Clinofobia
Buonasera,
Il mio disturbo è la clinofobia.
Tuttavia, durante tutta l'eta' adolescenziale (delle superiori) che io ricordi non ho mai
avuto nessun problema con il sonno, anzi, ricordo addirittura che facevo nottate con amici per poi dormire a casa mia o addirittura a casa di amici per 10-12 ore
di fila senza che il problema mi passasse minimamente per la testa, cosa che al momento per me è davvero una cosa impossibile.
Ad un certo punto, finita la scuola, iniziai (non ricordo dopo quanto) ad avere i primi problemi,
che pero' non ricollegai subito alla clinofobia, bensi ad una difficolta a prendere sonno, ricordo di passare notti con tv accesa e non riuscire a domire.
Piu' passava il tempo e piu' le ricadute erano pesanti, infatti passai dal non prendere sonno (riuscendo alla fine a dormire) ma rimanendo in condizioni di tranquillita' a
vere nottate da incubo, con attacchi di panico, ansia fortissima, paura incredibile di non dormire e soprattutto la clinofobia, ovvero il terrore di perdere coscienza, che a sua volta mi portava a un'ulteriore terrore di morire perchè non sarei mai piu' riuscito ad addormentarmi.
A questo punto, disperato nel vero senso della parola, dopo 2 notti in bianco, vado da uno psicologo, che nonostante la mia condizione davvero pessima del momento, dopo circa 6 mesi di sedute, riusci a farmi risollevare a tal punto che sembrava arrivato
il punto in cui riuscivo a gestirla, ma a una condizione, mettere una sveglia a meta' sonno, che non so per quale motivo mi faceva sentire piu' tranquillo.
Passa il tempo,
lascio la terapia, mi trasferisco in un'altra citta'; per i primi mesi, andava tutto molto bene, poi gradualmente, il disturbo torna a farsi sentire e qui la situazione era piu' pesante perchè lavoravo e capitava spesso che ci andassi con 1-2 ore di sonno o addirittura in bianco.
Questa volta non mi rivolgo ad uno specialista, decido che voglio imparare a gestirla da solo ed effettivamente ci riesco, sempre avendo continue ricadute, ma riuscendo comunque tutto sommato a cavamerla.
Passiamo ad oggi,
il disturbo è tornato piu' forte che mai, sono terrorizzato di pensare solamente di addormentarmi in camera, tant'è che cerco di rilassarmi e prendere sonno in salone su
una poltroncina anche alquanto scomoda.
E al momento, nonostante la sveglia a meta' sonno che una volta funzionava per tranquillizzarmi e che invece ora risulta
non utile come prima, nonostante tutta l'esperienza maturata su me stesso e sul mio disturbo (sono passati nel frattempo 8 anni) mi ritrovo a passare notti in bianco
con attacchi di panico e ansia incredibile appena arriva il buio e si avvicina il momento di andare a dormire.
Se qualcuno ha il mio stesso disturbo, lo condivida con me in modo da poter mostrare magari una prospettiva diversa del problema, magari se ne puo' uscire,
magari va solo gestito, strategie per gestirlo, che non siano le solite raccomandazioni sugli schermi, luci ecc...
Grazie a tutti
Il mio disturbo è la clinofobia.
Tuttavia, durante tutta l'eta' adolescenziale (delle superiori) che io ricordi non ho mai
avuto nessun problema con il sonno, anzi, ricordo addirittura che facevo nottate con amici per poi dormire a casa mia o addirittura a casa di amici per 10-12 ore
di fila senza che il problema mi passasse minimamente per la testa, cosa che al momento per me è davvero una cosa impossibile.
Ad un certo punto, finita la scuola, iniziai (non ricordo dopo quanto) ad avere i primi problemi,
che pero' non ricollegai subito alla clinofobia, bensi ad una difficolta a prendere sonno, ricordo di passare notti con tv accesa e non riuscire a domire.
Piu' passava il tempo e piu' le ricadute erano pesanti, infatti passai dal non prendere sonno (riuscendo alla fine a dormire) ma rimanendo in condizioni di tranquillita' a
vere nottate da incubo, con attacchi di panico, ansia fortissima, paura incredibile di non dormire e soprattutto la clinofobia, ovvero il terrore di perdere coscienza, che a sua volta mi portava a un'ulteriore terrore di morire perchè non sarei mai piu' riuscito ad addormentarmi.
A questo punto, disperato nel vero senso della parola, dopo 2 notti in bianco, vado da uno psicologo, che nonostante la mia condizione davvero pessima del momento, dopo circa 6 mesi di sedute, riusci a farmi risollevare a tal punto che sembrava arrivato
il punto in cui riuscivo a gestirla, ma a una condizione, mettere una sveglia a meta' sonno, che non so per quale motivo mi faceva sentire piu' tranquillo.
Passa il tempo,
lascio la terapia, mi trasferisco in un'altra citta'; per i primi mesi, andava tutto molto bene, poi gradualmente, il disturbo torna a farsi sentire e qui la situazione era piu' pesante perchè lavoravo e capitava spesso che ci andassi con 1-2 ore di sonno o addirittura in bianco.
Questa volta non mi rivolgo ad uno specialista, decido che voglio imparare a gestirla da solo ed effettivamente ci riesco, sempre avendo continue ricadute, ma riuscendo comunque tutto sommato a cavamerla.
Passiamo ad oggi,
il disturbo è tornato piu' forte che mai, sono terrorizzato di pensare solamente di addormentarmi in camera, tant'è che cerco di rilassarmi e prendere sonno in salone su
una poltroncina anche alquanto scomoda.
E al momento, nonostante la sveglia a meta' sonno che una volta funzionava per tranquillizzarmi e che invece ora risulta
non utile come prima, nonostante tutta l'esperienza maturata su me stesso e sul mio disturbo (sono passati nel frattempo 8 anni) mi ritrovo a passare notti in bianco
con attacchi di panico e ansia incredibile appena arriva il buio e si avvicina il momento di andare a dormire.
Se qualcuno ha il mio stesso disturbo, lo condivida con me in modo da poter mostrare magari una prospettiva diversa del problema, magari se ne puo' uscire,
magari va solo gestito, strategie per gestirlo, che non siano le solite raccomandazioni sugli schermi, luci ecc...
Grazie a tutti
[#1]
Buongiorno
grazie per la sua condivisione.
Per onestà intellettuale ci tengo ad ammettere che, personalmente e in tutta umiltà, non sono un esperto di questo tipo di disturbo, pertanto il mio supporto sarà un "accompagnarci insieme" verso l'approfondimento di questa sua problematica, nell'attesa e nella speranza che un professionista più consapevole del sottoscritto circa la sofferenza che lei riporta possa giungere in suo (e perchè no, nostro) aiuto.
Tutto ciò che le suggerirò vuole rappresentare uno spunto. Magari qualcosa le riecheggerà e avrà valore per lei, qualcos'altro no.
Non le sto a sottolineare quelle che per lei ormai saranno ridondanti pseudo-strategie di cui sarà a conoscenza (in 8 anni si sarà fatto una cultura incredibile sul tema), nè a suggerirle tecniche di rilassamento o meditazione. Già lo sa, le mancherei di rispetto pensando il contrario.
Proviamo a fare un passo oltre e a trovare un qualche significato.
Per prima cosa mi sento di identificare una componente ansiogena che si associa all'idea, e alla pratica, del sonno.
Mi chiedo da dove possa nascere e in quale circostanza abbia iniziato a manifestarsi, senza imprigionarci troppo nella narrazione, seppur valida, di "trauma".
Ha scritto che questa problematica ha iniziato ad emergere terminata la scuola.
La scuola, per quanto stressante per alcuni, rappresenta un percorso piuttosto prestabilito, ha una durata, avanza richieste e parallelamente offre risorse, ma ha una direzione. Un binario su cui viaggiare.
Che cosa ha fatto una volta terminata la scuola? Come si è sentito? Le chiedo questo perchè, nella mia interpretazione, possiamo immaginare il passaggio da un tema di "certezza" a quello di "incertezza". Non è raro ascoltare ragazzi o giovani adulti che nel momento in cui possono o devono scegliere una nuova direzione si trovino in una condizione di spaesamento, ansia, difficoltà nel disegnare la propria identità.
Allo stesso modo le chiederei se in quel periodo ha modificato altre abitudini. Questo perchè si potrebbe identificare in un dato momento una causa scatenante che, anche se poi viene a mancare, è ormai stata in grado di innescare un meccanismo che si autoalimenta (pensi al panico, inizialmente un attacco arriva per un qualche motivo o una qualche situazione, dopodichè si alimenta in moto autopoietico di sè stesso, una paura della paura stessa). E credo (e sottolineo credo) che questo possa accadere anche con il suo sonno. E' stato così e ora per lei "non può che essere così", anche se ciò che l'ha causato ora viene a mancare.
Un altro spunto che mi sento di condividere fa riferimento al senso di tutto questo. A me, personalmente, il sonno richiama tematiche come la pace, il riposo, le fantasie, ma spingendomi in un mondo un po' più nebuloso posso immaginare anche assenza, il "non essere", sparire, non avere il controllo. Rispetto a questo ultimo punto mi sentirei di chiederle se in altri aspetti della sua vita sente di aver bisogno di saper gestire in modo preciso e certosino le situazioni che le si propongono. Come si sente a contatto con l'"incertezza"? Come la fa stare l'idea di non avere un potere totale su diversi aspetti della sua esistenza? Questo le richiama qualcosa?
Quando è stata l'ultima volta che ha preso una decisione senza avere un'idea dell'esito che avrebbe avuto? Come si è sentito? A queste domande non deve necessariamente rispondere a me, le lasci anche lavorare dentro di lei, ci resti in contatto.
Infine la mia fantasia mi suggerisce che l'"assenza" che si può associare all'idea del sonno trovi un degno compagno nell'idea rappresentata invece dalla morte.
Quali sono i suoi pensieri, i suoi vissuti a riguardo? Come si rapporta a questo delicato, nonchè ovvio (sebbene a tratti l'idea sia quantomeno fastidiosa e difficile da gestire) tema?
Ha mai vissuto periodi in cui si è sentito ipocondriaco?
Che cosa le richiama il significato dell'assenza, del "non essere" in un determinato momento.
Il sonno sembra quasi un passaggio da uno stato materiale ad uno immateriale, ma ogni volta reversibile. Quali parti di lei tocca tutto questo? Provi a scavare in questi significati.
Un ulteriore spunto: le fobie talvolta, dopo l'innesto, si alimentano delle strategie di evitamento. Ho paura di morire se prendo l'aereo, ma se tocco il mio portachiavi a forma di peperoncino, mi salverà. Tocchiamo il peperoncino, l'aereo arriva sano e salvo, non mi passa la paura dell'aereo ma se tocco ogni volta il peperoncino forse mi salverò. Esempio di incredibile banalità, ma mi serve per dirle questo:
tutte le volte che ha cercato di avere il controllo sul suo sonno, lei è sopravvissuto. Questo può aver condizionato la sua mente suggerendole che cercare di controllare (in questo senso anche l'ansia è un meccanismo di difesa: se pongo ansia in qualcosa questo mi aiuta, o mi illude, di prestarvi maggiore attenzione e avere il controllo) il suo sonno ogni volta l'ha salvata.
In qualche modo deve ri-convincersi che anche in assenza di "ansia anticipatoria" lei si sveglierà.
Ovviamente razionalmente questo lei lo sa, ma le associazioni inconsce della sua mente no.
Tutti questi sono e restano spunti, qualcosa magari non la sfiorerà, qualcosa catturerà la sua attenzioni. Spero di aver toccato qualcosa che possa avere valore per lei.
Un mio personale suggerimento: io non credo negli assolutismi, così come non credo in un approccio psicoterapico monolitico. Credo negli insiemi e in un approccio olistico (questo non solo verso i problemi ma nella nostra intera esistenza).
Pertanto mi sento di suggerirle questo: un lavoro su due fronti, uno più incentrato sul profondo (che significato hanno per lei i temi che abbiamo toccato, cosa spaventa il bambino che era e che ancora la abita) e uno più improntato sul presente: alcune terapie brevi strategiche funzionano molto bene contro le fobie e nel ricalibrare le associazioni della mente, anche attraverso esercizi pratici.
Se vorrà replicare alla mia risposta rispetto ad alcuni suggerimenti o domande che le ho riportato, compatibilmente al mio tempo tenterò di dare continuità al tutto.
Ahimè scrivere è più impegnativo che dialogare, e richiede più tempo.
Infine: creda nelle sue risorse, questo lo dico non nel ruolo di professionista ma di essere umano.
Nel futuro saprà farsene qualcosa di questa sofferenza. Tutto è crescita
un caro saluto
resto a disposizione
grazie per la sua condivisione.
Per onestà intellettuale ci tengo ad ammettere che, personalmente e in tutta umiltà, non sono un esperto di questo tipo di disturbo, pertanto il mio supporto sarà un "accompagnarci insieme" verso l'approfondimento di questa sua problematica, nell'attesa e nella speranza che un professionista più consapevole del sottoscritto circa la sofferenza che lei riporta possa giungere in suo (e perchè no, nostro) aiuto.
Tutto ciò che le suggerirò vuole rappresentare uno spunto. Magari qualcosa le riecheggerà e avrà valore per lei, qualcos'altro no.
Non le sto a sottolineare quelle che per lei ormai saranno ridondanti pseudo-strategie di cui sarà a conoscenza (in 8 anni si sarà fatto una cultura incredibile sul tema), nè a suggerirle tecniche di rilassamento o meditazione. Già lo sa, le mancherei di rispetto pensando il contrario.
Proviamo a fare un passo oltre e a trovare un qualche significato.
Per prima cosa mi sento di identificare una componente ansiogena che si associa all'idea, e alla pratica, del sonno.
Mi chiedo da dove possa nascere e in quale circostanza abbia iniziato a manifestarsi, senza imprigionarci troppo nella narrazione, seppur valida, di "trauma".
Ha scritto che questa problematica ha iniziato ad emergere terminata la scuola.
La scuola, per quanto stressante per alcuni, rappresenta un percorso piuttosto prestabilito, ha una durata, avanza richieste e parallelamente offre risorse, ma ha una direzione. Un binario su cui viaggiare.
Che cosa ha fatto una volta terminata la scuola? Come si è sentito? Le chiedo questo perchè, nella mia interpretazione, possiamo immaginare il passaggio da un tema di "certezza" a quello di "incertezza". Non è raro ascoltare ragazzi o giovani adulti che nel momento in cui possono o devono scegliere una nuova direzione si trovino in una condizione di spaesamento, ansia, difficoltà nel disegnare la propria identità.
Allo stesso modo le chiederei se in quel periodo ha modificato altre abitudini. Questo perchè si potrebbe identificare in un dato momento una causa scatenante che, anche se poi viene a mancare, è ormai stata in grado di innescare un meccanismo che si autoalimenta (pensi al panico, inizialmente un attacco arriva per un qualche motivo o una qualche situazione, dopodichè si alimenta in moto autopoietico di sè stesso, una paura della paura stessa). E credo (e sottolineo credo) che questo possa accadere anche con il suo sonno. E' stato così e ora per lei "non può che essere così", anche se ciò che l'ha causato ora viene a mancare.
Un altro spunto che mi sento di condividere fa riferimento al senso di tutto questo. A me, personalmente, il sonno richiama tematiche come la pace, il riposo, le fantasie, ma spingendomi in un mondo un po' più nebuloso posso immaginare anche assenza, il "non essere", sparire, non avere il controllo. Rispetto a questo ultimo punto mi sentirei di chiederle se in altri aspetti della sua vita sente di aver bisogno di saper gestire in modo preciso e certosino le situazioni che le si propongono. Come si sente a contatto con l'"incertezza"? Come la fa stare l'idea di non avere un potere totale su diversi aspetti della sua esistenza? Questo le richiama qualcosa?
Quando è stata l'ultima volta che ha preso una decisione senza avere un'idea dell'esito che avrebbe avuto? Come si è sentito? A queste domande non deve necessariamente rispondere a me, le lasci anche lavorare dentro di lei, ci resti in contatto.
Infine la mia fantasia mi suggerisce che l'"assenza" che si può associare all'idea del sonno trovi un degno compagno nell'idea rappresentata invece dalla morte.
Quali sono i suoi pensieri, i suoi vissuti a riguardo? Come si rapporta a questo delicato, nonchè ovvio (sebbene a tratti l'idea sia quantomeno fastidiosa e difficile da gestire) tema?
Ha mai vissuto periodi in cui si è sentito ipocondriaco?
Che cosa le richiama il significato dell'assenza, del "non essere" in un determinato momento.
Il sonno sembra quasi un passaggio da uno stato materiale ad uno immateriale, ma ogni volta reversibile. Quali parti di lei tocca tutto questo? Provi a scavare in questi significati.
Un ulteriore spunto: le fobie talvolta, dopo l'innesto, si alimentano delle strategie di evitamento. Ho paura di morire se prendo l'aereo, ma se tocco il mio portachiavi a forma di peperoncino, mi salverà. Tocchiamo il peperoncino, l'aereo arriva sano e salvo, non mi passa la paura dell'aereo ma se tocco ogni volta il peperoncino forse mi salverò. Esempio di incredibile banalità, ma mi serve per dirle questo:
tutte le volte che ha cercato di avere il controllo sul suo sonno, lei è sopravvissuto. Questo può aver condizionato la sua mente suggerendole che cercare di controllare (in questo senso anche l'ansia è un meccanismo di difesa: se pongo ansia in qualcosa questo mi aiuta, o mi illude, di prestarvi maggiore attenzione e avere il controllo) il suo sonno ogni volta l'ha salvata.
In qualche modo deve ri-convincersi che anche in assenza di "ansia anticipatoria" lei si sveglierà.
Ovviamente razionalmente questo lei lo sa, ma le associazioni inconsce della sua mente no.
Tutti questi sono e restano spunti, qualcosa magari non la sfiorerà, qualcosa catturerà la sua attenzioni. Spero di aver toccato qualcosa che possa avere valore per lei.
Un mio personale suggerimento: io non credo negli assolutismi, così come non credo in un approccio psicoterapico monolitico. Credo negli insiemi e in un approccio olistico (questo non solo verso i problemi ma nella nostra intera esistenza).
Pertanto mi sento di suggerirle questo: un lavoro su due fronti, uno più incentrato sul profondo (che significato hanno per lei i temi che abbiamo toccato, cosa spaventa il bambino che era e che ancora la abita) e uno più improntato sul presente: alcune terapie brevi strategiche funzionano molto bene contro le fobie e nel ricalibrare le associazioni della mente, anche attraverso esercizi pratici.
Se vorrà replicare alla mia risposta rispetto ad alcuni suggerimenti o domande che le ho riportato, compatibilmente al mio tempo tenterò di dare continuità al tutto.
Ahimè scrivere è più impegnativo che dialogare, e richiede più tempo.
Infine: creda nelle sue risorse, questo lo dico non nel ruolo di professionista ma di essere umano.
Nel futuro saprà farsene qualcosa di questa sofferenza. Tutto è crescita
un caro saluto
resto a disposizione
Dr. Gian Andrea Gatto
https://www.drgianandreagatto.com/
https://www.instagram.com/gian_andrea_gatto_psicologo/
[#2]
Utente
Innanzitutto la ringrazio per la risposta molto specifica e dettagliata.
Tutte le cose che lei ha scritto, in un certo senso, centrano con la fobia, ma allo stesso tempo, nonostante io ci abbia riflettuto e mi ci sia a volte "ripiegato" su, (sicuramente sbagliando perchè notavo un aumento incredibile dello stato ansiogeno) non ho mai trovato una risposta, se cosi si può dire. Le cose che piu' mi risuonano e mi tormentano
fra le varie che lei ha elencato, sono sicuramente l'associazione dello stato di addormentamento con quello della morte, anche se non è esattamente quello, perchè mi rendo conto che non è la stessa cosa, visto i rumori sono udibili e ne è la conferma della sveglia, ma anche il caldo freddo, le esigenze fisiche, come ad esempio andare in bagno. Entrando nel dettaglio, la perdita di coscienza mi terrorizza perchè nel momento in cui
mi addormento non sono piu' presente, è come se svanissi; il paragrafo di cui lei ha parlato sull'assenza e del non essere è sicuramente l'aspetto piu' terrorizzante per me. Per quanto
riguarda l'ipocondria, piu' che altro ricordo che quando ero piu' piccolo, ma in parte anche adesso, ho sempre avuto paura di ogni cosa che magari non riuscivo a capire cosa fosse; ad esempio se sento un bozzo dietro la schiena, vado nel panico perchè non riesco a razionalizzare cosa possa essere e l'ipotesi che possa essere un tumore, nonostante riconosca che l'ipotesi sia al quanto improbabile, per me diventa reale piu' di qualsiasi altra.
Tutte le cose che lei ha scritto, in un certo senso, centrano con la fobia, ma allo stesso tempo, nonostante io ci abbia riflettuto e mi ci sia a volte "ripiegato" su, (sicuramente sbagliando perchè notavo un aumento incredibile dello stato ansiogeno) non ho mai trovato una risposta, se cosi si può dire. Le cose che piu' mi risuonano e mi tormentano
fra le varie che lei ha elencato, sono sicuramente l'associazione dello stato di addormentamento con quello della morte, anche se non è esattamente quello, perchè mi rendo conto che non è la stessa cosa, visto i rumori sono udibili e ne è la conferma della sveglia, ma anche il caldo freddo, le esigenze fisiche, come ad esempio andare in bagno. Entrando nel dettaglio, la perdita di coscienza mi terrorizza perchè nel momento in cui
mi addormento non sono piu' presente, è come se svanissi; il paragrafo di cui lei ha parlato sull'assenza e del non essere è sicuramente l'aspetto piu' terrorizzante per me. Per quanto
riguarda l'ipocondria, piu' che altro ricordo che quando ero piu' piccolo, ma in parte anche adesso, ho sempre avuto paura di ogni cosa che magari non riuscivo a capire cosa fosse; ad esempio se sento un bozzo dietro la schiena, vado nel panico perchè non riesco a razionalizzare cosa possa essere e l'ipotesi che possa essere un tumore, nonostante riconosca che l'ipotesi sia al quanto improbabile, per me diventa reale piu' di qualsiasi altra.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 4k visite dal 27/10/2022.
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Approfondimento su Ansia
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