Avere un figlio?
Salve a tutti,
la mia potrà sembrare una domanda banale, ma per me non lo è.
Giudicatemi se volete, in questo contesto virtuale lo accetto. Nella realtà sarebbe difficile.
Avere figli dovrebbe essere un desiderio naturale (dicono), quando arriverà lo sentirai (dicevano), ma io sto benedetto desiderio materno non l'ho mai sentito.
E quando vedevo amiche o conoscenti partorire non provavo né gioia né invidia, solo una semplice curiosità nel cercare di capire come e perché lo avessero fatto.
Ho purtroppo abbastanza letto da sapere che l'esistenza dell'istinto materno è un' invenzione.
Provengo tuttavia da una famiglia/cultura che considera i figli essenziali.
Ho convissuto 11 anni con un uomo più grande di me, quasi un matrimonio direi.
Lui avrebbe voluti un figlio quasi subito, ma all'inizio ho attribuito alla mia giovane età (26 anni), la mia non voglia di averne e la mia voglia di realizzarmi in altro modo. E credetemi ero molto ambiziosa e volevo davvero sentirmi soddisfatta di me.
Non ho comunque mai nascosto la mia ritrosia verso il matrimonio e l' idea di coppia tradizionale.
Sono passati anni ed io figli non ne ho mai voluti. Lui però invecchiava.
Un giorno mi sono sentita dire "non sei abbastanza donna perché non mi fai un figlio".
Mi fa ancora male, credo che quella frase rimarrà scolpita in me per sempre. In ogni caso per questo e altri motivi ci siamo lasciati.
Ora ho quasi 39 anni.
Realizzata professionalmente?
No. Non ho il lavoro dei miei sogni, ma sono indipendente.
Come potete evincere da altri post ho "problemi mentali".
Una bulimia che non mi abbandona e spesso invalidante, disturbi dell'umore e varie altre etichette che lasciano forse il tempo che trovano.
Nonostante questo, come mi è stato fatto notare da alcuni terapeuti, e pur avendo vissuto un'infanzia traumatica, una mezza vita ce l'ho.
Se fossi totalmente inabile non penserei mai a un figlio.
Ora frequento un ragazzo da più di un anno.
Lui vuole una cosa seria, io a stento riesco a dire che lo frequento. Forse per il disturbo che ho, non so cosa provo per lui e non so se voglio starci insieme.
Mi ha chiesto di fare un figlio. Vista la mia età so che forse è l'ultima possibilità che ho.
Ma meglio un rimorso o un rimpianto?
Questa mia Angoscia nei confronti dell'idea di coppia tradizionale è puramente razionale, legata a ciò che credo o ha radici nel mio passato che non so gestire?
In ogni caso l'idea di DOVER decidere se fare un figlio o Ora o mai Più mi attanaglia. Non riesco a respirare.
Ho bisogno di aiuto.
Grazie.
la mia potrà sembrare una domanda banale, ma per me non lo è.
Giudicatemi se volete, in questo contesto virtuale lo accetto. Nella realtà sarebbe difficile.
Avere figli dovrebbe essere un desiderio naturale (dicono), quando arriverà lo sentirai (dicevano), ma io sto benedetto desiderio materno non l'ho mai sentito.
E quando vedevo amiche o conoscenti partorire non provavo né gioia né invidia, solo una semplice curiosità nel cercare di capire come e perché lo avessero fatto.
Ho purtroppo abbastanza letto da sapere che l'esistenza dell'istinto materno è un' invenzione.
Provengo tuttavia da una famiglia/cultura che considera i figli essenziali.
Ho convissuto 11 anni con un uomo più grande di me, quasi un matrimonio direi.
Lui avrebbe voluti un figlio quasi subito, ma all'inizio ho attribuito alla mia giovane età (26 anni), la mia non voglia di averne e la mia voglia di realizzarmi in altro modo. E credetemi ero molto ambiziosa e volevo davvero sentirmi soddisfatta di me.
Non ho comunque mai nascosto la mia ritrosia verso il matrimonio e l' idea di coppia tradizionale.
Sono passati anni ed io figli non ne ho mai voluti. Lui però invecchiava.
Un giorno mi sono sentita dire "non sei abbastanza donna perché non mi fai un figlio".
Mi fa ancora male, credo che quella frase rimarrà scolpita in me per sempre. In ogni caso per questo e altri motivi ci siamo lasciati.
Ora ho quasi 39 anni.
Realizzata professionalmente?
No. Non ho il lavoro dei miei sogni, ma sono indipendente.
Come potete evincere da altri post ho "problemi mentali".
Una bulimia che non mi abbandona e spesso invalidante, disturbi dell'umore e varie altre etichette che lasciano forse il tempo che trovano.
Nonostante questo, come mi è stato fatto notare da alcuni terapeuti, e pur avendo vissuto un'infanzia traumatica, una mezza vita ce l'ho.
Se fossi totalmente inabile non penserei mai a un figlio.
Ora frequento un ragazzo da più di un anno.
Lui vuole una cosa seria, io a stento riesco a dire che lo frequento. Forse per il disturbo che ho, non so cosa provo per lui e non so se voglio starci insieme.
Mi ha chiesto di fare un figlio. Vista la mia età so che forse è l'ultima possibilità che ho.
Ma meglio un rimorso o un rimpianto?
Questa mia Angoscia nei confronti dell'idea di coppia tradizionale è puramente razionale, legata a ciò che credo o ha radici nel mio passato che non so gestire?
In ogni caso l'idea di DOVER decidere se fare un figlio o Ora o mai Più mi attanaglia. Non riesco a respirare.
Ho bisogno di aiuto.
Grazie.
[#1]
Gentile utente,
comprendo ciò che sta vivendo; la sua non è affatto una domanda banale, ma una questione profonda che la interroga, toccando le sue corde intime, i suoi nodi irrisolti.
La sua situazione, come quella di molte donne, non è semplice, in quanto la porta probabilmente a subire le pressioni sociali esplicite ed implicite della maternità dovute alla rappresentazione della stessa, considerata da sempre come un destino da ascriversi alle donne.
Ciò può comportare il rischio di perdere il senso profondo soggettivo che la maternità riveste per ciascuna donna, tramutandosi oltretutto in un obbligo a cui si sente di non potersi sottrarre.
Oggi pian piano ci stiamo discostando da molti retaggi culturali e sociali del passato; le donne si stanno avvicinando alla libertà di poter decidere come vivere la propria vita, come costruire la propria identità femminile, rivendicando il diritto di decidere cosa essere o non essere.
Tuttavia, il retaggio del passato della maternità, si è in parte radicato nel profondo di ogni donna, sotto forma di valore, compito, condizionamento. Forse, nel suo caso, come in molti altri, il non essere madre, riecheggia come l' essere mancante di qualcosa.
Ritengo sia opportuno che lei esplori, con l'aiuto di uno psicologo, le motivazioni profonde che la portano a non desiderare la maternità. Questo le permetterà di scegliere consapevolmente ciò che vuole davvero, senza i condizionamenti delle sue paure o della società.
Questa maternità rifiutata potrebbe nascere da una paura profonda di perdere il suo ruolo o condizione di figlia, di donna, magari giovane, libera. Questa paura sarebbe compatibile con quella di laurearsi che (come ho appreso dai precedenti consulti) l'ha portata ad abbandonare gli studi ad un esame dalla laurea.
Forse come un tempo ha abbandonato gli studi per la paura di doversi poi affacciare definitivamente e senza scuse sul mondo del lavoro, degli adulti, e di dover contare sulla garanzia di un titolo e non più su quelle dei genitori, del tempo, della rassicurante attesa, del "non è ancora il momento", ora rifugge dal ruolo di madre, che in un modo diverso, comporta l'acquisizione della responsabilita; è un momento di passaggio da una fase della vita ad un' altra.
Oppure la maternità non è la sua scelta, il suo desiderio; il suo desiderio potrebbe essere altrove, lontano da essa. In tal caso sarebbe importante che lei lo incontrasse e cercasse di realizzarlo, legittimandosi a divenire quel che vuole, a prescindere da qualsiasi mandato o aspettativa sociale.
La maternità non è l'unico modo per generare; ci sono molte vie attraverso le quali le nostre azioni, i nostri desideri, il nostro essere può creare qualcosa di bello, di nostro.
Se giunge ad una scelta consapevole, in accordo con i suoi desideri, le sue attitudini, il suo essere, le sarà più facile sostenerla nel tempo ai suoi occhi. E quando si è fedeli a sé stessi non si dovrebbero avere rimpianti, né rimorsi.
Dopo aver guardato dentro di sé, aver dialogato con i suoi desideri e le sue paure, con le sue ferite e i suoi nodi irrisolti, potrà definire meglio la sua vita a partire da ciò e successivamente, anche una relazione che al momento non può o non vuole definire.
Inoltre, il non essere madre non toglie nulla a lei come donna. Una volta che dentro di lei si sarà consolidata questa verità, quella ferita "scolpita" nel suo cuore, le farà meno male.
Auguri per tutto.
comprendo ciò che sta vivendo; la sua non è affatto una domanda banale, ma una questione profonda che la interroga, toccando le sue corde intime, i suoi nodi irrisolti.
La sua situazione, come quella di molte donne, non è semplice, in quanto la porta probabilmente a subire le pressioni sociali esplicite ed implicite della maternità dovute alla rappresentazione della stessa, considerata da sempre come un destino da ascriversi alle donne.
Ciò può comportare il rischio di perdere il senso profondo soggettivo che la maternità riveste per ciascuna donna, tramutandosi oltretutto in un obbligo a cui si sente di non potersi sottrarre.
Oggi pian piano ci stiamo discostando da molti retaggi culturali e sociali del passato; le donne si stanno avvicinando alla libertà di poter decidere come vivere la propria vita, come costruire la propria identità femminile, rivendicando il diritto di decidere cosa essere o non essere.
Tuttavia, il retaggio del passato della maternità, si è in parte radicato nel profondo di ogni donna, sotto forma di valore, compito, condizionamento. Forse, nel suo caso, come in molti altri, il non essere madre, riecheggia come l' essere mancante di qualcosa.
Ritengo sia opportuno che lei esplori, con l'aiuto di uno psicologo, le motivazioni profonde che la portano a non desiderare la maternità. Questo le permetterà di scegliere consapevolmente ciò che vuole davvero, senza i condizionamenti delle sue paure o della società.
Questa maternità rifiutata potrebbe nascere da una paura profonda di perdere il suo ruolo o condizione di figlia, di donna, magari giovane, libera. Questa paura sarebbe compatibile con quella di laurearsi che (come ho appreso dai precedenti consulti) l'ha portata ad abbandonare gli studi ad un esame dalla laurea.
Forse come un tempo ha abbandonato gli studi per la paura di doversi poi affacciare definitivamente e senza scuse sul mondo del lavoro, degli adulti, e di dover contare sulla garanzia di un titolo e non più su quelle dei genitori, del tempo, della rassicurante attesa, del "non è ancora il momento", ora rifugge dal ruolo di madre, che in un modo diverso, comporta l'acquisizione della responsabilita; è un momento di passaggio da una fase della vita ad un' altra.
Oppure la maternità non è la sua scelta, il suo desiderio; il suo desiderio potrebbe essere altrove, lontano da essa. In tal caso sarebbe importante che lei lo incontrasse e cercasse di realizzarlo, legittimandosi a divenire quel che vuole, a prescindere da qualsiasi mandato o aspettativa sociale.
La maternità non è l'unico modo per generare; ci sono molte vie attraverso le quali le nostre azioni, i nostri desideri, il nostro essere può creare qualcosa di bello, di nostro.
Se giunge ad una scelta consapevole, in accordo con i suoi desideri, le sue attitudini, il suo essere, le sarà più facile sostenerla nel tempo ai suoi occhi. E quando si è fedeli a sé stessi non si dovrebbero avere rimpianti, né rimorsi.
Dopo aver guardato dentro di sé, aver dialogato con i suoi desideri e le sue paure, con le sue ferite e i suoi nodi irrisolti, potrà definire meglio la sua vita a partire da ciò e successivamente, anche una relazione che al momento non può o non vuole definire.
Inoltre, il non essere madre non toglie nulla a lei come donna. Una volta che dentro di lei si sarà consolidata questa verità, quella ferita "scolpita" nel suo cuore, le farà meno male.
Auguri per tutto.
Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 2.1k visite dal 01/10/2023.
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