Ogni cosa mi ferisce
Buongiorno, come da titolo, questo è il mio grande problema da sempre.
Non so se attribuirlo all'eccessiva sensibilità, o al soffermarsi troppo sugli aspetti negativi delle cose.
È come se nella mia mente tutto dovesse andare bene, e non fosse previsto alcun tipo di problema.
Quindi appena succede un imprevisto spiacevole, è una tragedia.
Razionalmente mi dico che non è importante, che può capitare, e cose simili.
Ma in realtà ci sto malissimo, ci penso di continuo, quasi ossessivamente, piango, e non riesco a passare oltre.
Per fare un esempio, qualche mese fa una persona che reputavo amica si è comportata molto male con me; pur sapendo che non posso farci nulla, che io non ho fatto nulla di male, che è una persona problematica, ed essendo io stata rassicurata da più persone sul fatto che questa "amica" si comporta così di consueto con tutti, non riesco ad andare oltre.
Purtroppo abitiamo vicino, e io ho un sorta di paura, paura di vederla, di averci a che fare.
Non mi capacito di tanta cattiveria, e mi mette tremendamente a disagio.
Non riesco a dirmi "ok, pazienza, io sto a casa mia e fine", non ce la faccio.
Mi sento come se fossi trasparente, non mi sento mai al sicuro, nemmeno dentro casa.
Trasparente nel senso di non avere difese, maschere.
Qualcosa con cui schermarmi.
Ed è così ogniqualvolta mi capita qualcosa di spiacevole.
Ogni piccolo imprevisto è fonte di dispiacere, e ingigantendolo creo un circolo vizioso, la cui concluso è "mi và sempre tutto male".
Anche se "il male" l'ho creato io, nel senso che gli attribuisco io tale intensità, la qualifica di "male".
(Esempio, voglio andare al mare, organizzo da giorni, poi andiamo e i bambini litigano, inizio a pensare "ecco ti pareva, i figli degli altri non litigano eccetera eccetera potevamo stare tanto bene e invece no eccetera eccetera" creando un caso nazionale, quando magari invece potevo stare zitta e lasciar correre, o alleggerire, spostare l'attenzione o altro.
Lo faccio, ma impiego un'ora a farlo invece di due minuti, perché presa dall'ansia e angoscia che "a me non ne va dritta una".
Perdonate la lunghezza.
Grazie del vostro tempo
Non so se attribuirlo all'eccessiva sensibilità, o al soffermarsi troppo sugli aspetti negativi delle cose.
È come se nella mia mente tutto dovesse andare bene, e non fosse previsto alcun tipo di problema.
Quindi appena succede un imprevisto spiacevole, è una tragedia.
Razionalmente mi dico che non è importante, che può capitare, e cose simili.
Ma in realtà ci sto malissimo, ci penso di continuo, quasi ossessivamente, piango, e non riesco a passare oltre.
Per fare un esempio, qualche mese fa una persona che reputavo amica si è comportata molto male con me; pur sapendo che non posso farci nulla, che io non ho fatto nulla di male, che è una persona problematica, ed essendo io stata rassicurata da più persone sul fatto che questa "amica" si comporta così di consueto con tutti, non riesco ad andare oltre.
Purtroppo abitiamo vicino, e io ho un sorta di paura, paura di vederla, di averci a che fare.
Non mi capacito di tanta cattiveria, e mi mette tremendamente a disagio.
Non riesco a dirmi "ok, pazienza, io sto a casa mia e fine", non ce la faccio.
Mi sento come se fossi trasparente, non mi sento mai al sicuro, nemmeno dentro casa.
Trasparente nel senso di non avere difese, maschere.
Qualcosa con cui schermarmi.
Ed è così ogniqualvolta mi capita qualcosa di spiacevole.
Ogni piccolo imprevisto è fonte di dispiacere, e ingigantendolo creo un circolo vizioso, la cui concluso è "mi và sempre tutto male".
Anche se "il male" l'ho creato io, nel senso che gli attribuisco io tale intensità, la qualifica di "male".
(Esempio, voglio andare al mare, organizzo da giorni, poi andiamo e i bambini litigano, inizio a pensare "ecco ti pareva, i figli degli altri non litigano eccetera eccetera potevamo stare tanto bene e invece no eccetera eccetera" creando un caso nazionale, quando magari invece potevo stare zitta e lasciar correre, o alleggerire, spostare l'attenzione o altro.
Lo faccio, ma impiego un'ora a farlo invece di due minuti, perché presa dall'ansia e angoscia che "a me non ne va dritta una".
Perdonate la lunghezza.
Grazie del vostro tempo
[#1]
Quando si soffre di eccessiva sensibilità a ciò che ci capita, soprattutto se in ambito relazionale, di solito si mettono in atto tentativi più o meno consapevoli di stare alla larga da tutto ciò che potrebbe ferirci. Dato che si è consapevoli della propria sensibilità.
E questo aumenta il problema. Perché le ferite tenute troppo coperte, invece di risanarsi, marciscono.
Quindi occorre per prima cosa invertire la tendenza e iniziare a sviluppare un po' di "calli" là dove si è più sensibili.
In secondo luogo, occorre diventare più strategici, cioè fare in modo di non restare passivi di fronte agli eventi e trovare il modo di rispondervi in modo creativo e più utile.
Si rivolga a uno psicoterapeuta per imparare il modo in cui fare tutto ciò.
E questo aumenta il problema. Perché le ferite tenute troppo coperte, invece di risanarsi, marciscono.
Quindi occorre per prima cosa invertire la tendenza e iniziare a sviluppare un po' di "calli" là dove si è più sensibili.
In secondo luogo, occorre diventare più strategici, cioè fare in modo di non restare passivi di fronte agli eventi e trovare il modo di rispondervi in modo creativo e più utile.
Si rivolga a uno psicoterapeuta per imparare il modo in cui fare tutto ciò.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Ex utente
La ringrazio di cuore per la risposta.
E sì, sto andando in terapia, proprio per questo motivo. È una terapia psicodinamica, ma pur trovandomi molto bene con la psicologa, mi chiedo se non mi occorra qualcosa di più "pratico".
So che non posso avere la pretesa di apprendere delle risposte per ogni situazione, ma riflettere sulle cause, aumentare la mia autostima, e riflettere diciamo su queste situazioni che mi fanno soffrire (cioè tutto), mi è d'aiuto?
E sì, sto andando in terapia, proprio per questo motivo. È una terapia psicodinamica, ma pur trovandomi molto bene con la psicologa, mi chiedo se non mi occorra qualcosa di più "pratico".
So che non posso avere la pretesa di apprendere delle risposte per ogni situazione, ma riflettere sulle cause, aumentare la mia autostima, e riflettere diciamo su queste situazioni che mi fanno soffrire (cioè tutto), mi è d'aiuto?
[#3]
"Riflettere sulle cause", dal punto di vista di una terapia attiva e pragmatica come la strategica, non serve. Forse le servirebbe appunto qualcosa di più pratico.
Che non significa imparare risposte per ogni situazione, ma semmai poche risposte generali e adattabili (strategie) da poter usare in un gran numero di situazioni.
L'autostima si sviluppa facendo pratica nelle circostanze adatte, quindi di nuovo farei molta attenzione all'adeguatezza dei comportamenti che mette in atto più che alle riflessioni.
Che non significa imparare risposte per ogni situazione, ma semmai poche risposte generali e adattabili (strategie) da poter usare in un gran numero di situazioni.
L'autostima si sviluppa facendo pratica nelle circostanze adatte, quindi di nuovo farei molta attenzione all'adeguatezza dei comportamenti che mette in atto più che alle riflessioni.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
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Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.7k visite dal 01/01/2023.
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