Come aiutare mio papà
Buongiorno, mio padre, uomo di 56 anni, soffre da tempo di problemi cardiaci, e questo avanzando con l'età andrà a creargli sempre più problemi.
Il problema è che non si cura consultando medici, usa dosi di medicinali che gli furono prescritte anni fa, e per peggiorare la situazione è anche sovrappeso, questo a causa del comportamento che ha con il cibo, con il quale sembra sfogarsi.
Io ho bisogno di fargli capire che così non può andare avanti, eppure dovrebbe accorgersene da solo dato che dopo una rampa di scale ha il fiatone per 10 minuti.
Ha una figlia più piccola da crescere e la sua situazione se scoperta sul posto di lavoro potrebbe causare gravi problemi.
Non trovo il coraggio di parlargliene visto che da sempre tende ad allentare i problemi e le persone che cercano di aiutarlo a risolverli.
Spero che qualcuno possa aiutarmi.
Grazie
Il problema è che non si cura consultando medici, usa dosi di medicinali che gli furono prescritte anni fa, e per peggiorare la situazione è anche sovrappeso, questo a causa del comportamento che ha con il cibo, con il quale sembra sfogarsi.
Io ho bisogno di fargli capire che così non può andare avanti, eppure dovrebbe accorgersene da solo dato che dopo una rampa di scale ha il fiatone per 10 minuti.
Ha una figlia più piccola da crescere e la sua situazione se scoperta sul posto di lavoro potrebbe causare gravi problemi.
Non trovo il coraggio di parlargliene visto che da sempre tende ad allentare i problemi e le persone che cercano di aiutarlo a risolverli.
Spero che qualcuno possa aiutarmi.
Grazie
[#1]
Gentile utente,
lei si trova nel mezzo di un doloroso problema: è in stretto contatto con un padre che sotto i suoi occhi si danneggia da solo.
Anzitutto le devo dire che apprezzo, sia la sua attenzione verso suo padre e sua sorella, sia la sua consapevolezza, perché sa bene che la salute non ci viene elargita come un dono del cielo, ma dobbiamo anche coltivarla, preservarla; e sa anche che una salute a rischio richiede attenzioni ancora maggiori.
Spesso proprio il malato si ribella a questa situazione e vive ignorandola, o addirittura sfidandola.
I motivi sono i più diversi: non accettazione dei rischi che si delineano all'orizzonte; cattive esperienze nel rapporto con la medicina, sperimentate su di sé o su parenti prossimi, che rendono scettici sull'efficacia delle cure; una sotterranea scontentezza che toglie il gusto della vita, fatta di frustrazioni, noia, fatica quotidiana; altre cause.
Le dico questo, prima di suggerirle qualche modo per far desiderare a suo padre la guarigione o almeno il miglioramento e la stabilizzazione delle condizioni attuali, perché per prima cosa mi sembra necessario che lei entri in sintonia con quello che suo padre pensa e sente. In nessun campo, infatti, possiamo aiutare qualcuno, se non partendo da ciò che questa persona sente, immagina, desidera, teme.
Per esempio rimproverare un cinquantenne che non curandosi mette a rischio oltre al proprio anche il benessere della famiglia, potrebbe aggravare il suo disagio, accentuando un senso di inadeguatezza, o ispirargli la ribellione verso doveri che in questa fase della vita sente come insopportabili.
Allora la cosa migliore è accentuare le occasioni di vicinanza e di ascolto con suo padre; mettere da parte, per qualche settimana, raccomandazioni, consigli, osservazioni, soprattutto rimproveri e ansie. Faccia sentire a suo padre che lei c'è, che ha simpatia e affetto per lui. Lo inviti a brevi uscite nei parchi o intorno a casa. Gli parli di sé; gli chieda consigli per sé e lo ascolti parlare.
Se lei stesso è in lieve sovrappeso, tra qualche settimana potrebbe accedere ad un centro ospedaliero dove équipe molto preparate (medico, psicologo, dietista etc.) risolvono i problemi alimentari, e non solo quelli, senza altri costi che quelli del ticket; e in questo modo convincere suo padre senza altri strumenti che l'esempio.
Gli indirizzi al link che segue le saranno utili:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6999-anoressia-bulimia-binge-eating-come-sconfiggere-i-dca.html .
Naturalmente potrebbe fargli parlare da altri (medico di famiglia, fratelli, sua madre, che qui non nomina) ma per esperienza so che tutto quello che si colora di rimprovero viene rifiutato.
Se ha qualche diagnosi e qualche analisi clinica, le mandi ai cardiologi di Medicitalia per un parere, ma si guardi bene dallo spaventare suo padre.
Le dirò infine che nella sua città ci sono numerosi cardiologi e centri anche cardiochirurgici eccellenti, e che le cure, se il paziente le accetta, possono fare una differenza dalla notte al giorno.
Auguri; ci tenga al corrente.
lei si trova nel mezzo di un doloroso problema: è in stretto contatto con un padre che sotto i suoi occhi si danneggia da solo.
Anzitutto le devo dire che apprezzo, sia la sua attenzione verso suo padre e sua sorella, sia la sua consapevolezza, perché sa bene che la salute non ci viene elargita come un dono del cielo, ma dobbiamo anche coltivarla, preservarla; e sa anche che una salute a rischio richiede attenzioni ancora maggiori.
Spesso proprio il malato si ribella a questa situazione e vive ignorandola, o addirittura sfidandola.
I motivi sono i più diversi: non accettazione dei rischi che si delineano all'orizzonte; cattive esperienze nel rapporto con la medicina, sperimentate su di sé o su parenti prossimi, che rendono scettici sull'efficacia delle cure; una sotterranea scontentezza che toglie il gusto della vita, fatta di frustrazioni, noia, fatica quotidiana; altre cause.
Le dico questo, prima di suggerirle qualche modo per far desiderare a suo padre la guarigione o almeno il miglioramento e la stabilizzazione delle condizioni attuali, perché per prima cosa mi sembra necessario che lei entri in sintonia con quello che suo padre pensa e sente. In nessun campo, infatti, possiamo aiutare qualcuno, se non partendo da ciò che questa persona sente, immagina, desidera, teme.
Per esempio rimproverare un cinquantenne che non curandosi mette a rischio oltre al proprio anche il benessere della famiglia, potrebbe aggravare il suo disagio, accentuando un senso di inadeguatezza, o ispirargli la ribellione verso doveri che in questa fase della vita sente come insopportabili.
Allora la cosa migliore è accentuare le occasioni di vicinanza e di ascolto con suo padre; mettere da parte, per qualche settimana, raccomandazioni, consigli, osservazioni, soprattutto rimproveri e ansie. Faccia sentire a suo padre che lei c'è, che ha simpatia e affetto per lui. Lo inviti a brevi uscite nei parchi o intorno a casa. Gli parli di sé; gli chieda consigli per sé e lo ascolti parlare.
Se lei stesso è in lieve sovrappeso, tra qualche settimana potrebbe accedere ad un centro ospedaliero dove équipe molto preparate (medico, psicologo, dietista etc.) risolvono i problemi alimentari, e non solo quelli, senza altri costi che quelli del ticket; e in questo modo convincere suo padre senza altri strumenti che l'esempio.
Gli indirizzi al link che segue le saranno utili:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6999-anoressia-bulimia-binge-eating-come-sconfiggere-i-dca.html .
Naturalmente potrebbe fargli parlare da altri (medico di famiglia, fratelli, sua madre, che qui non nomina) ma per esperienza so che tutto quello che si colora di rimprovero viene rifiutato.
Se ha qualche diagnosi e qualche analisi clinica, le mandi ai cardiologi di Medicitalia per un parere, ma si guardi bene dallo spaventare suo padre.
Le dirò infine che nella sua città ci sono numerosi cardiologi e centri anche cardiochirurgici eccellenti, e che le cure, se il paziente le accetta, possono fare una differenza dalla notte al giorno.
Auguri; ci tenga al corrente.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Salve dottoressa, la ringrazio per la sua risposta.
Ormai è qualche mese che rifletto su cosa poter fare e le opzioni che mi sono venute in mente sono poche.
Una di queste è, come ha detto lei, quella di andare io per primo da un nutrizionista così da poterlo magari convincere con l'esempio.
Il problema è che lui rimanda sempre, infatti, come già accaduto, se gli chiedo se abbia intenzione di sentire un cardiologo o un altro medico che possa aiutarlo, mi risponde sempre dicendo che lo sentirebbe all'inizio della settimana successiva, poi non facendolo.
E' una persona che da sempre vive per rendere felici gli altri e questo credo sia il motivo che lo porta a trascurarsi.
I miei genitori sono separati quindi mia madre non può nulla, mia sorella è troppo piccola e mia nonna è malata di alzheimer.
Sono l'unico che può e deve aiutarlo.
Sono anche consapevole che lui viva in una grande condizione di stress, ma proprio perchè lui le altre persone vuole renderle felici, non ne parla.
Temo che a generargli stress siano motivazione inconsce e che forse non riesce a controllare.
L'unica cosa che so è che guardandolo vedo una persona immobile davanti al proprio destino, che non reagisce.
Ha al suo fianco una compagna, non la prima, che però evidentemente non è ancora a conoscenza della sua situazione ma non appena lo sarà e tenterà qualcosa già so che lui tenderà ad allontanarla.
Non so veramente come fare, e ho paura che il tempo a disposizione sia sempre meno.
Probabilmente sono io il primo che deve trovare la forza per fare qualcosa, però non nascondo che questa situazione mi suscita molta rabbia, sento di essere io il genitore e lui il figlio.
Grazie.
Ormai è qualche mese che rifletto su cosa poter fare e le opzioni che mi sono venute in mente sono poche.
Una di queste è, come ha detto lei, quella di andare io per primo da un nutrizionista così da poterlo magari convincere con l'esempio.
Il problema è che lui rimanda sempre, infatti, come già accaduto, se gli chiedo se abbia intenzione di sentire un cardiologo o un altro medico che possa aiutarlo, mi risponde sempre dicendo che lo sentirebbe all'inizio della settimana successiva, poi non facendolo.
E' una persona che da sempre vive per rendere felici gli altri e questo credo sia il motivo che lo porta a trascurarsi.
I miei genitori sono separati quindi mia madre non può nulla, mia sorella è troppo piccola e mia nonna è malata di alzheimer.
Sono l'unico che può e deve aiutarlo.
Sono anche consapevole che lui viva in una grande condizione di stress, ma proprio perchè lui le altre persone vuole renderle felici, non ne parla.
Temo che a generargli stress siano motivazione inconsce e che forse non riesce a controllare.
L'unica cosa che so è che guardandolo vedo una persona immobile davanti al proprio destino, che non reagisce.
Ha al suo fianco una compagna, non la prima, che però evidentemente non è ancora a conoscenza della sua situazione ma non appena lo sarà e tenterà qualcosa già so che lui tenderà ad allontanarla.
Non so veramente come fare, e ho paura che il tempo a disposizione sia sempre meno.
Probabilmente sono io il primo che deve trovare la forza per fare qualcosa, però non nascondo che questa situazione mi suscita molta rabbia, sento di essere io il genitore e lui il figlio.
Grazie.
[#3]
Gentile utente,
come ipotizzavo nella prima risposta, lei si trova di fronte ad un problema per niente facile ed è consapevole sia dei rischi, sia dei risvolti psicologici, per suo padre e per lei stesso: "questa situazione mi suscita molta rabbia, sento di essere io il genitore e lui il figlio".
Se dà una buona occhiata al link che lo ho allegato vedrà che a titolo gratuito nei maggiori ospedali operano équipe per i disturbi alimentari, come il big eating che sta danneggiando la salute di suo padre.
Se lo Stato mette a disposizione questi servizi non è perché ci vuole tutti "più snelli - più belli", ma perché i problemi cardiocircolatori sono la prima causa di morte nel mondo occidentale, e ciò dimostra che dipendono proprio dall'eccesso di cibo. L'Equipe che anche lei, se ci va per primo, si troverà di fronte, comprende uno psicologo, che saprà certamente trovare la strada per raggiungere le resistenze inconsce di suo padre.
In ogni caso, lei si sente in preda allo sconforto e dice di non sapere come fare, ma una strada l'avevo indicata già nella prima risposta: si apra ad una nuova dimensione di vicinanza e di ascolto verso suo padre.
Tecnicamente, questo significa incontrarlo per più tempo e con un dialogo più personale. La strada maestra può essere quella di chiedere a lui dei consigli: quasi tutti sono disposti più a consigliare che ad essere consigliati, in particolare un genitore e ancora di più un genitore così attento agli altri come lei decrive suo padre.
Da questa dimensione di ascolto si passa poi ad una maggiore fluidità, ad una confidenza e ad una presa di coscienza che possono rendere suo padre più raggiungibile sull'argomento cure.
In pratica le sto indicando una tecnica psicologica, e non il colpo di bacchetta magica che vorremmo nei momenti di pericolo.
Proprio perché lei stesso è stressato, potrebbe accedere anche senza andare nei centri per Disturbi Alimentari a colloquio con un* psicolog*, alle ASL o dove crede.
Anche questo potrebbe aprire a suo padre la strada per un colloquio che gli permetta di recuperare un più sano amore di sé, anche rielaborando gli elementi della sua vita che sono stati dolorosi e forse, per restare in tema, sono ancora "mal digeriti".
Lei alludeva per esempio ad una situazione lavorativa dove la condizione di suo padre sarebbe di nocumento. Ma l'Italia per fortuna tutela gli ammalati e gli invalidi, non li penalizza! Se invece suo padre, tra le altre scelte, ne ha fatta anche nel campo del lavoro una frustrante, sempre il colloquio psicologico l'aiuterà a trovare spiragli di soluzione.
Non finirò mai di segnalare, infine, che esistono incontri di gruppo su varie tematiche, condotti da psicologi, che con pochi soldi e talvolta con maggior successo dei colloqui individuali risolvono una serie di problemi.
Infine, alle strette, lei può prendere appuntamento per suo padre con un cardiologo presso l'ospedale più vicino a voi (l'impegnativa va stilata dal medico di famiglia, che quindi va informato da suo padre stesso) e pregarlo di andarci insieme.
Mai sentirsi scoraggiati quando tutte le strade sono ancora aperte!
Buone cose.
come ipotizzavo nella prima risposta, lei si trova di fronte ad un problema per niente facile ed è consapevole sia dei rischi, sia dei risvolti psicologici, per suo padre e per lei stesso: "questa situazione mi suscita molta rabbia, sento di essere io il genitore e lui il figlio".
Se dà una buona occhiata al link che lo ho allegato vedrà che a titolo gratuito nei maggiori ospedali operano équipe per i disturbi alimentari, come il big eating che sta danneggiando la salute di suo padre.
Se lo Stato mette a disposizione questi servizi non è perché ci vuole tutti "più snelli - più belli", ma perché i problemi cardiocircolatori sono la prima causa di morte nel mondo occidentale, e ciò dimostra che dipendono proprio dall'eccesso di cibo. L'Equipe che anche lei, se ci va per primo, si troverà di fronte, comprende uno psicologo, che saprà certamente trovare la strada per raggiungere le resistenze inconsce di suo padre.
In ogni caso, lei si sente in preda allo sconforto e dice di non sapere come fare, ma una strada l'avevo indicata già nella prima risposta: si apra ad una nuova dimensione di vicinanza e di ascolto verso suo padre.
Tecnicamente, questo significa incontrarlo per più tempo e con un dialogo più personale. La strada maestra può essere quella di chiedere a lui dei consigli: quasi tutti sono disposti più a consigliare che ad essere consigliati, in particolare un genitore e ancora di più un genitore così attento agli altri come lei decrive suo padre.
Da questa dimensione di ascolto si passa poi ad una maggiore fluidità, ad una confidenza e ad una presa di coscienza che possono rendere suo padre più raggiungibile sull'argomento cure.
In pratica le sto indicando una tecnica psicologica, e non il colpo di bacchetta magica che vorremmo nei momenti di pericolo.
Proprio perché lei stesso è stressato, potrebbe accedere anche senza andare nei centri per Disturbi Alimentari a colloquio con un* psicolog*, alle ASL o dove crede.
Anche questo potrebbe aprire a suo padre la strada per un colloquio che gli permetta di recuperare un più sano amore di sé, anche rielaborando gli elementi della sua vita che sono stati dolorosi e forse, per restare in tema, sono ancora "mal digeriti".
Lei alludeva per esempio ad una situazione lavorativa dove la condizione di suo padre sarebbe di nocumento. Ma l'Italia per fortuna tutela gli ammalati e gli invalidi, non li penalizza! Se invece suo padre, tra le altre scelte, ne ha fatta anche nel campo del lavoro una frustrante, sempre il colloquio psicologico l'aiuterà a trovare spiragli di soluzione.
Non finirò mai di segnalare, infine, che esistono incontri di gruppo su varie tematiche, condotti da psicologi, che con pochi soldi e talvolta con maggior successo dei colloqui individuali risolvono una serie di problemi.
Infine, alle strette, lei può prendere appuntamento per suo padre con un cardiologo presso l'ospedale più vicino a voi (l'impegnativa va stilata dal medico di famiglia, che quindi va informato da suo padre stesso) e pregarlo di andarci insieme.
Mai sentirsi scoraggiati quando tutte le strade sono ancora aperte!
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.4k visite dal 30/03/2023.
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