Ho 26 anni e mi sento un fallito
Gentili dottori, sono un ragazzo di 26 anni (a settembre 27) che ha sempre sofferto di disturbi d'ansia e di depressione, in passato ho avuto una "breve" parentesi di dipendenza da benzodiazepine poi fortunatamente risolta.
Attualmente sono laureato in giurisprudenza e ho iniziato la pratica forense da avvocato ma il malessere e il disagio che avvertivo anni fa è tornato a farsi sentire e questa volta è molto piú forte.
Concretamente, non mi sento in grado di affrontare le sfide che ritrovo sul mio cammino, sento di non essere piú in grado di studiare (per i concorsi pubblici e per la pratica legale) e al tempo stesso il fatto di ritrovarmi a 27 anni senza un euro in tasca, ancora dipendente dai miei genitori (ormai anziani, ultra 60enni) mi logora e abbassa di molto la mia autostima.
Non ho una fidanzata, per la verità non ho mai provato a costruire qualcosa di serio poiché non avendo una disponibilità economica non avrei nulla da offrirle in questo senso.
Il maggior dolore e la maggior ansia mi viene dal fatto che la società di oggi impone, soprattutto a noi giovani, dei veri e propri standard da rispettare: una società che a 25 anni ci vuole tutti belli, ricchi, con un lavoro fisso e con una macchina nuova di proprietà.
Standard che vengono regolarmente esibiti dai miei coetanei sui social network.
Ho paura di non riuscire a combinare nulla di buono nella vita, di rimanere per sempre uno sfaccendato che pesa sulle spalle dei suoi genitori.
I miei pensieri si fanno di giorno in giorno più cupi e tristi, mi ritrovo spesso a pensare al suicidio, com'è accaduto in passato.
Cosa posso fare per uscire da questo tunnel e riprendere in mano la mia vita con sicurezza e fiducia?
Attualmente sono laureato in giurisprudenza e ho iniziato la pratica forense da avvocato ma il malessere e il disagio che avvertivo anni fa è tornato a farsi sentire e questa volta è molto piú forte.
Concretamente, non mi sento in grado di affrontare le sfide che ritrovo sul mio cammino, sento di non essere piú in grado di studiare (per i concorsi pubblici e per la pratica legale) e al tempo stesso il fatto di ritrovarmi a 27 anni senza un euro in tasca, ancora dipendente dai miei genitori (ormai anziani, ultra 60enni) mi logora e abbassa di molto la mia autostima.
Non ho una fidanzata, per la verità non ho mai provato a costruire qualcosa di serio poiché non avendo una disponibilità economica non avrei nulla da offrirle in questo senso.
Il maggior dolore e la maggior ansia mi viene dal fatto che la società di oggi impone, soprattutto a noi giovani, dei veri e propri standard da rispettare: una società che a 25 anni ci vuole tutti belli, ricchi, con un lavoro fisso e con una macchina nuova di proprietà.
Standard che vengono regolarmente esibiti dai miei coetanei sui social network.
Ho paura di non riuscire a combinare nulla di buono nella vita, di rimanere per sempre uno sfaccendato che pesa sulle spalle dei suoi genitori.
I miei pensieri si fanno di giorno in giorno più cupi e tristi, mi ritrovo spesso a pensare al suicidio, com'è accaduto in passato.
Cosa posso fare per uscire da questo tunnel e riprendere in mano la mia vita con sicurezza e fiducia?
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Gentile utente,
Accolgo il suo sfogo e in alcuni modi penso di comprenderlo e comprenderla, essendo io non molto lontano da lei dal punto di vista anagrafico e ritenendo di scorgere un po' la realtà che descrive.
Comprendo alcune delle sue ragioni, ma mi permetta di dissentire dalle sue conclusioni.
Letta dal di fuori, la sua non mi sembra di certo una storia fallimentare. Ha una laurea presa a quanto pare in tempi buoni, ha iniziato la pratica forense e si guarda intorno cercando il cosiddetto suo posto al sole, aspirando a partecipare a uno o più concorsi.
Certo, riferisce un passato di disturbi d'ansia e depressione, e una dipendenza da benzodiazepine ormai alle spalle, ma lei non è né una malattia, né un profilo Instagram, che immagino però frequenti visto che riferisce di "una società che a 25 anni ci vuole tutti belli, ricchi, con un lavoro fisso e con una macchina nuova di proprietà", che poi è cosa tutt'altro che vera visto che i rapporti sui giovani parlano di giovani smarriti, tendenti all'instabilità sentimentale e di disoccupazione giovanile al 23%, con differenze regionali talvolta anche importanti.
Aldilà di questo, però, io la leggo e mi chiedo: ci ha scritto cosa non ha o ritiene di non avere, ma può provare a scriverci cosa desidererebbe?
E, per ogni passo, riuscirebbe a definire una via per riuscire in ciò?
Penso sia un esercizio interessante e che vada aldilà della terapia di un eventuale disagio psicologico, da diagnosticare ed eventualmente trattare, se presente, con l'aiuto di un professionista.
Accolgo il suo sfogo e in alcuni modi penso di comprenderlo e comprenderla, essendo io non molto lontano da lei dal punto di vista anagrafico e ritenendo di scorgere un po' la realtà che descrive.
Comprendo alcune delle sue ragioni, ma mi permetta di dissentire dalle sue conclusioni.
Letta dal di fuori, la sua non mi sembra di certo una storia fallimentare. Ha una laurea presa a quanto pare in tempi buoni, ha iniziato la pratica forense e si guarda intorno cercando il cosiddetto suo posto al sole, aspirando a partecipare a uno o più concorsi.
Certo, riferisce un passato di disturbi d'ansia e depressione, e una dipendenza da benzodiazepine ormai alle spalle, ma lei non è né una malattia, né un profilo Instagram, che immagino però frequenti visto che riferisce di "una società che a 25 anni ci vuole tutti belli, ricchi, con un lavoro fisso e con una macchina nuova di proprietà", che poi è cosa tutt'altro che vera visto che i rapporti sui giovani parlano di giovani smarriti, tendenti all'instabilità sentimentale e di disoccupazione giovanile al 23%, con differenze regionali talvolta anche importanti.
Aldilà di questo, però, io la leggo e mi chiedo: ci ha scritto cosa non ha o ritiene di non avere, ma può provare a scriverci cosa desidererebbe?
E, per ogni passo, riuscirebbe a definire una via per riuscire in ciò?
Penso sia un esercizio interessante e che vada aldilà della terapia di un eventuale disagio psicologico, da diagnosticare ed eventualmente trattare, se presente, con l'aiuto di un professionista.
Dott. Ferdinando Toscano
Psicologo
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 4.8k visite dal 01/05/2023.
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