesso, persiste una febbricola (37-37,5°), per cui ha eseguito i seguenti accertamenti:
1. esame urine e urinocultura (09.7.12) con esito negativo. Creatinemia (19.7.12) 0,74 mg/dL.
2. visita chirurgica (20.7.12) che ha riscontrato “una piccola fistola con presenza di materiale sospetto per urina al di sopra della ferita chirurgica”, praticamente subito sopra l’ultimo punto di sutura perineale posteriore, da cui in effetti fuoriesce urina mista a pus giallastro.
3. ecoaddome (21.07.12) il cui referto segnala “idroureteronefrosi di medio grado bilateralmente. Tessuto solido retrovescicale di circa 2x2 cm.”.
4. tac total body (26.7.12) che ha tra l’altro documentato “ritardo di eliminazione del mezzo di contrasto con evidente idro-uretero-nefrosi bilaterale; gli ureteri dilatati sembrano restringersi piuttosto bruscamente a livello pelvico (prima dello sbocco in vescica) a livello di anse intestinali che presentano pareti piuttosto ispessite ed adenomatose. A tale livello si documenta la presenza di minimo versamento endoperitoneale… si documenta la distensione della vescica che risulta indenne da lesioni parietali. La parete posteriore risulta deformata ad imbuto e si sviluppa posteriormente sino a raggiungere il tessuto cicatriziale pre coccigeo. Non si documentano spandimenti retrovescicali del mezzo di contrasto ma, se in accordo con la clinica, l’eventuale tramite fistoloso potrebbe essere localizzato a tale livello."
L’urologo ha prescritto l’analisi della creatinemia, una cistografia e un nuovo eco addome, che eseguirà nei prossimi giorni, spiegandomi che la cicatrizzazione interna dell’area pelvica oggetto dell’intervento chirurgico sta ritirando i tessuti e con essi gli ureteri provocandone la stenosi.
Vorrei sapere cosa ne pensate e vi sarei grato se poteste spiegarmi quali tipologie di interventi potrebbero rendersi necessari per risolvere la stenosi degli ureteri e la fistola vescicale, il grado di invasività di tali interventi e la prognosi.
Grazie.
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Dr. Gino Alessandro Scalese Urologo, Andrologo 6k 128
Gentile utente,

l'argomento è molto delicato e la semplice descrizione dei referti non mi consente una corretta interpretazione del quadro clinico.
Prima di pensare alle possibili soluzioni è necessario comunque fare una diagnosi più precisa eseguendo giustamente una Rx Cistografia per conferamere o meno la presenza della sospetta fistola (comunicazione) fra vie urinarie e vie digestive che la TAC non ha messo in evidenza.

Cordiali saluti
Gino Scalese

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Utente
Utente
Grazie per la risposta che, mi rendo conto, non può che essere interlocutoria. Tuttavia è forse possibile chiarirmi se il tipo di intervento eseguito a seguito della recidiva neoplastica (credo in particolare la colectomia posteriore e la isteroannessiectomia) possano interessare, nella fase di cicatrizzazione, gli ureteri, provocandone la stenosi nella parte distale e se, in tale caso, il posizionamento di cateteri-stent sia possibile e risolutivo.
Per quanto riguarda la fistola, preciso che si nota evidentemente fuoriuscita di urina (con altrettanto evidenti tracce nel pannolone assorbente) da un piccolo orifizio nella zona perineale posteriore, subito sopra la sutura relativa all'asportazione del retto. E' quindi verosimile che la cistografia documenterà un passaggio fistoloso nella zona precoccigea. Ciò posto, quale elemento può dicriminare la tipologia di intervento successivo e la relativa prognosi (es: nefrostomia percutanea temporanea)?
Al di là del riserbo imposto dalla vostra professionalità, vi chiedo di sbilanciarvi, ben sapendo che ogni valutazione è ovviamente condizionata dai limiti dei consulti on-line.
Cordialmente
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Dr. Gino Alessandro Scalese Urologo, Andrologo 6k 128
1) Tutti gli interventi eseguiti nel "bacinetto pelvico" compreso quello da lei descritto possono coinvolgere gli ureteri stenotizzandoli (restringendoli) parzialmente o totalmente.
2) Se il dato fistola è confermato sarà necessario derivare i reni probabilmente con nefrostomia temporanea; altra possibilità è la cateterizzazione ureterale bilaterale utilizzando appositi stent (tubicini) posizionati attraverso cistoscopia sempre che la stenosi non sia completa.Nella fase successiva si valuterà un possibile reintervento per eliminare la fistola e ripristinare la continuità ureterale (sempre che non ci siano forme di recidive e valutando le condizioni cliniche della paziente)
3) Comunque al di là di tutto è necessario chiarire se si tratta o meno di fistola in quanto una secrezione chiara dalla ferita non è solo sintomo della presenza di una fistola urinosa in quanto essa può anche essere dovuta a secrezione di ferita non ben rimarginata o di secrezione linfatica, liquido peritoneale o extraperitoneale ecc. Ecco perchè è necessario prima fare una diagnosi precisa e poi pensare alle possibili soluzioni valutando nell'insieme tutta la clinica della paziente.
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Utente
Utente
Tutto molto chiaro.
Un ultimo quesito (scusi se abuso della sua disponibilità): ho letto che la nefrostomia o la cateterizzazione ureterale possono essere eseguite per consetire la chiusura spontanea della fistola (anche se la percentuale di guarigione è molto limitata). L'alternativa cui lei si riferisce quando parla di "reintervento per eliminare la fistola" in cosa consisterebbe? Il sistema da Vinci è utilizzato anche per questo tipo di intervento? Il mio dubbio, qualora ci venissero poste le due opzioni, è che forse un intervento diretto ad eliminare la fistola, ancorché pìù invasivo, potrebbe consentire una possibilità maggiore di guarigione e limitare temporalmente il disagio della derivazione renale/ureterale. Mia moglie è già psicologicamente molto provata dalle vicissitudini passate (di cui ho riferito soltanto quelle più recenti) e non voglio pensare a come potrebbe sopportare, oltre alla colonstomia, ulteriori prolungate "deviazioni".
Grazie infinite.
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Dr. Gino Alessandro Scalese Urologo, Andrologo 6k 128
In queste situazioni si procede per gradi ovvero si utilizzano metodiche progressivamente più invasive. Quindi l'intervento per eliminare questa presunta fistola lo si prende in considerazione se le precedenti soluzioni sono fallite. Il Robot da Vinci non offre nessun vantaggio per questa problematica.
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Utente
Utente
Grazie dott. Scalese.
Cordiali saluti
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Dr. Gino Alessandro Scalese Urologo, Andrologo 6k 128
Prego!
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Utente
Utente
Mia moglie ha appena eseguito i seguenti ulteriori accertamenti:
1.Creatinina: 1,01 mg/dL
2.Ecoaddome: “Reni in sede di dimensioni di norma. Presenza di dilatazione calico-pielica bilaterale (a dx diametro maggiore circa 48 mm a sx circa 30 mm).”
3.Cistoureterografia retrograda e minzionale: “All’indagine diretta del piccolo bacino si repertano graffe metalliche da pregresso intervento. Vescica ben distensibile a pareti regolari con fisiologico svuotamento. Non immagini da riferire a tragitti fistolosi”.
L’urologo ha suggerito il posizionamento di catetere vescicale come tentativo empirico di soluzione di una possibile fistola vescicale.
I quesiti che vorrei porre sono i seguenti:
1.Qual è il grado della dilatazione calico-pielica descritta?
2.E’ possibile che un tramite fistoloso sia evidente all’indagine clinica e non ad una tac e ad una cistografia?
3.Se (oltre al pus) il liquido che fuoriesce dall’orifizio perineale non fosse urina (e quindi non vi fosse una fistola vescicale), quale potrebbe essere una possibile diagnosi, tenuto conto dell’intervento chirurgico che ha subito mia moglie?
4.Potete dirmi, in generale, cosa ne pensate di tutto questo e se avete ulteriori accertamenti da consigliare?
Grazie infinite
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Dr. Gino Alessandro Scalese Urologo, Andrologo 6k 128
1) Dilatazione dei reni di discreto grado più accentuato a dx

2)E' possibile che esista un tramite fistoloso non diagnosticato da esami strumentali specie se piccolissimo che a questo punto potrebbe anche non esserci.

3) Non è possibile fare diagnosi circostanziata se non si analizza tutta la documentazione e comunque sono state ipotizzate delle alternative alla fistola elencate nella precedente mia risposta.
4) Vanno seguite le indicazioni diagnostiche fornite dai colleghi.
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Utente
Utente
Grazie per la sollecita risposta.
Riguardo al punto 1, se la ditalazione dovesse stabilizzarsi su tali valori, si può pensare di non fare niente e seguire semmai uno stretto follow-up?
Riguardo al punto 3, intendevo chiedere quale possibile complicanza dell'intervento chirurgico può provocare la sintomatologia descritta (oltre alla ritardata cicatrizzazione della ferita). L'ipotesi di fuoriuscita di liquido peritoneale - immagino dovuta alla lesione della membrana - può rientrare spontaneamente o è necessario intervenire in qualche modo?
Grazie
Cordiali saluti
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Dr. Gino Alessandro Scalese Urologo, Andrologo 6k 128
1) L'entità della dilatazione è relativa dipende dal grado di ostruzione al deflusso di urina che lo si desume anche dalla visualizzazione delle immagini TAC (cioè valutando il cosiddetto ritardo funzionale).
2)Impossibile rispondere alla sua seconda domanda non avendo elementi precisi di valutazione
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Utente
Utente
Grazie.
La lascio in pace :)
Cordiali saluti
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Dr. Gino Alessandro Scalese Urologo, Andrologo 6k 128
Prego!