Chiedo un parere circa una problematica insorta a seguito di vaccinazione di mio padre

il quale ha sviluppato una problematica che ha richiesto l'anno scorso un lungo ricovero perchè i medici non riuscivano a capire cosa gli stesse succedendo e da una serie di esami è emersa una severa problematica renale in aggravamento, tantè che ora si ritrova in dialisi TRISETTIMANALE.
Durante il suo ricovero ho trovato una persona apparentemente fragile, che si commuoveva facilmente e che voleva ritrovare un "legame" perduto con me.
Appena dimesso tutto ciò è sparito cambiando repentinamente umore, soprattutto dopo la dialisi (che pareva avesse accettato), AGGREDENDO QUASI CONTINUAMENTE ME E MIA MADRE (io non vivo più con loro) e la situazione è diventata insostenibile anche perchè uno psichiatra ha rilevato in lui un disturbo neuro cognitivo.
Io credo che mio padre sia un grandissimo manipolatore in quanto ancora, dopo tanti anni, cerca di darmi consigli non richiesti oppure mi impone direzioni che io non condivido oppure ancora mi dice, in tono sempre aggressivo, di parlare il meno possibile con mia mamma ma io ritengo che questo non sia giusto, perchè alla mia età io posso parlare con chi voglio.
Sono seguita dal CSM della mia zona ma questo clima sempre più insofferente e l'esaurimento di mia madre che lo serve in tutto e per tutto è una dinamica che non tollero più quindi mi sto distaccando sempre di più.
Non siamo una famiglia normale e questo mina la mia autostima, passo i pomeriggi a letto dopo che ho lavorato e la mia unica felicità sono i miei cani.
Non so più come gestire la situazione.
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Dr. Samuele Nale Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 81 4
Gentile Utente,

per prima cosa "non siamo una famiglia normale" è una autovalutazione esagerata che è bene relativizzare perché comporta una assunzione di significato che potrebbe essere pesante e imporsi a lei come una sorta di "destino".
I legami familiari, i legami nei quali ci siamo costituiti come persone, non sono facili per nessuno. Non sappiamo da qui come è stata la sua infanzia e la sua adolescenza ma comunque sembra che lei viva la figura paterna in maniera eccessivamente intrusiva.
Inoltre esprime un senso di colpa per la sua storia familiare che da una parte dimostra una notevole e nobile devozione di figlia ma dall'altra evoca dei nodi relazionali che potrebbero essere da elaborare.
C'è da dire che, poi, nell'invecchiamento, sopratutto se compaiono malattie croniche e problemi di tipo neurocognitivo, il confine tra aspetti caratteriali, problematiche psicologiche e psichiatriche si può fare sempre più debole.
Per cui il desiderio di distacco se originariamente è legittimo nel raggiungimento della propria soggettività personale rispetto alla famiglia quando intervengono problematiche presumibilmente neurocognitive e depressive, diventa una necessaria difesa della persona implicata nelle cure.
Quindi si comprende il suo senso di colpa, senso di colpa che comunque evoca anche l'eventualità, senz'altro ancora lontana ma ineludibile per tutti noi, del distacco finale. Tale senso di colpa appare esagerato e quindi andrebbe ridimensionato permettendole di accedere ad un pò di soddisfazione "legittima".
Se è seguita dal Servizio di Salute Mentale immagino che abbia la possibilità chiedere oltre ad un consulto psichiatrico anche un consulto psicologico per poter valutare il suo disagio anche sul piano della "terapia della parola".


Cordialmente

Dr. Samuele Nale
Via Cesare Beccaria 20, Sesto Fiorentino (Fi)
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