Madre iperprotettiva

Salve a tutti, sono un ragazzo di 23 anni e sono uno studente universitario.
Premetto che sono un ragazzo molto insicuro e ansioso, il che mi ha sempre portato ad isolarmi.
Ho da poco iniziato a frequentare l'università con l'obbiettivo di diventare fisioterapista e nonostante la paura della socializzazione sono riuscito a fare amicizia con gli altri studenti.
Dietro a ogni mio timore, però si annida mia madre, che con le sue costanti pressioni e ansie, riesce a controllarmi.
Ho vissuto con lei fin da quando avevo 3 anni dopo il divorzio dei miei, in una villetta quadrifamiliare insieme a mia zia, mia nonna e mia cugina, le quali condividono tra di loro l'iperprotettività.
Non mi hanno mai fatto mancare niente e per questo sono loro molto riconoscente, se non fosse per la loro ossessività.
Attraverso sensi di colpa e regali mi hanno sempre comprato, rinchiudendomi in una prigione dorata.
Ultimamente ho iniziato a frequentare alcuni ragazzi della mia zona, che a differenza mia hanno una vita sociale intensa, mandando su tutte le furie mia madre, la quale attua un atteggiamento passivo-aggressivo nei miei confronti.
So che la colpa non è altro che mia, dal momento che non mi sono mai ribellato, ma so che nella sua possessività c'è amore, e dopo tutto ciò che ha fatto per me sarebbe quasi un insulto nei suoi confronti, andarle contro.
Infatti l'università è stata totalmente pagata da lei e il suo compagno, dal momento che mio padre non è mai stato presente economicamente, creando un grande dissapore nei suoi confronti da parte di lei.
Il problema è la mia vita sociale.
Sabato scorso sono uscito con questi ragazzi e lei si è infuriata perché sono rientrato alle 23.
Questo sabato dovrei riuscire con loro per andare in discoteca, e non so cosa aspettarmi dal momento che non ci sono mai andato, e lei ha deciso di non rivolgermi più la parola.
Non ho mai fatto uso di stupefacenti o neanche mai fumato, e bevo alcolici solo in eventi speciali, ma nonostante tutto lei non è mai felice quando intraprendo delle attività sociali, preferendomi chiuso in casa.
La cosa che trovo più ilare è la sua ipocrisia, facendo discorsi sulla sicurezza emotiva e sullo sconfiggere le ansie, dal momento che è lei il nucleo delle mie difficoltà.
Aggiungo anche di non aver mai avuto una ragazza e di trovarmi a disagio in ambito romantico o sessuale.
Non so come reagire senza ferirla.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
provi a rileggere la sua lettera, immaginando che sia stata scritta da un altro. Provi a vederla come un film.
A me è sembrato di scorgere, nelle persone che descrive, una tendenza a ridurre il bambino di tre anni allevato nel gineceo ad un essere incapace di propria volontà, senza più decisioni, reazioni emotive, scelte... Insomma, più o meno una riduzione in schiavitù, tanto più grave perché attuata su un bambino e con un mellifluo metodo morale, più che fisico.
Per fortuna l'operazione di annullamento mentale non è riuscita del tutto, infatti lei scrive: "mia madre [...] con le sue costanti pressioni e ansie, riesce a controllarmi"; "Non mi hanno mai fatto mancare niente e per questo sono loro molto riconoscente, se non fosse per la loro ossessività"...
A me ricordano la strega di Hansel e Gretel, forse perché un bambino non dovrebbe essere assillato dall'ossessività degli adulti, forse perché è perfettamente naturale non far mancare nulla ad un figlio, a un nipote, se non si è nella miseria più nera, o forse per quella esplicita modalità manipolatoria: "Attraverso sensi di colpa e regali mi hanno sempre comprato, rinchiudendomi in una prigione dorata".
Lei sembra fin qui abbastanza consapevole che qualcosa non è andato per il verso giusto, ma poi afferma: "so che nella sua possessività c'è amore, e dopo tutto ciò che ha fatto per me sarebbe quasi un insulto nei suoi confronti, andarle contro".
Questa formulazione è aberrante. I genitori, se non sono dei mostri, danno tutto quello che possono senza farlo pesare, e non vanno su tutte le furie quando i figli cominciano a vivere la loro vita. Ma lei fin da piccolo è stato "comprato", e ora dice che "l'università è stata totalmente pagata da lei e il suo compagno, dal momento che mio padre non è mai stato presente economicamente".
Direi che questo non è colpa sua, non le pare? Per altro, se sua madre ha un compagno, non ha sacrificato tutto per occuparsi di lei, e ha fatto bene. Se però si è fatta aiutare da un estraneo a pagarle l'università, forse ha fatto male. Potevate scegliere una facoltà di Stato, e ce ne sono anche di private che costano solo 2000 euro l'anno, nulla di trascendentale per una donna con un figlio, e che si suppone lavori.
Tutto questo per giungere alla ciliegina finale: "Non so come reagire senza ferirla".
A questo punto non posso fare altro che segnalarle che in ogni università c'è un consulente psicologo per gli studenti, ma ce n'è anche al Consultorio giovani, alle ASL, al Centro di Salute Mentale. Non è facilissimo uscire dalle idee che la tengono schiavo, ma senza l'aiuto di uno specialista può essere ancora più difficile.
D'altra parte, la vita è la sua, e anche la modalità più idonea per non attuare con sua madre uno scontro irrimediabile dovrebbe essere valutata con uno specialista.
Le faccio tanti auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com