Un bambino che non è mio figlio
Buongiorno,
Racconto brevemente la storia,
1 anno fa ho conosciuto la mia attuale ragazza, sud americana cresciuta in Italia, con un figlio di 4 anni avuto da un suo ex, 5 anni fa è tornata in sud America per conoscere i suoi parenti, rimane incinta e una volta che nasce il bambino si separa e torna in Italia dopo qualche mese dal parto.
1 anno fa l'ho conosciuta, e ho conosciuto suo figlio, siamo andati a convivere quasi subito, il bambino stava un po con noi e un po con la nonna, da poco è fisso con noi.
Il padre lo vede solo in videochiamata essendo dall'altra parte del mondo, non l'ha mai visto di persona e in videochiamata non riesce a parlarci perché il padre parla solo spagnolo quindi c'è sempre bisogno della madre che traduca, lo vede molto raramente, difficilmente chiede di lui, e il padre molto raramente chiama per salutarlo, lui si è fatto un'altra famiglia in sud America.
Io mi sto affezionando molto al bambino, lo porto sempre con me e facciamo tante cose insieme, parla spesso di me con la nonna e con chi conosce...
Adesso che ha iniziato l'asilo sente spesso dire la parola papà, padre, genitori ecc e si sta i cominciando a chiedere perché suo padre non lo viene a prendere a scuola, ecc ecc
Mi piacerebbe dirgli che io sono come il suo secondo papà, mi piacerebbe che lui vedesse in me una figura paterna, in modo da poter colmare questa mancanza, ormai viviamo insieme, ci stiamo costruendo una famiglia, ma non so cosa dirgli e come dirglielo, non voglio dire cose sbagliate o peggiorare la situazione.
Vorrei un consiglio, grazie di cuore
Racconto brevemente la storia,
1 anno fa ho conosciuto la mia attuale ragazza, sud americana cresciuta in Italia, con un figlio di 4 anni avuto da un suo ex, 5 anni fa è tornata in sud America per conoscere i suoi parenti, rimane incinta e una volta che nasce il bambino si separa e torna in Italia dopo qualche mese dal parto.
1 anno fa l'ho conosciuta, e ho conosciuto suo figlio, siamo andati a convivere quasi subito, il bambino stava un po con noi e un po con la nonna, da poco è fisso con noi.
Il padre lo vede solo in videochiamata essendo dall'altra parte del mondo, non l'ha mai visto di persona e in videochiamata non riesce a parlarci perché il padre parla solo spagnolo quindi c'è sempre bisogno della madre che traduca, lo vede molto raramente, difficilmente chiede di lui, e il padre molto raramente chiama per salutarlo, lui si è fatto un'altra famiglia in sud America.
Io mi sto affezionando molto al bambino, lo porto sempre con me e facciamo tante cose insieme, parla spesso di me con la nonna e con chi conosce...
Adesso che ha iniziato l'asilo sente spesso dire la parola papà, padre, genitori ecc e si sta i cominciando a chiedere perché suo padre non lo viene a prendere a scuola, ecc ecc
Mi piacerebbe dirgli che io sono come il suo secondo papà, mi piacerebbe che lui vedesse in me una figura paterna, in modo da poter colmare questa mancanza, ormai viviamo insieme, ci stiamo costruendo una famiglia, ma non so cosa dirgli e come dirglielo, non voglio dire cose sbagliate o peggiorare la situazione.
Vorrei un consiglio, grazie di cuore
[#1]
Buon pomeriggio,
Non dovrà imbeccare lei la risposta bensì mettere lui nelle condizioni di "arrivarci da solo", se lo vorrà. È una considerazione di massima utile perché lei non può sapere la soglia di tollerabilità di questo bambino, ovvero non può sapere quanto lui sia attualmente in grado di tollerarla come papà, od in altre parole ancora lei, affrettando, potrebbe apparire invadente e ritardando, distante
Faccia il possibile per corrispondere all'idea di padre che ritiene lui abbisogni lasciando che sia lui a sentire il bisogno di avere lei come padre, eviti cioè che sia invece il suo desiderio di avere lui come figlio ad invaderlo se magari non è ancora pronto
Non dovrà imbeccare lei la risposta bensì mettere lui nelle condizioni di "arrivarci da solo", se lo vorrà. È una considerazione di massima utile perché lei non può sapere la soglia di tollerabilità di questo bambino, ovvero non può sapere quanto lui sia attualmente in grado di tollerarla come papà, od in altre parole ancora lei, affrettando, potrebbe apparire invadente e ritardando, distante
Faccia il possibile per corrispondere all'idea di padre che ritiene lui abbisogni lasciando che sia lui a sentire il bisogno di avere lei come padre, eviti cioè che sia invece il suo desiderio di avere lui come figlio ad invaderlo se magari non è ancora pronto
Psicologo Online/Presenza
Prenota un Consulto Gratuito: www.miodottore.it/alessio-fogliamanzillo
Sito Web: www.afpsicologonlineoinpresenza.it
[#2]
Gentile utente,
le situazioni come la sua, e anche molto più complicate della sua, oggi sono diffuse, tuttavia risultano meno facili da gestire rispetto ai secoli scorsi, quando c'erano moltissimi orfani e anche "trovatelli", ma i parametri comportamentali nei loro confronti erano noti e consolidati.
Mi spiego: allevare un bambino come proprio figlio, all'occorrenza anche adottarlo, un tempo poteva essere la prassi per il marito della madre, se questo bambino era orfano o "figlio di padre ignoto", come veniva scritto sui documenti, o abbandonato da un padre che lo aveva riconosciuto ma non poteva o non voleva curarsene.
Il bambino considerava "padre" quello che la legge e il costume designavano proprio come "padre putativo", ossia la figura ritenuta tale sia dalla legge che dalla gente (vicini di casa, parenti, insegnanti, amici), e l'altro padre scompariva.
Il padre putativo lo allevava e lo educava, offrendogli in termini economici e affettivi ciò di cui era capace e ricevendone in cambio il rispetto che si riteneva dovuto agli adulti, e talvolta l'affetto.
Oggi le cose sono complicate dal fatto che le relazioni sono instabili, per cui un bambino può incontrare nella sua crescita svariate figure di partner della madre, non sempre maschili, e non sempre desiderose di prendersi cura di lui e di considerarlo figlio.
Questo rende le cose più difficili non solo per il bambino, ma per colui/colei che pur non essendo genitore biologico e nemmeno giuridico abbia sviluppato affetto e responsabilità educativa nei suoi confronti.
Non poche persone ci dicono di essersi molto affezionate ai figli delle compagne, di essersene prese cura impegnando risorse materiali (tempo, denaro) e morali (affetto, trasmissione di valori) per poi trovarsi private perfino della possibilità di vedere questi "figli", perché il rapporto con la madre si è interrotto o perché il bambino stesso è stato allevato nel costante ammonimento che non deve considerare padre il compagno della madre.
Diciamo che molti pagano un alto prezo alla instabilità esistenziale che è l'altra faccia della libertà.
Nel suo caso, mi sembra meritorio il fatto che senta responsabilità e affetto nei confronti del piccolo della sua compagna. C'è da dire però che conosce la madre da appena un anno, e c'è da aggiungere che il legame col genitore biologico risulta irregolare, ma non si è interrotto. Troppo poco tempo per affermare che lei è il padre putativo di questo bambino.
In questi casi, il mio suggerimento è quello di comportarsi con buon senso, responsabilità, realismo, affetto. Può inventare un affettuoso vezzeggiativo del termine "papà" e farsi chiamare così dal bambino, o farsi chiamare direttamente "papà", visto che l'altro padre è straniero.
Per tutte le curiosità che il piccolo può sviluppare sulla sua nascita e sul suo anomalo destino di figlio, le consiglierei di leggere un libro creato proprio per spiegare ai bambini queste situazioni "ibride", comprese quelle dei figli che pur nati in famiglie stabili, provengono da ovuli e spermatozoi di ignoti: è di Rachel Greener e Clare Owen e si intitola "Come nascono i bebè?". Il sottotitolo è "una guida inclusiva per grandi e piccini".
Lo legga lei, insieme alla sua compagna, prima di leggerlo col bambino. Personalmente, pur apprezzando questo testo, noto che il suo sforzo di inclusione si è fermato a metà: esordisce col dire che comunque si verifichi la nascita, si nasce o maschio, o femmina! Diciamo che mentre vuole attenuare un problema, ne crea altri.
Spero di averle risposto e rimango a disposizione, assieme ai colleghi, lieta se vorrà aggiornarci.
le situazioni come la sua, e anche molto più complicate della sua, oggi sono diffuse, tuttavia risultano meno facili da gestire rispetto ai secoli scorsi, quando c'erano moltissimi orfani e anche "trovatelli", ma i parametri comportamentali nei loro confronti erano noti e consolidati.
Mi spiego: allevare un bambino come proprio figlio, all'occorrenza anche adottarlo, un tempo poteva essere la prassi per il marito della madre, se questo bambino era orfano o "figlio di padre ignoto", come veniva scritto sui documenti, o abbandonato da un padre che lo aveva riconosciuto ma non poteva o non voleva curarsene.
Il bambino considerava "padre" quello che la legge e il costume designavano proprio come "padre putativo", ossia la figura ritenuta tale sia dalla legge che dalla gente (vicini di casa, parenti, insegnanti, amici), e l'altro padre scompariva.
Il padre putativo lo allevava e lo educava, offrendogli in termini economici e affettivi ciò di cui era capace e ricevendone in cambio il rispetto che si riteneva dovuto agli adulti, e talvolta l'affetto.
Oggi le cose sono complicate dal fatto che le relazioni sono instabili, per cui un bambino può incontrare nella sua crescita svariate figure di partner della madre, non sempre maschili, e non sempre desiderose di prendersi cura di lui e di considerarlo figlio.
Questo rende le cose più difficili non solo per il bambino, ma per colui/colei che pur non essendo genitore biologico e nemmeno giuridico abbia sviluppato affetto e responsabilità educativa nei suoi confronti.
Non poche persone ci dicono di essersi molto affezionate ai figli delle compagne, di essersene prese cura impegnando risorse materiali (tempo, denaro) e morali (affetto, trasmissione di valori) per poi trovarsi private perfino della possibilità di vedere questi "figli", perché il rapporto con la madre si è interrotto o perché il bambino stesso è stato allevato nel costante ammonimento che non deve considerare padre il compagno della madre.
Diciamo che molti pagano un alto prezo alla instabilità esistenziale che è l'altra faccia della libertà.
Nel suo caso, mi sembra meritorio il fatto che senta responsabilità e affetto nei confronti del piccolo della sua compagna. C'è da dire però che conosce la madre da appena un anno, e c'è da aggiungere che il legame col genitore biologico risulta irregolare, ma non si è interrotto. Troppo poco tempo per affermare che lei è il padre putativo di questo bambino.
In questi casi, il mio suggerimento è quello di comportarsi con buon senso, responsabilità, realismo, affetto. Può inventare un affettuoso vezzeggiativo del termine "papà" e farsi chiamare così dal bambino, o farsi chiamare direttamente "papà", visto che l'altro padre è straniero.
Per tutte le curiosità che il piccolo può sviluppare sulla sua nascita e sul suo anomalo destino di figlio, le consiglierei di leggere un libro creato proprio per spiegare ai bambini queste situazioni "ibride", comprese quelle dei figli che pur nati in famiglie stabili, provengono da ovuli e spermatozoi di ignoti: è di Rachel Greener e Clare Owen e si intitola "Come nascono i bebè?". Il sottotitolo è "una guida inclusiva per grandi e piccini".
Lo legga lei, insieme alla sua compagna, prima di leggerlo col bambino. Personalmente, pur apprezzando questo testo, noto che il suo sforzo di inclusione si è fermato a metà: esordisce col dire che comunque si verifichi la nascita, si nasce o maschio, o femmina! Diciamo che mentre vuole attenuare un problema, ne crea altri.
Spero di averle risposto e rimango a disposizione, assieme ai colleghi, lieta se vorrà aggiornarci.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#3]
Utente
Ringrazio entrambi per le vostre esaustive risposte, cercherò di non affrettare le cose, io per la questa ragazza ho fatto tanti sacrifici e tanti ne ha fatti lei per me, mi auguro di vivere la vita insieme a lei, trovare un vezzeggiativo non è facile, potrebbe essere babbo come qualcos'altro, non ne ho proprio idea.. Cercherò di gestire la cosa con calma e affetto verso il piccolo, so già che più crescerà più la strada sarà in salita..
[#4]
Si prenda cura sia della madre che del bambino e verrà naturale diventare una famiglia
Le auguro buona vita
Le auguro buona vita
Psicologo Online/Presenza
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Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.7k visite dal 07/09/2023.
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