Crisi esistenziale dovuta al crollo di fede e certezze
Salve, chiedo questo consulto a causa di una problematica che ormai drena la stragrande maggioranza delle mie energie mentali, tutti i giorni, da circa 3 mesi e mezzo, da quando la mia incrollabile fede cristiana, intorno alla quale ruotava tutto il sistema di valori e di certezze che utilizzavo per approcciarmi al mondo, ha subito un enorme scossone, venendo quindi meno al ruolo fino ad allora ricoperto brillantemente.
Mi sono ritrovato così, dalla sera alla mattina, completamente vulnerabile a tutta quella serie di dubbi esistenziali (e non) dai quali ero sempre stato "protetto" dalla mia fede.
Ovviamente questo mi ha trascinato in una spirale di ansia, insicurezza, angoscia dalla quale ormai non trovo più via d'uscita.
Ora come ora il pensiero angosciante deriva dalla visione che mi sono fatto della vita e delle emozioni, le quali sono dovute solo alla genetica.
Tutte le nostre emozioni hanno radici profonde nel nostro DNA, l'ambiente in cui si vive può certo avere un'influenza, ma la base rimane sempre quella.
Ormai vedo l'essere umano come una macchina biologica guidata nella stragrande maggioranza delle azioni dall'istinto.
Sono abituato a dividere il razionale e l'irrazionale, ma mi sono reso conto che tutte le nostre azioni sono guidate da quest'ultimo: mangio perché l'istinto di autoconservazione ci spinge a cercare di sopravvivere, sono empatico perché la collaborazione reciproca fra gli esseri umani è stata conveniente per la loro sopravvivenza, sono attratto da una ragazza solo per l'istinto di riprodurmi, tutte le emozioni sono governate da questi istinti e queste emozioni a loro volta governano le nostre azioni.
Tutto solo per la conservazione della specie, che di per sé potrebbe non avere senso, dunque tutte queste azioni potrebbero non avere senso.
È un pensiero ossessivo che emerge ogni qual volta provo una qualche emozione.
Ogni volta che mi sento appagato da qualcosa penso "perché mi sento appagato?
", Faccio questo ragionamento, arrivo alla conclusione appena descritta, mi sembra tutto insensato e automaticamente svanisce quel senso di appagatezza.
Succede sempre più spesso.
In questi 3 mesi e mezzo sento di averle provate tutte, non riesco né a cambiare idea e né a farmene una ragione.
Mi dà un'ansia angosciante l'idea che tutte le nostre emozioni abbiano una simile matrice, che noi siamo "programmati" ad agire in questo modo che mi sembra totalmente insensato.
Ho il terrore di diventare apatico.
Come ho già detto, molte delle emozioni positive che provo le sento sempre più ovattate, quando sto con la mia ragazza, con i miei amici o in qualunque altro momento.
Inizio a isolarmi e a far preoccupare le persone a cui tengo.
Il sistema di valori assoluti in cui credevo sta crollando.
Forse sto perdendo il contatto con la realtà, mi sento spesso annebbiato, perennemente in ansia, fino alla sera, quando mi sento talmente sfinito da non averne più.
Mi sembra assurdo, nulla mi sembra avere senso, ho paura di impazzire, sono disperato.
Mi sono ritrovato così, dalla sera alla mattina, completamente vulnerabile a tutta quella serie di dubbi esistenziali (e non) dai quali ero sempre stato "protetto" dalla mia fede.
Ovviamente questo mi ha trascinato in una spirale di ansia, insicurezza, angoscia dalla quale ormai non trovo più via d'uscita.
Ora come ora il pensiero angosciante deriva dalla visione che mi sono fatto della vita e delle emozioni, le quali sono dovute solo alla genetica.
Tutte le nostre emozioni hanno radici profonde nel nostro DNA, l'ambiente in cui si vive può certo avere un'influenza, ma la base rimane sempre quella.
Ormai vedo l'essere umano come una macchina biologica guidata nella stragrande maggioranza delle azioni dall'istinto.
Sono abituato a dividere il razionale e l'irrazionale, ma mi sono reso conto che tutte le nostre azioni sono guidate da quest'ultimo: mangio perché l'istinto di autoconservazione ci spinge a cercare di sopravvivere, sono empatico perché la collaborazione reciproca fra gli esseri umani è stata conveniente per la loro sopravvivenza, sono attratto da una ragazza solo per l'istinto di riprodurmi, tutte le emozioni sono governate da questi istinti e queste emozioni a loro volta governano le nostre azioni.
Tutto solo per la conservazione della specie, che di per sé potrebbe non avere senso, dunque tutte queste azioni potrebbero non avere senso.
È un pensiero ossessivo che emerge ogni qual volta provo una qualche emozione.
Ogni volta che mi sento appagato da qualcosa penso "perché mi sento appagato?
", Faccio questo ragionamento, arrivo alla conclusione appena descritta, mi sembra tutto insensato e automaticamente svanisce quel senso di appagatezza.
Succede sempre più spesso.
In questi 3 mesi e mezzo sento di averle provate tutte, non riesco né a cambiare idea e né a farmene una ragione.
Mi dà un'ansia angosciante l'idea che tutte le nostre emozioni abbiano una simile matrice, che noi siamo "programmati" ad agire in questo modo che mi sembra totalmente insensato.
Ho il terrore di diventare apatico.
Come ho già detto, molte delle emozioni positive che provo le sento sempre più ovattate, quando sto con la mia ragazza, con i miei amici o in qualunque altro momento.
Inizio a isolarmi e a far preoccupare le persone a cui tengo.
Il sistema di valori assoluti in cui credevo sta crollando.
Forse sto perdendo il contatto con la realtà, mi sento spesso annebbiato, perennemente in ansia, fino alla sera, quando mi sento talmente sfinito da non averne più.
Mi sembra assurdo, nulla mi sembra avere senso, ho paura di impazzire, sono disperato.
[#1]
In realtà spiritualità e ragione psosono coesistere, perché stanso su piani differenti.
Ma è chiaro che se uno basa interamente la propria esistenza solo su uno di essi, si possono verificare delle crisi, come quella che dici di star vivendo adesso. Che però rassomiglia più a una crisi ossesiva che ad altro.
Perciò potresti chiedere un colloquio direttamente a uno psicologo, per farti inquadrare meglio il problema.
Ma è chiaro che se uno basa interamente la propria esistenza solo su uno di essi, si possono verificare delle crisi, come quella che dici di star vivendo adesso. Che però rassomiglia più a una crisi ossesiva che ad altro.
Perciò potresti chiedere un colloquio direttamente a uno psicologo, per farti inquadrare meglio il problema.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#3]
In generale vanno bene tutte. Nello specifico ti suggerisco di fare delle telefonate, porre qualche domanda direttamente allo psicologo e poi vedi quanto ti soddisfano le risposte che riceverai.
Ciò che dovresti cercare è qualcuno che adotti un metodo pratico, dove ricevere indicazioni e suggerimenti direttamente utilizzabili, quindi senza troppo spazio alle interpretazioni e alla ricerca dell'origine storica del tuo disagio, ma darne invece a cosa fare o non fare da qui in avanti.
Il tuo potrebbe essere un caso più da coaching comportamentale che di terapia vera e propria, ma l'importante è che il professionista sia uno psicologo, meglio se anche psicoterapeuta, in modo da poter scegliere il metodo d'intervento più adatto.
Ciò che dovresti cercare è qualcuno che adotti un metodo pratico, dove ricevere indicazioni e suggerimenti direttamente utilizzabili, quindi senza troppo spazio alle interpretazioni e alla ricerca dell'origine storica del tuo disagio, ma darne invece a cosa fare o non fare da qui in avanti.
Il tuo potrebbe essere un caso più da coaching comportamentale che di terapia vera e propria, ma l'importante è che il professionista sia uno psicologo, meglio se anche psicoterapeuta, in modo da poter scegliere il metodo d'intervento più adatto.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
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[#5]
Utente
Ho omesso in realtà che da uno psicologo ci vado già, oggi ho avuto la mia quarta seduta, non ho detto nulla perché credevo di aver fatto troppe poche sedute. Oggi però mi è arrivato il messaggio di essere ad un punto morto: mi ha solo detto che devi accettare questa visione della vita, che devo provare a pensare "non è sicuro che sia così come penso, ma anche se fosse non succede nulla e non ha senso che mi causi problemi nel quotidiano". Solo che io non riesco ad accettarlo, per quanto ci provi e speravo che mi potesse dare consigli più pratici per affrontare l'ansia e per accettare questa situazione... Secondo la vostra esperienza cosa mi conviene fare? Questo è davvero tutto quello che la psicologia mi può dare? Dovrei cercare uno psicologo più specializzato in crisi esistenziali?. La specializzazione è in psicoterapia cognitivo comportamentale.
[#7]
Perdonami per la risposta in ritardo, a causa di un problema tecnico non ho visto che avevi replicato.
Ma sono un dottore, non una dottoressa.
No, ovviamente non è tutto qui ciò che la psicologia ha da offrirti.
Quando dicevo che fede e ragione possono coesistere, intendevo dire che ci sono certamente modi per conciliare la legittimità di entrambe. Io stesso sono andato incontro a un fenomeno molto simile quando studiavo per l'esame di biologia all'università: le spiegazioni che ricevevo mi fecero venire meno la necessità di avere fede. Per un certo periodo ne ho sofferto, ma poi maturando ho imparato a riconciliare le due cose.
Il fatto che tu non senta di avere più fede non è inoltre necessariamente negativo (e comunque se un dio esiste, esiste indipendentemente che tu ci creda o meno). A volte la fede è una "coperta di Linus", una rassicurazione in cui ci si rifugia per paura della morte.
Cambia psicoterapeuta.
Ma sono un dottore, non una dottoressa.
No, ovviamente non è tutto qui ciò che la psicologia ha da offrirti.
Quando dicevo che fede e ragione possono coesistere, intendevo dire che ci sono certamente modi per conciliare la legittimità di entrambe. Io stesso sono andato incontro a un fenomeno molto simile quando studiavo per l'esame di biologia all'università: le spiegazioni che ricevevo mi fecero venire meno la necessità di avere fede. Per un certo periodo ne ho sofferto, ma poi maturando ho imparato a riconciliare le due cose.
Il fatto che tu non senta di avere più fede non è inoltre necessariamente negativo (e comunque se un dio esiste, esiste indipendentemente che tu ci creda o meno). A volte la fede è una "coperta di Linus", una rassicurazione in cui ci si rifugia per paura della morte.
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Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 2.2k visite dal 06/11/2022.
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