Eccessivo attaccamento alla famiglia
Carissimi dottori, sono un ragazzo di 24 anni e vorrei capire qualcosa di più del mio comportamento spesso strano rispetto ai miei coetanei.
Sin da quando ero piccolo, sono stato un bambino (e poi ragazzo) sempre attaccato alla famiglia, vivo in un paesello di provincia e qui ci conosciamo a grosso modo tutti, la parentela è molto ampia e supera abbondantemente il centinaio di persone.
Fino a quando avevo 18-19 anni avevo la fissa di voler passare il Capodanno con i miei genitori assieme ai miei parenti e così facevo, poi ovviamente l'ho passato anche con gli amici ma non ha mai avuto lo stesso sapore di farlo in famiglia.
Succede lo stesso per i compleanni, credetemi non mi sono mai perso un compleanno dei parenti stretti in vita mia.
Da almeno due anni sento la voglia di staccarmi dalla famiglia ed andare a vivere da solo lontano da qui per farmi una vita mia (e si spera una famiglia mia), questo desiderio è diventato sempre più incessante negli ultimi mesi, fino a quando, da qualche settimana a questa parte, sono venuti a mancare 3 dei miei parenti, ed io sono improvvisamente tornato a sentire il valore della famiglia, è come se li volessi vicino a me, e spesso vado con i miei genitori a casa di questi parenti pur senza spizzicare una parola, ma per il solo gusto di vederli in faccia e vedere i miei che parlano con loro.
Non sono solo il ragazzo attaccato alla famiglia, sono anche colui che vuole divertirsi con gli amici, ma amici non ne ha attualmente, e di conseguenza mi torna bene stare con la mia famiglia seppur sono persone tutte con un'età superiore ai 50 anni.
Quello che mi chiedo, è che nonostante io vorrei trasferirmi per farmi una vita mia e per trovare lavoro, sto iniziando a sentirmi a disagio per questa situazione perché io vorrei vedere le solite facce dei miei famigliari, perché mi fa stare bene, ma questo non mi porta a maturare sul piano personale in quanto dovrei pensare di più alle mie capacità professionali e a come portare uno stipendio a casa piuttosto che essere il ragazzo introverso che vuole starsene in famiglia, anche perché spesso i miei genitori mi hanno detto che questa situazione non è normale.
Tutto ciò tuttavia succede anche perché sono rimasto senza amici, perché quando avevo amici ero un ragazzo che comunque usciva molto e stava con persone diverse.
Quindi la mia domanda è: come concilio il voler andar via per trovare lavoro con questo mio attaccamento alla famiglia che inevitabilmente perderò pian piano vista la mia lontananza dal mio luogo di origine?
Sin da quando ero piccolo, sono stato un bambino (e poi ragazzo) sempre attaccato alla famiglia, vivo in un paesello di provincia e qui ci conosciamo a grosso modo tutti, la parentela è molto ampia e supera abbondantemente il centinaio di persone.
Fino a quando avevo 18-19 anni avevo la fissa di voler passare il Capodanno con i miei genitori assieme ai miei parenti e così facevo, poi ovviamente l'ho passato anche con gli amici ma non ha mai avuto lo stesso sapore di farlo in famiglia.
Succede lo stesso per i compleanni, credetemi non mi sono mai perso un compleanno dei parenti stretti in vita mia.
Da almeno due anni sento la voglia di staccarmi dalla famiglia ed andare a vivere da solo lontano da qui per farmi una vita mia (e si spera una famiglia mia), questo desiderio è diventato sempre più incessante negli ultimi mesi, fino a quando, da qualche settimana a questa parte, sono venuti a mancare 3 dei miei parenti, ed io sono improvvisamente tornato a sentire il valore della famiglia, è come se li volessi vicino a me, e spesso vado con i miei genitori a casa di questi parenti pur senza spizzicare una parola, ma per il solo gusto di vederli in faccia e vedere i miei che parlano con loro.
Non sono solo il ragazzo attaccato alla famiglia, sono anche colui che vuole divertirsi con gli amici, ma amici non ne ha attualmente, e di conseguenza mi torna bene stare con la mia famiglia seppur sono persone tutte con un'età superiore ai 50 anni.
Quello che mi chiedo, è che nonostante io vorrei trasferirmi per farmi una vita mia e per trovare lavoro, sto iniziando a sentirmi a disagio per questa situazione perché io vorrei vedere le solite facce dei miei famigliari, perché mi fa stare bene, ma questo non mi porta a maturare sul piano personale in quanto dovrei pensare di più alle mie capacità professionali e a come portare uno stipendio a casa piuttosto che essere il ragazzo introverso che vuole starsene in famiglia, anche perché spesso i miei genitori mi hanno detto che questa situazione non è normale.
Tutto ciò tuttavia succede anche perché sono rimasto senza amici, perché quando avevo amici ero un ragazzo che comunque usciva molto e stava con persone diverse.
Quindi la mia domanda è: come concilio il voler andar via per trovare lavoro con questo mio attaccamento alla famiglia che inevitabilmente perderò pian piano vista la mia lontananza dal mio luogo di origine?
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Gentile utente,
credo che sia comprensibile e normale che lei abbia due bisogni che possono sembrarle inconciliabili.
Da un lato c'è il bisogno del legame con la sua famiglia, che si esprime nel desiderio di voler restare con loro, dall'altro c'è il bisogno della sua individualità, che si esprime attraverso il desiderio di trovare la sua strada e di farsi la sua vita.
Probabilmente questi due bisogni, che lei avverte come inconciliabili, le causano un conflitto interiore, in quanto sono presenti desideri opposti, e la soddisfazione di uno, provocherebbe l'insoddisfazione dell'altro.
Posso immaginare che sia difficile sperimentare ciò, non solo per l'indecisione della scelta, ma anche per la sensazione di disarmonia che essa comporta, che può generare ansia, apprensione, paura, irrequietezza, smarrimento.
Tuttavia, come in tutte le cose, è possibile cogliere anche l'aspetto positivo del conflitto interiore: l'opportunità di crescere.
Le suggerirei di guardare dentro di sé, e di cercare lì ciò che vuole e non all'esterno; non cerchi di eludere questa ricerca, in quanto attraversando tale conflitto e cercando di comprendere meglio, potrà accedere a ciò che desidera.
Ciò che lei definisce strano, comunque, non necessariamente lo è.
Ognuno di noi, vive i legami in modo unico, in base alla propria personalità, alle proprie attitudini, a ciò che evoca negli altri e a molto altro.
Forse c'è la possibilità che oltre a ciò, la sua famiglia rappresenti per lei una sicurezza a cui si è aggrappato, un riferimento affettivo che non è disposto a lasciare, anche perché sente di non averne altri al momento.
Probabilmente in seguito alla morte dei suoi 3 parenti "è tornato a sentire" il valore della sua famiglia in quanto si è sentito vulnerabile.
La morte, oltre alla perdita delle persone che ci lasciano, ci lascia sentire un po' tramortiti, perché ci ricorda di quanto la vita sia precaria, di quanto i legami siano esposti alla possibilità di spezzarsi da un momento all'altro.
Insomma, la morte, oltre alla perdita di chi muore, è una perdita di molto altro, delle nostre sicurezze e illusioni.
E a proposito di perdita, anche il cambiamento comporta una perdita, la perdita delle nostre abitudini e certezze per andare incontro allo sconosciuto. Però qualsiasi perdita, porta con sé anche un guadagno: una crescita personale, una consapevolezza maggiore.
Lei sembrerebbe essere spaventato dal cambiamento a cui andrebbe incontro se si distaccasse dalla propria famiglia.
In realtà però, per rispondere alla sua domanda, non perderebbe affatto la sua famiglia, né l' "attaccamento" verso essa! Accederebbe ad un legame diverso e ad un "attaccamento" diverso, forse meno "eccessivo", nel quale potrà fare esperienza di un amore più maturo, quello che tipicamente ha una persona adulta verso la propria famiglia d'origine. Una persona cioè, che si allontana dalla propria famiglia d'origine per crearsene una propria, per trovare la propria strada, al di là di essa, il proprio posto nel mondo, senza per questo smettere di amare i suoi genitori, fratelli o sorelle, e senza perdere il loro amore.
Può allontanarsi tranquillamente dal suo nucleo familiare, costruirsi la vita che desidera, sapendo che potrà ritornarvi sempre.
Se comunque dovesse avere difficoltà in ciò, può rivolgersi ad uno psicologo per una consulenza.
Auguri per tutto!
credo che sia comprensibile e normale che lei abbia due bisogni che possono sembrarle inconciliabili.
Da un lato c'è il bisogno del legame con la sua famiglia, che si esprime nel desiderio di voler restare con loro, dall'altro c'è il bisogno della sua individualità, che si esprime attraverso il desiderio di trovare la sua strada e di farsi la sua vita.
Probabilmente questi due bisogni, che lei avverte come inconciliabili, le causano un conflitto interiore, in quanto sono presenti desideri opposti, e la soddisfazione di uno, provocherebbe l'insoddisfazione dell'altro.
Posso immaginare che sia difficile sperimentare ciò, non solo per l'indecisione della scelta, ma anche per la sensazione di disarmonia che essa comporta, che può generare ansia, apprensione, paura, irrequietezza, smarrimento.
Tuttavia, come in tutte le cose, è possibile cogliere anche l'aspetto positivo del conflitto interiore: l'opportunità di crescere.
Le suggerirei di guardare dentro di sé, e di cercare lì ciò che vuole e non all'esterno; non cerchi di eludere questa ricerca, in quanto attraversando tale conflitto e cercando di comprendere meglio, potrà accedere a ciò che desidera.
Ciò che lei definisce strano, comunque, non necessariamente lo è.
Ognuno di noi, vive i legami in modo unico, in base alla propria personalità, alle proprie attitudini, a ciò che evoca negli altri e a molto altro.
Forse c'è la possibilità che oltre a ciò, la sua famiglia rappresenti per lei una sicurezza a cui si è aggrappato, un riferimento affettivo che non è disposto a lasciare, anche perché sente di non averne altri al momento.
Probabilmente in seguito alla morte dei suoi 3 parenti "è tornato a sentire" il valore della sua famiglia in quanto si è sentito vulnerabile.
La morte, oltre alla perdita delle persone che ci lasciano, ci lascia sentire un po' tramortiti, perché ci ricorda di quanto la vita sia precaria, di quanto i legami siano esposti alla possibilità di spezzarsi da un momento all'altro.
Insomma, la morte, oltre alla perdita di chi muore, è una perdita di molto altro, delle nostre sicurezze e illusioni.
E a proposito di perdita, anche il cambiamento comporta una perdita, la perdita delle nostre abitudini e certezze per andare incontro allo sconosciuto. Però qualsiasi perdita, porta con sé anche un guadagno: una crescita personale, una consapevolezza maggiore.
Lei sembrerebbe essere spaventato dal cambiamento a cui andrebbe incontro se si distaccasse dalla propria famiglia.
In realtà però, per rispondere alla sua domanda, non perderebbe affatto la sua famiglia, né l' "attaccamento" verso essa! Accederebbe ad un legame diverso e ad un "attaccamento" diverso, forse meno "eccessivo", nel quale potrà fare esperienza di un amore più maturo, quello che tipicamente ha una persona adulta verso la propria famiglia d'origine. Una persona cioè, che si allontana dalla propria famiglia d'origine per crearsene una propria, per trovare la propria strada, al di là di essa, il proprio posto nel mondo, senza per questo smettere di amare i suoi genitori, fratelli o sorelle, e senza perdere il loro amore.
Può allontanarsi tranquillamente dal suo nucleo familiare, costruirsi la vita che desidera, sapendo che potrà ritornarvi sempre.
Se comunque dovesse avere difficoltà in ciò, può rivolgersi ad uno psicologo per una consulenza.
Auguri per tutto!
Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it
[#2]
La risposta è che non si può fare una frittata senza rompere qualche uovo.
Il tuo dilemma si chiama costo di opportunità ed è un fatto sempre presente in ogni decisione che prendiamo, specie quelle importanti.
Il costo di opportunità è, quando ti trovi davanti a un bivio, ciò che ti perdi scegliendo una strada piuttosto che l'altra. Quindi se scegli di allontanarti dalla famiglia il tuo costo sarà il poterla vedere di meno, mentre se scegli di restare il costo di opportunità consisterà nelle occasioni mancate di trovare un lavoro più soddisfacente.
Potresti cercare un compromesso, ad esempio allontanandoti da casa ma non troppo.
Il tuo dilemma si chiama costo di opportunità ed è un fatto sempre presente in ogni decisione che prendiamo, specie quelle importanti.
Il costo di opportunità è, quando ti trovi davanti a un bivio, ciò che ti perdi scegliendo una strada piuttosto che l'altra. Quindi se scegli di allontanarti dalla famiglia il tuo costo sarà il poterla vedere di meno, mentre se scegli di restare il costo di opportunità consisterà nelle occasioni mancate di trovare un lavoro più soddisfacente.
Potresti cercare un compromesso, ad esempio allontanandoti da casa ma non troppo.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 3.1k visite dal 18/02/2023.
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