Senso di colpa generalizzato
Buonasera,
scrivo per condividere e avere qualche suggerimento su come gestire un'opprimente sensazione di senso di colpa che ormai mi condiziona da molto tempo.
Sono circondata da persone problematiche e con vissuti alle spalle molto particolari.
Il problema non è questo in sé, ma è il fatto che provo da molto tempo una forma di senso di colpa nei loro confronti: è come se mi sentissi ingiustamente più fortunata di loro e ritenessi che, a causa di questa "colpa", dovrei di fatto assecondarli quanto più possibile.
Questo mi porta a sminuire i miei problemi (anche se numerosi), a dare disponibilità anche quando non vorrei e a mantenere in alcuni casi anche rapporti palesemente sterili solo per la paura di far soffrire gli altri e di essere percepita come una persona egoista che abbandona chi è in difficoltà.
Temo a volte che verrò "punita" dal destino se oserò pensare a me stessa e se mi lascerò alle spalle rapporti che ormai per me sono diventati fonte di malessere.
Non so come gestire questa situazione: mi sono resa conto che lascio passare cose che mi danno fastidio solo perché temo il conflitto e perché giustifico tutto poiché "fa così perché soffre", "fa così perché ha avuto un'infanzia terribile" e cose di questo genere.
Qual è il confine fra egoismo e autosalvaguardia?
Ringrazio chi risponderà
scrivo per condividere e avere qualche suggerimento su come gestire un'opprimente sensazione di senso di colpa che ormai mi condiziona da molto tempo.
Sono circondata da persone problematiche e con vissuti alle spalle molto particolari.
Il problema non è questo in sé, ma è il fatto che provo da molto tempo una forma di senso di colpa nei loro confronti: è come se mi sentissi ingiustamente più fortunata di loro e ritenessi che, a causa di questa "colpa", dovrei di fatto assecondarli quanto più possibile.
Questo mi porta a sminuire i miei problemi (anche se numerosi), a dare disponibilità anche quando non vorrei e a mantenere in alcuni casi anche rapporti palesemente sterili solo per la paura di far soffrire gli altri e di essere percepita come una persona egoista che abbandona chi è in difficoltà.
Temo a volte che verrò "punita" dal destino se oserò pensare a me stessa e se mi lascerò alle spalle rapporti che ormai per me sono diventati fonte di malessere.
Non so come gestire questa situazione: mi sono resa conto che lascio passare cose che mi danno fastidio solo perché temo il conflitto e perché giustifico tutto poiché "fa così perché soffre", "fa così perché ha avuto un'infanzia terribile" e cose di questo genere.
Qual è il confine fra egoismo e autosalvaguardia?
Ringrazio chi risponderà
[#1]
Gentile utente,
lei pone la sua domanda in termini doppiamente ambigui, perciò la prego di chiarire alcuni punti, per poterle rispondere.
In questa email parla di un opprimente senso di colpa che la condiziona da molto tempo, legato al fatto che non trova un equilibrio tra solidarietà e autotutela nei confronti di "persone problematiche e con vissuti alle spalle molto particolari".
Teme di essere punita se le abbandonerà, è incapace di bloccare i loro comportamenti che le provocano fastidio, ha paura di "far soffrire gli altri e di essere percepita come una persona egoista".
In questa sua narrazione c'è la prima ambiguità: comportamenti che in ultima analisi sembrano autopunitivi anche se applicati alla relazione con un partner, in genere trovano la loro matrice in modelli infantili invischianti; ma nel suo caso forse sta parlando proprio di persone presenti fin dalla sua infanzia, e questo delinea una situazione molto diversa.
Il fatto che lei non ci dica in che rapporto è con le persone di cui scrive, non ci dica la loro malattia né le modalità in cui si esplica, rende impossibile rispondere alla domanda: "Qual è il confine fra egoismo e autosalvaguardia?", domanda che non può avere risposta in astratto, ma in un contesto specifico.
La seconda ambiguità, ancora maggiore, sta nel fatto che lei ci ha scritto un mese fa in termini completamente diversi. In quell'email delineava una serena vita familiare assieme ai suoi genitori, una sorta di edenica infanzia senza alcun pensiero di impegni di lavoro né di amicizie e di partner, paga di una solitudine che definiva felice.
Allora è inevitabile chiedersi: con lo stesso account ci hanno scritto due persone diverse? Oppure la stessa persona conduce una vita ritirata, rinunciataria, e a tratti ne prende coscienza, mentre in altri momenti crede sia una sua scelta ciò che è frutto invece di un senso di colpa tormentoso?
Ci sarebbero spiegazioni più sinistre di questa doppia immagine che ci rimanda, cara utente, ma a questo punto chiedo a lei di fare chiarezza.
Buone cose.
lei pone la sua domanda in termini doppiamente ambigui, perciò la prego di chiarire alcuni punti, per poterle rispondere.
In questa email parla di un opprimente senso di colpa che la condiziona da molto tempo, legato al fatto che non trova un equilibrio tra solidarietà e autotutela nei confronti di "persone problematiche e con vissuti alle spalle molto particolari".
Teme di essere punita se le abbandonerà, è incapace di bloccare i loro comportamenti che le provocano fastidio, ha paura di "far soffrire gli altri e di essere percepita come una persona egoista".
In questa sua narrazione c'è la prima ambiguità: comportamenti che in ultima analisi sembrano autopunitivi anche se applicati alla relazione con un partner, in genere trovano la loro matrice in modelli infantili invischianti; ma nel suo caso forse sta parlando proprio di persone presenti fin dalla sua infanzia, e questo delinea una situazione molto diversa.
Il fatto che lei non ci dica in che rapporto è con le persone di cui scrive, non ci dica la loro malattia né le modalità in cui si esplica, rende impossibile rispondere alla domanda: "Qual è il confine fra egoismo e autosalvaguardia?", domanda che non può avere risposta in astratto, ma in un contesto specifico.
La seconda ambiguità, ancora maggiore, sta nel fatto che lei ci ha scritto un mese fa in termini completamente diversi. In quell'email delineava una serena vita familiare assieme ai suoi genitori, una sorta di edenica infanzia senza alcun pensiero di impegni di lavoro né di amicizie e di partner, paga di una solitudine che definiva felice.
Allora è inevitabile chiedersi: con lo stesso account ci hanno scritto due persone diverse? Oppure la stessa persona conduce una vita ritirata, rinunciataria, e a tratti ne prende coscienza, mentre in altri momenti crede sia una sua scelta ciò che è frutto invece di un senso di colpa tormentoso?
Ci sarebbero spiegazioni più sinistre di questa doppia immagine che ci rimanda, cara utente, ma a questo punto chiedo a lei di fare chiarezza.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 658 visite dal 09/10/2023.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.