Quali rischi ci sono per la rimozione di stent ureterale fortemente calcifico
Buongiorno,
dopo un intervento di litrotrissia, durante il second look (per altro risultato non necessario ad una tac post operatoria), è stata trovata una stenosi ureterale di 2 cm, con impossibilità di passaggio delle urine, per cui mi è stato inserito uno stent ureterale.
Tale stent mi veniva cambiato ogni 2 mesi in sala cistoscopie, senza anestesia e senza difficoltà e dopo circa 30 minuti me ne tornavo a casa o al lavoro tranquillamente.
Il cambio avveniva ogni 2 mesi perché risultava sempre calcifico.
Ora che il chirurgo che faceva le cistoscopie è andato in pensione e le operazioni vengono fatte in regime di ricovero, in sala operatoria, con richiesta di anestesia totale.
Io ho chiesto l'anestesia epidurale in quanto soggetto con anamnesi complessa e con diverse patologie (invalida al 100%), ed il rischio di anestesie totali è così alto che devono prenotare il letto in rianimazione per 24 ore.
Ora per vari ritardi dovute al cambio della procedura il mio stent è in sede da 7 mesi, rispetto ai 2 soliti.
Ho paura che ora le calcificazioni risultino molto più presenti del solito.
Inoltre, mi fido molto meno dell'esperienza dei chirurghi in questo specifico tipo di interventi.
Vorrei sapere quali rischi si corrono a fare una cistoscopia con stent fortemente calcifico e come si potrebbero limitare i possibili danni.
Cosa succederebbe invece se non cambiassi lo stent e continuassi a tenerlo senza operare?
Sinceramente sono stanca di sale operatorie che non risolvono ma peggiorano la mia situazione.
Preferirei morire nel mio letto che non sotto i ferri!
Grazie per la risposta.
dopo un intervento di litrotrissia, durante il second look (per altro risultato non necessario ad una tac post operatoria), è stata trovata una stenosi ureterale di 2 cm, con impossibilità di passaggio delle urine, per cui mi è stato inserito uno stent ureterale.
Tale stent mi veniva cambiato ogni 2 mesi in sala cistoscopie, senza anestesia e senza difficoltà e dopo circa 30 minuti me ne tornavo a casa o al lavoro tranquillamente.
Il cambio avveniva ogni 2 mesi perché risultava sempre calcifico.
Ora che il chirurgo che faceva le cistoscopie è andato in pensione e le operazioni vengono fatte in regime di ricovero, in sala operatoria, con richiesta di anestesia totale.
Io ho chiesto l'anestesia epidurale in quanto soggetto con anamnesi complessa e con diverse patologie (invalida al 100%), ed il rischio di anestesie totali è così alto che devono prenotare il letto in rianimazione per 24 ore.
Ora per vari ritardi dovute al cambio della procedura il mio stent è in sede da 7 mesi, rispetto ai 2 soliti.
Ho paura che ora le calcificazioni risultino molto più presenti del solito.
Inoltre, mi fido molto meno dell'esperienza dei chirurghi in questo specifico tipo di interventi.
Vorrei sapere quali rischi si corrono a fare una cistoscopia con stent fortemente calcifico e come si potrebbero limitare i possibili danni.
Cosa succederebbe invece se non cambiassi lo stent e continuassi a tenerlo senza operare?
Sinceramente sono stanca di sale operatorie che non risolvono ma peggiorano la mia situazione.
Preferirei morire nel mio letto che non sotto i ferri!
Grazie per la risposta.
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La sostituzione periodica dello stent ci pare di comprendere che sia un compromesso dovuto ai suoi problemi generali, obesità e quant'altro, perché altrimenti le indicazioni sarebbero certamente indirizzate alla soluzione definitiva del problema con eliminazione della sténosi dell'uretere. Questo è però un intervento di un certo impegno ed invasività che, anche se eseguito in laparoscopia, necessita di una anstesia generale.
Purtroppo il mantenere lo stent in sede a tempo indeterminato porta una nota serie di problemi, di cui il deterioramento per apposizione di calcificazioni è temibile, poiché può comportare difficoltà nelle manovre di sostituzione, con una procedura che da semplicissima può diventare assai ardua. Purtroppo la programmazione degli interventi nella struttura pubblica porta spesso a ritardare queste procedure minori a causa del sempre più grave carico di lavoro per patologie più gravi, soprattutto tumorali.
Per quanto rigurada il suo caso, tutto considerato e per evitare di trovarsi impreparati di fronte a possibili difficotà. raccomanderemmo l'esecuzione di una TAC dell'addome senza mezzo di contrasto per valutare le dimensioni e la posizione di eventuali calcificazioni.
Purtroppo il mantenere lo stent in sede a tempo indeterminato porta una nota serie di problemi, di cui il deterioramento per apposizione di calcificazioni è temibile, poiché può comportare difficoltà nelle manovre di sostituzione, con una procedura che da semplicissima può diventare assai ardua. Purtroppo la programmazione degli interventi nella struttura pubblica porta spesso a ritardare queste procedure minori a causa del sempre più grave carico di lavoro per patologie più gravi, soprattutto tumorali.
Per quanto rigurada il suo caso, tutto considerato e per evitare di trovarsi impreparati di fronte a possibili difficotà. raccomanderemmo l'esecuzione di una TAC dell'addome senza mezzo di contrasto per valutare le dimensioni e la posizione di eventuali calcificazioni.
Paolo Piana
Medico Chirurgo - Specialista in Urologia
Trattamento integrato della Calcolosi Urinaria
www.paolopianaurologo.it
[#2]
Utente
Grazie per la sua tempestiva risposta!
Come ha ben compreso l'intervento "risolutivo" era stato messo da parte per una rivalutazione, in quanto ad altissimo rischio chirurgico oltre che anestesiologico. Infatti il mio addome, soprattutto sul lato sinistro dove il rene è sofferente ed ha già subito danni dopo l'esecuzione delle due operazioni subite, porta numerose cicatrici con relative aderenze.
Oltre a problemi di vario genere quali l'assunzione di Coumadin per trombosi da covid in concomitanza fattore V di Leiden, Osas con uso della CPAP e potrei continuare per una intera pagina. Il problema non si poneva fino a 7 mesi fa quando lo stent era cambiato ogni 2 mesi con procedura ambulatoriale (e già presentava calcificazioni). Ora che tutte le cistoscopie richiedono un ricovero e una sala operatoria con anestesia i tempi si dilatano enormemente e ora sono passati 7 mesi e Lei capirà la mia PAURA che possa succedere qualcosa di "grave" durante la cistoscopia (che avrei il 13 con ricovero il 12). A questo punto mi domando se non sia saggio rivedere la scelta del cambio dello stent piuttosto che la soluzione "definitiva".
Ma in questo momento devo decidere se farmi fare la cistoscopia o aspettare settembre e riparlare col primario del San Carlo di Milano che so essere un eccellente chirurgo di urologia.
Fra 2 giorni mi ricoverano forse potrei chiedere di parlare con un chirurgo per vedere se è possibile fare una TAC prima di essere operata.
Lei ha scritto che in presenza di calcificazioni l'operazione può diventare "ardua", ma saprebbe spiegarmi meglio quali sono i concreti rischi che corro?
Come posso scoprire in quali ospedali il cambio dello stent è possibile ambulatorialmente e i tempi sono meno dilatati?
La ringrazio moltissimo
Come ha ben compreso l'intervento "risolutivo" era stato messo da parte per una rivalutazione, in quanto ad altissimo rischio chirurgico oltre che anestesiologico. Infatti il mio addome, soprattutto sul lato sinistro dove il rene è sofferente ed ha già subito danni dopo l'esecuzione delle due operazioni subite, porta numerose cicatrici con relative aderenze.
Oltre a problemi di vario genere quali l'assunzione di Coumadin per trombosi da covid in concomitanza fattore V di Leiden, Osas con uso della CPAP e potrei continuare per una intera pagina. Il problema non si poneva fino a 7 mesi fa quando lo stent era cambiato ogni 2 mesi con procedura ambulatoriale (e già presentava calcificazioni). Ora che tutte le cistoscopie richiedono un ricovero e una sala operatoria con anestesia i tempi si dilatano enormemente e ora sono passati 7 mesi e Lei capirà la mia PAURA che possa succedere qualcosa di "grave" durante la cistoscopia (che avrei il 13 con ricovero il 12). A questo punto mi domando se non sia saggio rivedere la scelta del cambio dello stent piuttosto che la soluzione "definitiva".
Ma in questo momento devo decidere se farmi fare la cistoscopia o aspettare settembre e riparlare col primario del San Carlo di Milano che so essere un eccellente chirurgo di urologia.
Fra 2 giorni mi ricoverano forse potrei chiedere di parlare con un chirurgo per vedere se è possibile fare una TAC prima di essere operata.
Lei ha scritto che in presenza di calcificazioni l'operazione può diventare "ardua", ma saprebbe spiegarmi meglio quali sono i concreti rischi che corro?
Come posso scoprire in quali ospedali il cambio dello stent è possibile ambulatorialmente e i tempi sono meno dilatati?
La ringrazio moltissimo
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Ovviamente per estrarre lo stent da sostituire, tutte le calcificazioniw eventualmente presenti devono essere rimosse. Le calcificazioni presenti sulla parte vescicale dello stent sono le più comuni ed anche le più facili da trattare, anche se con molta pazienza, utilizzando il laser, che deve quindi essere a disposizione. Assai più difficile è la rimozione delle calcificazioni presenti sullo stelo dello stent ed ancor di più sulla parte renale. Questo comporta la necessità di strumenti particolari ed una capacità tecnica molto elevata. Insomma, una procedura potenzialmente difficile che deve essere affrontata nel modo opportuno essendo certi di a che cosa si va incontro. Il modo più preciso per farlo è quello di eseguire preventivamente una TAC dell’addome senza mezzo di contrasto o quantomeno una buona radiografia diretta dell’addome ad intestino pulito.
Paolo Piana
Medico Chirurgo - Specialista in Urologia
Trattamento integrato della Calcolosi Urinaria
www.paolopianaurologo.it
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 968 visite dal 10/06/2024.
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