Lasciare un fidanzato che si è...fermato

Sono fidanzata da 6 anni con un bravissimo ragazzo, 31enne, io sono un po' più giovane.
La relazione è sempre stata molto tranquilla e rispettosa, ma in questo momento vive una crisi profondissima per un mio malessere, dovuto al fatto che questa relazione non mi stimola più e molte volte mi chiedo se ha senso proseguirla.
Il motivo è dato dal fatto che il mio compagno negli ultimi 2/3 anni si è come... fermato.
Vive con i suoi genitori e, nonostante abbia tutti i mezzi economici (e abbia avuto anche il mio supporto in una progettualità di convivenza) ritiene economicamente impossibile andare a vivere da solo, vive servito e a servizio dei suoi genitori in casa.
Sono spariti tutti gli obiettivi, lavorativi, sportivi (siamo entrambi sportivi ad un buon livello ma lui non si allena quasi più), la voglia di sperimentare cose nuove, il desiderio di prendersi dei rischi per "crescere".
Si dice non soddisfatto della sua vita, ma il minimo sforzo per migliorarla sembra non valere ma pena, e preferisce perpetuare questa situazione comoda.
Lui vorrebbe una famiglia (ma d'altra parte non fa niente per rendere ciò possibile), io vorrei vivere ancora una vita più libera prima di pensarci.
In questi anni ho invece iniziato molte cose nuove, ho ricominciato a studiare, lavoro, ho fatto volontariato ed esperienze.
Sono felice di avere di fianco un uomo stabile, ma questa stabilità, da rassicurante che era, sta diventando soffocante.
Mi sento vecchia, mi sento finita, mi sento come se con questa persona mi dovessi, presto tardi, adeguare a questa piattezza di emozioni e di vita.
Voglio un bene infinito a questo ragazzo ma sento che non posso vivere la mia vita giovane in questo modo.
Nel frattempo ho iniziato a frequentare nuove persone (non in termini romantici, ma per lavoro e per esperienze) e mi rendo conto di quanto la compagnia di persone che invece stanno proseguendo obiettivi e vivendo più a pieno mi stimoli e mi renda più serena.
Non posso dire di non aver fantasticato su come sarebbe la mia vita con qualcun altro.

Abbiamo parlato della fine della relazione, chiaramente non se lo aspettava nonostante avesse percepito freddezza e distanza... La sua sofferenza è per me intollerabile, non voglio fargli del male, non voglio buttare questa relazione positiva e sana, questo ragazzo che è stato per me una colonna portante, fonte di affetto e stabilità, ma non voglio nemmeno sacrificare la mia progettualità e il mio entusiasmo per una vita che non sento mia.
Ci sono possibilità di recupero in questi casi o una dolorosissima separazione è l'unica via?
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 190 19
Gentile utente,

comprendo ciò che prova. Essere una coppia significa essere insieme nelle difficoltà, nelle incertezze, nei vacillamenti, nel dolore. A volte si è sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda, si è all'unisono, altre invece ci si sente così estranei, distanti, irraggiungibili.
A volte si raggiunge il picco della soddisfazione, dell'intesa, dell'unione, altre si scivola nell'incomprensione, nella lontananza, altre ancora ci si blocca in un'assenza di rilievi che, come scrive lei, non offre stimoli.
Questo essere insieme comporta l'essere uniti e al tempo stesso separati ad un altro, con le naturali implicazioni. La separatezza infatti è dolorosa perché rievoca la solitudine, il vuoto, ma anche l'unione a suo modo lo è, in quanto può soffocare, annullare la propria individualità, farci subire il dolore e le difficoltà dell'altro.

Da quanto scrive emerge che sia lei che il suo fidanzato state attraversando una crisi in virtù di bisogni, desideri e vissuti apparentemente inconciliabili, che si orientano in direzioni opposte.
Lei sembra presa dal legittimo desiderio di scoprire, conquistare, fare esperienze, vivere per sfuggire ad una minacciosa stabilità che avverte incombere sulla sua vita e soffocarla.
Lui invece, come rileva lei "si è... fermato", cioè è forse in una situazione di stallo, nella difficoltà di raggiungere i propri obiettivi, di separarsi dalla propria famiglia -che probabilmente costituisce una base sicura- e costruirsi una propria autonomia.
Infatti, al di là dei propri desideri e propositi, quali quello di costruire una propria famiglia, impegnarsi per ottenere successi nello sport, nello studio o nel lavoro, essere adulti oggi è un processo complesso e delicato da raggiungere gradualmente percorrendo una strada lunga e tortuosa fatta di conquiste, scoperte, ma anche di inciampi. E a volte ci si perde, si torna indietro o si resta fermi, nell'impossibilità di proseguire.
Questa impossibilità si manifesta nella rinuncia, nel ritiro degli investimenti, nel bisogno di fermarsi che è avvertito come una necessità imprescindibile per munirsi di tempo sufficiente e di sicurezza per difendersi dalla paura e dall'incertezza del futuro. Il rischio è quello di sedimentare la propria paura, restando intrappolati nella percezione di non avere nessuna risorsa su cui poggiarsi, nulla per cui valga la pena proseguire.

Il mio suggerimento è quello di consultare uno psicologo per una valutazione ed eventualmente intraprendere un percorso di supporto psicologico individuale e/o di coppia o una terapia di coppia, per ritagliarvi uno spazio in cui poter stare con voi stessi, all'interno del quale trovarvi o ritrovarvi, esprimere i vostri reciproci vissuti, bisogni, desideri, difficoltà, ascoltando anche quelli dell'altro, senza essere spaventati dalla discrepanza che intercorre tra gli uni e gli altri.
Uno spazio dove conoscersi più a fondo e riconoscersi, riflettere e analizzare la propria storia personale e di coppia, i propri vuoti, le proprie mancanze, i propri aspetti irrisolti e il modo in cui essi hanno interferito sulla relazione, magari soffocandola.
A partire da ciò, può essere possibile trovare il coraggio di separarsi serenamente, senza strascichi, oppure ripartire insieme da una maggiore consapevolezza e un'unione più solida.

Auguri di cuore.

Psicologa e Assistente Sociale
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