Riprendere gli psicofarmaci o sopportare i sintomi anche se forti?
Buongiorno, ho 33 anni, ho ansia da 22 anni, fatto percorsi di psicoterapia e presi psicofarmaci senza mai avere risultati duraturi.
Decido di rivolgermi alla psichiatra, mi danno i farmaci.
Sto meglio ma dopo un pò decido di andare in psicoterapia e va molto bene.
Mi viene diagnosticato un DOC, ansia generalizzata con picchi depressivi, disturbi dissociativi.
Dopo 11 mesi di psicoterapia, volendo cercare una gravidanza, chiedo di poter togliere i farmaci tanto stavo meglio.
Tolgo i farmaci secondo i medici.
Ho forti sintomi da sospensione
Aspetto che i sintomi passino.
Nel frattempo il mio psicoterapeuta dice che NON devo cercare una gravidanza e che devo assaporare il momento di rinascita e che se rimanessi incinta potrei andare incontro ad una depressione post partum e di aspettare qualche anno.
Decido di non cercare nessun bambino.
Mi riprendo e ricomincio a fare certe cose.
Dopo 4 mesi e mezzo non sto avendo risultati ma sto andando indietro, ho più sintomi e sto male anche quando faccio cose che ho sempre amato fare o che facevo.
Per esempio mi sento svenire alla guida e lo psicoterapeuta dice che è impossibile che con l'ansia si possa svenire, che i sintomi non sono sintomi, che devo pensare che non c'è nessun problema perché davvero non c'è, che è solo la mia testa che crea cosa ma che in realtà non sto avendo nessun sintomo.
Tra l'altro lui è contro gli psicofarmaci, dice che non servono a niente, che è la mia mente che fa tutto, che sono io che magari scambio una cosa di naturale per una cosa innaturale (non credo perché non mi lamento di un mal di testa, un giramento di testa o faccio di un dolore a un un unghia una tragedia ma vabbè).
Se vado a piedi perché non me la sento di guidare fino ad un punto lui mi dice di andare con la macchina.
Per due volte sono andata fuori strada e lui dice che la paura di andare a sbattere o ammazzare qualcuno è infondata e che a limite paga l'assicurazione.
Espongo le mie preoccupazioni ma pare che si spazientisce e pare un pò aggressivo.
Ora mi sento che a terapia venga negato il mio stare male, mi venga data la colpa dei sintomi e di non avere risultati.
Cose che non riesco più a fare sono:
- guidare
- andare in facoltà
- lavorare
- andare a mangiare fuori
- nei mezzi di trasporto è sempre più difficile
ecc
Sintomi fisici sono molti ma supero i caratteri consentiti.
Esami organici hanno rilevato:
- asma
- reflusso
-2 soffi al cuore
- turbinati nasali ipertrofici
La psichiatra dice:
- necessario ricominciare farmaci
- stupita x posizione radicale psicoterapeuta verso psichiatria
- vedere il rischio/beneficio
- medicinali se necessari vanno presi
- non posso stare in queste condizioni
In casa mi viene detto:
- che è una questione di volontà
Non so cosa fare perché:
- ho paura di tornare ai farmaci perché sarebbe come una sconfitta e il mio psicoterapeuta si arrabbierebbe
Domande:
- Cosa dovrei fare?
- L'approccio dello psicoterapeuta è giusto e professionale?
Grazie mille
Decido di rivolgermi alla psichiatra, mi danno i farmaci.
Sto meglio ma dopo un pò decido di andare in psicoterapia e va molto bene.
Mi viene diagnosticato un DOC, ansia generalizzata con picchi depressivi, disturbi dissociativi.
Dopo 11 mesi di psicoterapia, volendo cercare una gravidanza, chiedo di poter togliere i farmaci tanto stavo meglio.
Tolgo i farmaci secondo i medici.
Ho forti sintomi da sospensione
Aspetto che i sintomi passino.
Nel frattempo il mio psicoterapeuta dice che NON devo cercare una gravidanza e che devo assaporare il momento di rinascita e che se rimanessi incinta potrei andare incontro ad una depressione post partum e di aspettare qualche anno.
Decido di non cercare nessun bambino.
Mi riprendo e ricomincio a fare certe cose.
Dopo 4 mesi e mezzo non sto avendo risultati ma sto andando indietro, ho più sintomi e sto male anche quando faccio cose che ho sempre amato fare o che facevo.
Per esempio mi sento svenire alla guida e lo psicoterapeuta dice che è impossibile che con l'ansia si possa svenire, che i sintomi non sono sintomi, che devo pensare che non c'è nessun problema perché davvero non c'è, che è solo la mia testa che crea cosa ma che in realtà non sto avendo nessun sintomo.
Tra l'altro lui è contro gli psicofarmaci, dice che non servono a niente, che è la mia mente che fa tutto, che sono io che magari scambio una cosa di naturale per una cosa innaturale (non credo perché non mi lamento di un mal di testa, un giramento di testa o faccio di un dolore a un un unghia una tragedia ma vabbè).
Se vado a piedi perché non me la sento di guidare fino ad un punto lui mi dice di andare con la macchina.
Per due volte sono andata fuori strada e lui dice che la paura di andare a sbattere o ammazzare qualcuno è infondata e che a limite paga l'assicurazione.
Espongo le mie preoccupazioni ma pare che si spazientisce e pare un pò aggressivo.
Ora mi sento che a terapia venga negato il mio stare male, mi venga data la colpa dei sintomi e di non avere risultati.
Cose che non riesco più a fare sono:
- guidare
- andare in facoltà
- lavorare
- andare a mangiare fuori
- nei mezzi di trasporto è sempre più difficile
ecc
Sintomi fisici sono molti ma supero i caratteri consentiti.
Esami organici hanno rilevato:
- asma
- reflusso
-2 soffi al cuore
- turbinati nasali ipertrofici
La psichiatra dice:
- necessario ricominciare farmaci
- stupita x posizione radicale psicoterapeuta verso psichiatria
- vedere il rischio/beneficio
- medicinali se necessari vanno presi
- non posso stare in queste condizioni
In casa mi viene detto:
- che è una questione di volontà
Non so cosa fare perché:
- ho paura di tornare ai farmaci perché sarebbe come una sconfitta e il mio psicoterapeuta si arrabbierebbe
Domande:
- Cosa dovrei fare?
- L'approccio dello psicoterapeuta è giusto e professionale?
Grazie mille
[#1]
Buongiorno.
La psicoterapia, qualunque sia l'approccio o l'"indirizzo" del terapeuta (per indirizzo intendo le varie teorie di riferimento a cui ogni terapeuta fa riferimento nella pratica) è un percorso ed uno spazio SENZA giudizio, in cui ci si deve sentire liberi di dire, fare, ed essere se stessi (non avrebbe senso il percorso se indossassimo maschere per compiacere il terapeuta), uno spazio di parola, ascolto, strumenti e tecniche studiate ed approfondite (con una formazione continua) sotto la "lente" e la guida deontologica dell'Ordine al quale apparteniamo.
Queste "regole" generali vorrei le facessero da guida per comprendere come continuare il suo percorso serenamente, senza fraintendere gli atti o le parole del suo psicoterapeuta ma esponendo a lui le perplessità emerse nel suo scritto (nessun terapeuta si può "arrabbiare" per le scelte del paziente, la paura di "farlo arrabbiare" è sua ed è uno spunto su cui lavorare insieme come anche l'idea che un terapeuta possa essere "contro gli psicofarmaci" per principio) in modo da affrontare e se possibile chiarire i dubbi sulla relazione ed alleanza terapeutica.
Da questo punto può ricominciare affrontando i disturbi ed i disagi che la affliggono con un'interdisciplinarietà spesso necessaria (come quella fra psichiatra e psicoterapeuta) che dialogando mettano al centro la sua unicità e la diagnosi che riporta. ("Mi viene diagnosticato un DOC, ansia generalizzata con picchi depressivi, disturbi dissociativi." Chi ha fatto questa diagnosi? La psichiatra che la segue attualmente? Si sono mai messi in contatto Psichiatra e Psicoterapeuta?)
La invito a riflettere su tali punti e ad andare avanti con fiducia nei percorsi e nelle cure che gli specialisti che sceglierà-entrambi, Psichiatra e Psicoterapeuta- riterranno più opportuni per lei parallelamente. (l'uno non può escludere l'altro quando la diagnosi lo necessita).
FC
La psicoterapia, qualunque sia l'approccio o l'"indirizzo" del terapeuta (per indirizzo intendo le varie teorie di riferimento a cui ogni terapeuta fa riferimento nella pratica) è un percorso ed uno spazio SENZA giudizio, in cui ci si deve sentire liberi di dire, fare, ed essere se stessi (non avrebbe senso il percorso se indossassimo maschere per compiacere il terapeuta), uno spazio di parola, ascolto, strumenti e tecniche studiate ed approfondite (con una formazione continua) sotto la "lente" e la guida deontologica dell'Ordine al quale apparteniamo.
Queste "regole" generali vorrei le facessero da guida per comprendere come continuare il suo percorso serenamente, senza fraintendere gli atti o le parole del suo psicoterapeuta ma esponendo a lui le perplessità emerse nel suo scritto (nessun terapeuta si può "arrabbiare" per le scelte del paziente, la paura di "farlo arrabbiare" è sua ed è uno spunto su cui lavorare insieme come anche l'idea che un terapeuta possa essere "contro gli psicofarmaci" per principio) in modo da affrontare e se possibile chiarire i dubbi sulla relazione ed alleanza terapeutica.
Da questo punto può ricominciare affrontando i disturbi ed i disagi che la affliggono con un'interdisciplinarietà spesso necessaria (come quella fra psichiatra e psicoterapeuta) che dialogando mettano al centro la sua unicità e la diagnosi che riporta. ("Mi viene diagnosticato un DOC, ansia generalizzata con picchi depressivi, disturbi dissociativi." Chi ha fatto questa diagnosi? La psichiatra che la segue attualmente? Si sono mai messi in contatto Psichiatra e Psicoterapeuta?)
La invito a riflettere su tali punti e ad andare avanti con fiducia nei percorsi e nelle cure che gli specialisti che sceglierà-entrambi, Psichiatra e Psicoterapeuta- riterranno più opportuni per lei parallelamente. (l'uno non può escludere l'altro quando la diagnosi lo necessita).
FC
Dr.ssa Dederica Cairoli
[#2]
Utente
Grazie prima di tutto per la risposta.
Allora per quanto riguarda la paura di far arrabbiare lo psicoterapeuta non è che ce l'ho perché me la immagino diciamo. Lui ha proprio fatto affermazioni in cui diceva " allora se pensi che gli psicofarmaci siano la soluzione riprenditeli, ma ti assicuro che non lo sono. Tu ancora mi chiami sintomi i sintomi, ti rendi conto? Ma di che stiamo parlando?" E questo in maniera, a mio avviso, un pò troppo concitata. Le ho riportato le parole esatte non quelle elaborate da me.
Psichiatra e Psicoterapeuta non si sono mai messi in contatto tra loro. Non lo hanno né richiesto né hanno mai chiesto informazioni più approfondite l'uno sull'altro. Diciamo che sono stata sempre io paziente a fare da tramite per dare informazioni.
Lo psicoterapeuta sin dall'inizio della terapia mi ha sempre detto "eh ma quando li togli questi farmaci? Toglili no?" e mi ha detto che gli psichiatri sono restii a togliere i farmaci perché se un paziente fa qualche casino tipo omicidio o suicidio loro ci passerebbero guai allora tendono a fargli assumere farmaci per sempre anche quando non serve.
Invece la psichiatra è di un altro avviso, un pò restia a toglierli ma ha cmq assecondato il mio desiderio pensando che se ero così decisa forse poteva andare bene ma ora è dell'avviso che vanno ripresi e che lo psicoterapeuta dovrebbe collaborare con la psichiatria e non mettersi di fianco.
Allora per quanto riguarda la paura di far arrabbiare lo psicoterapeuta non è che ce l'ho perché me la immagino diciamo. Lui ha proprio fatto affermazioni in cui diceva " allora se pensi che gli psicofarmaci siano la soluzione riprenditeli, ma ti assicuro che non lo sono. Tu ancora mi chiami sintomi i sintomi, ti rendi conto? Ma di che stiamo parlando?" E questo in maniera, a mio avviso, un pò troppo concitata. Le ho riportato le parole esatte non quelle elaborate da me.
Psichiatra e Psicoterapeuta non si sono mai messi in contatto tra loro. Non lo hanno né richiesto né hanno mai chiesto informazioni più approfondite l'uno sull'altro. Diciamo che sono stata sempre io paziente a fare da tramite per dare informazioni.
Lo psicoterapeuta sin dall'inizio della terapia mi ha sempre detto "eh ma quando li togli questi farmaci? Toglili no?" e mi ha detto che gli psichiatri sono restii a togliere i farmaci perché se un paziente fa qualche casino tipo omicidio o suicidio loro ci passerebbero guai allora tendono a fargli assumere farmaci per sempre anche quando non serve.
Invece la psichiatra è di un altro avviso, un pò restia a toglierli ma ha cmq assecondato il mio desiderio pensando che se ero così decisa forse poteva andare bene ma ora è dell'avviso che vanno ripresi e che lo psicoterapeuta dovrebbe collaborare con la psichiatria e non mettersi di fianco.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.1k visite dal 20/11/2022.
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