Il narcisismo può coesistere con la dipendenza affettiva e il doc?
Buonasera, ho trentaquattro anni e da qualche mese ho iniziato un percorso psicoterapeutico con uno psicoanalista.
Nei primi tempi abbiamo parlato della mia infanzia e della situazione familiare, si è delineato il quadro di una famiglia disfunzionale con un padre con tratti narcisistici-borderline e una madre dipendente affettiva.
Sta emergendo come la mia modalità di coping con questa situazione abbia trovato sfogo nel cercare di avere un forte autocontrollo e dei tratti del DOC e, nei rapporti sentimentali, come in parte io abbia ereditato la tendenza di mia madre ad avere partner che alimentassero la mia dipendenza affettiva.
Tuttavia, durante l'ultima seduta, ho parlato di una parentesi della mia vita (dopo una storia con un ragazzo finita con un abbandono improvviso, oggi lo chiameremmo "ghosting") in cui ho sperimentato promiscuità sessuale, ossia rapporti occasionali e brevi frequentazioni con uomini che non avrei voluto frequentare normalmente e con cui fossi certa di non poter avere coinvolgimento emotivo.
Cercavo in questo modo di evitare qualsiasi infatuazione e allo stesso tempo di poter trovare una forma di validazione nel rapporto fisico con questi partner occasionali.
Quando lo psicoanalista ha ricondotto questo agito ad un tratto narcisistico mi sono sentita presa dalla disperazione: è possibile che io lo sia nonostante il mio passato e nonostante la mia chiara dipendenza affettiva?
Mi sento molto turbata, perché la sola idea di poter essere simile a mio padre e un domani ripeterne gli atteggiamenti mi atterrisce.
Sto leggendo quanto più possibile sul narcisismo per capire, eppure faccio fatica a ritrovarmi in questi tratti.
Grazie a chiunque vorrà portarmi il suo parere e la sua opinione.
Nei primi tempi abbiamo parlato della mia infanzia e della situazione familiare, si è delineato il quadro di una famiglia disfunzionale con un padre con tratti narcisistici-borderline e una madre dipendente affettiva.
Sta emergendo come la mia modalità di coping con questa situazione abbia trovato sfogo nel cercare di avere un forte autocontrollo e dei tratti del DOC e, nei rapporti sentimentali, come in parte io abbia ereditato la tendenza di mia madre ad avere partner che alimentassero la mia dipendenza affettiva.
Tuttavia, durante l'ultima seduta, ho parlato di una parentesi della mia vita (dopo una storia con un ragazzo finita con un abbandono improvviso, oggi lo chiameremmo "ghosting") in cui ho sperimentato promiscuità sessuale, ossia rapporti occasionali e brevi frequentazioni con uomini che non avrei voluto frequentare normalmente e con cui fossi certa di non poter avere coinvolgimento emotivo.
Cercavo in questo modo di evitare qualsiasi infatuazione e allo stesso tempo di poter trovare una forma di validazione nel rapporto fisico con questi partner occasionali.
Quando lo psicoanalista ha ricondotto questo agito ad un tratto narcisistico mi sono sentita presa dalla disperazione: è possibile che io lo sia nonostante il mio passato e nonostante la mia chiara dipendenza affettiva?
Mi sento molto turbata, perché la sola idea di poter essere simile a mio padre e un domani ripeterne gli atteggiamenti mi atterrisce.
Sto leggendo quanto più possibile sul narcisismo per capire, eppure faccio fatica a ritrovarmi in questi tratti.
Grazie a chiunque vorrà portarmi il suo parere e la sua opinione.
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Gentile utente,
talvolta sono più spaventose -anche nel senso che provocano più spavento- le parole, che non la realtà stessa. Prima che lo psicanalista dicesse la parola "narcisista" Lei era la stessa di adesso, solamente senza il turbamento e la paura.
Ma una parola (sia pure diagnostica) non è in grado di aggravare la Sua realtà interiore, unicamente il Suo timore e la Sua apprensione.
Il problema non è rappresentato dalle "parole diagnostiche", ma dalla terapia. Si va in terapia per modificare il proprio modo di essere, per vivere meglio, con maggiore serenità, con maggiore qualità di vita. Questo è il Suo obiettivo, direi; non un coacervo di *parole cliniche* nella Sua mente e amplificate in rete. Se l'obiettivo non viene raggiunto, dopo un periodo occorre fare una riflessione ed eventualmente cambiare approccio.
Ne ha parlato apertamente con il Suo psicanalista?
A proposito (importante!): ha verificato che lui sia Psicologo, ma anche Psicoterapeuta? Solo così può curare.
Potrà accertarsene attraverso questo link dell'Ordine degli Psicologi:
https://areariservata.psy.it/albonazionale/ricerca .
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
talvolta sono più spaventose -anche nel senso che provocano più spavento- le parole, che non la realtà stessa. Prima che lo psicanalista dicesse la parola "narcisista" Lei era la stessa di adesso, solamente senza il turbamento e la paura.
Ma una parola (sia pure diagnostica) non è in grado di aggravare la Sua realtà interiore, unicamente il Suo timore e la Sua apprensione.
Il problema non è rappresentato dalle "parole diagnostiche", ma dalla terapia. Si va in terapia per modificare il proprio modo di essere, per vivere meglio, con maggiore serenità, con maggiore qualità di vita. Questo è il Suo obiettivo, direi; non un coacervo di *parole cliniche* nella Sua mente e amplificate in rete. Se l'obiettivo non viene raggiunto, dopo un periodo occorre fare una riflessione ed eventualmente cambiare approccio.
Ne ha parlato apertamente con il Suo psicanalista?
A proposito (importante!): ha verificato che lui sia Psicologo, ma anche Psicoterapeuta? Solo così può curare.
Potrà accertarsene attraverso questo link dell'Ordine degli Psicologi:
https://areariservata.psy.it/albonazionale/ricerca .
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.8k visite dal 11/02/2023.
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