Inefficacia psicoterapia
Premettendo che la mia vita è stata da sempre pervasa da profondo senso di inadeguatezza, solitudine, tristezza e angoscia, all’età di 30 anni decido, sotto spinta della disperazione, di rivolgermi ad una terapeuta.
Ammetto di aver scelto non conoscendo né il funzionamento della psicoterapia, né i diversi approcci.
Dopo due anni ho acquisito una certa consapevolezza per quanto riguarda il mio doloroso trascorso.
A parte ciò, purtroppo, i pensieri disfunzionali e l’incapacità di gestire lo stress non sono affatto migliorati, anzi.
Dopo un susseguirsi di eventi fortemente stressanti, in cui ho sviluppato anche una certa ansia, andavo in terapia, vomitavo sempre lo stesso schifo, e finiva lì.
Quasi mai avevo le idee più chiare e quando mi sembrava di averle, tempo tre giorni e tornavo al punto di partenza.
A un certo punto, quando lo stato depressivo (così definito dalla terapeuta) è andato peggiorando, è subentrata anche ostilità alla terapia, perché mi sembrava una mera e inutile associazione di idee astratte sulla base dei miei sfoghi.
Un paio di volte mi ha proposto un consulto per valutare un intervento farmacologico che ho prontamente rifiutato, fino a che non ho bruscamente interrotto la terapia stessa.
Nonostante abbia segnalato i peggioramenti alla terapeuta, non ci sono stati miglioramenti, le sue risposte erano alquanto vaghe e semplicistiche, della serie che comprendeva il mio dolore e che avevo gli strumenti per andare avanti... Ma questi strumenti non sono mai stati definiti, mi è sempre sembrato di procedere per associazioni di idee mentre io avevo bisogno di concretezza, per cui a un certo punto non capivo cosa stessi facendo e dove stessi andando.
Avevo l’impressione di girare e rigirare nel mio dolore.
Concludo dicendo che quando ho chiesto, dopo un anno, di dare un nome al mio problema, mi ha risposto che lei non fa diagnosi e preferisce non etichettare (il senso era un po’ questo).
Io non voglio farmi delle autodiagnosi, ci mancherebbe, ma se in 30 anni ho vissuto male (ho perso tutte le amicizie e non riesco ad instaurarne di nuove, ho sviluppato una forte misantropia in età adulta e da adolescente ho avuto un lungo periodo di autolesionismo, dca, non ho mai avuto le idee chiare sulla mia esistenza, ho subito abusi fisici e psicologici), qualcosa dovrebbe pure esserci?
Ha parlato di evitamento, giudice interiore, inadeguatezza, stato depressivo.
Qualche volta è ricorsa a tecniche di psicodramma ma francamente mi sentivo abbastanza a disagio perché faticavo ad entrare nel ruolo.
Dopo mesi, lo chiesto un ultimo consulto per valutare alcuni proposito per il futuro, e ho avuto la sensazione che avesse capito che la terapia era stata parzialmente efficace e che fosse giusto concluderla senza dirci addio, ma aggiornandoci di tanto in tanto.
Il giorno dopo ho avuto una crisi profonda e sto valutando di cambiare terapia.
Resta un po' di delusione sul perché la terapeuta non abbia valutato questa eventualità.
Ammetto di aver scelto non conoscendo né il funzionamento della psicoterapia, né i diversi approcci.
Dopo due anni ho acquisito una certa consapevolezza per quanto riguarda il mio doloroso trascorso.
A parte ciò, purtroppo, i pensieri disfunzionali e l’incapacità di gestire lo stress non sono affatto migliorati, anzi.
Dopo un susseguirsi di eventi fortemente stressanti, in cui ho sviluppato anche una certa ansia, andavo in terapia, vomitavo sempre lo stesso schifo, e finiva lì.
Quasi mai avevo le idee più chiare e quando mi sembrava di averle, tempo tre giorni e tornavo al punto di partenza.
A un certo punto, quando lo stato depressivo (così definito dalla terapeuta) è andato peggiorando, è subentrata anche ostilità alla terapia, perché mi sembrava una mera e inutile associazione di idee astratte sulla base dei miei sfoghi.
Un paio di volte mi ha proposto un consulto per valutare un intervento farmacologico che ho prontamente rifiutato, fino a che non ho bruscamente interrotto la terapia stessa.
Nonostante abbia segnalato i peggioramenti alla terapeuta, non ci sono stati miglioramenti, le sue risposte erano alquanto vaghe e semplicistiche, della serie che comprendeva il mio dolore e che avevo gli strumenti per andare avanti... Ma questi strumenti non sono mai stati definiti, mi è sempre sembrato di procedere per associazioni di idee mentre io avevo bisogno di concretezza, per cui a un certo punto non capivo cosa stessi facendo e dove stessi andando.
Avevo l’impressione di girare e rigirare nel mio dolore.
Concludo dicendo che quando ho chiesto, dopo un anno, di dare un nome al mio problema, mi ha risposto che lei non fa diagnosi e preferisce non etichettare (il senso era un po’ questo).
Io non voglio farmi delle autodiagnosi, ci mancherebbe, ma se in 30 anni ho vissuto male (ho perso tutte le amicizie e non riesco ad instaurarne di nuove, ho sviluppato una forte misantropia in età adulta e da adolescente ho avuto un lungo periodo di autolesionismo, dca, non ho mai avuto le idee chiare sulla mia esistenza, ho subito abusi fisici e psicologici), qualcosa dovrebbe pure esserci?
Ha parlato di evitamento, giudice interiore, inadeguatezza, stato depressivo.
Qualche volta è ricorsa a tecniche di psicodramma ma francamente mi sentivo abbastanza a disagio perché faticavo ad entrare nel ruolo.
Dopo mesi, lo chiesto un ultimo consulto per valutare alcuni proposito per il futuro, e ho avuto la sensazione che avesse capito che la terapia era stata parzialmente efficace e che fosse giusto concluderla senza dirci addio, ma aggiornandoci di tanto in tanto.
Il giorno dopo ho avuto una crisi profonda e sto valutando di cambiare terapia.
Resta un po' di delusione sul perché la terapeuta non abbia valutato questa eventualità.
[#1]
>>> andavo in terapia, vomitavo sempre lo stesso schifo
Questa di per sé non si può definire terapia. Perciò presumo volessi dire che, fra uno sfogo e l'altro, lei abbia almeno ricevuto delle restituzioni, interpretazioni e un qualche orientamento dal terapeuta.
Se così non è stato, si rivolga a un diverso terapeuta. Oggi, con le sedute in videochiamata, può contattare terapeuti in ogni parte del paese.
L'opzione farmacologica potrebbe essere da non scartare a priori, ma se desidera soprattutto un aiuto psicoterapeutico, prima percorra fino in fondo quest'altra possibilità.
Questa di per sé non si può definire terapia. Perciò presumo volessi dire che, fra uno sfogo e l'altro, lei abbia almeno ricevuto delle restituzioni, interpretazioni e un qualche orientamento dal terapeuta.
Se così non è stato, si rivolga a un diverso terapeuta. Oggi, con le sedute in videochiamata, può contattare terapeuti in ogni parte del paese.
L'opzione farmacologica potrebbe essere da non scartare a priori, ma se desidera soprattutto un aiuto psicoterapeutico, prima percorra fino in fondo quest'altra possibilità.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Utente
Buongiorno dottore,
"fra uno sfogo e l'altro, lei abbia almeno ricevuto delle restituzioni, interpretazioni e un qualche orientamento dal terapeuta."
credo di aver ricevuto delle interpretazioni: ho vissuto in un contesto di deprivazione, rifiuto, disprezzo e giudizio che ho proiettato e riscontrato anche fuori dalla famiglia.
"fra uno sfogo e l'altro, lei abbia almeno ricevuto delle restituzioni, interpretazioni e un qualche orientamento dal terapeuta."
credo di aver ricevuto delle interpretazioni: ho vissuto in un contesto di deprivazione, rifiuto, disprezzo e giudizio che ho proiettato e riscontrato anche fuori dalla famiglia.
[#3]
È già qualcosa, ma non basta.
Dal mio punto di vista di terapeuta strategico, dovrebbe aver ricevuto indicazioni pratiche su cosa fare o non fare fin dalla prima seduta.
D'altra parte ogni terapeuta segue una propria via teorica e alcune di queste non prevedono il dare indicazioni pratiche. Perciò le dicevo di provare a rivolgersi a un terapeuta di diverso orientamento.
Dal mio punto di vista di terapeuta strategico, dovrebbe aver ricevuto indicazioni pratiche su cosa fare o non fare fin dalla prima seduta.
D'altra parte ogni terapeuta segue una propria via teorica e alcune di queste non prevedono il dare indicazioni pratiche. Perciò le dicevo di provare a rivolgersi a un terapeuta di diverso orientamento.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#4]
Utente
Salve Dottore,
Purtroppo non è stato così e l'ho capito molto dopo (due anni), quando ho effettivamente realizzato che, a parte aver acquisito una certa consapevolezza circa il mio vissuto, la terapia non mi stava portando da nessuna parte e per quanto mi riguarda si riduceva ad uno sfogo personale sulle problematiche del giorno e una mera associazione di idee e interpretazioni che, francamente, mi servivano a ben poco, considerando che allo stesso tempo sprofondavo sempre più in uno stato depressivo e ansioso.
Con molta fatica in quanto anche reduce da una delusione per la precedente terapia, ho iniziato un nuovo percorso ad indirizzo cognitivo-comportamentale (il precedente era ad orientamento psicoanalitico lacaniano).
La ringrazio.
Purtroppo non è stato così e l'ho capito molto dopo (due anni), quando ho effettivamente realizzato che, a parte aver acquisito una certa consapevolezza circa il mio vissuto, la terapia non mi stava portando da nessuna parte e per quanto mi riguarda si riduceva ad uno sfogo personale sulle problematiche del giorno e una mera associazione di idee e interpretazioni che, francamente, mi servivano a ben poco, considerando che allo stesso tempo sprofondavo sempre più in uno stato depressivo e ansioso.
Con molta fatica in quanto anche reduce da una delusione per la precedente terapia, ho iniziato un nuovo percorso ad indirizzo cognitivo-comportamentale (il precedente era ad orientamento psicoanalitico lacaniano).
La ringrazio.
[#5]
Bene, le faccio molti auguri.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
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Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 2.1k visite dal 09/01/2023.
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