Sorella che vive solo per il lavoro ed è senza affetti al di fuori della famiglia di origine

Gentilissimi Dottori,
mi complimento innanzitutto per l'eccellente servizio che qui offrite.

Vi contatto, mosso da preoccupazione per la mia sorella maggiore di 37 anni, che vorrei aiutare a sbloccarsi.

Descrivo in breve il suo stile di vita: vive solo per il lavoro e per la carriera accademica, trascorrendo le giornate a studiare e scrivere articoli/libri da mattina a sera, sempre reclusa in casa o in biblioteca.
Ha soltanto un'amica che incontra raramente, e ha via via tagliato i ponti con tutte le amicizie che in passato aveva, sostenendo che le portassero via troppo tempo per il lavoro.
Inoltre, non la vedo più frequentare un uomo da ormai più di 10 anni, da quando si lasciò con il suo fidanzato storico.

Ha un rapporto morboso con i nostri genitori, soprattutto con la mamma, con la quale vive quasi in simbiosi: il tempo libero mia sorella lo trascorre esclusivamente con i genitori, con i quali passa pure il Capodanno e le vacanze estive!
Penso che la sua situazione sia davvero anormale e temo che possa essere causata da qualche disagio o disturbo che non vuole affrontare.

Le ho provato più volte a parlare, ho tentato di introdurla nel mio gruppo di amici, di farle conoscere un uomo, ma ogni volta mi dice che lei sta bene così com'è e che la cosa che più l'appaga è vivere per la ricerca all'università.

Ammetto che un po' comincio a vergognarmi di lei e a vederla come un 'caso umano': quando la mia compagna e i miei amici mi chiedono di lei, non so davvero cosa più raccontare, dato che la sua situazione è sempre identica da ormai oltre un decennio, ed è sempre sola con i genitori e chiusa sui libri!
Voi cosa ne pensate?
Come posso convincerla a chiedere un supporto psicologico per uscire da questa situazione di stasi?

Credo che meriterebbe di vivere una vita più piena e felice, senza tarparsi da sola le ali per chissà quali paure
Grazie davvero
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
lei mi offre un'occasione per dare una spiegazione lampante a tutti quelli che ci scrivono parlando non di sé ma di altri. Userò, per farmi comprendere, l'avverbio "forse".
Ci scrive che sua sorella è una ricercatrice universitaria appassionata del proprio lavoro, nel quale forse ha successo. Ha avuto una relazione con un uomo, e forse non le interessa ripetere l'esperienza. Frequenta una sola amica ma soprattutto i genitori, specie la madre, con la quale forse ha un ottimo rapporto.
A tutti questi "forse" una sola persona potrebbe rispondere: sua sorella stessa, la quale, significativamente, non ci ha scritto.
Veniamo ora a lei che ci scrive. Afferma: "Penso che la sua situazione sia davvero anormale e temo che possa essere causata da qualche disagio o disturbo che non vuole affrontare".
Addirittura abbiamo una diagnosi, e severa, ma lei non ci parla di pianti e umore depresso di sua sorella, né di tentativi di suicidio, ma di una persona che scrive "articoli e libri", e si guarda bene dal rinunciare ad ogni attività e ad ogni affetto. Interrogata: "ogni volta mi dice che lei sta bene così com'è e che la cosa che più l'appaga è vivere per la ricerca all'università".
Lei invece scrive: "ho tentato di introdurla nel mio gruppo di amici, di farle conoscere un uomo".
Mi sembrano, per la verità, offerte molto mediocri. Sua sorella non manca certo di incontri interessanti anche all'università, in biblioteca, sui canali informatici legati alle particolari ricerche che svolge.
Ma finalmente arriviamo alla persona che davvero soffre di tutto questo: lei, che infatti ci scrive. Ecco le parole che esprimono davvero un disagio: "Ammetto che un po' comincio a vergognarmi di lei e a vederla come un 'caso umano': quando la mia compagna e i miei amici mi chiedono di lei, non so davvero cosa più raccontare, dato che la sua situazione è sempre identica da ormai oltre un decennio, ed è sempre sola con i genitori e chiusa sui libri!"
Gentile utente, la risposta da dare agli amici è semplice: esistono, per fortuna, persone diverse dalla media, perché più intelligenti, meno banali, capaci di passioni; nel caso di sua sorella una grande passione intellettuale che oltretutto la porta al successo, se è una ricercatrice che pubblica articoli e libri.
Persone così non possono certo passare il loro tempo in chiacchiere al bar o in scaramucce amorose con uomini mediocri... ossia quello che lei considera "una vita più piena e felice".
Per una controprova di quello che le dico, provi a far leggere a sua sorella questo nostro scambio, e se ne ha voglia e tempo, a scriverci la sua opinione.
Buone cose.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com