Perdonare bugie

Salve, vi chiedo un consulto perché sto perdendo il sonno e la salute.

Sono stata 3 anni con una persona.
Convivenza quasi immediata.

Dopo pochissimo iniziano urla, scenate, finti tentativi di suicidio, pugni contro le porte, insulti e controllo, controllo morboso.
qualsiasi cosa indossassi era inopportuna, andare dall'estetista toglieva tempo alla relazione, senza considerare la palestra.

Dopo 6 mesi lui perde il lavoro.
La residenza è stata scelta da lui, lontano dal mio lavoro, scomodo a tutto quello che era la mia vita.

Dopo altri 6 mesi scopro che mi aveva raccontato bugie folli su tutto ciò che era il mio ex (avevano conoscenze comuni che gli svelavano informazioni, ovviamente false), mi aveva talmente terrorizzata che avevo anche paura di uscire di casa.

Pago tutto io per 2 anni, 2 anni in cui non aiuta ne economicamente ne in casa.
Tutto è una discussione.

Per lavoro si sposta x 6 mesi.
Io lo raggiungo tutte le settimane, in questo periodo inizia ad ignorarmi spesso finché decide, invece che passare del tempo con me, andarsene coi suoi amici e far baldoria, dopo2 settimane che non ci vedavamo.

Mi vengono diagnosticate alcune malattie e lui non mi da appoggio in alcun modo.

Ad aprile, a fronte dei 6 mesi che avrebbe dovuto far fuori, mi lascia, dicendo che deve ritrovare il sentimento.

Io muoio dentro, nonostante tutto.
Nel giro di qualche settimana mi dice che non voleva più nulla e sparisce.

1 mese di vuoto.
Torna dicendo che dovevamo parlare e va avanti così per mesi, senza nemmeno far una telefonata o spostarsi (90km di distanza non 3000).

Ora io non riesco a perdonare tutto quello che ho passato.
Lui dice di essere cambiato.

Ho un sentimento per lui ma non voglio più sacrificare la mia sudata tranquillità per lui.

Ogni 2/3gg ci sono discussioni perché continua a dirmi che dovrei sforzarmi di perdonare e andare avanti.

Io non sono stata perfetta, anzi, mi sono chiusa molteplici volte ma non ho mai fatto in modo che potesse mettere in dubbio il mio sentimento.

Mi rendo conto di aver come perso un pezzo di cuore.

Ho paura di essere sopraffatta dal dolore e dover mettere da parte questa distanza perché potrei pentirmene avendo un sentimento ma, allo stesso tempo, non vorrei più piangere e aver ansia, tic e dolori di stomaco per ste situazioni che, penso, si potrebbero ripresentare come sempre.

Scusate lo sfogo ma davvero non so come affrontare la situazione.
[#1]
Dr.ssa Rita Imbrescia Psicoterapeuta, Psicologo 5
Buonasera,
la situazione che ha vissuto descrive un quadro tipicamente chiaro e comprensibile all'interno di una relazione caratterizzata da dinamiche di violenza. Una delle difficoltà maggiori che incontra chi vive (o ha vissuto una relazione violenta) è quella di focalizzare che cosa sta realmente succedendo nel momento in cui subisce un'aggressione, di natura psicologica o fisica, a causa del fatto che è facile scivolare nella confusione generata da quel groviglio di sentimenti contrastanti che, per una serie di motivi legati spesso alla propria storia personale, la mantengono legata all'altra persona e a quella relazione.
La spirale della violenza che ha subito all'interno della relazione è perfettamente riconoscibile in alcuni snodi che lei descrive e credo sia utile sottolinearli uno ad uno in modo che possano diventare d'ora in avanti campanelli di allarme capaci di funzionare in senso protettivo facendo scattare un sano allontanamento prima che il contesto relazionale così strutturato faccia da sfondo a un escalation:
1) "Dopo pochissimo iniziano urla, scenate, finti tentativi di suicidio, pugni contro le porte, insulti e controllo, controllo morboso.
qualsiasi cosa indossassi era inopportuna, andare dall'estetista toglieva tempo alla relazione, senza considerare la palestra": questa scena evidenzia che l'altra persona anziché esprimere la rabbia in una maniera costruttiva la agisce sia prevaricandola verbalmente attraverso le urla, gli insulti, sia manipolandola attivamente attraverso i finti tentativi di suicidio e i comportamenti di controllo, sia minacciando fisicamente gli spazi condivisi attraverso i pugni sferrati contro le porte;

2)"Dopo 6 mesi lui perde il lavoro. La residenza è stata scelta da lui, lontano dal mio lavoro, scomodo a tutto quello che era la mia vita": il fatto che all'interno di una relazione una scelta così importante per la coppia venga presa solo dall'altra persona o che comunque solo una persona, e non la coppia, abbia l'ultima parola sulla decisione di dove andare a vivere è una forma di controllo rispetto al diritto di ascolto delle esigenze personali, dei bisogni personali che limita la libertà di scelta;

3) "mi lascia, dicendo che deve ritrovare il sentimento": all'interno della spirale della violenza già evidente nei punti precedenti, un comportamento di questo tipo ha la funzione di tenere legata a sé l'altra persona facendo leva sul senso di colpa. Non è un caso che lei, poche righe sotto dica "Io muoio dentro, nonostante tutto".

4) "Nel giro di qualche settimana mi dice che non voleva più nulla e sparisce": quando il senso di colpa ha agito dentro di lei facendola sentire morta dentro, lui ripete il comportamento negandosi in modo che lei ricada nella trappola iniziando a coltivare il dubbio lacerante di aver fatto qualcosa di sbagliato considerandosi responsabile del suo allontanamento, che invece si configura come un'altra leva, un altro strumento utilizzato per inchiodarla alla situazione sfruttando il sentimento di disorientamento già generato in lei;

5) "Lui dice di essere cambiato": all'interno di una relazione caratterizzata dalla violenza questa è l'arma che viene usata quando tutte le vessazioni precedenti sono state già testate su chi le subisce. Voglio dirle che un cambiamento reale all'interno di una persona che è incline a rapportarsi in maniera violenta e prevaricante può generarsi soltanto da un lungo, profondo e strutturato lavoro personale che avviene con l'aiuto di un professionista, che avviene nel tempo e che richiede oltre all'impegno anche una forte presa di coscienza innanzitutto rispetto ad un fatto, quello di avere un serio problema quantomeno con la gestione della rabbia.

6) "Ogni 2/3gg ci sono discussioni perché continua a dirmi che dovrei sforzarmi di perdonare": lui le sta dicendo di sforzarsi di perdonare comportamenti violenti e lo sta facendo tramite ulteriori discussioni. All'interno di questa richiesta può vedere il grande paradosso insito nel chiedere perdono attraverso altri litigi, paradosso che conferma proprio l'assenza di cambiamento, semmai fosse stata tentata di crederci.

7) "Io non sono stata perfetta, anzi, mi sono chiusa molteplici volte ma non ho mai fatto in modo che potesse mettere in dubbio il mio sentimento": quando si pone questa domanda lei è di nuovo messa all'angolo perché cade nella trappola di dirigere ancora una volta su di sé la colpa chiedendosi che cosa può avere fatto o meno e rimproverandosi di non essere stata perfetta.

Una volta dettagliati ed evidenziati i movimenti della spirale della violenza in cui è caduta, la fatica che dovrà fare è quella di guardarsi dentro e di rintracciare tra le macerie emotive che una relazione di questo tipo produce, quei pezzi di sé che sono ancora intatti perché da quelli potrà ripartire un centimetro alla volta a tessere un nuovo presente e a recuperare pian piano una prospettiva.
E' estremamente comprensibile che ora non riesca a perdonare tutto quello che ha passato ed è anzi proprio questo pensiero, unito alla consapevolezza di non volere più sacrificare la sua sudata tranquillità per lui, che la aiuterà come una scialuppa di salvataggio ad allontanarsi da ciò che ha danneggiato e avvelenato la sua vita.
Questo allontanamento sì, è ciò che è davvero necessario per "andare avanti"! Perché quando andare avanti va nella direzione della vita e non della morte lenta, non significa mai sopportare violenza di qualunque natura o intensità sia, in qualunque modo si manifesti e da chiunque provenga, non significa mai sacrificare la propria libertà personale, non significa mai sottostare a manipolazioni più o meno palesi di alcun genere.
I sentimenti che prova per lui, la paura di essere sopraffatta dal dolore e la sensazione di aver perso un pezzo di cuore la accompagneranno per un pò, è certo, ma le dirò una cosa: quando le sembrerà di non avere più la forza di reggere tutto questo e quando i ricordi piacevoli la tormenteranno facendole credere che avrebbe potuto sopportare ancora e ancora per non perderlo, ripensi a tutti quei punti focalizzati sopra, ripensi a tutte le volte in cui è stata trattata senza il rispetto che merita per il solo fatto di esistere, ripensi ai pericoli che ha corso illudendosi di poter o dover fare lei qualcosa per calmare l'altro o per farlo ragionare. No, lei non ha il compito di calmare chi le sta urlando addosso insulti e non ha il compito di salvare da sé stesso chi le presenta i pugni davanti per minacciarla e sottometterla attraverso la paura.
Lei ha il compito di salvare sè stessa, di salvaguardare la sua vita e di ascoltare quella parte di sè che ha aperto gli occhi, le orecchie, il cuore in tempo e non vuole più piangere, nè sforzarsi di cambiare quello che non può essere cambiato.
Chieda aiuto, metta tutta l'energia che ha nel ricucire con benevolenza il suo cuore ferito e consideri quelle notti insonni che forse trascorrerà come parte della strada per tornare ad avere fiducia nell'amore, quello che si regge per prima cosa sul riconoscimento del suo valore e lo protegge, lo custodisce e fa brillare come un diamante prezioso.

Buon cammino verso la vita

Dr.ssa Imbrescia Rita, Psicologa e Psicoterapeuta della Gestalt
www.ritaimbresciapsicologa.altervista.org

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Utente
Utente
La ringrazio molto per la comprensione e la gentilezza.
Spero di riuscire a venirne fuori perché i sensi di colpa mi hanno portata ad isolarmi molto e anche il "ritorno" di questa persona mi ha limitata in tutto quello che stavo costruendo da sola perché se chiama devo rispondere se non voglio incappare in discussioni, spiegazioni folli e i sopracitati sensi di colpa.
Grazie davvero.
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