Salve la mia domanda riguarda l'ansia/panico etc, e qualche dubbio
Parto col dire che sono straniero e che spero la mia grammatica non sia d'intralcio, oltre che per spiegare una situazione particolare avvenuta un po' di anni fa.
Farò giusto un piccolo riassunto: quando sono venuto in Italia, avevo circa 17 anni ora ne ho 27.
Sono rimasto rinchiuso in casa per due anni (termine brutto) ma era più che altro per imparare la lingua, per poi mandarmi eventualmente a scuola.
Sono stati due anni di completa solitudine, in cui ho sofferto moltissimo credo, rimanevo ogni giorno io e la mia mente da soli ed ho sviluppato tante problematiche, dal ansia, al panico, e mi fissavo su tutto, Penso si chiamino pensieri intrusivi.
Una volta uscito di casa (per andare a studiare) all'inizio è stato difficile ambientarmi ma piano piano c'è l'ho fatta e ne sono uscito, più che uscito diciamo che ci convivo, non mi fanno assolutamente paura, (a livello di situazione in cui mi salgono) riesco a gestirli, dalla respirazione diaframmatica al focalizzare la mente sul respiro o su altro o al fare cose che mi piacciano o che stimolano la mente o nei casi peggiori accetto le sensazioni e li lascio fare, scorrere.
La mia preoccupazione risiede nel "dubbio" e nel dibattito tra me e la mia mente, "se un giorno questo non bastasse" "e se ce un fondo ancora più profondo" "se cadessi in depressione" non riuscirei a fare più le cose per via dell'umore o del perché non trarrei nessun sentimento.
Quando invece adesso anche se ho ansia o panico faccio comunque tutte le cose anche se controvoglia (poi alla fine mi piace) in quei due anni sopra menzionati ho desiderato tante volte non svegliarmi o appunto morire, che adesso a confronto anche il panico sembra piacevole (diciamo
) per dibattito intendo quando magari penso "sono felice" c'è una voce che ovviamente non sento ma e come se dicesse "no" e li sale l'ansia, o "c'è la posso fare" stessa vocina si fa risentire, e così diciamo che e come se la mia consapevolezza fosse incompleta come se li mancasse un pezzo e quel pezzo si fa sentire da lontano quando io cerco di completare il puzzle.
Ho iniziare a fare meditazione (per conto mio) per cercare di entrare in contatto meglio con le mie emozioni, spero di riuscire un giorno ad andare da qualcuno per praticarla in modo più professionale, stessa cosa per lo psicologo, non ci sono mai andato, vorrei, ma attualmente il mio portafoglio non me lo permette.
E qua ho un dubbio insolito/paura che lo psicologo o le eventuale risposte/diagnosi possono far crollare le mie credenze e il mondo che mi sono creato nella mente.
Essendo che tutto questo me le sono creato da solo e come se il problema alla base fosse "impossibile farlo da solo con le tue competenze".
Spero che il mio testo non sia troppo confusionario, non ho mai aperto questo argomento ne parlato di questa cosa con nessuno.
In questo momento vorrei cancellare tutto quello che ho appena scritto, più che una domanda sembra uno sfogo che farei la prima volta da uno psicologo.
Farò giusto un piccolo riassunto: quando sono venuto in Italia, avevo circa 17 anni ora ne ho 27.
Sono rimasto rinchiuso in casa per due anni (termine brutto) ma era più che altro per imparare la lingua, per poi mandarmi eventualmente a scuola.
Sono stati due anni di completa solitudine, in cui ho sofferto moltissimo credo, rimanevo ogni giorno io e la mia mente da soli ed ho sviluppato tante problematiche, dal ansia, al panico, e mi fissavo su tutto, Penso si chiamino pensieri intrusivi.
Una volta uscito di casa (per andare a studiare) all'inizio è stato difficile ambientarmi ma piano piano c'è l'ho fatta e ne sono uscito, più che uscito diciamo che ci convivo, non mi fanno assolutamente paura, (a livello di situazione in cui mi salgono) riesco a gestirli, dalla respirazione diaframmatica al focalizzare la mente sul respiro o su altro o al fare cose che mi piacciano o che stimolano la mente o nei casi peggiori accetto le sensazioni e li lascio fare, scorrere.
La mia preoccupazione risiede nel "dubbio" e nel dibattito tra me e la mia mente, "se un giorno questo non bastasse" "e se ce un fondo ancora più profondo" "se cadessi in depressione" non riuscirei a fare più le cose per via dell'umore o del perché non trarrei nessun sentimento.
Quando invece adesso anche se ho ansia o panico faccio comunque tutte le cose anche se controvoglia (poi alla fine mi piace) in quei due anni sopra menzionati ho desiderato tante volte non svegliarmi o appunto morire, che adesso a confronto anche il panico sembra piacevole (diciamo
) per dibattito intendo quando magari penso "sono felice" c'è una voce che ovviamente non sento ma e come se dicesse "no" e li sale l'ansia, o "c'è la posso fare" stessa vocina si fa risentire, e così diciamo che e come se la mia consapevolezza fosse incompleta come se li mancasse un pezzo e quel pezzo si fa sentire da lontano quando io cerco di completare il puzzle.
Ho iniziare a fare meditazione (per conto mio) per cercare di entrare in contatto meglio con le mie emozioni, spero di riuscire un giorno ad andare da qualcuno per praticarla in modo più professionale, stessa cosa per lo psicologo, non ci sono mai andato, vorrei, ma attualmente il mio portafoglio non me lo permette.
E qua ho un dubbio insolito/paura che lo psicologo o le eventuale risposte/diagnosi possono far crollare le mie credenze e il mondo che mi sono creato nella mente.
Essendo che tutto questo me le sono creato da solo e come se il problema alla base fosse "impossibile farlo da solo con le tue competenze".
Spero che il mio testo non sia troppo confusionario, non ho mai aperto questo argomento ne parlato di questa cosa con nessuno.
In questo momento vorrei cancellare tutto quello che ho appena scritto, più che una domanda sembra uno sfogo che farei la prima volta da uno psicologo.
[#1]
Gentile utente,
mi dispiace molto per ciò che sta vivendo.
Da quanto scrive emerge che ha attraversato diverse difficoltà nella sua vita, difficoltà che sono sconfinate nella paura e che sono state destabilizzanti. Una di queste può essere stata la sua emigrazione dal paese di origine, che anche se non offriva a lei o alla sua famiglia una buona condizione sociale, economica o lavorativa, era pur sempre il luogo in cui lei è nato, ha vissuto, ha conosciuto il mondo e la vita ed ha sentito come parte di sé.
Lasciare il proprio paese equivale sempre a lasciare una parte di sé per recarsi in un altrove che, anche se vissuto come un posto migliore, ad un livello più profondo resta pur sempre un altrove, un altro luogo che si contrappone al "questo" nel quale si è nati e che si è sentito proprio.
Infatti si definisce uno straniero, scrive di essere rimasto rinchiuso in casa per due anni per imparare la lingua, quindi per mettersi nelle condizioni di divenire adeguato.
Queste sue difficoltà, separazioni, cambiamenti, hanno forse intaccato il suo senso di sicurezza, l'illusione di felicità, la sua fiducia nel mondo e nella vita.
I dubbi intrusivi di cui parla sembrano nascere dalla paura di essere inghiottito in un'infelicità irrimediabile, inesorabile; di toccare quel fondo dal quale non si può riemergere.
Questo potrebbe denunciare già uno stato depressivo che dovrebbe essere trattato, o comunque essere il segnale di un malessere profondo da comprendere e a cui offrire uno spazio, un ascolto, una voce.
Può rivolgersi ad uno psicologo di un consultorio, o di un centro salute mentale, pagando solo il ticket, o accedere al bonus psicoterapia gratuita, qualora rientrasse nei criteri, o ancora scegliere un professionista privatamente, ricercandolo in rete (anche su questa piattaforma), dove troverà psicologi che offrono sedute di supporto psicologico a prezzi modesti.
Capisco la sua paura che lo psicologo distrugga un mondo che nella sua bellezza o bruttezza, in qualche modo conosce e nel quale ha imparato a destreggiarsi, così come delle convinzioni che sono divenute dei perni per lei. A tal proposito posso riferirle che in seduta il paziente esplora e costruisce nuovi significati, riscrive la sua storia, scopre nuove trame. Tutto ciò, anche se all'inizio può spaventare, si rivela pian piano una risorsa e un modo per attraversare luoghi dentro di sé inaccessibili.
Non esiti, non indulga nel pretesto di non poter fare nulla per aiutarsi. Può e deve darsi uno spazio per esprimere il suo dolore, per stare con sé stesso e per riappacificarsi con il segno che ha lasciato quanto avvenuto, ma anche quanto non avvenuto, nella misura in cui quel non avviene ci viene negato.
Auguri di cuore.
mi dispiace molto per ciò che sta vivendo.
Da quanto scrive emerge che ha attraversato diverse difficoltà nella sua vita, difficoltà che sono sconfinate nella paura e che sono state destabilizzanti. Una di queste può essere stata la sua emigrazione dal paese di origine, che anche se non offriva a lei o alla sua famiglia una buona condizione sociale, economica o lavorativa, era pur sempre il luogo in cui lei è nato, ha vissuto, ha conosciuto il mondo e la vita ed ha sentito come parte di sé.
Lasciare il proprio paese equivale sempre a lasciare una parte di sé per recarsi in un altrove che, anche se vissuto come un posto migliore, ad un livello più profondo resta pur sempre un altrove, un altro luogo che si contrappone al "questo" nel quale si è nati e che si è sentito proprio.
Infatti si definisce uno straniero, scrive di essere rimasto rinchiuso in casa per due anni per imparare la lingua, quindi per mettersi nelle condizioni di divenire adeguato.
Queste sue difficoltà, separazioni, cambiamenti, hanno forse intaccato il suo senso di sicurezza, l'illusione di felicità, la sua fiducia nel mondo e nella vita.
I dubbi intrusivi di cui parla sembrano nascere dalla paura di essere inghiottito in un'infelicità irrimediabile, inesorabile; di toccare quel fondo dal quale non si può riemergere.
Questo potrebbe denunciare già uno stato depressivo che dovrebbe essere trattato, o comunque essere il segnale di un malessere profondo da comprendere e a cui offrire uno spazio, un ascolto, una voce.
Può rivolgersi ad uno psicologo di un consultorio, o di un centro salute mentale, pagando solo il ticket, o accedere al bonus psicoterapia gratuita, qualora rientrasse nei criteri, o ancora scegliere un professionista privatamente, ricercandolo in rete (anche su questa piattaforma), dove troverà psicologi che offrono sedute di supporto psicologico a prezzi modesti.
Capisco la sua paura che lo psicologo distrugga un mondo che nella sua bellezza o bruttezza, in qualche modo conosce e nel quale ha imparato a destreggiarsi, così come delle convinzioni che sono divenute dei perni per lei. A tal proposito posso riferirle che in seduta il paziente esplora e costruisce nuovi significati, riscrive la sua storia, scopre nuove trame. Tutto ciò, anche se all'inizio può spaventare, si rivela pian piano una risorsa e un modo per attraversare luoghi dentro di sé inaccessibili.
Non esiti, non indulga nel pretesto di non poter fare nulla per aiutarsi. Può e deve darsi uno spazio per esprimere il suo dolore, per stare con sé stesso e per riappacificarsi con il segno che ha lasciato quanto avvenuto, ma anche quanto non avvenuto, nella misura in cui quel non avviene ci viene negato.
Auguri di cuore.
Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 533 visite dal 05/07/2023.
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Approfondimento su Ansia
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