Come comportarmi?
Buonasera, cercherò di spiegare la mia situazione piuttosto particolare.
Ho 26 anni e quando ho finito il liceo non sapevo bene cosa fare nella vita.
Sapevo di avere due interessi, la scienza e la difesa dei diritti delle persone (una sorta di senso di giustizia che mi porto dietro da sempre).
Tuttavia avevo sempre ritenuto il diritto noioso e le materie scientifiche invece stimolanti.
Dall'altro lato però sono cresciuto in un ambiente di avvocati, mi è sempre stato detto che giurisprudenza fosse la facoltà migliore per me, per la comodità di avere uno studio legale avviato e perchè tutti mi vedevano perfetto a fare l'avvocato.
Così, nonostante non fossi pienamente convinto, mi iscrissi a giurisprudenza dicendomi che avrei potuto assecondare quel lato "giustiziero" di me lavorando nelle organizzazioni internazionali.
Passo quindi due anni a giurisprudenza in cui continuo a non sentirmi veramente appassionato.
Il crollo arriva al terzo anno.
Il diritto comincia a nausearmi, mi deprimo perchè penso che non voglio fare l'avvocato, cado in una spirale in cui mi convinco di essermi solamente illuso fino a quel momento.
Inizia a mancarmi la scienza, vorrei studiarla.
"Sono un uomo di scienza" mi ripeto.
Così dopo un anno di dubbi decido di gettare via tre anni di tempo e materie e ricomincio da zero cambiando facoltà.
Approdo quindi a ingegneria gestionale e comincio l'anno carico e felice di aver ripreso in mano la mia vera passione.
L'inizio in realtà non è dei migliori, penso di ritornare a giurisprudenza ma non lo faccio per orgoglio e perchè ancora voglio crederci.
Arrivo così ad oggi.
Mi sono laureato un mese fa, posso dire di aver apprezzato molte materie che ho studiato e sono "felice" di avere un titolo che mi renda un "uomo di scienza".
Il problema è che adesso che mi affaccio al mondo del lavoro mi accorgo che quello che andrò a fare non mi piace...e questa consapevolezza mi devasta.
Quattro anni fa ho fatto la guerra per cambiare facoltà, ostinato a non voler lavorare in ambito legale, io volevo fare ingegneria e basta.
Ora penso, ma perchè mi sono convinto di tutto ciò?
Come ho potuto ricominciare da zero per fare un lavoro che adesso reputo noioso?
E come se non bastasse adesso sento nostalgia di giurisprudenza, mi manca quando studiavo diritto.
Ma soprattutto mi fa soffrire il fatto che non sto aiutando le persone, quel famoso senso di giustizia è ancora lì.
Vorrei coltivarlo, vorrei lavorare in un ambiente in cui faccio del bene per il prossimo, la mia testa torna sempre alle organizzazioni internazionali.
Vorrei farne parte e mi sento così stupido a pensare che ero sulla strada più giusta per farlo e invece mi sono convinto di stare sbagliando tutto.
Adesso mi sembra assurdo ma non so cosa darei per avere la laurea in legge.
Mi sento il pazzo che ha cambiato facoltà per fare qualcosa di totalmente diverso e adesso vorrebbe fare esattamente ciò che ha abbandonato.
Non so cosa fare, mi sento così sbagliato e stanco di essere infelice.
Ho 26 anni e quando ho finito il liceo non sapevo bene cosa fare nella vita.
Sapevo di avere due interessi, la scienza e la difesa dei diritti delle persone (una sorta di senso di giustizia che mi porto dietro da sempre).
Tuttavia avevo sempre ritenuto il diritto noioso e le materie scientifiche invece stimolanti.
Dall'altro lato però sono cresciuto in un ambiente di avvocati, mi è sempre stato detto che giurisprudenza fosse la facoltà migliore per me, per la comodità di avere uno studio legale avviato e perchè tutti mi vedevano perfetto a fare l'avvocato.
Così, nonostante non fossi pienamente convinto, mi iscrissi a giurisprudenza dicendomi che avrei potuto assecondare quel lato "giustiziero" di me lavorando nelle organizzazioni internazionali.
Passo quindi due anni a giurisprudenza in cui continuo a non sentirmi veramente appassionato.
Il crollo arriva al terzo anno.
Il diritto comincia a nausearmi, mi deprimo perchè penso che non voglio fare l'avvocato, cado in una spirale in cui mi convinco di essermi solamente illuso fino a quel momento.
Inizia a mancarmi la scienza, vorrei studiarla.
"Sono un uomo di scienza" mi ripeto.
Così dopo un anno di dubbi decido di gettare via tre anni di tempo e materie e ricomincio da zero cambiando facoltà.
Approdo quindi a ingegneria gestionale e comincio l'anno carico e felice di aver ripreso in mano la mia vera passione.
L'inizio in realtà non è dei migliori, penso di ritornare a giurisprudenza ma non lo faccio per orgoglio e perchè ancora voglio crederci.
Arrivo così ad oggi.
Mi sono laureato un mese fa, posso dire di aver apprezzato molte materie che ho studiato e sono "felice" di avere un titolo che mi renda un "uomo di scienza".
Il problema è che adesso che mi affaccio al mondo del lavoro mi accorgo che quello che andrò a fare non mi piace...e questa consapevolezza mi devasta.
Quattro anni fa ho fatto la guerra per cambiare facoltà, ostinato a non voler lavorare in ambito legale, io volevo fare ingegneria e basta.
Ora penso, ma perchè mi sono convinto di tutto ciò?
Come ho potuto ricominciare da zero per fare un lavoro che adesso reputo noioso?
E come se non bastasse adesso sento nostalgia di giurisprudenza, mi manca quando studiavo diritto.
Ma soprattutto mi fa soffrire il fatto che non sto aiutando le persone, quel famoso senso di giustizia è ancora lì.
Vorrei coltivarlo, vorrei lavorare in un ambiente in cui faccio del bene per il prossimo, la mia testa torna sempre alle organizzazioni internazionali.
Vorrei farne parte e mi sento così stupido a pensare che ero sulla strada più giusta per farlo e invece mi sono convinto di stare sbagliando tutto.
Adesso mi sembra assurdo ma non so cosa darei per avere la laurea in legge.
Mi sento il pazzo che ha cambiato facoltà per fare qualcosa di totalmente diverso e adesso vorrebbe fare esattamente ciò che ha abbandonato.
Non so cosa fare, mi sento così sbagliato e stanco di essere infelice.
[#1]
Gentile utente,
mi ha colpito la sua frase:
>Ma soprattutto mi fa soffrire il fatto che non sto aiutando le persone, quel famoso senso di giustizia è ancora lì.<
E immediatamente mi si sono presentati davanti agli occhi quei tanti ingegneri che portano avanti progetti fondamentali in paesi poveri, sporcandosi le mani ogni giorno per garantire non tanto la qualità della vita, quanto talvolta la semplice sopravvivenza. Con un forte senso di giustizia sociale.
Se invece la Sua narrazione ci facesse intravedere una propria personale insoddisfazione che colpisce ogni cosa che fa;
oppure una difficoltà nel transitare dalla vita di studente alla vita professionale;
allora si passa al piano psicologico.
Esso ha bisogno di una presa in carico specifica.
Se ritiene replichi, Le risponderemo.
Dott. Brunialti
mi ha colpito la sua frase:
>Ma soprattutto mi fa soffrire il fatto che non sto aiutando le persone, quel famoso senso di giustizia è ancora lì.<
E immediatamente mi si sono presentati davanti agli occhi quei tanti ingegneri che portano avanti progetti fondamentali in paesi poveri, sporcandosi le mani ogni giorno per garantire non tanto la qualità della vita, quanto talvolta la semplice sopravvivenza. Con un forte senso di giustizia sociale.
Se invece la Sua narrazione ci facesse intravedere una propria personale insoddisfazione che colpisce ogni cosa che fa;
oppure una difficoltà nel transitare dalla vita di studente alla vita professionale;
allora si passa al piano psicologico.
Esso ha bisogno di una presa in carico specifica.
Se ritiene replichi, Le risponderemo.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Cara Dottoressa,
La ringrazio per la risposta.
Riguardo ai progetti di sviluppo nei paesi poveri, è esattamente l'indirizzo che sto cercando di prendere con la mia laurea.
Mi accorgo però che è abbastanza complicato da realizzare, per esperienze e capacità richieste.
Inoltre, cercando tra le opportunità lavorative in questo ambiente, mi piange il cuore ogni volta che apro un'offerta di lavoro interessante e vedo richiesta la laurea in legge.
Assurdo ma adesso sembra che ogni cosa voglia fare richieda la laurea che ho abbandonato.
Ai tempi mi sembrava tutto l'opposto, credevo che giurisprudenza mi avrebbe solo garantito una pesante vita tra aule di tribunali.
Sento che non riesco a trovare un'identità. Ogni cosa che scelgo penso sia quella giusta e poi rimango deluso. Nel frattempo però cresco e devo iniziare a lavorare, ho già perso tre anni di tempo cambiando facoltà. Ho paura che continuando così finirò per non avere nulla in mano.
La ringrazio per la risposta.
Riguardo ai progetti di sviluppo nei paesi poveri, è esattamente l'indirizzo che sto cercando di prendere con la mia laurea.
Mi accorgo però che è abbastanza complicato da realizzare, per esperienze e capacità richieste.
Inoltre, cercando tra le opportunità lavorative in questo ambiente, mi piange il cuore ogni volta che apro un'offerta di lavoro interessante e vedo richiesta la laurea in legge.
Assurdo ma adesso sembra che ogni cosa voglia fare richieda la laurea che ho abbandonato.
Ai tempi mi sembrava tutto l'opposto, credevo che giurisprudenza mi avrebbe solo garantito una pesante vita tra aule di tribunali.
Sento che non riesco a trovare un'identità. Ogni cosa che scelgo penso sia quella giusta e poi rimango deluso. Nel frattempo però cresco e devo iniziare a lavorare, ho già perso tre anni di tempo cambiando facoltà. Ho paura che continuando così finirò per non avere nulla in mano.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 2k visite dal 13/11/2022.
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