Sociopatia: come "gestire" un sociopatico?

Gentili dottoresse, gentili dottori,

sono un ragazzo di 25 anni. Sono una persona fragile, molto insicura e soffro di ansia e depressione. Ho iniziato dall'infazia a seguire vari percorsi terapeutici per gestire il malessere psichico.
Nonostante io abbia la fortuna di essere circondato da belle persone, a causa - credo - di questa fragilità che mi contraddistingue, periodicamente, mi trovo a che fare con persone che inizialmente si mostrano come comprensive e amichevoli ma poi, approfondendo la loro conoscenza, si rivelano manipolatorie e mi causano un fastidio che mina la qualità della mia vita. Spesso identifico nel loro comportamento una forma strana di invidia (anche se faccio fatica a comprendere cosa ci sia da invidiare in me!) che ha una sorta di tendenza alla mia dequalificazione (morale, personale, lavorativa ecc.). Quando posso, ovviamente, tendo a tagliare i ponti con queste persone e quando mi capita di rincontrarle o di essere contattato da loro sono molto in difficoltà. Ogni tanto, invece, non mi è possibile tagliare i rapporti perché, purtroppo, condivido con loro lo stesso ambiente universitario o lavorativo. Visto che non si può sempre scappare, per cercare di difendermi da questi comportamenti, ho iniziato a "diagnosticare" a queste persone un disturbo di tipo sociopatico e provare a trattarle come tali. L'atteggiamento di questi individui consiste in:
- totale incapacità di prendersi responsabilità sia per cose banali che serie;
- assenza di amicizie e relazioni sentimentali o presenza di forme molto strane di rapporti amicali/sentimentali;
- infantilismo;
- utilizzo sistematico della menzogna;
- grande abilità nel mettere in difficoltà;
- forte tendenza al vittimismo;
- uso della provocazione;
- utilizzo dello scherzo come modo di delegittimare e manipolare;
- uso del ricatto psicologico e dell'induzione del senso di colpa;
- impossibilità di fare un discorso serio per affrontare i problemi del rapporto.

Sfortunatamente, però, essendo un profano non so assolutamente determinare la validità delle mie diagnosi e spesso mi viene da pensare che il problema sia nella mia testa o, peggio, di essere io stesso il sociopatico che, non essendo capace di riconoscerlo, tende a vedere la sociopatia negli altri.

Vi chiedo dunque se ci sono delle maniere per stabilire la presenza di un disturbo sociopatico negli altri e se ci sono dei modi per autotutelarsi quando si ha a che fare con un soggetto sociopatico. Infine vi chiedo: è possibile che la sociopatia che vedo negli altri sia una proiezione del mio disturbo?


Ringraziando per l'attenzione porgo i miei più cordiali saluti.


P. S. Confesso che mentre ho scritto queste righe ho pensato più volte, con apprensione, che potessero essere lette dal sociopatico che mi infastidisce. Con questo non voglio dire di temere per la mia sicurezza ma di sentirmi limitato nella mia libertà in quanto tendo ad evitare il più possibile ogni discussione con questa persona.
[#1]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Gentile utente,

il dubbio che Lei ha viene così descritto:
"... il problema sia nella mia testa o, peggio,
di essere io stesso il sociopatico che,
non essendo capace di riconoscerlo, tende a vedere la sociopatia negli altri..."

Dubbio valido, e che al contempo testimonia la sua capacità di autoanalisi e il tentativo di oggettività.

Nei ".. vari percorsi terapeutici per gestire il malessere psichico" di cui dichiara di soffrire fin dall'infanzia,
non ha ancora affrontato l'aspetto delle difficoltà socio-relazionali?
Ha un percorso attualmente in corso?
Assume farmaci?

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Brunialti,

innanzitutto la ringrazio per la cortese risposta.
Nei vari percorsi terapeutici che ho seguito ho affrontato soprattutto gli aspetti relazionali legati alla paura dell'abbandono (durante l'infanzia), alla paura del giudizio e all'ansia sociale (durante il periodo dell'adolescenza e oltre). Di recente ho iniziato un nuovo percorso di tipo psicodinamico. Inoltre, da circa 3 anni, seguito da uno psichiatra, assumo farmaci (citalopram 40 mg e alprazolam 0,5 mg a rilascio prolungato). Per quanto riguarda la sociopatia non ho ancora avuto modo di affrontarla perché solo in questo ultimo periodo ho messo insieme dei tasselli e sono arrivato a formulare le ipotesi e i dubbi che ho qui esposto.
Le chiedo dunque:
- è possibile, secondo lei, che io sia particolarmente vulnerabile e, in un certo senso, potenziale vittima prediletta di persone con tendenze manipolatorie? In tal caso, è possibile trovare "strategie" per autotutelarsi?
- Secondo lei, la mia teoria, può essere un'idea autocostruita?

Ringraziandola nuovamente le porgo cordiali saluti.
[#3]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Gentile utente,

lei ha già uno psicoterapeuta cui rivolgere tali domande, e che potrà risponderle con maggiore cognizione di causa, dato che La conosce.
Non si tratta infatti di fare delle teorie o delle ipotesi sul nulla (come potremmo fare noi qui senza conoscerla), bensì -conoscendo la persona- di fare una diagnosi da parte dello Specialista.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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