Blocco psicologico e crisi esistenziale
Sono un ragazzo di 19 anni al primo anno di ingegneria, sono una persona molto riflessiva e con grandi capacità intellettive (ho un Qi attorno al 135 testato sul sito mensa) sono leggermente fobico a critico nelle relazioni sociali e lo siamo anche noi di famiglia, anche se quando sto con le persone sono socievole, però in verità sento che io abbia qualche fine più importante che uscire e farmi nuovi amici avendo pochi veri amici con cui ho legato.
Sicuramente penso che avere buoni amici sia importante e ho anche sofferto in questo periodo (secondo semestre di università) la mancanza di strette relazioni dopo un primo semestre passato nello stacanovismo assoluto che mi ha portato a una sfilza di trenta e grandissima soddisfazione per l’imparare la matematica a livello così alto.
Non sono un nerd e non appaio come tale, ho praticato vela agonistica fino all’anno scorso ma non sono mai stato un asso negli altri sport (e questo mi ha secondo me un po’ condizionato da bambino creandomi un senso di inferiorità), ultimamente sento che ingegneria non mi possa dare quell’ elevazione socio-culturale è quello stimolo intellettivo che cerco, mi sento circondato da un livello molto più basso del mio, e sono in profonda crisi esistenziale mischiata a una tensione al fare che però si alterna a nichilismo e profonda irrequietezza e preoccupazione per il non sentirmi realizzato in futuro.
Sento come la sensazione i poter far delle scelte di vita adesso ma vedo così tante opzioni che non riesco a scegliere.
Sento di avere enormi potenzialità che però si uniscono a un senso di paura nel rischiare di sbagliare scelta, forse meglio fare il medico come mio padre, ma ho delle capacità matematiche che hanno stupito due miei prof, sono uno di quelli che intuisce e non impara a memoria, queste mie capacità però da mesi ormai si sono unite a una crisi esistenziale da cui sto uscendo alternando giorni produttivi a momenti di ricaduta con un overthinking esagerato, la mia paura è che una scelta come fisica o roba teorica possa rendermi infelice, considerando che nutro una sorta di odio per il focalizzare la mia attenzione troppo su una cosa particolare, inoltre non voglio fare il precario voglio sentirmi ricco e acculturato miro a una perfezione che però non vedo nella mia città, e questo mi porta a dubbi sul andare altrove, ma anche questo è in dubbio perché forse altrove sarei infelice.
Concludo che cambio umore praticamente nel giro di mezza giornata nei giorni no di questi ultimi 15 giorni mentre i 2 mesi prima ero in uno stato di profonda disistimia e senso di solitudine e indecisione, ora invece quello che sento è nichilismo alternato a superomismo alternato a felicità alternata a indecisione sul futuro.
Sicuramente penso che avere buoni amici sia importante e ho anche sofferto in questo periodo (secondo semestre di università) la mancanza di strette relazioni dopo un primo semestre passato nello stacanovismo assoluto che mi ha portato a una sfilza di trenta e grandissima soddisfazione per l’imparare la matematica a livello così alto.
Non sono un nerd e non appaio come tale, ho praticato vela agonistica fino all’anno scorso ma non sono mai stato un asso negli altri sport (e questo mi ha secondo me un po’ condizionato da bambino creandomi un senso di inferiorità), ultimamente sento che ingegneria non mi possa dare quell’ elevazione socio-culturale è quello stimolo intellettivo che cerco, mi sento circondato da un livello molto più basso del mio, e sono in profonda crisi esistenziale mischiata a una tensione al fare che però si alterna a nichilismo e profonda irrequietezza e preoccupazione per il non sentirmi realizzato in futuro.
Sento come la sensazione i poter far delle scelte di vita adesso ma vedo così tante opzioni che non riesco a scegliere.
Sento di avere enormi potenzialità che però si uniscono a un senso di paura nel rischiare di sbagliare scelta, forse meglio fare il medico come mio padre, ma ho delle capacità matematiche che hanno stupito due miei prof, sono uno di quelli che intuisce e non impara a memoria, queste mie capacità però da mesi ormai si sono unite a una crisi esistenziale da cui sto uscendo alternando giorni produttivi a momenti di ricaduta con un overthinking esagerato, la mia paura è che una scelta come fisica o roba teorica possa rendermi infelice, considerando che nutro una sorta di odio per il focalizzare la mia attenzione troppo su una cosa particolare, inoltre non voglio fare il precario voglio sentirmi ricco e acculturato miro a una perfezione che però non vedo nella mia città, e questo mi porta a dubbi sul andare altrove, ma anche questo è in dubbio perché forse altrove sarei infelice.
Concludo che cambio umore praticamente nel giro di mezza giornata nei giorni no di questi ultimi 15 giorni mentre i 2 mesi prima ero in uno stato di profonda disistimia e senso di solitudine e indecisione, ora invece quello che sento è nichilismo alternato a superomismo alternato a felicità alternata a indecisione sul futuro.
[#1]
Gentile utente,
comprendo lo stato di confusione, incertezza e instabilità da cui si sente invaso.
La mia impressione è che ciò che la affligge sia il narcisismo, che emerge da molti aspetti, alcuni dei quali sono il costante desiderio di elevatezza unito alla percezione di essere attorniato da persone inferiori, la percezione della sua superiorità intellettiva che fa da contraltare ad una paralizzante paura del fallimento, un'attenzione smisurata per i meriti, le prestazioni, la cultura, la posizione sociale e lavorativa a scapito di una qualsivoglia emozione, desiderio personale, intimo.
Spero che quello che le sto scrivendo non risuoni in nessun modo come una critica o un rimprovero, in quanto non solo non lo è, ma qualora fosse giusta la mia impressione, il suo narcisismo affonderebbe probabilmente le proprie radici in una profonda fragilità costituitasi attorno ad un ambiente familiare e sociale dove forse si è finito per rinunciare ai propri desideri, sogni, alla propria soggettività per adeguarsi ad un modello quanto più vicino possibile alla perfezione.
Lei come tutti è il figlio dei suoi genitori e della loro storia sulla quale è stata forgiata la sua; della storia della società in cui è nato.
La mia impressione è che lei abbia perso -o forse mai trovato- il contatto profondo con sé stesso, con il suo temuto e forse poco conosciuto mondo interno.
Nella sua instabilità e nel suo dolore, apparentemente immotivato se ci si sofferma sulle sue potenzialità e sulla sua vita colma di possibilità, si sente forse deluso da sé stesso, disorientato e spaventato. Forse questa instabilità, questa "solitudine e indecisione" costituiscono il primo passo per ritrovare il profondo contatto con sé stesso, imparare a conoscersi, ad ascoltarsi, a comprendere cosa prova, cosa desidera fare della sua vita, a dispetto delle aspettative degli altri e di quelle sue, delle apparenze, dell'immagine.
Si domandi qual è il suo desiderio, il suo sogno, cosa le piacerebbe davvero fare o essere, cosa la renderebbe felice. Si domandi se vale la pena o è disposto a perdere sé stesso, a rinunciare alla sua felicità in nome di un'illusoria perfezione o di un'eventuale posizione sociale o lavorativa considerata migliore.
Le consiglio di consultare uno psicologo e qualora questi lo ritenga opportuno, potrebbe cominciare un percorso psicologico per cercare di conoscersi nel profondo, entrare più in contatto con sé stesso e con dimensioni interne che, qualora conoscesse meglio, la aiuterebbero non solo a ritrovarsi e a raggiungere un equilibrio interno, ma anche ad orientare la sua vita seguendo davvero ciò che lei vuole.
Dovrebbe imparare a concedersi il sentire, il pensare. Non solo il pensare che va verso il fare compulsivo per raggiungere obiettivi che la farebbero sentire adeguato o perfetto, ma quello che le permetterebbe di comprendere cosa corrisponde esattamente alla sua singolarità, unicità.
E' giovanissimo; spero che seguirà questo suggerimento.
La vita la attende.
Cordiali saluti.
comprendo lo stato di confusione, incertezza e instabilità da cui si sente invaso.
La mia impressione è che ciò che la affligge sia il narcisismo, che emerge da molti aspetti, alcuni dei quali sono il costante desiderio di elevatezza unito alla percezione di essere attorniato da persone inferiori, la percezione della sua superiorità intellettiva che fa da contraltare ad una paralizzante paura del fallimento, un'attenzione smisurata per i meriti, le prestazioni, la cultura, la posizione sociale e lavorativa a scapito di una qualsivoglia emozione, desiderio personale, intimo.
Spero che quello che le sto scrivendo non risuoni in nessun modo come una critica o un rimprovero, in quanto non solo non lo è, ma qualora fosse giusta la mia impressione, il suo narcisismo affonderebbe probabilmente le proprie radici in una profonda fragilità costituitasi attorno ad un ambiente familiare e sociale dove forse si è finito per rinunciare ai propri desideri, sogni, alla propria soggettività per adeguarsi ad un modello quanto più vicino possibile alla perfezione.
Lei come tutti è il figlio dei suoi genitori e della loro storia sulla quale è stata forgiata la sua; della storia della società in cui è nato.
La mia impressione è che lei abbia perso -o forse mai trovato- il contatto profondo con sé stesso, con il suo temuto e forse poco conosciuto mondo interno.
Nella sua instabilità e nel suo dolore, apparentemente immotivato se ci si sofferma sulle sue potenzialità e sulla sua vita colma di possibilità, si sente forse deluso da sé stesso, disorientato e spaventato. Forse questa instabilità, questa "solitudine e indecisione" costituiscono il primo passo per ritrovare il profondo contatto con sé stesso, imparare a conoscersi, ad ascoltarsi, a comprendere cosa prova, cosa desidera fare della sua vita, a dispetto delle aspettative degli altri e di quelle sue, delle apparenze, dell'immagine.
Si domandi qual è il suo desiderio, il suo sogno, cosa le piacerebbe davvero fare o essere, cosa la renderebbe felice. Si domandi se vale la pena o è disposto a perdere sé stesso, a rinunciare alla sua felicità in nome di un'illusoria perfezione o di un'eventuale posizione sociale o lavorativa considerata migliore.
Le consiglio di consultare uno psicologo e qualora questi lo ritenga opportuno, potrebbe cominciare un percorso psicologico per cercare di conoscersi nel profondo, entrare più in contatto con sé stesso e con dimensioni interne che, qualora conoscesse meglio, la aiuterebbero non solo a ritrovarsi e a raggiungere un equilibrio interno, ma anche ad orientare la sua vita seguendo davvero ciò che lei vuole.
Dovrebbe imparare a concedersi il sentire, il pensare. Non solo il pensare che va verso il fare compulsivo per raggiungere obiettivi che la farebbero sentire adeguato o perfetto, ma quello che le permetterebbe di comprendere cosa corrisponde esattamente alla sua singolarità, unicità.
E' giovanissimo; spero che seguirà questo suggerimento.
La vita la attende.
Cordiali saluti.
Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it
[#2]
Utente
Grazie mille per la risposta, aggiungo che si sono un perfezionista che ambisce al massimo in ogni campo e quindi si sente spesso fragile e inadatto perché vorrebbe essere diverso da come è , più perfetto, anche all'università mi pongo sempre di superare gli esami nel minor tempo possibile col massimo dei voti, come se passare un esame al secondo appello sminuisse me stesso, forse ciò deriva da un ambiente sociale molto basato sull'apparenza e dal mio carattere chiuso che mi ha portato a perdere un quest'ultimo periodo fonti di autostima che prima risiedevano nel continuo contatto umano a scuola, perché purtroppo sogno di fare chissà che cosa ma alla fine mi sono ritrovato a stare a casa per lunghi periodi anche appunto a causa dei dubbi sulla futura carriera, che nascono dal mio essere iper razionale e voler prevedere tutto e voler giudicare da prima la bontà o meno di una scelta come quella di cambiare città ma senza averne prima esperienza, a ciò si aggiungono le spinte narcisiste dei social media che corroborano questa mia tendenza.
[#3]
Utente
Aggiungo che questo mio tratto non si esplica nelle occasioni sociali in cui appaio semplicemente diverso nel senso poco impulsivo e solare, non che io sia asociale, ma semplicemente sono sempre sognatore, mi sembra noioso l'osservare il ripetersi di certi comportamenti e discussioni che avvengono nelle occasioni sociali che alla mia età spesso ruotano attorno all'alcool preferisco quindi fare sport ed è sempre stata la mia valvola di sfogo l'unico luogo in cui essere realmente felice, inoltre sì non sono interessato realmente all'amicizia ma sento che serva per la mia autostima avere degli amici, perché appena si finisce sui social si viene esposti a una marea di persone migliori di te che minano l'autostima. Inoltre devo dire che forse le esperienze infantili di grande amore da parte della famiglia ma anche secondo me una certa avversione alla socialità insita in entrambi i miei genitori ma soprattutto in mia madre(che è ipercritica verso chiunque), e il fatto che sia le medie che il liceo le ho fatte non nelle scuola pubbliche della mia zona ma in una privata in cui sono stato esposto a meno persone mi abbia reso più chiuso anche se sono abbastanza sicuro che lo sarei stato similmente nelle scuole pubbliche. Inoltre ultimamente soffro spesso la sensazione di essere abbandonato da tutti i conoscenti che ho e di rischiare di vivere una vita in solitudine e tristezza.
In sintesi mi sento al contempo fragile nei confronti del mondo esterno ma anche artefice della mia salvezza da questa condizione di subordinazione ciò si traduce in queste tendenze di cui abbiamo parlato.
Grazie mille e buona giornata.
In sintesi mi sento al contempo fragile nei confronti del mondo esterno ma anche artefice della mia salvezza da questa condizione di subordinazione ciò si traduce in queste tendenze di cui abbiamo parlato.
Grazie mille e buona giornata.
[#4]
Utente
Inoltre vorrei aggiungere che in questo momento sono in una sorta di recherche proustiana e noto che associo mentalmente a certi luoghi e profumi delle emozioni di felicità tristezza o nostalgia ma con una vigorosità molto più del normale come se il mio cervello fosse in un continuo indagare, inoltre la mattina faccio fatica ad alzarmi come se il mio cervello di notte avesse iperelaborato sensazioni,e vicissitudini.
[#5]
Gentile utente,
ritengo che questa sua aspirazione alla perfezione, che sembra palesarsi a tratti come un'ossessione, costituisca in realtà la sua condanna; un obbligo, di riuscire, primeggiare, risplendere, lasciare gli altri dietro di sé.
Peccato che dietro di sé in realtà forse non lasci gli altri, o non solo loro, ma anche tutti i momenti di felicità, autenticità, libertà di essere, conoscere, gioire, emozionarsi.
Sembrerebbe infatti che lei stia costruendo la sua vita attorno al raggiungimento della vetta più alta possibile che però poi si rivela puntualmente insufficientemente alta.
Così rischia di trascorrere la sua vita puntando sempre più in alto per poi sentirsi comunque e ineluttabilmente in basso; temendo il confronto con gli altri, spaventato dall'idea che il loro sguardo possa coglierla difettoso, o comunque non abbastanza impeccabile; in un mondo interno inaridito, con desideri, sogni, speranze, aspetti di sé perduti; separato da sé stesso, dalla sua interiorità.
Alla luce di ciò, rinnovo il mio suggerimento di rivolgersi ad uno psicologo; questo potrebbe essere il primo e decisivo passo che la separa dall'incontro con la felicità e con sé stesso.
Spero di esserle stata utile.
ritengo che questa sua aspirazione alla perfezione, che sembra palesarsi a tratti come un'ossessione, costituisca in realtà la sua condanna; un obbligo, di riuscire, primeggiare, risplendere, lasciare gli altri dietro di sé.
Peccato che dietro di sé in realtà forse non lasci gli altri, o non solo loro, ma anche tutti i momenti di felicità, autenticità, libertà di essere, conoscere, gioire, emozionarsi.
Sembrerebbe infatti che lei stia costruendo la sua vita attorno al raggiungimento della vetta più alta possibile che però poi si rivela puntualmente insufficientemente alta.
Così rischia di trascorrere la sua vita puntando sempre più in alto per poi sentirsi comunque e ineluttabilmente in basso; temendo il confronto con gli altri, spaventato dall'idea che il loro sguardo possa coglierla difettoso, o comunque non abbastanza impeccabile; in un mondo interno inaridito, con desideri, sogni, speranze, aspetti di sé perduti; separato da sé stesso, dalla sua interiorità.
Alla luce di ciò, rinnovo il mio suggerimento di rivolgersi ad uno psicologo; questo potrebbe essere il primo e decisivo passo che la separa dall'incontro con la felicità e con sé stesso.
Spero di esserle stata utile.
Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 2k visite dal 03/06/2023.
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