è possibile che dopo 7 mesi di percorso,riaffiorino di nuovo i miei sintomi?

Cari Dottori, curatori dell' anima, buongiorno sono un uomo di 39 anni, con parecchi limiti, che ormai da 7 mesi ho voluto affrontare.
Ho iniziato il mio percorso, perché avevo difficoltà ad affrontare le riunioni di lavoro, ma non solo ho addiritura difficoltà ad affrontare qualsiasi situazione, anche la più banale.
Tutto ciò, che mi espone a qualcosa di nuovo, mi porta ad affrontarlo non nei migliori dei modi.
Se sono costretto a farlo lo faccio, anche se a brutta voglia ma lo faccio, altrimenti se posso scegliere preferisco evitare la situazione.
nel mio percorso stavo prendendo un po' di forza con me stesso, e nell' ultimo mese, pensavo addiritura di esserne quasi uscito, ma per altri problemi di salute ho dovuto mollare momentaneamente con il mio pisicoterapeuta.
Ora mi ritrovo qua a scrivere, perché è bastato che un cliente, nel supermercato dove lavoro, mi dicesse che mi vedeva molto dimagrito, a riprendere gli stati d'animo non tanto felici.
ho chiesto anche al mio pisicoterapeuta tramite messaggio se fosse normale, rispondendomi di si, perché ancora non ho acquisito la forza necessaria per affrontare il tutto.
Se scrivo qua, non è che lo faccia perché non mi fido del mio terapeuta, ma giusto per sentire altri consigli da voi professionisti.
per precisare il mio terapeuta mi ha diagnosticato: Narcisismo, un po' di pensiero ossessivo, e parecchia fragilità.
So già, che non potrete dare dei consigli specifici, non conoscendo per intero la mia storia, dalla mia infanzia, ma sono certo che avrete sicuramente qualche bella parola, che sicuramente accoglierò, per vedere le cose in maniera differente.
certo di una vostra risposta porgo i miei più cordiali saluti e ringrazio.
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 190 19
Gentile utente,

da quello che descrive si potrebbe ipotizzare un disturbo evitante di personalità, o dei tratti di tale disturbo, che spesso è una declinazione di quello narcisistico.
Infatti sembrerebbe che lei tenda ad evitare le situazioni nelle quali è esposto allo sguardo degli altri, uno sguardo da cui forse si sente trafitto, o che comunque avverte come malevolo e giudicante.
Spesso infatti il narcisismo, a differenza di quel che è la sua rappresentazione nell'immaginario collettivo, si esprime con una marcata inclinazione alla vergogna, con una tendenza a sfuggire da quelle situazioni nelle quali si avverte il pericolo che la propria insufficienza possa essere smascherata.

L'unico consiglio che posso darle è quello di riprendere il percorso che aveva interrotto con fiducia e pazienza; se si trovasse in difficoltà nel farlo o se ci fossero altre ragioni per cui non vuole continuare tale percorso, le suggerisco di rivolgersi ad un altro psicoterapeuta, che magari si adatti meglio alle sue esigenze personali e pratiche o che le ispiri più fiducia.

Uno dei nostri bisogni è sicuramente quello di sentirci amati e apprezzati, ma c'è una differenza nel valore e nell'essenzialità che si attribuisce ad esso. Lo si può ricercare con moderazione o in maniera incessante e senza tregua. In quest'ultimo caso si è destinati a divenirne schiavi, a soffrire e a morire dentro. Per morire dentro intendo investire tutte le proprie energie nel cercare disperatamente di ottenere l'approvazione degli altri, o la smentita della propria inadeguatezza, al prezzo di dimenticarsi di sé stessi, o di tradirsi, annullandosi nella propria interiorità.
Magari si riesce anche a piacere, però poi, nel chiuso della propria stanza, o nel buio della propria intimità, si vive un'esperienza di profonda solitudine, tristezza, distanza dalla vita, dalla propria felicità, dai propri intimi desideri, dal proprio modo di essere al di là di tutto e tutti.

Credo che sia un prezzo decisamente troppo alto da pagare. Per questo ritengo che tutti, chi più chi meno, dovremmo lavorare per poter rinunciare quanto più possibile al nostro narcisismo.
Alla luce di ciò però, tale rinuncia si palesa in realtà come una liberazione, perché ci può permettere di svincolarci per quanto possibile dall'altro e in un certo senso anche da noi stessi, cioè dalla nostra brama di piacere ad ogni costo e dalla nostra immagine ideale, per rimetterci in contatto con delle parti del nostro animo spente o dimenticate, relegate magari in qualche angolo abbandonato dentro di noi. Parti ad esempio legate alla nostra libertà interiore, alla nostra capacità di sorprenderci, gioire, ridere di noi stessi e dei nostri limiti.

Il narcisismo è in fondo anche una difesa che si rivela una condanna, dalla caducità della vita, dalla nostra finitezza, insufficienza; è un voler negare tutto ciò. Ma perché invece non assumerlo come inevitabile? Forse ci si potrebbe cogliere in questo un'incredibile libertà di vivere, di sentire, di essere e anche di sbagliare. Dovremmo rivendicare anche il diritto di poter inciampare e di essere imperfetti.
Provi a non focalizzarsi su quel che l'altro vede o non vede di lei, perché in questo modo si perde tutto il bello del mondo e di sé stesso.

Auguri di cuore.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

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Utente
Utente
Cara Dottoressa,la ringrazio per la sua celere e bellissima risposta.Si è vero,con il mio Dottore,abbiamo analizzato,quanto sia importante per me il giudizio altrui.Me ne sto rendendo conto proprio adesso,che do tantissima importanza a quello che pensano gli altri.Anche se la cosa mi fa male,la vedo un po' più lontana,e come se riuscissi a guardala negli occhi.Riprenderò certamente il mio percorso,ed affronterò la cosa.Un cordiale saluto Dottoressa,grazie ancora per le bellissime parole!
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 190 19
Spero di esserle stata utile.
Ricordi che la vita è breve e un giorno non troppo lontano, potrebbe ritrovarsi a pensare ai dolori che oggi la affliggono in un modo diverso.
Forse con un sorriso, forse con un po' di rimpianto per quello che ora le stanno togliendo.
Il senso di queste parole non è quello di sminuire quello che prova, in quanto comprendo che possa essere doloroso e a tratti opprimente, ma solo di ricollocarlo in una prospettiva più ampia, nella quale necessariamente deve essere relativizzato, riportato cioè ad una dimensione minore di quella che le appare.
La sua vita è il centro di tutto, lasci che il resto possa essere solo uno sfondo.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

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Utente
Utente
Dottoressa è stata utile! Inizio già ad avere un po' di rimpianto,per tanti giorni persi,per non averli vissuti come avrei voluto. Come detto prima,in questo mesi ho già iniziato a vedere le cose in maniera differente,e mi rendo conto che mi manca ancora qualcosa,nel mi percorso,che riprenderò quanto prima! La ringrazio ancora
Saluti.
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Utente
Utente
Dottoressa buongiorno,spero in una risposta a quello che le sto per chiedere,ho ripreso il mio percorso,ho deciso nell ultima seduta,di affrontare dei temi riguardanti,la mia relazione con la mia compagna.Questo perché sin dall' inizio del mio percorso,il mio terapeuta,e come se volesse puntare sempre sulla mia relazione,quindi a distanza di qualche mese,avevo la paura,come se sapessi che il terapeuta,avrebbe voluto parlare della mia relazione...a prescindere,le vorrei porre una domanda,il terapeuta,nella mia forte fragilità,può dirmi " ti metto per iscritto che c entra la tua compagna" può dirmi,a seguito di un litigio di tanti anni fa,dove io ero andato via di casa, " essere andato via di casa per un giorno,non è detto che sia amore" può dirmi direttamente,senza un minimo di empatia,che soffro di relazione affettiva? A me il tutto ha rivoltato il mondo contro....io so di amare la mia compagna,ma onestamente parlando mi ha messo veramente tanti dubbi ed incertezze..dottoressa,le chiedo gentilmente,se una cosa così,è possibile che avvenga....lui mi ha detto che è un nodo da sciogliere,se realmente voglio stare bene con la mia compagna...certo di una sua risposta,cordiali saluti
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 190 19
Gentile utente,

uno psicoterapeuta può affrontare qualsiasi tema in seduta col paziente, soprattutto se ritiene che esso sia strettamente connesso al dolore di quest' ultimo.
A me da quello che riporta non sembra che lo psicoterapeuta sia stato poco empatico, forse lei ha percepito una scarsa empatia in quanto per lei il problema con la sua compagna costituisce un punto nevralgico, doloroso, attorno al quale si annidano molte delle sue sofferenze e fragilità. Comprendo il suo vissuto di rabbia, dolore, sconcerto; il suo percepire il mondo rivoltarglisi contro.
Questa è la reazione di chi si sente stanato, costretto ad abbandonare un luogo sicuro nel quale ha abitato per anni, forse per tutta la vita, o di chi si vede negata brutalmente la comprensione (nella propria percezione soggettiva, magari alterata dal dolore) e si sente colpevolizzato, abbandonato alla propria sofferenza.

Tuttavia credo sia inevitabile in seduta affrontare particolamente i discorsi che più fanno soffrire, perché tale sofferenza indica una verità del paziente che va affrontata, una sua questione intima, soggettiva, che non può essere ignorata.
Ne parli in seduta di questi suoi vissuti, dica tranquillamente che non ha percepito empatia e comprensione. Non abbia paura di mostrare al suo psicoterapeuta come si sente, la rabbia e il dolore che prova.
Se dovesse continuare nel tempo a non sentirsi compreso può eventualmente valutare di rivolgersi ad un altro professionista.
Prima però le suggerisco di provare a ricostruire la fiducia che ora è stata minata e soprattutto di dare al suo psicoterapeuta la possibilità di farlo. Tenga conto che anche la relazione terapeutica va incontro a rotture e riparazioni, come ogni altra, ad inciampi, a momenti di crisi, nei quali il paziente non si sente compreso o prova rabbia verso lo psicoterapeuta, ai quali possono seguirne altri di maggior sintonia e comprensione.

Cordiali saluti.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

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Utente
Utente
Dottoressa,come sempre la ringrazio,per la sua generosità ed empatia nel rispondere.Tuttavia,non riesco a vedere la connessione,tra i problemi che ho portato in seduta,ossia difficoltà ad affrontare delle riunioni a lavoro,che è un problema che mi porto fin da prima di conoscere la mia compagna,dove ormai ci conosciamo da 17 anni,la vedo veramente una cosa molto difficile,forse dovuto al fatto,come lei ha riportato,frutto del mio nido sicuro.Ma a prescindere,perché trovando giovamento,con poi una ricaduta, dove il mio pisco,mi disse che dovevo fare ancora un po' di fiducia con le mie reazioni,si è continuati a battere questo tasto? Cioè,se io,non credo che il problema possa essere la mia relazione,con me stoo trovando giovamento dal mio percorso,perché non continuare su questa strada,continuando a farmi forza,per poi magari un domani darmi delle risposte da solo? La mia più grande paura,e che tutta questa situazione,possa mettere in gioco la nostra relazione,di alto ed bassi,dove dentro di me sento,che ci amiamo,e che non vorrei mai e poi mai perdere la mia compagna,per questo motivo,per poi magari mangiarmi il fegato ....è meglio che continui a parlare di tutto ciò? La ringrazio Dottoressa.
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 190 19
Gentile utente,

anche se lei non vede connessioni è molto probabile che ci siano, in quanto i nostri problemi sono collegati gli uni agli altri, così come lo sono le nostre fragilità. I nostri dolori e le nostre difficoltà tessono fili invisibili e resistenti tra di loro e si legano, per cui se qualcosa non funziona spesso inevitabilmente si ripercuote su qualcos'altro.
Lei adesso non riesce a cogliere tale legame, o forse non è pronto per farlo.
Preferirebbe forse accantonare la questione della sua compagna e dedicarsi solo al suo lavoro.
Ma se prova tanto dolore nel parlare della sua compagna significa probabilmente che in quel vostro rapporto si cela un nucleo profondo di dolore.
Dove c' è rifiuto c' è paura, dolore, di perdere, scoprire, affrontare, essere travolti da qualcosa.
Non necessariamente la questione è amare o no la sua compagna; può essere legata al suo rapporto con lei, al suo modo di stare nel legame, con lei, o forse senza. E magari affrontando tale questione migliorerebbe il vostro rapporto o comunque la sua vita. Credo sia questo che voglia il suo psicoterapeuta.
Tuttavia io ritengo che sia importante rispettare i tempi di ciascuna persona ed accedere ai luoghi più intimi e segreti del suo cuore in punta di piedi; e se le fa comunque male provare ad aspettare.
Le suggerisco di parlare in seduta dei suoi vissuti, con libertà, come sta facendo ora, esplicitando al suo psicoterapeuta anche la sua volontà di non affrontare adesso questa questione.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

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Utente
Utente
Molto gentile,Dottoressa. Potrebbe essere così sicuramente.Affrontiamo anche questo. Grazie mille ancora.
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