Come comportarsi con una persona depressa
Gentili dottori, vi scrivo per avere un consiglio su come comportarmi con mia madre.
Lei è sempre stata una persona molto, molto ansiosa e un po’ vittimista, cosa che a mio parere ha molto influito sulla sua vita e su quella delle persone a lei accanto.
Ha sempre trovato motivi per preoccuparsi, motivi per vietare a noi figlie di fare cose anche banali (che poi la facevamo stare in pensiero, che poi la facevamo preoccupare, che poi la facevamo soffrire) , spesso trasmettendoci ansie e paure.
Ora che noi figlie siamo adulte e che lei va per i 65, la situazione è degenerata.
Purtroppo nostro padre si è ammalato di una malattia invalidante e, successivamente, anche mio nonno (padre di mia mamma) ha cominciato a necessitare di cure importanti, fino ad arrivare ad essere completamente non autosufficiente (demenza senile di stadio avanzato).
Mia madre, ormai in pensione, si è presa sulle spalle la cura di entrambi (mio nonno è andato a vivere a casa con loro) e non vuole sentire ragioni per quanto riguarda l’idea di essere aiutata da qualcuno nella loro cura.
Questa situazione è ulteriormente peggiorata con la pandemia, perché da dopo il lockdown non è praticamente mai più uscita di casa.
Ho provato spesso a cercare di convincerla a pensare un po' più a se stessa, ad uscire ogni tanto, con me, trovando qualcuno che per qualche ora prendesse il suo posto (infermieri, badanti...).
La risposta è sempre che tanto la sua vita è finita, che da sola dove vuoi che vada, che se non ci pensa lei chi ci deve pensare, che non vuole estranei per casa.
Noi figlie, nel frattempo, abbiamo entrambe trovato un lavoro molto impegnativo, abbiamo mariti e figli a casa che ci aspettano, insomma facciamo quello che possiamo ma il tempo è quello che è e io davvero non so più come fare e come comportarmi con lei.
È assurdo che a casa i malati siano altri ma la mia preoccupazione sia tutta rivolta a lei, con la quale non so più nemmeno che atteggiamento avere, perché a volte mi fa tenerezza ma più spesso provo tanta rabbia e di questo mi dispiaccio.
Lei non fa che parlare dei problemi a casa, dire che non ce la fa più, ma vuole solo sfogarsi e avere qualcuno che la ascolti senza pensare a soluzioni concrete.
Io invece, al decimo sfogo della settimana, mi sento solo di proporre aiuti pratici che lei non prende nemmeno in considerazione.
Ogni volta che entro in quella casa mi sento risucchiata in un alone nero di depressione, di ansia, di problemi grandi o piccoli affrontati sempre con l'umore peggiore con cui si potrebbero affrontare.
Per questo mi sento in colpa, perché penso che dovrei volerle stare accanto e invece a volte lo faccio con sforzo e fatica.
So che quella che pongo è una domanda complessa non risolvibile in poche righe, ma vorrei dei consigli su che cosa posso fare in questa situazione, come devo pormi con lei, come posso convincerla a farsi aiutare.
Mi scuso per la lunghezza del mio scritto, ma sono davvero confusa.
Grazie mille per avermi letta.
Lei è sempre stata una persona molto, molto ansiosa e un po’ vittimista, cosa che a mio parere ha molto influito sulla sua vita e su quella delle persone a lei accanto.
Ha sempre trovato motivi per preoccuparsi, motivi per vietare a noi figlie di fare cose anche banali (che poi la facevamo stare in pensiero, che poi la facevamo preoccupare, che poi la facevamo soffrire) , spesso trasmettendoci ansie e paure.
Ora che noi figlie siamo adulte e che lei va per i 65, la situazione è degenerata.
Purtroppo nostro padre si è ammalato di una malattia invalidante e, successivamente, anche mio nonno (padre di mia mamma) ha cominciato a necessitare di cure importanti, fino ad arrivare ad essere completamente non autosufficiente (demenza senile di stadio avanzato).
Mia madre, ormai in pensione, si è presa sulle spalle la cura di entrambi (mio nonno è andato a vivere a casa con loro) e non vuole sentire ragioni per quanto riguarda l’idea di essere aiutata da qualcuno nella loro cura.
Questa situazione è ulteriormente peggiorata con la pandemia, perché da dopo il lockdown non è praticamente mai più uscita di casa.
Ho provato spesso a cercare di convincerla a pensare un po' più a se stessa, ad uscire ogni tanto, con me, trovando qualcuno che per qualche ora prendesse il suo posto (infermieri, badanti...).
La risposta è sempre che tanto la sua vita è finita, che da sola dove vuoi che vada, che se non ci pensa lei chi ci deve pensare, che non vuole estranei per casa.
Noi figlie, nel frattempo, abbiamo entrambe trovato un lavoro molto impegnativo, abbiamo mariti e figli a casa che ci aspettano, insomma facciamo quello che possiamo ma il tempo è quello che è e io davvero non so più come fare e come comportarmi con lei.
È assurdo che a casa i malati siano altri ma la mia preoccupazione sia tutta rivolta a lei, con la quale non so più nemmeno che atteggiamento avere, perché a volte mi fa tenerezza ma più spesso provo tanta rabbia e di questo mi dispiaccio.
Lei non fa che parlare dei problemi a casa, dire che non ce la fa più, ma vuole solo sfogarsi e avere qualcuno che la ascolti senza pensare a soluzioni concrete.
Io invece, al decimo sfogo della settimana, mi sento solo di proporre aiuti pratici che lei non prende nemmeno in considerazione.
Ogni volta che entro in quella casa mi sento risucchiata in un alone nero di depressione, di ansia, di problemi grandi o piccoli affrontati sempre con l'umore peggiore con cui si potrebbero affrontare.
Per questo mi sento in colpa, perché penso che dovrei volerle stare accanto e invece a volte lo faccio con sforzo e fatica.
So che quella che pongo è una domanda complessa non risolvibile in poche righe, ma vorrei dei consigli su che cosa posso fare in questa situazione, come devo pormi con lei, come posso convincerla a farsi aiutare.
Mi scuso per la lunghezza del mio scritto, ma sono davvero confusa.
Grazie mille per avermi letta.
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Buon pomeriggio,
La situazione che descrive mi fa pensare che la salute mentale non risiede nella pace dei sensi e/o nell'assenza dei conflitti, anzi. Quel che lei prova è comprensibile ma non c'è altro che si possa dire se non che "deve soffrire", nel senso che sarebbe assurdo che lei arrivasse a non importarsene, stiamo pur parlando di persone care, ma al tempo stesso non potrà forzare la mano perché le persone che ama hanno fatto la loro scelta, e lo hanno fatto a modo loro
Certe situazioni non vanno affrontate sperando di smettere di star male, bensì cercando nuovi equilibri e cercando di superare il fatto che le scelte altrui, anche quelle fatte dalle persone a cui si è legati, potrebbero dover essere appoggiate anche se non si è d'accordo
La situazione che descrive mi fa pensare che la salute mentale non risiede nella pace dei sensi e/o nell'assenza dei conflitti, anzi. Quel che lei prova è comprensibile ma non c'è altro che si possa dire se non che "deve soffrire", nel senso che sarebbe assurdo che lei arrivasse a non importarsene, stiamo pur parlando di persone care, ma al tempo stesso non potrà forzare la mano perché le persone che ama hanno fatto la loro scelta, e lo hanno fatto a modo loro
Certe situazioni non vanno affrontate sperando di smettere di star male, bensì cercando nuovi equilibri e cercando di superare il fatto che le scelte altrui, anche quelle fatte dalle persone a cui si è legati, potrebbero dover essere appoggiate anche se non si è d'accordo
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Prenota un Consulto Gratuito: www.miodottore.it/alessio-fogliamanzillo
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[#2]
Utente
Gentile dottore, grazie mille per la sua preziosa risposta.
Mi chiedo: pur accettando il fatto che mia madre abbia fatto questa scelta, devo smettere di cercare di pensare a come farla uscire di casa, a come farla stare un po’ meglio? So che questo meglio è un meglio dal mio punto di vista, ma lei stessa dice di stare male, di non farcela più.
Temo di non fare abbastanza, temo un giorno di pentirmi di non aver fatto qualcosa di utile...devo solo accettare, devo smettere di lottare ?
Mi chiedo: pur accettando il fatto che mia madre abbia fatto questa scelta, devo smettere di cercare di pensare a come farla uscire di casa, a come farla stare un po’ meglio? So che questo meglio è un meglio dal mio punto di vista, ma lei stessa dice di stare male, di non farcela più.
Temo di non fare abbastanza, temo un giorno di pentirmi di non aver fatto qualcosa di utile...devo solo accettare, devo smettere di lottare ?
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È difficile rispondere con cognizione di causa, non c'è risposta sicuramente corretta sempre per queste situazioni. In genere in Psicologia applichiamo una sorta di frustrazione abile, ovvero se l'interlocutore non ci segue noi partiamo da quel che dice e poi da lì spostiamo l'attenzione un diciamo "passetto alla volta", facendo un livello minimo di resistenza e lasciando che sia questa, nel tempo, a fare da base per un possibile nuovo divenire; soprattutto, questo sistema ci permette di mettere la giusta distanza per non venire risucchiati ed al tempo stesso essere ancora empatici e promotori di un qualche cambiamento. Volendo essere un po' più pratici, se ad esempio sua madre non vuole proprio uscire di casa perché deve pulire allora un possibile atteggiamento potrebbe essere di andare insieme a svolgere un qualche servizio vicino casa per l'acquisto di un detersivo per pulire
Questo atteggiamento non è mirato a risolvere il problema bensì a proporre cambiamenti in una forma più appetibile per chi riceve il messaggio; andrebbe fatto con il cuore quanto più sereno possibile e senza pretese di risolvere subito il problema, ed è un buon compromesso tra il solo accettare ed il solo lottare
Questo atteggiamento non è mirato a risolvere il problema bensì a proporre cambiamenti in una forma più appetibile per chi riceve il messaggio; andrebbe fatto con il cuore quanto più sereno possibile e senza pretese di risolvere subito il problema, ed è un buon compromesso tra il solo accettare ed il solo lottare
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Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 1.2k visite dal 03/04/2023.
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