Mi rivolgo a voi per chiedervi un parere circa la situazione che sto vivendo sul luogo di lavoro
Da circa 6 mesi ho cambiato azienda, dopo 4 anni e mezzo della mia precedente.
La scelta, è stata dettata dal fatto poiché avevo finito il mio percorso nella precedente, e anche perché non vi erano più le condizioni per essere sereni, vista la condizione di perenne trasferta che ero costretto a subire.
In questa nuova azienda ho da subito affrontato grandi difficoltà, ma i risultati mi stanno dando ragione, per quanto riguarda la sfera puramente lavorativa.
L'ambiente è abbastanza giovane, ed io sono entrato con due riporti diretti, cosa che ha scatenato invidie degli altri colleghi che lavorano da tempo nello stesso dipartimento.
Purtoppo, i colleghi sono molto distanti da me, per via dell'età, per via di esperienze di vita, che sono totalmente diverse dalla mia... quasi quotidianamente, affronto situazioni di esclusione degli stessi, salvo qualcuno con cui sono riuscito a stabilire un buon rapporto... Purtroppo, visto l'ambiente tossico, spesso sono aggressivi, frustati, dove la prima parola del mattino, è sempre in negativo.
Da questa situazione, vorrei capire come venire fuori, questo porta in me stress, e spesso anche reazioni di reazione, poiché spesso, mi sento attaccato... come fare a non reagire?
Come fare a migliorare la mia serenità sul luogo di lavoro?
Cosa dovrei fare con tutte quelle persone, che sfogano su di me i loro caratteri aggressivi, dati da una situazione che di certo non ho creato io...?
Credo fortemente, che non posso fingere di essere qualcosa che non sono...e che le loro delusioni lavorative, non debbano essere sfogare su di me.
Grazie, a chi mi dirà un parere dal punto di vista medico psicologico
La scelta, è stata dettata dal fatto poiché avevo finito il mio percorso nella precedente, e anche perché non vi erano più le condizioni per essere sereni, vista la condizione di perenne trasferta che ero costretto a subire.
In questa nuova azienda ho da subito affrontato grandi difficoltà, ma i risultati mi stanno dando ragione, per quanto riguarda la sfera puramente lavorativa.
L'ambiente è abbastanza giovane, ed io sono entrato con due riporti diretti, cosa che ha scatenato invidie degli altri colleghi che lavorano da tempo nello stesso dipartimento.
Purtoppo, i colleghi sono molto distanti da me, per via dell'età, per via di esperienze di vita, che sono totalmente diverse dalla mia... quasi quotidianamente, affronto situazioni di esclusione degli stessi, salvo qualcuno con cui sono riuscito a stabilire un buon rapporto... Purtroppo, visto l'ambiente tossico, spesso sono aggressivi, frustati, dove la prima parola del mattino, è sempre in negativo.
Da questa situazione, vorrei capire come venire fuori, questo porta in me stress, e spesso anche reazioni di reazione, poiché spesso, mi sento attaccato... come fare a non reagire?
Come fare a migliorare la mia serenità sul luogo di lavoro?
Cosa dovrei fare con tutte quelle persone, che sfogano su di me i loro caratteri aggressivi, dati da una situazione che di certo non ho creato io...?
Credo fortemente, che non posso fingere di essere qualcosa che non sono...e che le loro delusioni lavorative, non debbano essere sfogare su di me.
Grazie, a chi mi dirà un parere dal punto di vista medico psicologico
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Gentile utente,
deve essere frustrante lasciare un'azienda per mancanza di condizioni di serenità e trovare un'analoga carenza nella nuova azienda in cui si entra. Alla luce di questo, il suo disagio risulta pienamente comprensibile, così come appare perfettamente legittimo il suo desiderio di migliorare la qualità della sua vita lavorativa, che forma parte integrante della sua esistenza globale e, in quanto tale, rischia di influenzare negativamente il suo benessere psicologico.
Mi trova d'accordo quando afferma che le delusioni lavorative dei suoi colleghi non devono essere sfogate su di lei (non hanno il diritto di utilizzarla come capro espiatorio) e che non può fingere di essere qualcosa che non è (la dissonanza della finzione e dell'inautenticità contribuirebbe soltanto a peggiorare il disagio). Per questa stessa ragione, temo che escogitare un modo per non reagire quando si sente attaccato possa non produrre alcun beneficio, poiché si tratterebbe di nascondere sotto al tappeto un eccesso di polvere che, presto o tardi, si accumulerebbe e finirebbe per esplodere in misure pericolosamente spropositate. Una soluzione potrebbe essere piuttosto quella di trovare una maniera di reagire che, piuttosto che erigere un muro di incomprensione reciproca, sia maggiormente funzionale ad aprire una comunicazione dialogante con i suoi colleghi.
Se da un lato non si può verosimilmente attribuire a lei la responsabilità delle presenti circostanze ("una situazione che di certo non ho creato io"), la incoraggio tuttavia ad effettuare un'autoriflessione su cosa lei può concretamente e proattivamente fare per cambiare tali circostanze in senso positivo; ovvero, su qual è il suo potere e quali azioni e strategie sono alla sua portata per spingere la situazione verso una direzione per lei desiderabile. Se lo ritiene fattibile, un'opzione potrebbe essere quella di segnalare esplicitamente il suo vissuto, tanto direttamente ai colleghi quanto ad altre figure aziendali rilevanti che possono avere un impatto sulla vicenda (i superiori? Gli addetti alle risorse umane?). Comprendo che l'anticipazione di questo scenario potrebbe suscitarle la paura di non essere accolto, di essere respinto attraverso reazioni di diffidenza e di chiusura; ma la invito a considerare che, se si tratta di un problema sistemico di "ambiente tossico", probabilmente i suoi colleghi vivono in fondo altrettanti disagi nei confronti della situazione comune e, pur non dandolo a vedere, stanno male come lei sta male in uno spiacevole contesto relazionale condiviso come quello che descrive. Pertanto, le reazioni di chiusura sono prevedibili, ma un'equilibrata dose di insistenza potrebbe bastare per farle decadere: inizialmente i suoi colleghi potrebbero mostrarsi indisponibili, ma essere successivamente sollecitati dalla percezione di una sincera intenzione alla conversazione franca e trasparente, finalizzata a rendere le cose più gradevoli per tutti.
Di sicuro, per cambiare le circostanze servono risorse di cui avvalersi e, da quello che racconta, sembra che lei disponga di un paio di risorse, una personale e una sociale, davvero preziose. Innanzitutto, quando afferma che "in questa nuova azienda ho da subito affrontato grandi difficoltà, ma i risultati mi stanno dando ragione", suggerisce una certa capacità di resilienza e una forza interiore che può aiutarla a fronteggiare efficacemente le avversità. Inoltre, anche i colleghi "con cui sono riuscito a stabilire un buon rapporto", oltre a costituire una rete di sicurezza, rappresentano un'ulteriore risorsa su cui provare a far leva per conseguire il suo obiettivo di migliorare la qualità della vita all'interno del contesto aziendale.
Rimaniamo a sua disposizione.
Cordialmente,
deve essere frustrante lasciare un'azienda per mancanza di condizioni di serenità e trovare un'analoga carenza nella nuova azienda in cui si entra. Alla luce di questo, il suo disagio risulta pienamente comprensibile, così come appare perfettamente legittimo il suo desiderio di migliorare la qualità della sua vita lavorativa, che forma parte integrante della sua esistenza globale e, in quanto tale, rischia di influenzare negativamente il suo benessere psicologico.
Mi trova d'accordo quando afferma che le delusioni lavorative dei suoi colleghi non devono essere sfogate su di lei (non hanno il diritto di utilizzarla come capro espiatorio) e che non può fingere di essere qualcosa che non è (la dissonanza della finzione e dell'inautenticità contribuirebbe soltanto a peggiorare il disagio). Per questa stessa ragione, temo che escogitare un modo per non reagire quando si sente attaccato possa non produrre alcun beneficio, poiché si tratterebbe di nascondere sotto al tappeto un eccesso di polvere che, presto o tardi, si accumulerebbe e finirebbe per esplodere in misure pericolosamente spropositate. Una soluzione potrebbe essere piuttosto quella di trovare una maniera di reagire che, piuttosto che erigere un muro di incomprensione reciproca, sia maggiormente funzionale ad aprire una comunicazione dialogante con i suoi colleghi.
Se da un lato non si può verosimilmente attribuire a lei la responsabilità delle presenti circostanze ("una situazione che di certo non ho creato io"), la incoraggio tuttavia ad effettuare un'autoriflessione su cosa lei può concretamente e proattivamente fare per cambiare tali circostanze in senso positivo; ovvero, su qual è il suo potere e quali azioni e strategie sono alla sua portata per spingere la situazione verso una direzione per lei desiderabile. Se lo ritiene fattibile, un'opzione potrebbe essere quella di segnalare esplicitamente il suo vissuto, tanto direttamente ai colleghi quanto ad altre figure aziendali rilevanti che possono avere un impatto sulla vicenda (i superiori? Gli addetti alle risorse umane?). Comprendo che l'anticipazione di questo scenario potrebbe suscitarle la paura di non essere accolto, di essere respinto attraverso reazioni di diffidenza e di chiusura; ma la invito a considerare che, se si tratta di un problema sistemico di "ambiente tossico", probabilmente i suoi colleghi vivono in fondo altrettanti disagi nei confronti della situazione comune e, pur non dandolo a vedere, stanno male come lei sta male in uno spiacevole contesto relazionale condiviso come quello che descrive. Pertanto, le reazioni di chiusura sono prevedibili, ma un'equilibrata dose di insistenza potrebbe bastare per farle decadere: inizialmente i suoi colleghi potrebbero mostrarsi indisponibili, ma essere successivamente sollecitati dalla percezione di una sincera intenzione alla conversazione franca e trasparente, finalizzata a rendere le cose più gradevoli per tutti.
Di sicuro, per cambiare le circostanze servono risorse di cui avvalersi e, da quello che racconta, sembra che lei disponga di un paio di risorse, una personale e una sociale, davvero preziose. Innanzitutto, quando afferma che "in questa nuova azienda ho da subito affrontato grandi difficoltà, ma i risultati mi stanno dando ragione", suggerisce una certa capacità di resilienza e una forza interiore che può aiutarla a fronteggiare efficacemente le avversità. Inoltre, anche i colleghi "con cui sono riuscito a stabilire un buon rapporto", oltre a costituire una rete di sicurezza, rappresentano un'ulteriore risorsa su cui provare a far leva per conseguire il suo obiettivo di migliorare la qualità della vita all'interno del contesto aziendale.
Rimaniamo a sua disposizione.
Cordialmente,
Dott. Davide Giusino, Psicologo | davide.giusino@libero.it
https://psicologipuglia.it/albo-psicologi/r/giusino-davide/
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