Eccessiva sensibilità verso cose inanimate come libri, luoghi etc
Ciao!
Cari dottori vi scrivo perché ho notato un'eccessiva sensibilità verso cose di cui altre persone sembrano forse non provarne e mi chiedevo fino a che punto fosse normale.
Lo scorso anno assieme a diversi altri ragazzi tramite un progetto abbiamo quotidianamente gestito una biblioteca comunale per 5 ore al giorno.
Fatto curioso è che io, rispetto ad altri ragazzi che solitamente stavano seduti, gironzolavo per la biblioteca per leggere le copertine dei libri, guardare i particolari degli scaffali, guardavo le finestre e cercavo di chiedermi a che anni risalisse la realizzazione di quel luogo e tutte le persone che ci hanno passato del tempo lì dentro, che hanno donato quei libri ecc.
A distanza di vari mesi, poiché il progetto si è concluso, io sento la mancanza di quel luogo, mi piaceva anche stare da solo, sentire l'odore della stanza e guardavo ogni minimo particolare.
Inoltre privatamente ho accumulato un sacco di libri miei sullo scaffale della mia camera senza averli mai letti, ma solo perché li trovo belli, solitamente mi scendono quasi le lacrime quando leggo titoli di libri di autori studiati alle superiori perché mi fanno venire in mente tanti bei ricordi, ma nonostante ciò non riesco proprio a leggerli perché c'è qualcosa che mi blocca, del tipo: se lo leggessi si rovinerebbe tutta la magia di cosa c'è scritto lì dentro, ed io non voglio saperlo, mentre invece una persona "normale" tra virgolette, sarebbe spinta dalla curiosità di leggerlo.
Anche leggere i titoli dei film più belli della storia, che hanno titoli molto forti e carini, mi fanno impazzire e rivivere cose che non ho mai visto o vissuto, ad esempio titoli di libri/film come:
- il cacciatore di aquiloni
- le ali della libertà
- i predatori dell'arca perduta
- via col vento
Etc
Cioè trovo che sia tutto molto bello ma credetemi non so manco di cosa parlano, sento che mi attirano.
Ultimamente sento di essere legato anche molto ai luoghi del mio paese, seppur siano strani come il cimitero, in cui cerco quasi in modo ossessivo la tomba più vecchia e mi fermo a guardare tombe di persone sconosciute, guardando i dettagli della tomba mentre i miei genitori o parenti mi dicono di muovermi e non fermarmi a guardare cose di cui non c'è interesse.
È normale che mi attirino queste cose ma in maniera quasi strana?
Perché vedo che non lo fanno in molti e questa cosa mi fa dubitare
Cari dottori vi scrivo perché ho notato un'eccessiva sensibilità verso cose di cui altre persone sembrano forse non provarne e mi chiedevo fino a che punto fosse normale.
Lo scorso anno assieme a diversi altri ragazzi tramite un progetto abbiamo quotidianamente gestito una biblioteca comunale per 5 ore al giorno.
Fatto curioso è che io, rispetto ad altri ragazzi che solitamente stavano seduti, gironzolavo per la biblioteca per leggere le copertine dei libri, guardare i particolari degli scaffali, guardavo le finestre e cercavo di chiedermi a che anni risalisse la realizzazione di quel luogo e tutte le persone che ci hanno passato del tempo lì dentro, che hanno donato quei libri ecc.
A distanza di vari mesi, poiché il progetto si è concluso, io sento la mancanza di quel luogo, mi piaceva anche stare da solo, sentire l'odore della stanza e guardavo ogni minimo particolare.
Inoltre privatamente ho accumulato un sacco di libri miei sullo scaffale della mia camera senza averli mai letti, ma solo perché li trovo belli, solitamente mi scendono quasi le lacrime quando leggo titoli di libri di autori studiati alle superiori perché mi fanno venire in mente tanti bei ricordi, ma nonostante ciò non riesco proprio a leggerli perché c'è qualcosa che mi blocca, del tipo: se lo leggessi si rovinerebbe tutta la magia di cosa c'è scritto lì dentro, ed io non voglio saperlo, mentre invece una persona "normale" tra virgolette, sarebbe spinta dalla curiosità di leggerlo.
Anche leggere i titoli dei film più belli della storia, che hanno titoli molto forti e carini, mi fanno impazzire e rivivere cose che non ho mai visto o vissuto, ad esempio titoli di libri/film come:
- il cacciatore di aquiloni
- le ali della libertà
- i predatori dell'arca perduta
- via col vento
Etc
Cioè trovo che sia tutto molto bello ma credetemi non so manco di cosa parlano, sento che mi attirano.
Ultimamente sento di essere legato anche molto ai luoghi del mio paese, seppur siano strani come il cimitero, in cui cerco quasi in modo ossessivo la tomba più vecchia e mi fermo a guardare tombe di persone sconosciute, guardando i dettagli della tomba mentre i miei genitori o parenti mi dicono di muovermi e non fermarmi a guardare cose di cui non c'è interesse.
È normale che mi attirino queste cose ma in maniera quasi strana?
Perché vedo che non lo fanno in molti e questa cosa mi fa dubitare
[#1]
Gentile utente,
ci scrive di una sua caratteristica originale e interessante, però a ben guardare i dati sono due: la capacità di guardarsi intorno interrogandosi sulla natura storico/sociologica/artistica dei luoghi, e la tendenza a voler vivere nel sogno.
La prima caratteristica è quella che ha spinto molti a diventare degli storici o degli artisti, che crea gli effetti di attaccamento/nostalgia di luoghi e situazioni, e potrebbe diventare, come dico, una professione.
La seconda determina invece un blocco nella realizzazione di quello che potrebbe costituire esperienza reale, bagaglio esistenzial/culturale: compra i libri ma non li legge, colleziona titoli di film ma non li guarda.
Qui manifesta un timore di essere deluso per lo più incongruo, che inevitabilmente si autoalimenta: meno conosce e meno realizza, più il bilancio interno che tutti facciamo della nostra vita in lei scende, deteriorando momento per momento il suo senso di autoefficacia.
Ho letto naturalmente anche il suo consulto precedente, al quale il mio collega ha risposto in maniera più che esauriente.
Ha messo in pratica almeno una delle sue indicazioni?
Anche in un paesino c'è l'oratorio, e potrebbe essere lei stesso a promuovere iniziative tra i giovani: teatro, sport, mostre, etc. Comunque la città più vicina è certamente raggiungibile in macchina o in treno.
Per altro, lei ci dice che non studia, non lavora e non fa nemmeno sport, pur desiderandolo. Questo è sempre il sogno, che si sta impadronendo della sua vita?
Lei conclude chiedendo se non ci siano piattaforme di incontri; ma ce n'è moltissime sui vari social, e moltissimi sono i gruppi di lavoro tenuti da psicologi che le permetterebbero, oltre a fare nuove conoscenze, anche di affrontare i timori di fondo che sembrano paralizzare la sua vita.
Ma forse lei non ci ha detto tutto? Noi siamo sempre qui.
Le auguro buone cose.
ci scrive di una sua caratteristica originale e interessante, però a ben guardare i dati sono due: la capacità di guardarsi intorno interrogandosi sulla natura storico/sociologica/artistica dei luoghi, e la tendenza a voler vivere nel sogno.
La prima caratteristica è quella che ha spinto molti a diventare degli storici o degli artisti, che crea gli effetti di attaccamento/nostalgia di luoghi e situazioni, e potrebbe diventare, come dico, una professione.
La seconda determina invece un blocco nella realizzazione di quello che potrebbe costituire esperienza reale, bagaglio esistenzial/culturale: compra i libri ma non li legge, colleziona titoli di film ma non li guarda.
Qui manifesta un timore di essere deluso per lo più incongruo, che inevitabilmente si autoalimenta: meno conosce e meno realizza, più il bilancio interno che tutti facciamo della nostra vita in lei scende, deteriorando momento per momento il suo senso di autoefficacia.
Ho letto naturalmente anche il suo consulto precedente, al quale il mio collega ha risposto in maniera più che esauriente.
Ha messo in pratica almeno una delle sue indicazioni?
Anche in un paesino c'è l'oratorio, e potrebbe essere lei stesso a promuovere iniziative tra i giovani: teatro, sport, mostre, etc. Comunque la città più vicina è certamente raggiungibile in macchina o in treno.
Per altro, lei ci dice che non studia, non lavora e non fa nemmeno sport, pur desiderandolo. Questo è sempre il sogno, che si sta impadronendo della sua vita?
Lei conclude chiedendo se non ci siano piattaforme di incontri; ma ce n'è moltissime sui vari social, e moltissimi sono i gruppi di lavoro tenuti da psicologi che le permetterebbero, oltre a fare nuove conoscenze, anche di affrontare i timori di fondo che sembrano paralizzare la sua vita.
Ma forse lei non ci ha detto tutto? Noi siamo sempre qui.
Le auguro buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Non saprei, si potrebbe dire tutto e niente, è chiaro che la vedo dura raccontare la mia vita passata e probabilmente non sarebbe nemmeno la cosa migliore da fare, piuttosto desidero guardare al futuro a prescindere da quello che mi è successo in passato, ma stimolarsi in certe zone è molto difficile, qui va bene se si vuol stare in mezzo alla natura, ma come relazioni sociali è abbastanza dura, la città è distante un'oretta e non è facile raggiungerla, non esistono treni dalle mie zone e la strada è tutta dissestata e piena di curve, per cui già è complicato muoversi in certe condizioni, figuriamoci se non si sa nemmeno ciò che si vuole, è difficile così.
Qui non si parla di problemi psicologici ma di situazione oggettiva, le associazioni che dice lei sono tutte frequentate da persone adulte di 40/50 anni ed io alla mia età sento di non condividere un bel nulla con loro, i ragazzi studiano o lavorano tutti lontano da qui, di fatti si sta parlando di una situazione oggettiva.
Quando provo a proporre a vari ragazzi di uscire loro mi rispondono tutti che hanno da fare o sono pieni di impegni, io più di questo cosa posso fare?
Qui non si parla di problemi psicologici ma di situazione oggettiva, le associazioni che dice lei sono tutte frequentate da persone adulte di 40/50 anni ed io alla mia età sento di non condividere un bel nulla con loro, i ragazzi studiano o lavorano tutti lontano da qui, di fatti si sta parlando di una situazione oggettiva.
Quando provo a proporre a vari ragazzi di uscire loro mi rispondono tutti che hanno da fare o sono pieni di impegni, io più di questo cosa posso fare?
[#3]
Gentile utente,
lei continua ad eludere il problema reale. Scrive: "i ragazzi studiano o lavorano tutti lontano da qui, di fatti si sta parlando di una situazione oggettiva".
Ma quale situazione oggettiva? Non gliel'ha prescritto il medico di non studiare, non lavorare e fermarsi a vivere lì.
Basta guardare le offerte di lavoro, ormai su Internet sono sul piano nazionale, o scegliere un'università in cui laurearsi. Se i suoi amici l'hanno fatto, vuol dire che era possibile.
"Quando provo a proporre a vari ragazzi di uscire loro mi rispondono tutti che hanno da fare o sono pieni di impegni, io più di questo cosa posso fare?".
Crearsi gli stessi impegni che hanno gli altri, e che non sono caduti dal cielo neanche per loro.
Infine, le iniziative come il teatro e le mostre, se anche sono frequentate da quarantenni (ma ne è sicuro?) sono pur sempre un modo per intrecciare amicizie, e da cosa nasce cosa. Dal dire invece che non è colpa sua e che si deve rassegnare, non nasce proprio niente.
Ora è il tempo di fare qualcosa: in futuro rischia di avere solo rimpianti.
Se poi da solo non riesce a muoversi (ma perché?) allora è bene farsi aiutare da uno psicologo. Questo le darà modo di andare in città -se non c'è il treno c'è l'autobus- o al limite di riallacciare i fili interrotti della sua vita con un percorso online.
Auguri.
lei continua ad eludere il problema reale. Scrive: "i ragazzi studiano o lavorano tutti lontano da qui, di fatti si sta parlando di una situazione oggettiva".
Ma quale situazione oggettiva? Non gliel'ha prescritto il medico di non studiare, non lavorare e fermarsi a vivere lì.
Basta guardare le offerte di lavoro, ormai su Internet sono sul piano nazionale, o scegliere un'università in cui laurearsi. Se i suoi amici l'hanno fatto, vuol dire che era possibile.
"Quando provo a proporre a vari ragazzi di uscire loro mi rispondono tutti che hanno da fare o sono pieni di impegni, io più di questo cosa posso fare?".
Crearsi gli stessi impegni che hanno gli altri, e che non sono caduti dal cielo neanche per loro.
Infine, le iniziative come il teatro e le mostre, se anche sono frequentate da quarantenni (ma ne è sicuro?) sono pur sempre un modo per intrecciare amicizie, e da cosa nasce cosa. Dal dire invece che non è colpa sua e che si deve rassegnare, non nasce proprio niente.
Ora è il tempo di fare qualcosa: in futuro rischia di avere solo rimpianti.
Se poi da solo non riesce a muoversi (ma perché?) allora è bene farsi aiutare da uno psicologo. Questo le darà modo di andare in città -se non c'è il treno c'è l'autobus- o al limite di riallacciare i fili interrotti della sua vita con un percorso online.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#4]
Utente
Cara dottoressa,
per situazione oggettiva mi riferivo al fatto che tanti ragazzi sono lontani da qui, quindi qui di ragazzi ce ne sono pochi, è un dato di fatto, non mi sembra di aver detto qualcosa di strano.
Inoltre non capisco la frase "non glie l'ha prescritto il medico di non studiare"; non mi riferivo mica al fatto che gli altri possono farlo ed io no, anzi, a dirla tutta io l'università l'ho frequentata per anni seppur ho capito solo in seguito che non era il mio percorso.
>>Dal dire invece che non è colpa sua e che si deve rassegnare, non nasce proprio niente.<<
Non ho mai fatto un'affermazione del genere, ho solo detto che ci sono contesti e situazione dove risulta più difficile creare legami, proprio come il vivere nel mio minuscolo paese, dove le confermo che mostre e associazione sono frequentate per lo più da persone molte più grandi di me.
Ovviamente non sminuisco le sue risposte e farò tesoro di tutte le vostre considerazioni che sono a prescindere molto utili, ma forse c'è bisogno di un qualcosa che realmente sia capace di spronarmi a capire cosa vogliono, perché ad oggi, proprio non l'ho capito.
per situazione oggettiva mi riferivo al fatto che tanti ragazzi sono lontani da qui, quindi qui di ragazzi ce ne sono pochi, è un dato di fatto, non mi sembra di aver detto qualcosa di strano.
Inoltre non capisco la frase "non glie l'ha prescritto il medico di non studiare"; non mi riferivo mica al fatto che gli altri possono farlo ed io no, anzi, a dirla tutta io l'università l'ho frequentata per anni seppur ho capito solo in seguito che non era il mio percorso.
>>Dal dire invece che non è colpa sua e che si deve rassegnare, non nasce proprio niente.<<
Non ho mai fatto un'affermazione del genere, ho solo detto che ci sono contesti e situazione dove risulta più difficile creare legami, proprio come il vivere nel mio minuscolo paese, dove le confermo che mostre e associazione sono frequentate per lo più da persone molte più grandi di me.
Ovviamente non sminuisco le sue risposte e farò tesoro di tutte le vostre considerazioni che sono a prescindere molto utili, ma forse c'è bisogno di un qualcosa che realmente sia capace di spronarmi a capire cosa vogliono, perché ad oggi, proprio non l'ho capito.
[#5]
Caro utente,
ecco che si sta avvIcinando al nucleo del problema: "c'è bisogno di un qualcosa che realmente sia capace di spronarmi a capire cosa vogliono, perché ad oggi, proprio non l'ho capito".
Finché questo 'qualcosa' lei lo aspetterà dall'esterno, è chiaro che non lo vedrà mai. Stessa cosa avverrà se si chiederà sempre 'cosa vuole', e mai 'cosa deve fare'.
Quasi tutti agiscono per una spinta interiore a doppia componente: il bisogno e la scelta.
Quanto al bisogno, in genere nella vita si deve lavorare per mettere un piatto sulla tavola, avere un tetto sopra la testa e crearsi una famiglia, il che ovviamente non vale per i pochi che vivono di rendita. Lei fa parte di questa categoria?
Quanto alla scelta, lei aveva avuto il privilegio di iniziare un percorso universitario. Se l'ha abbandonato prima di aver completato almeno il ciclo triennale, specie se ci ha messo anni, non ha affrontato questo percorso nella maniera giusta, cioè con responsabilità e serietà.
Se un percorso ci piace lo superiamo di volata; se ci accorgiamo che non ci piace, intanto possiamo cambiarlo, poi siamo tenuti a fare il nostro dovere, per rispetto verso chi ci mantiene e soprattutto verso noi stessi.
Viene un momento in cui dobbiamo chiederci, non che cosa ci piace, ma in cosa vogliamo impegnarci per lasciare una nostra traccia positiva nel mondo.
Se lei, come continuo a pensare, ha un disturbo che al momento le impedisce una vita appagante, di chi è la colpa se non si sta curando?
Quando era all'università quale facoltà frequentava? Ha chiesto l'aiuto dello psicologo che in ogni università è a disposizione degli studenti?
Per ora, tutto è ancora in suo potere.
Ci pensi.
ecco che si sta avvIcinando al nucleo del problema: "c'è bisogno di un qualcosa che realmente sia capace di spronarmi a capire cosa vogliono, perché ad oggi, proprio non l'ho capito".
Finché questo 'qualcosa' lei lo aspetterà dall'esterno, è chiaro che non lo vedrà mai. Stessa cosa avverrà se si chiederà sempre 'cosa vuole', e mai 'cosa deve fare'.
Quasi tutti agiscono per una spinta interiore a doppia componente: il bisogno e la scelta.
Quanto al bisogno, in genere nella vita si deve lavorare per mettere un piatto sulla tavola, avere un tetto sopra la testa e crearsi una famiglia, il che ovviamente non vale per i pochi che vivono di rendita. Lei fa parte di questa categoria?
Quanto alla scelta, lei aveva avuto il privilegio di iniziare un percorso universitario. Se l'ha abbandonato prima di aver completato almeno il ciclo triennale, specie se ci ha messo anni, non ha affrontato questo percorso nella maniera giusta, cioè con responsabilità e serietà.
Se un percorso ci piace lo superiamo di volata; se ci accorgiamo che non ci piace, intanto possiamo cambiarlo, poi siamo tenuti a fare il nostro dovere, per rispetto verso chi ci mantiene e soprattutto verso noi stessi.
Viene un momento in cui dobbiamo chiederci, non che cosa ci piace, ma in cosa vogliamo impegnarci per lasciare una nostra traccia positiva nel mondo.
Se lei, come continuo a pensare, ha un disturbo che al momento le impedisce una vita appagante, di chi è la colpa se non si sta curando?
Quando era all'università quale facoltà frequentava? Ha chiesto l'aiuto dello psicologo che in ogni università è a disposizione degli studenti?
Per ora, tutto è ancora in suo potere.
Ci pensi.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#6]
Utente
>>Quanto alla scelta, lei aveva avuto il privilegio di iniziare un percorso universitario. Se l'ha abbandonato prima di aver completato almeno il ciclo triennale, specie se ci ha messo anni, non ha affrontato questo percorso nella maniera giusta, cioè con responsabilità e serietà.<<
A me sembrano francamente fin troppo banali le ultime due parole se mi permetta cara dottoressa, è chiaro che vederla esternamente la situazione potrebbe farle pensare che sono uno sfaticato che andava all'università campando sulle spalle dei genitori che nel frattempo mi mantenevano, ma le sue parole le ritengo se mi permetta inappropriate, con tutto il rispetto.
Io ho sempre interpretato la mia vita con serietà e sin dai tempi della scuola superiore sono sempre stato un ragazzo educato, che studiava e che ha sempre portato a casa il proprio lavoro con il massimo dell'impegno, nonostante non eccellevo del tutto; tuttavia il cambio di percorso superiori-università mi ha destabilizzato poiché non sono riuscito a fare amicizie e non sono riuscito ad affrontarla alla stessa maniera in quanto stavo tutto il giorno da solo, ad eccezione di varie amicizie che si sono create ma molto frivoli, e soprattutto non stavo bene con me stesso, forse c'era anche una sorta di apatia causata dall'ansia e dalla paura che mi portavano a chiudermi, per cui oggi posso solo dirle che non mi riconosco in ciò che ho fatto, se fossi stato cosciente del guaio che stavo combinando di certo non avrei speso tempo e denaro attorno ad un qualcosa che in fondo non mi piaceva poi così tanto (tecnologie informatiche), e soprattutto ricordavo che io ho sempre provato a studiare ma quelle materie (matematica, fisica etc.) non erano io mio forte, tuttavia ho avuto sempre la testardaggine di provarci e riprovarci nello studio nonostante non andasse bene, quindi tutto potrebbe dirmi tranne che non ero serio nel modo di affrontare la situazione.
Cordialmente.
A me sembrano francamente fin troppo banali le ultime due parole se mi permetta cara dottoressa, è chiaro che vederla esternamente la situazione potrebbe farle pensare che sono uno sfaticato che andava all'università campando sulle spalle dei genitori che nel frattempo mi mantenevano, ma le sue parole le ritengo se mi permetta inappropriate, con tutto il rispetto.
Io ho sempre interpretato la mia vita con serietà e sin dai tempi della scuola superiore sono sempre stato un ragazzo educato, che studiava e che ha sempre portato a casa il proprio lavoro con il massimo dell'impegno, nonostante non eccellevo del tutto; tuttavia il cambio di percorso superiori-università mi ha destabilizzato poiché non sono riuscito a fare amicizie e non sono riuscito ad affrontarla alla stessa maniera in quanto stavo tutto il giorno da solo, ad eccezione di varie amicizie che si sono create ma molto frivoli, e soprattutto non stavo bene con me stesso, forse c'era anche una sorta di apatia causata dall'ansia e dalla paura che mi portavano a chiudermi, per cui oggi posso solo dirle che non mi riconosco in ciò che ho fatto, se fossi stato cosciente del guaio che stavo combinando di certo non avrei speso tempo e denaro attorno ad un qualcosa che in fondo non mi piaceva poi così tanto (tecnologie informatiche), e soprattutto ricordavo che io ho sempre provato a studiare ma quelle materie (matematica, fisica etc.) non erano io mio forte, tuttavia ho avuto sempre la testardaggine di provarci e riprovarci nello studio nonostante non andasse bene, quindi tutto potrebbe dirmi tranne che non ero serio nel modo di affrontare la situazione.
Cordialmente.
[#7]
Gentile utente,
non vedo perché non poteva cambiare facoltà, visto che i suoi sforzi non approdavano a nulla.
Ma soprattutto le ricordo l'esortazione già fatta in #3: "Se poi da solo non riesce a muoversi (ma perché?) allora è bene farsi aiutare da uno psicologo. Questo le darà modo di andare in città -se non c'è il treno c'è l'autobus- o al limite di riallacciare i fili interrotti della sua vita con un percorso online".
Copio anche la domanda fatta in #5: "Ha chiesto l'aiuto dello psicologo che in ogni università è a disposizione degli studenti?".
Se non lo ha fatto, e non ha nemmeno l'intenzione di cercare uno psicologo adesso, si chieda perché.
Da qui per lei non possiamo fare altro; solo augurarle di sapersi costruire un futuro migliore.
Auguri.
non vedo perché non poteva cambiare facoltà, visto che i suoi sforzi non approdavano a nulla.
Ma soprattutto le ricordo l'esortazione già fatta in #3: "Se poi da solo non riesce a muoversi (ma perché?) allora è bene farsi aiutare da uno psicologo. Questo le darà modo di andare in città -se non c'è il treno c'è l'autobus- o al limite di riallacciare i fili interrotti della sua vita con un percorso online".
Copio anche la domanda fatta in #5: "Ha chiesto l'aiuto dello psicologo che in ogni università è a disposizione degli studenti?".
Se non lo ha fatto, e non ha nemmeno l'intenzione di cercare uno psicologo adesso, si chieda perché.
Da qui per lei non possiamo fare altro; solo augurarle di sapersi costruire un futuro migliore.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 1.3k visite dal 06/01/2023.
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