Craving da ssri

Salve, vorrei avere informazioni dettagliate riguardo al fenomeno di craving da carboidrati dovuto all'assunzione di SSRI. Io assumo paroxetina, che è il farmaco di questa categoria che piu di tutti induce un aumento di peso. Sono ingrassato 20 Kg in 2 anni ed ora sono obeso. Dato che mi accingo ad eseguire una visita dal dietologo e poi nutrizionista, avrei dei dubbi da esprimere prima di rivlgermi a queste figure professionali:
1) E' possibile dimagrire nonstante io prenda paroxetina?
2) Se l'aumento di appettito è dovuto all'inibizione del recettore H1 dell'istamina, come è possibile alterare le proprie abitudini alimentari?
Il craving da carboidrati indotto da paroxetina è un esempio di dipendenza molto peggiore di qualsiasi altra. Questo perchè il fattore che induce la dipendenza proviene dall'interno (inibizione H1) e non dall'esterno (ad esempio nicotina). Se infatti si smette di fumare dopo un pò la dipendenza se ne va. Se io smetto di avere abitudini alimentari non corrette non mi abituerò mai a quelle corrette perchè anche dopo 5 anni avrò una tendenza ad assumere carboidrati in quantità esagerate. Come si risolve questa situazione? è risolvibile? o se vado dal dietologo butto via soldi e tempo?
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119
Gentile utente,
1) E' possibile (anche se non sempre) dimagrire anche nonostante la paroxetina. Molte persone in terapia con tale farmaco e altri che inducono l'aumento del peso corporeo sono seguiti anche da nutrizionista. Addirittura alcuni ambulatori di psico-farmacoterapia hanno sia psichiatra che nutrizionista proprio per questo motivo. Tale assetto di cura previene che i farmaci che sono efficaci sulla malattia psichica che ha la persona siano scartati perché non si è riuscito a gestire questo tipo di effetti collaterali.

Oltre alla dieta, però, non è meno importante lo stile di vita, e quanto Lei è attivo fisicamente ed emotivamente (cioè, sono importanti non solo le modalità e le entità di introduzione delle calorie, ma anche loro utilizzo, consumo). In questo ambito il lavoro non è solo del nutrizionista, ma centra anche con il grado di compenso della malattia psichica che viene curata. Infatti, se lo stile di vita è poco attivo, ma anche se la persona tende alle modalità di alimentazione abnorme, bisogna verificare che non ce ne sia responsabile in parte anche la malattia psichica non compensata. Ad esempio, il "craving per carboidrati" è molto tipico di alcune forme della depressione, o, ad esempio, il consumo stesso dei cibi, in particolare dei carboidrati, può essere per molte persone una "cura antidepressiva" (ovviamente scorretta, ma che l'organismo sceglie intuitivamente, perché i carboidrati hanno azione positiva sull'umore); in altri casi la malattia può manifestarsi anche col consumo compulsivo del cibo. Inoltre, l'aumento del peso corporeo e dell'appetito può accompagnare parecchie malattie endocrine e metaboliche purtroppo abbastanza diffuse nella popolazione, nel caso fossero preesistenti (a livello sub-clinico). Dunque, in molti casi l'antidepressivo può essere non l'unico fattore. In tali casi la dieta rischia di essere un sussidio solo parziale. Per cui, verificherei queste ipotesi ancora prima di andare dal dietologo.

Inoltre, sarebbe anche opportuno valutare con il Suo psichiatra un'alternativa alla paroxetina.

2) Rispetto al meccanismo tramite il quale gli antidepressivi SSRI aumentano l'appetito ed il peso corporeo, in parte è dovuto all'azione inibente sui recettori Tipo 1 dell'istamina (H1), che di conseguenza riduce l'attività dell'ormone Leptina; però anche l'azione su altri sistemi (ad esempio, su quello della serotonina) può alterare il bilancio fame-sazietà; da considerare anche l'influenza, complessa e non ancora completamente studiata, sui bilanci ormonali.

Non si tratta però dei fenomeni completamente irreversibili. Sono riversibili con la sospensione del farmaco e in misura inversamente proporzionale alla durata dell'assunzione del farmaco, alla durata delle abitudini alimentari abnormi, all'entità del problema creatasi e alla durata della persistenza del problema. Per quanto riguarda l'azione del farmaco, sarebbe piuttosto corretto parlare del "fattore esterno".

Inoltre, a prescindere dalle cause, è corretto parlare anche della dipendenza da carboidrati come di un fattore in parte esterno, paragonandola con la dipendenza da nicotina, perché in entrambi i casi si tratta di sostanze cui effetto l'organismo richiede per mantenere il temporaneo compenso (psichico, metabolico), innescando un circolo vizioso e contribuendo il consumo sproporzionato stesso alla dipendenza. In altre parole, anche il glucosio in sé ha le capacità di far sviluppare i fenomeni di assuefazione, di dipendenza, di astinenza (ecc.), e si tratta di un alimento cui consumo è regolato non solo dal bisogno fisiologici, ma, soprattutto nella nostra cultura, molto anche dai fattori psicologici. Da questo punto di vista, la dieta è senz'altro d'aiuto, ma non bisogna mai dimenticare di cercare di risolvere le cause sottostanti.

Invece per quel che riguarda le predisposizioni ormonali (preesistenti o indotti) e le predisposizioni psichici (citati prima) al craving per carboidrati e all'accumulo di peso, ovviamente non si risolvono solo cambiando le abitudini alimentari: devono essere identificati e curati i rispettivi problemi sottostanti, se ci sono.

Spero di averLe risposto; se qualcosa rimane non chiaro, può scrivermelo.

Dr. Alex Aleksey Gukov

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