Dopo 3 anni mi occorre un parere esterno, cosa pensate voi professionisti?
Buonasera e grazie sempre per il servizio che offrite.
Sono ormai 3 anni e mezzo che faccio regolarmente psicoterapia.
Ho cambiato in totale 3 terapeuti e con l'ultimo ho scoperto e modificato in modo sostanziale tanti comportamenti che erano alla base delle mie ansie, ottenendo quindi da Dicembre 2022 i primi veri risultati, che sono state delle vere e proprie vittorie fino ad oggi.
I miei disturbi spaziavano dall'ansia sociale severa (forte difficoltà di pranzare e cenare in luoghi chiusi o aperti con molta affluenza e con altre persone al tavolo, forte difficoltà di camminare in strada al chiuso o all'aperto con diverse persone intorno, forte sollecitudine al cambio di temperature verso l'alto, controllo ossessivo-compulsivo del cuore e del sistema cardio-respiratorio con strumenti quali saturimetro, misuratore della pressione e smartwatch, in ultimo ipocondria e pensieri sulla morte).
Il tutto è nato dopo il lockdown, ma sostanzialmente mi riconosco come soggetto ansioso anche dagli anni prima, la vera differenza è stata nel cambiamento della qualità di vita.
Se prima del lockdown la mia personalità ansiosa era in grado di condizionare solo dei momenti, dopo il lockdown è diventata sempre più presente.
Fortunatamente la psicoterapia mi ha restituito molta libertà.
Ho eliminato ogni tipo di controllo, ogni tipo di gruppo social sui confronti dei sintomi, ogni ricerca internet, insomma, mi sono completamente disintossicato.
Ho acquisito inoltre di nuovo la fiducia in me stesso, complice la ripresa dell'allenamento fisico (che effettuo in casa perché ancora non mi sento pronto alla palestra, intesa come luogo pubblico, però ad ottime intensità), ed ho fatto pace con la paura del giudizio, che mi ha consentito di riprendere le attività sociali con moderata serenità.
Arrivo dunque al punto del consulto.
Nonostante i tanti miglioramenti, se guardo ad esempio al 2018, anno in cui ho fatto svariati viaggi di piacere, mi sento ancora lontanissimo dalla sicurezza che avevo in me stesso.
Le esposizioni terapeutiche aiutano tanto, ma non sempre sono positive.
Ora posso camminare di nuovo in un centro commerciale, o in strade non troppo affollate, o pranzare/cenare fuori, ma non sempre lo faccio con piacere, sento la classica sintomatologia che può arrivare ad esplodere da un momento all'altro (tachicardia, dolore allo stomaco, fiato corto ecc.
).
Secondo il vostro parere, quanto c'è ancora da aspettare, e quanto ancora posso ottenere dalla terapia, per arrivare di nuovo a quella serenità che sento ancora troppo lontana?
Non voglio tornare ad essere quello di prima, so che è impossibile, ma almeno ad avere la stessa sicurezza nel fare qualsiasi cosa senza temere eventi di ogni genere (alti livelli d'ansia fino a vere e proprie crisi, o pensieri di morte, che si traducono comunque in sintomi).
La terapia incontra dei limiti difficilmente superabili?
Mi occorre ancora tempo?
Mai presi antidepressivi (EN al bis.
).
Grazie per l'attenzione.
Buon lavoro.
Sono ormai 3 anni e mezzo che faccio regolarmente psicoterapia.
Ho cambiato in totale 3 terapeuti e con l'ultimo ho scoperto e modificato in modo sostanziale tanti comportamenti che erano alla base delle mie ansie, ottenendo quindi da Dicembre 2022 i primi veri risultati, che sono state delle vere e proprie vittorie fino ad oggi.
I miei disturbi spaziavano dall'ansia sociale severa (forte difficoltà di pranzare e cenare in luoghi chiusi o aperti con molta affluenza e con altre persone al tavolo, forte difficoltà di camminare in strada al chiuso o all'aperto con diverse persone intorno, forte sollecitudine al cambio di temperature verso l'alto, controllo ossessivo-compulsivo del cuore e del sistema cardio-respiratorio con strumenti quali saturimetro, misuratore della pressione e smartwatch, in ultimo ipocondria e pensieri sulla morte).
Il tutto è nato dopo il lockdown, ma sostanzialmente mi riconosco come soggetto ansioso anche dagli anni prima, la vera differenza è stata nel cambiamento della qualità di vita.
Se prima del lockdown la mia personalità ansiosa era in grado di condizionare solo dei momenti, dopo il lockdown è diventata sempre più presente.
Fortunatamente la psicoterapia mi ha restituito molta libertà.
Ho eliminato ogni tipo di controllo, ogni tipo di gruppo social sui confronti dei sintomi, ogni ricerca internet, insomma, mi sono completamente disintossicato.
Ho acquisito inoltre di nuovo la fiducia in me stesso, complice la ripresa dell'allenamento fisico (che effettuo in casa perché ancora non mi sento pronto alla palestra, intesa come luogo pubblico, però ad ottime intensità), ed ho fatto pace con la paura del giudizio, che mi ha consentito di riprendere le attività sociali con moderata serenità.
Arrivo dunque al punto del consulto.
Nonostante i tanti miglioramenti, se guardo ad esempio al 2018, anno in cui ho fatto svariati viaggi di piacere, mi sento ancora lontanissimo dalla sicurezza che avevo in me stesso.
Le esposizioni terapeutiche aiutano tanto, ma non sempre sono positive.
Ora posso camminare di nuovo in un centro commerciale, o in strade non troppo affollate, o pranzare/cenare fuori, ma non sempre lo faccio con piacere, sento la classica sintomatologia che può arrivare ad esplodere da un momento all'altro (tachicardia, dolore allo stomaco, fiato corto ecc.
).
Secondo il vostro parere, quanto c'è ancora da aspettare, e quanto ancora posso ottenere dalla terapia, per arrivare di nuovo a quella serenità che sento ancora troppo lontana?
Non voglio tornare ad essere quello di prima, so che è impossibile, ma almeno ad avere la stessa sicurezza nel fare qualsiasi cosa senza temere eventi di ogni genere (alti livelli d'ansia fino a vere e proprie crisi, o pensieri di morte, che si traducono comunque in sintomi).
La terapia incontra dei limiti difficilmente superabili?
Mi occorre ancora tempo?
Mai presi antidepressivi (EN al bis.
).
Grazie per l'attenzione.
Buon lavoro.
[#1]
Gentile utente,
comprendo quello che sta vivendo. La pandemia ha costituito un momento di grande fragilità, paura ed incertezza; ha avuto un impatto profondo nel nostro mondo interno, evocando la paura di lasciarci sopraffare da un'epidemia dilagante ed improvvisa, che si stava espandendo ovunque, nei nostri luoghi abitati e conosciuti.
E il lockdown, che è stata una risposta disperata ed estrema all'emergenza, per contenere quanto appariva incontenibile, forse nel suo caso, come in molti altri, le ha rimandato la percezione interna di quanto i confini tra sé e l'altro fossero labili, incerti.
Quindi forse ha avvertito il bisogno di ancorarsi ad un luogo sicuro, come la sua casa, che probabilmente rappresenta un rifugio da una realtà esterna sentita come inabbordabile e minacciosa. In casa si sente forse "dentro qualcosa", contenuto ed in grado di ripararsi e proteggersi dall'esterno, dall'eccesso di relazioni, contatti, caos, incontrollabilità, sentendo di poter decidere quando e se uscire allo scoperto, per camminare su strade, anche se "non troppo affollate", "pranzare/cenare fuori" pur in assenza della tranquillità interna.
Per venire alle questioni che pone, non c'è un tempo prestabilito per raggiungere l'agognata serenità o sicurezza interiore.
Comprendo il suo legittimo desiderio di star bene, di riprendere la propria vita liberandosi dalla sensazione di essere travolto dall'ansia, ma forse in questo momento, dopo un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale, potrebbe cercare di non focalizzarsi meramente sulla risoluzione dei suoi sintomi. Potrebbe prendere in considerazione l'ipotesi di cominciare un percorso di psicoterapia ad orientamento psicoanalitico, per cercare di conoscere, comprendere e ripercorrere la sua storia, oltre i suoi sintomi.
Forse all'interno di tale percorso, avrebbe la possibilità di rivivere in seduta quel che la spaventa, quel che dell'esterno si mostra ai suoi occhi così minaccioso ed inaffrontabile, ed imparare a sperimentarlo in un modo per lei rappresentabile e pensabile.
Questo potrebbe essere il punto da cui partire per creare o reperire parti di sé sufficientemente salde su cui contare per cominciare a sentirsi al sicuro ovunque.
Auguri di cuore.
comprendo quello che sta vivendo. La pandemia ha costituito un momento di grande fragilità, paura ed incertezza; ha avuto un impatto profondo nel nostro mondo interno, evocando la paura di lasciarci sopraffare da un'epidemia dilagante ed improvvisa, che si stava espandendo ovunque, nei nostri luoghi abitati e conosciuti.
E il lockdown, che è stata una risposta disperata ed estrema all'emergenza, per contenere quanto appariva incontenibile, forse nel suo caso, come in molti altri, le ha rimandato la percezione interna di quanto i confini tra sé e l'altro fossero labili, incerti.
Quindi forse ha avvertito il bisogno di ancorarsi ad un luogo sicuro, come la sua casa, che probabilmente rappresenta un rifugio da una realtà esterna sentita come inabbordabile e minacciosa. In casa si sente forse "dentro qualcosa", contenuto ed in grado di ripararsi e proteggersi dall'esterno, dall'eccesso di relazioni, contatti, caos, incontrollabilità, sentendo di poter decidere quando e se uscire allo scoperto, per camminare su strade, anche se "non troppo affollate", "pranzare/cenare fuori" pur in assenza della tranquillità interna.
Per venire alle questioni che pone, non c'è un tempo prestabilito per raggiungere l'agognata serenità o sicurezza interiore.
Comprendo il suo legittimo desiderio di star bene, di riprendere la propria vita liberandosi dalla sensazione di essere travolto dall'ansia, ma forse in questo momento, dopo un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale, potrebbe cercare di non focalizzarsi meramente sulla risoluzione dei suoi sintomi. Potrebbe prendere in considerazione l'ipotesi di cominciare un percorso di psicoterapia ad orientamento psicoanalitico, per cercare di conoscere, comprendere e ripercorrere la sua storia, oltre i suoi sintomi.
Forse all'interno di tale percorso, avrebbe la possibilità di rivivere in seduta quel che la spaventa, quel che dell'esterno si mostra ai suoi occhi così minaccioso ed inaffrontabile, ed imparare a sperimentarlo in un modo per lei rappresentabile e pensabile.
Questo potrebbe essere il punto da cui partire per creare o reperire parti di sé sufficientemente salde su cui contare per cominciare a sentirsi al sicuro ovunque.
Auguri di cuore.
Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 721 visite dal 19/09/2023.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.