Io e questo mio amico
Buonasera, vorrei avere un consulto su una questione marginale, ma allo stesso tempo centrale della mia vita.
Io avevo un amico che per me era come un fratello: una persona con cui parlare di tutto e di più.
Entrambi abbiamo sofferto a causa della vita (io ho perso un padre a 14 anni, lui nello stesso periodo doveva fare i conti con un divorzio dei suoi in cui suo padre era violento sia con lui che con la madre), solo che a un certo punto qualcosa si è rotto tra di noi.
Questo accadde nel 2019, quando cominciò a raccontarmi di alcuni suoi pensieri che aveva (diceva di sentire delle voci che gli dicevano di fare del male a qualcuno) e per questo si autolacerava con le unghie la pelle.
Me ne parló e io gli consigliai una visita psichiatrica per escludere schizofrenia o altre cause, ma non ci volle andare.
Io allora da bravo cretino cominciai a fare quasi da suo psicologo: cercavo di aiutarlo, di fargli cambiare idee che aveva e fargli capire che questi gesti autolesionistici non erano la soluzione.
Solo che le sue idee cominciarono a perforarmi, e le sue tesi a favore di quel che faceva mi sembravano quasi giuste.
A un certo punto decisi di smetterla e mi staccai da lui, di allontanarmi ma senza dirglielo per paura.
Andavo avanti con la mia vita, ma ogni volta che ripensavo a lui venivo preso da senso di ansia.
Ogni suo messaggio che mi mandava mi terrorizzava: avevo paura mi potesse mandare ancora foto del suo corpo tagliato con le unghie come faceva prima, o peggio.
Andai così per 6 mesi circa, poi a fine dicembre 2019 stetti malissimo: pensare a lui mi aveva portato ad avere pensieri ricorrenti sul fatto che non fossi stato un bravo amico e che lo avevo abbandonato, che ero cattivo e da lì caddi in una forma di depressione ansiosa diagnosticata a inizio 2020.
Adesso sono guarito dalla depressione ansiosa, però ho ancora dei problemi che cerco di affrontare col mio psicoanalista: come le mie ansie e i miei pensieri ossessivi.
Tra le varie cose però, a volte, quando rivedo questo mio amico, mi sale l'ansia e so che con lui non riesco ad affrontare argomenti troppo "profondi" perché ogni volta sento una parte di me che mi dice "lui ha ragione, tu no" oppure "a lui non piace questa cosa, allora non è bella e non deve piacere neanche a te".
Mi chiedevo perché questa persona ha ancora questa efficacia su di me?
Perché non riesco a staccarmi del tutto e perché mi genera ancora ansia questa persona?
Grazie delle risposte
Io avevo un amico che per me era come un fratello: una persona con cui parlare di tutto e di più.
Entrambi abbiamo sofferto a causa della vita (io ho perso un padre a 14 anni, lui nello stesso periodo doveva fare i conti con un divorzio dei suoi in cui suo padre era violento sia con lui che con la madre), solo che a un certo punto qualcosa si è rotto tra di noi.
Questo accadde nel 2019, quando cominciò a raccontarmi di alcuni suoi pensieri che aveva (diceva di sentire delle voci che gli dicevano di fare del male a qualcuno) e per questo si autolacerava con le unghie la pelle.
Me ne parló e io gli consigliai una visita psichiatrica per escludere schizofrenia o altre cause, ma non ci volle andare.
Io allora da bravo cretino cominciai a fare quasi da suo psicologo: cercavo di aiutarlo, di fargli cambiare idee che aveva e fargli capire che questi gesti autolesionistici non erano la soluzione.
Solo che le sue idee cominciarono a perforarmi, e le sue tesi a favore di quel che faceva mi sembravano quasi giuste.
A un certo punto decisi di smetterla e mi staccai da lui, di allontanarmi ma senza dirglielo per paura.
Andavo avanti con la mia vita, ma ogni volta che ripensavo a lui venivo preso da senso di ansia.
Ogni suo messaggio che mi mandava mi terrorizzava: avevo paura mi potesse mandare ancora foto del suo corpo tagliato con le unghie come faceva prima, o peggio.
Andai così per 6 mesi circa, poi a fine dicembre 2019 stetti malissimo: pensare a lui mi aveva portato ad avere pensieri ricorrenti sul fatto che non fossi stato un bravo amico e che lo avevo abbandonato, che ero cattivo e da lì caddi in una forma di depressione ansiosa diagnosticata a inizio 2020.
Adesso sono guarito dalla depressione ansiosa, però ho ancora dei problemi che cerco di affrontare col mio psicoanalista: come le mie ansie e i miei pensieri ossessivi.
Tra le varie cose però, a volte, quando rivedo questo mio amico, mi sale l'ansia e so che con lui non riesco ad affrontare argomenti troppo "profondi" perché ogni volta sento una parte di me che mi dice "lui ha ragione, tu no" oppure "a lui non piace questa cosa, allora non è bella e non deve piacere neanche a te".
Mi chiedevo perché questa persona ha ancora questa efficacia su di me?
Perché non riesco a staccarmi del tutto e perché mi genera ancora ansia questa persona?
Grazie delle risposte
[#1]
Buongiorno, se è in cura tutt'ora con uno psicoanalista potrà affrontare con lui i quesiti che sottopone.
Avrà sicuramente già affrontato tale argomento ma se genera in lei ancora ansia ed un "attaccamento" che la turba, vuol dire che è un tema che deve approfondire ancora con il suo terapeuta. Quando si ha una relazione, amicale nel suo caso, con una persona in difficoltà, sia essa una difficoltà psichica o di altra natura, può nascere il desiderio di "aiutare" o "salvare" l'altra persona a cui teniamo. In realtà ci sono patologie di cui non ci si può far carico e vanno affrontate soggettivamente con specialisti adatti arrendendosi all'idea che ognuno è responsabile di se stesso e che l'amicizia non può essere fonte di ansia e disagio nè fungere da solo supporto.
"Io allora da bravo cretino cominciai a fare quasi da suo psicologo...", in realtà lei ha agito "da amico" per poi comprendere che l'aiuto di cui aveva bisogno l'altra persona non poteva essere il suo. Accetti questo limite e rifletta in terapia sulle sue reazioni, passate ed attuali in merito a questa relazione.
FC
Avrà sicuramente già affrontato tale argomento ma se genera in lei ancora ansia ed un "attaccamento" che la turba, vuol dire che è un tema che deve approfondire ancora con il suo terapeuta. Quando si ha una relazione, amicale nel suo caso, con una persona in difficoltà, sia essa una difficoltà psichica o di altra natura, può nascere il desiderio di "aiutare" o "salvare" l'altra persona a cui teniamo. In realtà ci sono patologie di cui non ci si può far carico e vanno affrontate soggettivamente con specialisti adatti arrendendosi all'idea che ognuno è responsabile di se stesso e che l'amicizia non può essere fonte di ansia e disagio nè fungere da solo supporto.
"Io allora da bravo cretino cominciai a fare quasi da suo psicologo...", in realtà lei ha agito "da amico" per poi comprendere che l'aiuto di cui aveva bisogno l'altra persona non poteva essere il suo. Accetti questo limite e rifletta in terapia sulle sue reazioni, passate ed attuali in merito a questa relazione.
FC
Dr.ssa Dederica Cairoli
[#2]
Utente
Grazie dottoressa. Si è stato oggetto di molte sedute e più o meno ho capito il perché do questa importanza a lui, però ancora non riesco a staccarmi. Di certo ne parlerò giovedì alla seduta che ho. Oggi poi sono andato a una festa di laurea di un nostro amico in comune, e c'era pure lui... ed è stato pesante. Ha cominciato a dire che la vita è solo una retta diretta alla morte, che gli animali domestici vendono il loro corpo per avere un vitto e alloggio migliore. Insomma qualsiasi cosa legata alla vita sembrava fosse una farsa. Mi ha messo un po' di angoscia. Adesso sono a casa e sto cercando di non pensare a ciò che ha detto: a non chiedermi se abbia ragione o meno, a non rimuginare, però sono un po' in angoscia.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 848 visite dal 18/03/2023.
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