Come tagliare il cordone ombelicale con la propria famiglia?
Ho 27 anni appena compiuti e sono al primo anno di università (che pago con i miei soldi).
In questi anni, a parte qualche lavoretto, non ho fatto nulla di significativo per me.
Ho tanti sogni e obiettivi che non mi do il permesso di realizzare e che rimando da anni a causa della sudditanza psicologica che si è creata nel rapporto con i miei genitori.
Non mi sento libera di vivere la mia vita come voglio, è tutto un "fin quando vivi qui, fai quello che diciamo noi", ma poi ogni mio tentativo di emancipazione viene vissuto dai miei genitori come un tradimento, una mancanza di rispetto nei loro confronti e di conseguenza iniziano litigi, urla, musi lunghi e ricatti emotivi di ogni tipo.
Inoltre sono sempre stata discriminata rispetto a mio fratello: se c'è da fare qualcosa in casa devo farlo io "perché tu sei femmina", se mia madre sta male devo aiutarla io "perché tu sei femmina", non posso andare in vacanza con il mio fidanzato "perché tu sei femmina".
Mio fratello non ha mai mosso un dito in casa, non si è mai preso una responsabilità e fa tutto quello che vuole e per loro è normale che sia così.
Si aspettano che io passi tutta la vita nel nostro paesello del sud Italia per occuparmi di loro quando saranno anziani (sempre perché sono la figlia femmina).
Insomma, il messaggio che passa implicitamente è "puoi realizzarti, ma non troppo e alle nostre condizioni" e mi sento investita da aspettative e doveri che mi schiacciano.
Preciso che non voglio scaricare sui miei genitori le colpe di questa situazione, perché a loro volta sono stati vittime delle loro famiglie e non hanno avuto abbastanza consapevolezza da riuscire a elaborare le loro storie famigliari in modo costruttivo.
So che in qualche modo mi vogliono bene e che fanno quello che possono con gli strumenti che hanno.
So anche che la mia vita è una mia responsabilità e che è compito mio rompere questa dipendenza, ma sento di non avere gli strumenti per poterlo fare.
Di fronte a ogni litigio e ricatto emotivo, invece di reagire con grinta, cacciare le unghie e prendermi quello che mi spetta, cado nella disperazione.
Mi sento fragile, piccola, incapace di farmi valere e di mostrare la parte più autentica di me.
Insomma, detto in parole povere, non so stare davanti a loro con la schiena dritta, in modo adulto.
Sono arrivata al punto in cui, per evitare il conflitto, ho messo da parte i miei reali bisogni e desideri, ma la mia salute mentale ne sta risentendo.
Sono sempre arrabbiata, triste, ansiosa, ci sono dei giorni in cui spreco tutte le mie energie mentali pensando ossessivamente a questa situazione, altri in cui arrivo a desiderare la morte dei miei genitori (di mia madre in particolare), altri in cui desidero di essere io a morire.
Come se ne esce?
In questi anni, a parte qualche lavoretto, non ho fatto nulla di significativo per me.
Ho tanti sogni e obiettivi che non mi do il permesso di realizzare e che rimando da anni a causa della sudditanza psicologica che si è creata nel rapporto con i miei genitori.
Non mi sento libera di vivere la mia vita come voglio, è tutto un "fin quando vivi qui, fai quello che diciamo noi", ma poi ogni mio tentativo di emancipazione viene vissuto dai miei genitori come un tradimento, una mancanza di rispetto nei loro confronti e di conseguenza iniziano litigi, urla, musi lunghi e ricatti emotivi di ogni tipo.
Inoltre sono sempre stata discriminata rispetto a mio fratello: se c'è da fare qualcosa in casa devo farlo io "perché tu sei femmina", se mia madre sta male devo aiutarla io "perché tu sei femmina", non posso andare in vacanza con il mio fidanzato "perché tu sei femmina".
Mio fratello non ha mai mosso un dito in casa, non si è mai preso una responsabilità e fa tutto quello che vuole e per loro è normale che sia così.
Si aspettano che io passi tutta la vita nel nostro paesello del sud Italia per occuparmi di loro quando saranno anziani (sempre perché sono la figlia femmina).
Insomma, il messaggio che passa implicitamente è "puoi realizzarti, ma non troppo e alle nostre condizioni" e mi sento investita da aspettative e doveri che mi schiacciano.
Preciso che non voglio scaricare sui miei genitori le colpe di questa situazione, perché a loro volta sono stati vittime delle loro famiglie e non hanno avuto abbastanza consapevolezza da riuscire a elaborare le loro storie famigliari in modo costruttivo.
So che in qualche modo mi vogliono bene e che fanno quello che possono con gli strumenti che hanno.
So anche che la mia vita è una mia responsabilità e che è compito mio rompere questa dipendenza, ma sento di non avere gli strumenti per poterlo fare.
Di fronte a ogni litigio e ricatto emotivo, invece di reagire con grinta, cacciare le unghie e prendermi quello che mi spetta, cado nella disperazione.
Mi sento fragile, piccola, incapace di farmi valere e di mostrare la parte più autentica di me.
Insomma, detto in parole povere, non so stare davanti a loro con la schiena dritta, in modo adulto.
Sono arrivata al punto in cui, per evitare il conflitto, ho messo da parte i miei reali bisogni e desideri, ma la mia salute mentale ne sta risentendo.
Sono sempre arrabbiata, triste, ansiosa, ci sono dei giorni in cui spreco tutte le mie energie mentali pensando ossessivamente a questa situazione, altri in cui arrivo a desiderare la morte dei miei genitori (di mia madre in particolare), altri in cui desidero di essere io a morire.
Come se ne esce?
[#1]
Gentile utente,
"come se ne esce?", ci chiede.
Lei è in grado di fare un'analisi lucida, ma altrettanto riconosce di sentirsi fragile e piccola di fronte ai suoi genitori.
In certi momenti pensa che solamente la morte possa risolvere questo rapporto invischiato. In altri subisce condizionamenti pesanti.
Un piccolo accenno psicosociale:
non è molto tempo che l'auto realizzazione della persona ha trovato uno spazio per esprimersi e svilupparsi. Certamente ciò riguarda unicamente le nuove generazioni: le generazioni precedenti per inerzia proseguono la propria strada, come se fosse ineluttabile e già segnata. E dunque risulta loro incomprensibile che un figlio, ma soprattutto che una figlia *femmina*, alzi la cresta per decidere sulla propria vita. Ed essendo che i genitori possiedono una grande influenza su di noi i figli (ci hanno dato la vita), riescono a crearci dei dubbi sul nostro modo di pensare, sulle decisioni da prendere. In una parola sono in grado di tarparci le ali.
Talvolta, come nel suo caso, per trovare la lucidità e la forza di percorrere la propria strada senza farsi schiacciare dai sensi di colpa
occorre chiedere un aiuto qualificato:
un* Psicologo/a che sia anche Psicoterapeuta La potrà sicuramente aiutare.
Tenga conto che si tratta di una decisione personale, che andrà presa in autonomia dai genitori. Senza comunicarlo, senza chiedere il loro assenso.
Potrà far fronte alla spesa o rivolgendosi al Consultorio e altre strutture pubbliche quasi gratuite, oppure chiedendo il Bonus psicoterapia gratuita come potrà leggere qui:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/9005-importante-bonus-psicoterapia-gratuita-anche-per-il-2023.html .
Le auguriamo cuore di trovare la Sua strada.
Saluti cordiali.
Dott.Brunialti
"come se ne esce?", ci chiede.
Lei è in grado di fare un'analisi lucida, ma altrettanto riconosce di sentirsi fragile e piccola di fronte ai suoi genitori.
In certi momenti pensa che solamente la morte possa risolvere questo rapporto invischiato. In altri subisce condizionamenti pesanti.
Un piccolo accenno psicosociale:
non è molto tempo che l'auto realizzazione della persona ha trovato uno spazio per esprimersi e svilupparsi. Certamente ciò riguarda unicamente le nuove generazioni: le generazioni precedenti per inerzia proseguono la propria strada, come se fosse ineluttabile e già segnata. E dunque risulta loro incomprensibile che un figlio, ma soprattutto che una figlia *femmina*, alzi la cresta per decidere sulla propria vita. Ed essendo che i genitori possiedono una grande influenza su di noi i figli (ci hanno dato la vita), riescono a crearci dei dubbi sul nostro modo di pensare, sulle decisioni da prendere. In una parola sono in grado di tarparci le ali.
Talvolta, come nel suo caso, per trovare la lucidità e la forza di percorrere la propria strada senza farsi schiacciare dai sensi di colpa
occorre chiedere un aiuto qualificato:
un* Psicologo/a che sia anche Psicoterapeuta La potrà sicuramente aiutare.
Tenga conto che si tratta di una decisione personale, che andrà presa in autonomia dai genitori. Senza comunicarlo, senza chiedere il loro assenso.
Potrà far fronte alla spesa o rivolgendosi al Consultorio e altre strutture pubbliche quasi gratuite, oppure chiedendo il Bonus psicoterapia gratuita come potrà leggere qui:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/9005-importante-bonus-psicoterapia-gratuita-anche-per-il-2023.html .
Le auguriamo cuore di trovare la Sua strada.
Saluti cordiali.
Dott.Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
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