Confusione sulla mia diagnosi
Buonasera da molti anni soffro di disturbi psicologici ma non ho mai capito cosa ho di preciso, premetto che negli anni sono stata da parecchi specialisti, sia psichiatri che psicologici e mi sono state fatte numerose diagnosi ansia, ansia sociale, depressione, disturbo narcisistico di personalità (mi è stato detto "covert").
La mia sintomatologia concerne disturbi molto variegati e molto "atipici", sono costantemente ansiosa, soprattutto nelle situazioni sociali, tanto che fumo un pacchetto da venti sigarette al giorno, per trattare quest'ansia assumo lo xanax, ma l'ansia non è la radice dei miei problemi probabilmente è solo una conseguenza, io fatico a sentirmi parte della società, per mia stessa volontà, provo un senso di rigetto verso il modo di vivere come lo intendono gli altri, a partire dalle cose più semplici fino ad arrivare a cose più importanti, ad esempio, se tutti parlano di una nuova serie tv molto in voga io non la guarderò e anzi la denigrerò senza neanche averla guardata (e provo un senso di "sadico" piacere nel farlo, provo piacere nell'andare contro "i più") , se mi dicono "dovresti uscire, socializzare" provo proprio fastidio e faccio il contrario, se mi dicono "dovresti vestirti carina così gli uomini ti guarderanno di più" provo lo stesso senso di fastidio e faccio l'opposto, mi rendo inguardabile, impresentabile apposta (lo so sembra folle ma è così)... insomma non voglio che qualcuno mi dica cosa devo o non devo fare.
Non sono una sociopatica, rispetto le regole del vivere civile, non ho mai preso neanche una multa, (e sembrerà strano detto da una come me ma faccio anche volontariato perchè in qualche modo stare con chi soffre, con "gli ultimi", i reietti, gli invisibili a me dona molto appagamento e rende felice) ma ho questo senso di "ribellione" quasi patologico, se inizio un nuovo lavoro tendo ad essere critica anche verso i superiori, provo lo stesso senso di fastidio di cui sopra nel ricevere direttive anche in ambito lavorativo tanto che tendo ad attuare comportamento sconvenienti con l'intento di creare "scompiglio" e farmi cacciare e devo ammetterlo, provo piacere in questo, quasi "euforia".
Nelle relazioni sentimentali non ne parliamo.
Non voglio sposarmi, non voglio avere una famiglia felice, non voglio uscire per fare gli aperitivi con gli amici, non voglio niente di tutto questo, ma allo stesso tempo non sono contenta di come vivo... perchè in realtà non mi piace la solitudine, in realtà io vorrei qualcuno da amare, vorrei degli amici, non ho intenzione di vivere da eremita su un monte, ma non voglio avere queste cose seguendo "le regole degli altri", vorrei che la società accetti il mio modo di vivere e vedere le cose, altrimenti niente...preferisco la solitudine. Aggiungo infine che io ho avuto un rapporto estremamente distaccato e problematico con la mia figura materna se questo può essere utile.
Di che disturbo si tratta con esattezza?
La mia sintomatologia concerne disturbi molto variegati e molto "atipici", sono costantemente ansiosa, soprattutto nelle situazioni sociali, tanto che fumo un pacchetto da venti sigarette al giorno, per trattare quest'ansia assumo lo xanax, ma l'ansia non è la radice dei miei problemi probabilmente è solo una conseguenza, io fatico a sentirmi parte della società, per mia stessa volontà, provo un senso di rigetto verso il modo di vivere come lo intendono gli altri, a partire dalle cose più semplici fino ad arrivare a cose più importanti, ad esempio, se tutti parlano di una nuova serie tv molto in voga io non la guarderò e anzi la denigrerò senza neanche averla guardata (e provo un senso di "sadico" piacere nel farlo, provo piacere nell'andare contro "i più") , se mi dicono "dovresti uscire, socializzare" provo proprio fastidio e faccio il contrario, se mi dicono "dovresti vestirti carina così gli uomini ti guarderanno di più" provo lo stesso senso di fastidio e faccio l'opposto, mi rendo inguardabile, impresentabile apposta (lo so sembra folle ma è così)... insomma non voglio che qualcuno mi dica cosa devo o non devo fare.
Non sono una sociopatica, rispetto le regole del vivere civile, non ho mai preso neanche una multa, (e sembrerà strano detto da una come me ma faccio anche volontariato perchè in qualche modo stare con chi soffre, con "gli ultimi", i reietti, gli invisibili a me dona molto appagamento e rende felice) ma ho questo senso di "ribellione" quasi patologico, se inizio un nuovo lavoro tendo ad essere critica anche verso i superiori, provo lo stesso senso di fastidio di cui sopra nel ricevere direttive anche in ambito lavorativo tanto che tendo ad attuare comportamento sconvenienti con l'intento di creare "scompiglio" e farmi cacciare e devo ammetterlo, provo piacere in questo, quasi "euforia".
Nelle relazioni sentimentali non ne parliamo.
Non voglio sposarmi, non voglio avere una famiglia felice, non voglio uscire per fare gli aperitivi con gli amici, non voglio niente di tutto questo, ma allo stesso tempo non sono contenta di come vivo... perchè in realtà non mi piace la solitudine, in realtà io vorrei qualcuno da amare, vorrei degli amici, non ho intenzione di vivere da eremita su un monte, ma non voglio avere queste cose seguendo "le regole degli altri", vorrei che la società accetti il mio modo di vivere e vedere le cose, altrimenti niente...preferisco la solitudine. Aggiungo infine che io ho avuto un rapporto estremamente distaccato e problematico con la mia figura materna se questo può essere utile.
Di che disturbo si tratta con esattezza?
[#1]
Gentile utente,
della sua situazione qui descritta -peraltro complessa ma ampiamente trattata dagli specialisti in presenza- mi colpisce l'aspetto oppositivo. Come se quella "fisiologica" fase oppositiva dei 3-4 anni nei confronti dei genitori si fosse cristallizzata e riempita successivamente di contenuti successivamente "aggiornati" all'eta: nei confronti dei superiori, della società, degli schemi affettivi imperanti, ecc.
Mi chiedo se questo aspetto sia stato affrontato in qualcuna delle sue (psico)terapie.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
della sua situazione qui descritta -peraltro complessa ma ampiamente trattata dagli specialisti in presenza- mi colpisce l'aspetto oppositivo. Come se quella "fisiologica" fase oppositiva dei 3-4 anni nei confronti dei genitori si fosse cristallizzata e riempita successivamente di contenuti successivamente "aggiornati" all'eta: nei confronti dei superiori, della società, degli schemi affettivi imperanti, ecc.
Mi chiedo se questo aspetto sia stato affrontato in qualcuna delle sue (psico)terapie.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Gentile dottoressa, io avevo iniziato la terapia ma l'ho conclusa precocemente proprio perché sentivo che il terapeuta non potesse aiutarmi, sempre quel senso "oppositivo" che descrive lei, l'ho attuato anche con la terapeuta e me ne dispiaccio perché era molto brava. Magari avrebbe potuto aiutarmi ma non gliel'ho permesso e non so adesso come approcciarmi ad una nuova terapia, ne sento il bisogno ma so che potrei ripetere lo stesso comportamento, abbandonare a metà... è difficile chiedere aiuto quando pensi di non stare sbagliando e che siano gli altri a doverti accettare e capire, ma daltro canto, dentro di me, da qualche parte, so di averne bisogno.
[#3]
E' naturale che con l* Psicoterapeuta si mettano in atto gli stessi meccanismi che si utilizzano con gli altri.
Con due differenze però:
. Ora Lei è consapevole del meccanismo che utilizza e può dichiararlo fin dalla prima seduta; o addirittura metterlo tra gli obiettivi di approfondimento.
. Il/la terapeuta sa come gestire le dinamiche che il/la pz. porta e mette in atto, addirittura volgendole a favore del lavoro che si sta intraprendendo o svolgendo.
Un'ultima osservazione.
A fronte della Sue frasi:
1- "...insomma non voglio che qualcuno mi dica cosa devo o non devo fare...", certo la psicoterapia non incorre in questo pericolo in quanto a scelte di vita; quanto a tecniche o mansioni favorenti il cambiamento, invece, sì.
2- "..d'altro canto, dentro di me, da qualche parte, so di averne bisogno", Lei onestamente dichiara.
E dunque il meccanismo sta mostrando i propri punti deboli. D'altra parte nel momento in cui nasce ha una ragion d'essere; nell'andare del tempo, proprio mentre si consolida, contemporaneamente perde di efficacia perchè la situazione e la persona cambiano.
E dunque l'orientamento che Le fornisco (ben consapevole che così facendo posso incorrere nella Sua oppositività, v. 1-) è di riprendere la psicoterapia con un* professionista di esperienza, e con pazienza da parte Sua. La consapevolezza con la quale ha interagito qui è una carta a Suo vantaggio (v. 2-).
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Con due differenze però:
. Ora Lei è consapevole del meccanismo che utilizza e può dichiararlo fin dalla prima seduta; o addirittura metterlo tra gli obiettivi di approfondimento.
. Il/la terapeuta sa come gestire le dinamiche che il/la pz. porta e mette in atto, addirittura volgendole a favore del lavoro che si sta intraprendendo o svolgendo.
Un'ultima osservazione.
A fronte della Sue frasi:
1- "...insomma non voglio che qualcuno mi dica cosa devo o non devo fare...", certo la psicoterapia non incorre in questo pericolo in quanto a scelte di vita; quanto a tecniche o mansioni favorenti il cambiamento, invece, sì.
2- "..d'altro canto, dentro di me, da qualche parte, so di averne bisogno", Lei onestamente dichiara.
E dunque il meccanismo sta mostrando i propri punti deboli. D'altra parte nel momento in cui nasce ha una ragion d'essere; nell'andare del tempo, proprio mentre si consolida, contemporaneamente perde di efficacia perchè la situazione e la persona cambiano.
E dunque l'orientamento che Le fornisco (ben consapevole che così facendo posso incorrere nella Sua oppositività, v. 1-) è di riprendere la psicoterapia con un* professionista di esperienza, e con pazienza da parte Sua. La consapevolezza con la quale ha interagito qui è una carta a Suo vantaggio (v. 2-).
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#4]
Qualcuno ha detto che il primo passo verso la saggezza è aggredire tutto. L'ultimo, riconciliarsi con tutto.
A quanto pare lei si trova bloccata nella prima fase.
>>> vorrei che la società accetti il mio modo di vivere e vedere le cose
Questo è impossibile e a qualche livello lei ne sarà certamente consapevole. È una pretesa che hanno i bambini, quella che debba essere il mondo ad adattarsi e piegarsi al loro volere.
L'adulto perfettamente funzionale, invece, non è quello che cede o accetta passivamente il mondo, facendo cioè l'opposto, ma quello che impara come fare a raggiungere i propri obiettivi adattandosi. Cioè a utilizzare le regole e convenzioni del mondo per ottenere ciò che vuole.
Trovi un terapeuta capace di aiutarla in tal senso, possibilmente dandole indicazioni pratiche su cosa fare o non fare. Al di là delle etichette diagnostiche, che non contano ai fini del risultato.
A quanto pare lei si trova bloccata nella prima fase.
>>> vorrei che la società accetti il mio modo di vivere e vedere le cose
Questo è impossibile e a qualche livello lei ne sarà certamente consapevole. È una pretesa che hanno i bambini, quella che debba essere il mondo ad adattarsi e piegarsi al loro volere.
L'adulto perfettamente funzionale, invece, non è quello che cede o accetta passivamente il mondo, facendo cioè l'opposto, ma quello che impara come fare a raggiungere i propri obiettivi adattandosi. Cioè a utilizzare le regole e convenzioni del mondo per ottenere ciò che vuole.
Trovi un terapeuta capace di aiutarla in tal senso, possibilmente dandole indicazioni pratiche su cosa fare o non fare. Al di là delle etichette diagnostiche, che non contano ai fini del risultato.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 1.2k visite dal 08/11/2022.
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Approfondimento su Disturbi di personalità
I disturbi di personalità si verificano in caso di alterazioni di pensiero e di comportamento nei tratti della persona: classificazione e caratteristiche dei vari disturbi.