Affetto mal riposto?
Buongiorno Dottori,
Innanzitutto grazie a chiunque vorrà darmi anche solo una breve risposta.
Ho 53 anni e da tre soffro di una profonda depressione.
Sono in cura presso un CSM, seguita da una psichiatra e da una psicologa.
Vi chiederete come mai io scriva qui nonostante sia già seguita.
In realtà io sono seguita in un ambulatorio pubblico, e per la depressione.
Non riesco a porre questa domanda alla mia terapeuta.
Se devo essere sincera so già quelle che saranno le risposte.
Ma sto soffrendo moltissimo, vorrei poter parlare di tutto con qualcuno che provasse a capirmi senza risposte esclusivamente da manuale...
È molto molto molto difficile e imbarazzante parlarne...
Nonostante sia sposata e madre, ultimamente sto provando una certa attrazione verso il mondo femminile.
Desiderio di contatto psichico ma anche fisico.
Potrà essere strano, ma è così... L'attrazione è inizialmente mentale.
C'é stata una persona verso la quale provavo grandissimo coinvolgimento.
Putroppo, sottolineo la parola purtroppo, una seconda persona mi ha generato sensazioni identiche, la mia psichiatra...
Lo so, c'è il transfert.
Ho letto e riletto articoli e brani da libri che ne parlano.
Ho cercato di razionalizzare il tutto, di vedere tutto nella giusta prospettiva.
Tutto inutile.
Certe emozioni e certi sentimenti non possono essere gestiti facilmente con la ragione.
Non sono mai riuscita a parlargliene sotto la vera luce.
Gliel'ho accennato, ma solo come richiesta di avvicinamento.
Sarei anche disposta a cambiare medico pur di poter entrare in contatto con lei almeno in amicizia.
È una persona con cui condivido molto, a volte si esce un po' dal seminato parlando, e mi trovo talmente bene che non vorrei che la seduta finisse.
La sua risposta alla mia richiesta è stata quella del transfert, delle regole, dello spazio istituzionale in cui ci troviamo durante le sedute.
Ho chiesto quindi un allontanamento, salvo poi stare ancora peggio e desiderare di tornare a parlare con lei.
Perché non è lecito un sentimento del genere?
Perché non può esistere?
Cosa c'è di così sbagliato, così negativo?
Cosa ci posso fare se è nato in me?
Non provo assolutamente nulla del genere nei confronti della psicologa che mi segue.
In me quindi si genera un senso di sconfitta che va a sommarsi al mio umore già deflesso...
Solo perché sono una paziente, non sono degna di attenzione?
Perché sono in cura psichiatrica?
Ma lo sono per depressione non per psicosi differenti...
Perché la dottoressa non pare accettare il sentimento?
Perché lo tratta come un disturbo psicologico?
Lo deve essere per forza?
Sono "pazza"?
È stata dura e mi ha deriso.
Oltretutto mi ha detto che avremmo potuto parlarne, in realtà ogni volta che l'accenno mi taccia dicendo che c'è poco di cui parlare, è così e basta.
Come posso parlarne alla terapeuta che lavora nello stesso posto e per giunta in équipe con lei?
Perché mi devo sentire così sbagliata e sciocca?
Spero in una vostra cortese risposta e ringrazio
Innanzitutto grazie a chiunque vorrà darmi anche solo una breve risposta.
Ho 53 anni e da tre soffro di una profonda depressione.
Sono in cura presso un CSM, seguita da una psichiatra e da una psicologa.
Vi chiederete come mai io scriva qui nonostante sia già seguita.
In realtà io sono seguita in un ambulatorio pubblico, e per la depressione.
Non riesco a porre questa domanda alla mia terapeuta.
Se devo essere sincera so già quelle che saranno le risposte.
Ma sto soffrendo moltissimo, vorrei poter parlare di tutto con qualcuno che provasse a capirmi senza risposte esclusivamente da manuale...
È molto molto molto difficile e imbarazzante parlarne...
Nonostante sia sposata e madre, ultimamente sto provando una certa attrazione verso il mondo femminile.
Desiderio di contatto psichico ma anche fisico.
Potrà essere strano, ma è così... L'attrazione è inizialmente mentale.
C'é stata una persona verso la quale provavo grandissimo coinvolgimento.
Putroppo, sottolineo la parola purtroppo, una seconda persona mi ha generato sensazioni identiche, la mia psichiatra...
Lo so, c'è il transfert.
Ho letto e riletto articoli e brani da libri che ne parlano.
Ho cercato di razionalizzare il tutto, di vedere tutto nella giusta prospettiva.
Tutto inutile.
Certe emozioni e certi sentimenti non possono essere gestiti facilmente con la ragione.
Non sono mai riuscita a parlargliene sotto la vera luce.
Gliel'ho accennato, ma solo come richiesta di avvicinamento.
Sarei anche disposta a cambiare medico pur di poter entrare in contatto con lei almeno in amicizia.
È una persona con cui condivido molto, a volte si esce un po' dal seminato parlando, e mi trovo talmente bene che non vorrei che la seduta finisse.
La sua risposta alla mia richiesta è stata quella del transfert, delle regole, dello spazio istituzionale in cui ci troviamo durante le sedute.
Ho chiesto quindi un allontanamento, salvo poi stare ancora peggio e desiderare di tornare a parlare con lei.
Perché non è lecito un sentimento del genere?
Perché non può esistere?
Cosa c'è di così sbagliato, così negativo?
Cosa ci posso fare se è nato in me?
Non provo assolutamente nulla del genere nei confronti della psicologa che mi segue.
In me quindi si genera un senso di sconfitta che va a sommarsi al mio umore già deflesso...
Solo perché sono una paziente, non sono degna di attenzione?
Perché sono in cura psichiatrica?
Ma lo sono per depressione non per psicosi differenti...
Perché la dottoressa non pare accettare il sentimento?
Perché lo tratta come un disturbo psicologico?
Lo deve essere per forza?
Sono "pazza"?
È stata dura e mi ha deriso.
Oltretutto mi ha detto che avremmo potuto parlarne, in realtà ogni volta che l'accenno mi taccia dicendo che c'è poco di cui parlare, è così e basta.
Come posso parlarne alla terapeuta che lavora nello stesso posto e per giunta in équipe con lei?
Perché mi devo sentire così sbagliata e sciocca?
Spero in una vostra cortese risposta e ringrazio
[#1]
Gentile utente,
le abbiamo risposto non molto tempo fa riguardo alla sua nuova consapevolezza - di Lei eterosessuale - di essere ora attratta dal suo stesso genere.
In questo consulto Lei aggiunge che l'attrazione è rivolta verso la sua curante, e si chiede:
>> "Perché la dottoressa non pare accettare il sentimento?"
Ritengo che la dottoressa accetti il sentimento, come ogni curante accetta ogni sentimento del paziente; solamente che non lo ricambia.
Accade frequentemente che i/la pazienti provino e manifestino sentimenti per i/le curanti, persone professioniste che si prendono cura di aspetti intimi, della loro sofferenza.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
le abbiamo risposto non molto tempo fa riguardo alla sua nuova consapevolezza - di Lei eterosessuale - di essere ora attratta dal suo stesso genere.
In questo consulto Lei aggiunge che l'attrazione è rivolta verso la sua curante, e si chiede:
>> "Perché la dottoressa non pare accettare il sentimento?"
Ritengo che la dottoressa accetti il sentimento, come ogni curante accetta ogni sentimento del paziente; solamente che non lo ricambia.
Accade frequentemente che i/la pazienti provino e manifestino sentimenti per i/le curanti, persone professioniste che si prendono cura di aspetti intimi, della loro sofferenza.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Gentile utente,
naturalmente ho letto anche la sua email precedente e ho molto riflettuto, prima di risponderle.
La mia collega, dr.ssa Brunialti, ha lungamente lavorato nel Servizio Pubblico e conosce bene le problematiche connesse al segreto professionale; le ha detto cose che non possono essere ignorate senza rischiare la sua salute mentale e quella di chi le vive vicino.
Ribadisco anch'io che se lei non parla alle sue curanti, tutte e due, dei problemi che la affliggono, nasconde forse la radice stessa della sua depressione, e si preclude di guarire.
Consideri che l'orientamento sessuale può variare; che esso si pone su un continuum dimensionale, non nei termini categoriali di preferenza o per i maschi o per le femmine; infine che la sofferenza che vive da tre anni potrebbe essere tanto l'effetto quanto la causa, non solo delle sue inclinazioni sessuali, ma anche di questo profondissimo disagio che lei prova nell'esternare le sue "nuove" inclinazioni.
Chi la segue, e non altri, può aiutarla. Comprendo benissimo il disagio che prova perché non solo deve comunicare queste nuove inclinazioni che le risultano indicibili, ma perché si è innamorata proprio della persona che dovrebbe tranquillizzarla sul suo buon diritto a provare queste sensazioni, e nello stesso tempo deve ribadire: "Puoi certo amare una donna, ma non me".
Dietro questa situazione tormentosa c'è il transfert.
Solo nell'apertura verso le sue curanti, tutte e due, lei potrebbe trovare prima uno spiraglio, poi un varco verso la compiuta comprensione e la felice accettazione di sé stessa.
Insisto sulla parola "felice". Per lei stessa e per quelli che ha intorno, non si precluda questo esito.
Auguri.
naturalmente ho letto anche la sua email precedente e ho molto riflettuto, prima di risponderle.
La mia collega, dr.ssa Brunialti, ha lungamente lavorato nel Servizio Pubblico e conosce bene le problematiche connesse al segreto professionale; le ha detto cose che non possono essere ignorate senza rischiare la sua salute mentale e quella di chi le vive vicino.
Ribadisco anch'io che se lei non parla alle sue curanti, tutte e due, dei problemi che la affliggono, nasconde forse la radice stessa della sua depressione, e si preclude di guarire.
Consideri che l'orientamento sessuale può variare; che esso si pone su un continuum dimensionale, non nei termini categoriali di preferenza o per i maschi o per le femmine; infine che la sofferenza che vive da tre anni potrebbe essere tanto l'effetto quanto la causa, non solo delle sue inclinazioni sessuali, ma anche di questo profondissimo disagio che lei prova nell'esternare le sue "nuove" inclinazioni.
Chi la segue, e non altri, può aiutarla. Comprendo benissimo il disagio che prova perché non solo deve comunicare queste nuove inclinazioni che le risultano indicibili, ma perché si è innamorata proprio della persona che dovrebbe tranquillizzarla sul suo buon diritto a provare queste sensazioni, e nello stesso tempo deve ribadire: "Puoi certo amare una donna, ma non me".
Dietro questa situazione tormentosa c'è il transfert.
Solo nell'apertura verso le sue curanti, tutte e due, lei potrebbe trovare prima uno spiraglio, poi un varco verso la compiuta comprensione e la felice accettazione di sé stessa.
Insisto sulla parola "felice". Per lei stessa e per quelli che ha intorno, non si precluda questo esito.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#3]
Utente
Gentilissime Dottoresse,
vi ringrazio profondamente per la vostra cortese ed esauriente risposta. La rassicurazione sulla questione dell'orientamento sessuale per me è molto molto importante, mi fa sentire meno "strana".
Per quanto concerne il sentimento verso la stessa curante, mi chiedo perché non possa essere un vero sentimento, ma soltanto, come dice la stessa psichiatra, un'idealizzazione.
Naturalmente io comprendo benissimo il fatto che lei possa non ricambiare, ciò che mi fa soffrire è il fatto che tale sentimento sia sminuito, ridicolizzato come se lei fosse certa che non esistesse, ma fosse solo una suggestione.
Anche se medico, è pur sempre una persona che puó generare un sentimento vero e profondo. Non reciproco certo, ma vero.
Oltretutto, dal momento in cui io ho manifestato tale sentimento, la dottoressa ha diradato di molto le visite (sottolineo per chiarezza che il tutto è avvenuto serenamente ed assolutamente in modo educato e discreto, così come tipico della mia personalità riservata). Questa diminuzione della frequenza delle visite influisce notevolmente sul percorso di cura del mio disturbo depressivo, che in estate si acuisce purtroppo. La dottoressa sa molto bene che il momento dei nostri incontri per me è importantissimo in quanto non ho altre valvole di sfogo dei miei brutti pensieri.
Ringrazio nuovamente per le risposte e per il servizio che offrite.
vi ringrazio profondamente per la vostra cortese ed esauriente risposta. La rassicurazione sulla questione dell'orientamento sessuale per me è molto molto importante, mi fa sentire meno "strana".
Per quanto concerne il sentimento verso la stessa curante, mi chiedo perché non possa essere un vero sentimento, ma soltanto, come dice la stessa psichiatra, un'idealizzazione.
Naturalmente io comprendo benissimo il fatto che lei possa non ricambiare, ciò che mi fa soffrire è il fatto che tale sentimento sia sminuito, ridicolizzato come se lei fosse certa che non esistesse, ma fosse solo una suggestione.
Anche se medico, è pur sempre una persona che puó generare un sentimento vero e profondo. Non reciproco certo, ma vero.
Oltretutto, dal momento in cui io ho manifestato tale sentimento, la dottoressa ha diradato di molto le visite (sottolineo per chiarezza che il tutto è avvenuto serenamente ed assolutamente in modo educato e discreto, così come tipico della mia personalità riservata). Questa diminuzione della frequenza delle visite influisce notevolmente sul percorso di cura del mio disturbo depressivo, che in estate si acuisce purtroppo. La dottoressa sa molto bene che il momento dei nostri incontri per me è importantissimo in quanto non ho altre valvole di sfogo dei miei brutti pensieri.
Ringrazio nuovamente per le risposte e per il servizio che offrite.
[#4]
Gentile utente,
lei in questo momento della sua vita è preda di troppi fattori disturbanti: la depressione, la scoperta di un nuovo orientamento sessuale che fa fatica ad accogliere, il sentimento orientato proprio sulla sua psichiatra, infine il fatto che si senta ignorata e non compresa da quest'ultima e che interpreti come un torto della dottoressa l'aver diradato le visite.
Vediamo quest'ultimo punto.
L'estate è anche per i curanti la stagione del riposo, anzi mi meraviglio che lei stessa non si allontani in estate dai luoghi abituali, assieme alla sua famiglia, procurandosi così degli stimoli che sono degli antidepressivi "naturali".
Inoltre diradare le visite quando il paziente ci manifesta un attaccamento eccessivo (innamoramento, transfert o dipendenza che sia) è una forma di tutela del paziente stesso.
Infine, il controllo psichiatrico, che dopo tre anni dovrebbe limitarsi alla valutazione dell'efficacia dei farmaci, non è una psicoterapia, e va a diminuire via via che la posologia dei farmaci è stata stabilita.
Ora lei scrive: "La dottoressa sa molto bene che il momento dei nostri incontri per me è importantissimo in quanto non ho altre valvole di sfogo dei miei brutti pensieri".
In pratica, mi perdoni se sbaglio, si ha l'impressione che lei fin qui abbia fruito della professione psichiatrica in maniera errata, considerando la dottoressa un'amica con cui sfogarsi, e nello stesso tempo una psicologa, visto che la ritiene responsabile della cura dei suoi "brutti pensieri".
Da questa confusione di ruoli forse è nato anche il protrarsi della depressione per tre anni, mentre i farmaci usualmente danno qualche sollievo prima.
C'è da pensare che mentre procedeva nelle terapie, e per questo scopriva anche il suo nuovo orientamento sessuale, lei abbia opposto resistenza alla guarigione.
Questo non è insolito, e le può essere spiegato dalla figura d'elezione per la cura dei "brutti pensieri", ossia la psicoterapeuta.
Dovrebbe proprio parlare con la sua psicoterapeuta di tutto quello che ha detto a noi; chissà che il suo "sfogo", questa volta accolto dalla specialista che ha gli strumenti per gestirlo, non la conduca finalmente alla chiarezza e con ciò alla guarigione?
Le suggerisco anche di accedere agli incontri mensili online, gratuiti, dello psicoterapeuta prof. Nicola Petrocchi. Ne trova notizia sul sito Compassionate Mind Italia. Le saranno utili per accogliere con più dolcezza -noi diciamo con compassione- le sue caratteristiche e anche le scelte della sua psichiatra.
Un abbraccio e auguri.
lei in questo momento della sua vita è preda di troppi fattori disturbanti: la depressione, la scoperta di un nuovo orientamento sessuale che fa fatica ad accogliere, il sentimento orientato proprio sulla sua psichiatra, infine il fatto che si senta ignorata e non compresa da quest'ultima e che interpreti come un torto della dottoressa l'aver diradato le visite.
Vediamo quest'ultimo punto.
L'estate è anche per i curanti la stagione del riposo, anzi mi meraviglio che lei stessa non si allontani in estate dai luoghi abituali, assieme alla sua famiglia, procurandosi così degli stimoli che sono degli antidepressivi "naturali".
Inoltre diradare le visite quando il paziente ci manifesta un attaccamento eccessivo (innamoramento, transfert o dipendenza che sia) è una forma di tutela del paziente stesso.
Infine, il controllo psichiatrico, che dopo tre anni dovrebbe limitarsi alla valutazione dell'efficacia dei farmaci, non è una psicoterapia, e va a diminuire via via che la posologia dei farmaci è stata stabilita.
Ora lei scrive: "La dottoressa sa molto bene che il momento dei nostri incontri per me è importantissimo in quanto non ho altre valvole di sfogo dei miei brutti pensieri".
In pratica, mi perdoni se sbaglio, si ha l'impressione che lei fin qui abbia fruito della professione psichiatrica in maniera errata, considerando la dottoressa un'amica con cui sfogarsi, e nello stesso tempo una psicologa, visto che la ritiene responsabile della cura dei suoi "brutti pensieri".
Da questa confusione di ruoli forse è nato anche il protrarsi della depressione per tre anni, mentre i farmaci usualmente danno qualche sollievo prima.
C'è da pensare che mentre procedeva nelle terapie, e per questo scopriva anche il suo nuovo orientamento sessuale, lei abbia opposto resistenza alla guarigione.
Questo non è insolito, e le può essere spiegato dalla figura d'elezione per la cura dei "brutti pensieri", ossia la psicoterapeuta.
Dovrebbe proprio parlare con la sua psicoterapeuta di tutto quello che ha detto a noi; chissà che il suo "sfogo", questa volta accolto dalla specialista che ha gli strumenti per gestirlo, non la conduca finalmente alla chiarezza e con ciò alla guarigione?
Le suggerisco anche di accedere agli incontri mensili online, gratuiti, dello psicoterapeuta prof. Nicola Petrocchi. Ne trova notizia sul sito Compassionate Mind Italia. Le saranno utili per accogliere con più dolcezza -noi diciamo con compassione- le sue caratteristiche e anche le scelte della sua psichiatra.
Un abbraccio e auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#5]
Utente
Gentilissima Dottoressa,
Innanzitutto grazie infinite per la sua disponibilità proprio in periodo estivo e di riposo. La sua risposta ha toccato molto aspetti inquadrando bene la situazione. Sono molto fortunati i suoi pazienti.
Sono stata in vacanza due settimane, ma per la prima volta non sono riuscita a godere di un luogo e di una situazione che solitamente mi portano molto sollievo. La mente non era libera. Come se mi impedisse di staccare. E questo mi ha creato malessere.
Di tutti i farmaci che la dottoressa ha provato, solamente Anafranil ha fatto un discreto effetto. Ma come mi disse uno psichiatra, i farmaci servono a non farsi troppo male quando si cade.
La mia era una forma depressiva importante. 2 anni fa ho rischiato il ricovero. Il silenzio e il vuoto nella mia mente mi hanno condotto a desiderare più volte la fine di tutto.
E ora solo le mie figlie tengono il filo di un palloncino che altrimenti volerebbe via..
Dopo l'uscita dal momento più brutto avrei dovuto essere aiutata in modo diverso. Ora si sommano la mia situazione psichiatrica, la disoccupazione, la situazione della mia salute (niente di troppo serio ma in parte invalidante), e soprattutto una crisi di coppia. Perché mio marito, il quale non ha mai accettato la mia depressione come una reale patologia, ora spinge perché io smetta i farmaci e riesca da sola a riprendermi la vita di prima.
Se a ciò aggiungiamo la menopausa, la crisi di mezza età, e il drastico cambiamento dell'aspetto fisico (tra menopausa e psicofarmaci sono passata da una taglia M a una XL, con grave impatto sulla mia autostima già provata), il quadro per una mente debole è davvero brutto.
La psichiatra è anche psicoterapeuta, aveva cominciato psicoterapia con me ma poi ha interrotto senza darmi spiegazioni. È stata lei ad accogliermi anche psicologicamente e a darmi l'opportunità di parlare della mia situazione mostrando di capirmi, cosa che all'esterno non trovavo. Per me era un sollievo e uno sfogo. Inoltre è lei stessa a farmi domande sulla mia vita, la famiglia, gli interessi, la salute, insomma si interessa alla mia vita nella sua interezza. Togliermi questo momento di confronto è per me davvero pesante.
Oltretutto ciò che non trovo giusto è che non si parli mai chiaramente al paziente. Sono certamente depressa, ma credo di aver diritto di sapere quale è esattamente la mia situazione e di aver diritto di sapere se qualcosa cambia e perché. Avrei davvero preferito che la dottoressa mi avesse parlato chiaramente dicendomi del diradamento delle visite spiegandomene la ragione.
Grazie infinite per il link al professore, non lo conoscevo e lo utilizzerò sicuramente. Una grande e importante risorsa.
Nel complimentarmi ancora per le sue parole, la ringrazio di cuore...
Innanzitutto grazie infinite per la sua disponibilità proprio in periodo estivo e di riposo. La sua risposta ha toccato molto aspetti inquadrando bene la situazione. Sono molto fortunati i suoi pazienti.
Sono stata in vacanza due settimane, ma per la prima volta non sono riuscita a godere di un luogo e di una situazione che solitamente mi portano molto sollievo. La mente non era libera. Come se mi impedisse di staccare. E questo mi ha creato malessere.
Di tutti i farmaci che la dottoressa ha provato, solamente Anafranil ha fatto un discreto effetto. Ma come mi disse uno psichiatra, i farmaci servono a non farsi troppo male quando si cade.
La mia era una forma depressiva importante. 2 anni fa ho rischiato il ricovero. Il silenzio e il vuoto nella mia mente mi hanno condotto a desiderare più volte la fine di tutto.
E ora solo le mie figlie tengono il filo di un palloncino che altrimenti volerebbe via..
Dopo l'uscita dal momento più brutto avrei dovuto essere aiutata in modo diverso. Ora si sommano la mia situazione psichiatrica, la disoccupazione, la situazione della mia salute (niente di troppo serio ma in parte invalidante), e soprattutto una crisi di coppia. Perché mio marito, il quale non ha mai accettato la mia depressione come una reale patologia, ora spinge perché io smetta i farmaci e riesca da sola a riprendermi la vita di prima.
Se a ciò aggiungiamo la menopausa, la crisi di mezza età, e il drastico cambiamento dell'aspetto fisico (tra menopausa e psicofarmaci sono passata da una taglia M a una XL, con grave impatto sulla mia autostima già provata), il quadro per una mente debole è davvero brutto.
La psichiatra è anche psicoterapeuta, aveva cominciato psicoterapia con me ma poi ha interrotto senza darmi spiegazioni. È stata lei ad accogliermi anche psicologicamente e a darmi l'opportunità di parlare della mia situazione mostrando di capirmi, cosa che all'esterno non trovavo. Per me era un sollievo e uno sfogo. Inoltre è lei stessa a farmi domande sulla mia vita, la famiglia, gli interessi, la salute, insomma si interessa alla mia vita nella sua interezza. Togliermi questo momento di confronto è per me davvero pesante.
Oltretutto ciò che non trovo giusto è che non si parli mai chiaramente al paziente. Sono certamente depressa, ma credo di aver diritto di sapere quale è esattamente la mia situazione e di aver diritto di sapere se qualcosa cambia e perché. Avrei davvero preferito che la dottoressa mi avesse parlato chiaramente dicendomi del diradamento delle visite spiegandomene la ragione.
Grazie infinite per il link al professore, non lo conoscevo e lo utilizzerò sicuramente. Una grande e importante risorsa.
Nel complimentarmi ancora per le sue parole, la ringrazio di cuore...
[#6]
Gentile utente,
spero proprio che lei trovi le risorse per uscire da questo momento così buio.
Tenga conto che la psichiatra non ha voluto abbandonarla, dal momento che l'ha affidata ad una psicologa.
Certamente lei deve sapere in quale fase della malattia si trova (colloquio clinico e test servono a questo) e come i suoi curanti intendono procedere.
Per quanto riguarda l'incomprensione di suo marito, farlo parlare con i medici potrebbe essere utile.
Le faccio i più vivi auguri, raccomandandole una terapia attiva e non solo di sostegno.
Lei stessa scrive che dopo la fase acuta avrebbe dovuto essere curata in maniera diversa.
Ci aggiorni ogni tanto, se le fa piacere.
spero proprio che lei trovi le risorse per uscire da questo momento così buio.
Tenga conto che la psichiatra non ha voluto abbandonarla, dal momento che l'ha affidata ad una psicologa.
Certamente lei deve sapere in quale fase della malattia si trova (colloquio clinico e test servono a questo) e come i suoi curanti intendono procedere.
Per quanto riguarda l'incomprensione di suo marito, farlo parlare con i medici potrebbe essere utile.
Le faccio i più vivi auguri, raccomandandole una terapia attiva e non solo di sostegno.
Lei stessa scrive che dopo la fase acuta avrebbe dovuto essere curata in maniera diversa.
Ci aggiorni ogni tanto, se le fa piacere.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#7]
Utente
Gentile Dottoressa,
Vi aggiornerò molto volentieri e seguiró certamente i suoi consigli. Ringrazio anche Medicitalia che rende possibili questi consulti che risultano, in alcuni casi, come il presente, molto preziosi!
Le chiedo ancora un'ultima cosa. Ritiene sarebbe più opportuno allontanarmi dalla mia psichiatra e chiedere di essere affidata ad un altro medico?
Vi aggiornerò molto volentieri e seguiró certamente i suoi consigli. Ringrazio anche Medicitalia che rende possibili questi consulti che risultano, in alcuni casi, come il presente, molto preziosi!
Le chiedo ancora un'ultima cosa. Ritiene sarebbe più opportuno allontanarmi dalla mia psichiatra e chiedere di essere affidata ad un altro medico?
[#8]
Gentile utente,
come le abbiamo detto la mia collega e io stessa, queste considerazioni e queste scelte sono da ritenere parte integrante della terapia e vanno perciò discusse con la sua psicoterapeuta.
Auguri.
come le abbiamo detto la mia collega e io stessa, queste considerazioni e queste scelte sono da ritenere parte integrante della terapia e vanno perciò discusse con la sua psicoterapeuta.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
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