Non riesco a lasciare il mio compagno nonostante sia certa di volerlo fare
Buongiorno,
Da diverso tempo (in termini di mesi) sono in una fase di costante logorio mentale.
Faccio delle premesse per dare un quadro quanto più possibile chiaro della situazione.
Ho avuto una relazione di circa 6 anni con il mio compagno, il quale però era soggetto a dipendenza dal lavoro, condizione che esisteva già quando ci eravamo conosciuti, ed alla quale nel tempo mi sono adattata nella maniera migliore che potevo, ovvero collaborando con lui sul lavoro.
Sapevo che se non mi fossi adattata io a lui, la nostra relazione sarebbe naufragata in breve tempo.
Inoltre le circostanze erano favorevoli im quanto io desideravo cambiare lavoro e lui aveva bisogno di una persona che gli desse una mano.
Per j primi anni infatti siamo stati molto uniti e molto complici sul lavoro, ottenendo anche molte soddisfazioni.
Nonostante tutto avvertivo comunque una certa solitudine.
Le uniche giornate che passavamo assieme erano spesso domeniche in ufficio a lavorare.
La parte intima era carente.
Facevo presente a lui la mia condizione, ripetutamente nel tempo, avvisandolo anche che se fossimo andati avanti cosi, avrei avuto un distacco emotivo e tutto sarebbe stato irrecuperabile.
Lui si appoggiava totalmente a me, in ufficio e a casa.
Via la situazione é andata peggiorando.
La dipendenza in quanto tale non gli consentiva di vedere al di fuori del contesto lavorativo.
Il mio distacco emotivo é arrivato, gradualmente, fino a diventare una certezza lo scorso inverno, quando andavo a letto prima che arrivasse o uscivo con me amiche lasciando pronta la.
cena.
In primavera mi sono invaghita di un altra persona, l ho lasciato.
Sono tornata a casa di mio padre.
Lui ha avuto un enorme scossone, tanto da rompere i suoi schemi totalmente.
Ha cercato di recuperare, ma io ero ferma sul mio allenamento seppur presente al suo fianco per lunghe ore di conversazione, conscia del fatto che potesse aver comunque bisogno di me in quella fase delicata.
Lui ha frequentato altre persone ma ha continuato a corteggiarmi come non aveva mai fatto.
Ho ceduto più di una volta pur mantenendo una certa distanza.
Mi diceva che avrei dovuto dargli la possibilità di farsi conoscere per chi era diventato.
Ha prenotato una vacanza, con un altra coppia di amici.
Abbiamo passato l estate assieme, ora lui dorme praticamente sempre a casa mia.
Non ho mai fatto nulla per impedirglielo ma io non sono felice.
Non sono me stessa.
Non sono coinvolta.
Ho voluto provare, come chiedeva lui, ma.
ora non so come uscirne... sono consapevole che nulla mi separa da cio che vorrei fare se non 5 minuti per comunicare la mia intenzione.
Tuttavia non riesco a trovare la forza.
Grazie
Da diverso tempo (in termini di mesi) sono in una fase di costante logorio mentale.
Faccio delle premesse per dare un quadro quanto più possibile chiaro della situazione.
Ho avuto una relazione di circa 6 anni con il mio compagno, il quale però era soggetto a dipendenza dal lavoro, condizione che esisteva già quando ci eravamo conosciuti, ed alla quale nel tempo mi sono adattata nella maniera migliore che potevo, ovvero collaborando con lui sul lavoro.
Sapevo che se non mi fossi adattata io a lui, la nostra relazione sarebbe naufragata in breve tempo.
Inoltre le circostanze erano favorevoli im quanto io desideravo cambiare lavoro e lui aveva bisogno di una persona che gli desse una mano.
Per j primi anni infatti siamo stati molto uniti e molto complici sul lavoro, ottenendo anche molte soddisfazioni.
Nonostante tutto avvertivo comunque una certa solitudine.
Le uniche giornate che passavamo assieme erano spesso domeniche in ufficio a lavorare.
La parte intima era carente.
Facevo presente a lui la mia condizione, ripetutamente nel tempo, avvisandolo anche che se fossimo andati avanti cosi, avrei avuto un distacco emotivo e tutto sarebbe stato irrecuperabile.
Lui si appoggiava totalmente a me, in ufficio e a casa.
Via la situazione é andata peggiorando.
La dipendenza in quanto tale non gli consentiva di vedere al di fuori del contesto lavorativo.
Il mio distacco emotivo é arrivato, gradualmente, fino a diventare una certezza lo scorso inverno, quando andavo a letto prima che arrivasse o uscivo con me amiche lasciando pronta la.
cena.
In primavera mi sono invaghita di un altra persona, l ho lasciato.
Sono tornata a casa di mio padre.
Lui ha avuto un enorme scossone, tanto da rompere i suoi schemi totalmente.
Ha cercato di recuperare, ma io ero ferma sul mio allenamento seppur presente al suo fianco per lunghe ore di conversazione, conscia del fatto che potesse aver comunque bisogno di me in quella fase delicata.
Lui ha frequentato altre persone ma ha continuato a corteggiarmi come non aveva mai fatto.
Ho ceduto più di una volta pur mantenendo una certa distanza.
Mi diceva che avrei dovuto dargli la possibilità di farsi conoscere per chi era diventato.
Ha prenotato una vacanza, con un altra coppia di amici.
Abbiamo passato l estate assieme, ora lui dorme praticamente sempre a casa mia.
Non ho mai fatto nulla per impedirglielo ma io non sono felice.
Non sono me stessa.
Non sono coinvolta.
Ho voluto provare, come chiedeva lui, ma.
ora non so come uscirne... sono consapevole che nulla mi separa da cio che vorrei fare se non 5 minuti per comunicare la mia intenzione.
Tuttavia non riesco a trovare la forza.
Grazie
[#1]
Gentile utente,
leggendo le sue precedenti richieste e le risposte dei miei colleghi colpisce il suo uso del supporto psicologico, da lei definito "una spiaggia su cui approdare nei momenti di difficoltà".
Ora, l'incontro con uno psicologo può essere anche questo: una terapia di sostegno, perfino un supporto occasionale, nei casi in cui le condizioni di vita precludono un vero percorso formativo; se si è troppo anziani e affetti da gravi malattie croniche o terminali, per esempio.
Ma nella maggior parte dei casi questa rassegnazione non è necessaria, e allora diventa addirittura nociva.
Ricorrere a sporadici colloqui per acquisire un parere e per sentirsi confortata dalla benevola accettazione di uno psicologo, al consultorio o su Medicitalia, non solo non le fa bene, ma le fa credere che la sua esistenza sia piena di traversie perché la vita è fatta così, che lei alla meno peggio se l'è sempre cavata, e salvo le crisi acute di insoddisfazione o sofferenza, per il resto non c'è altro da fare.
Gentile utente, nel fondo di questo atteggiamento ci sono due convinzioni: che tutto nella vita ci capita per caso, e che noi non possiamo farci nulla perché non ne siamo responsabili.
Questo alimenta la nostra passività e incoraggia una particolare "pigrizia": ci fissiamo nell'idea che non sia possibile cambiare e nemmeno prendere coscienza del fatto che certi incontri sentimentali, certe vicende esistenziali, se si ripetono costantemente, sono determinati da un nostro modello interiore, da un nostro modo di rapportarci con la realtà.
Di questo atteggiamento finto "passivo", in realtà ostinato a non accedere al cambiamento, fa parte il ricorrere allo psicologo -che è la strada maestra del cambiamento- il meno possibile, a sprazzi, e in modo che il cambiamento non avvenga mai.
"Sono fatto così, non ci posso fare niente" dicono moltissimi pazienti. Inutile far notare che invece di cambiamento sarebbero capaci, e lo sono stati anche in passato.
Il segno sicuro del fatto che è proprio il cambiamento che viene rifiutato è che molti pazienti parlano di difficoltà a pagare la terapia anche quando costa meno delle sigarette o di altri loro consumi futili, e perfino quando la terapia, a carico dello Stato o anche di privati, è del tutto gratis.
Ora lei ci scrive che il partner dorme a casa sua e lei: "Non ho mai fatto nulla per impedirglielo ma io non sono felice. Non sono me stessa. Non sono coinvolta".
Questo nuovo partner è lo stesso di cui ci parlava nel consulto precedente, o un altro?
In ogni caso, esistono i Consultori familiari per poter verificare il vostro rapporto e scegliere con l'aiuto di un consulente l'eventuale nuovo binario su cui incamminarvi, insieme o separati.
Si tratta però di avere la costanza di iniziare un percorso, non di andare lì una volta come facevano gli antichi quando si recavano dalla sibilla, o dal mago.
Coraggio. Ci tenga al corrente.
leggendo le sue precedenti richieste e le risposte dei miei colleghi colpisce il suo uso del supporto psicologico, da lei definito "una spiaggia su cui approdare nei momenti di difficoltà".
Ora, l'incontro con uno psicologo può essere anche questo: una terapia di sostegno, perfino un supporto occasionale, nei casi in cui le condizioni di vita precludono un vero percorso formativo; se si è troppo anziani e affetti da gravi malattie croniche o terminali, per esempio.
Ma nella maggior parte dei casi questa rassegnazione non è necessaria, e allora diventa addirittura nociva.
Ricorrere a sporadici colloqui per acquisire un parere e per sentirsi confortata dalla benevola accettazione di uno psicologo, al consultorio o su Medicitalia, non solo non le fa bene, ma le fa credere che la sua esistenza sia piena di traversie perché la vita è fatta così, che lei alla meno peggio se l'è sempre cavata, e salvo le crisi acute di insoddisfazione o sofferenza, per il resto non c'è altro da fare.
Gentile utente, nel fondo di questo atteggiamento ci sono due convinzioni: che tutto nella vita ci capita per caso, e che noi non possiamo farci nulla perché non ne siamo responsabili.
Questo alimenta la nostra passività e incoraggia una particolare "pigrizia": ci fissiamo nell'idea che non sia possibile cambiare e nemmeno prendere coscienza del fatto che certi incontri sentimentali, certe vicende esistenziali, se si ripetono costantemente, sono determinati da un nostro modello interiore, da un nostro modo di rapportarci con la realtà.
Di questo atteggiamento finto "passivo", in realtà ostinato a non accedere al cambiamento, fa parte il ricorrere allo psicologo -che è la strada maestra del cambiamento- il meno possibile, a sprazzi, e in modo che il cambiamento non avvenga mai.
"Sono fatto così, non ci posso fare niente" dicono moltissimi pazienti. Inutile far notare che invece di cambiamento sarebbero capaci, e lo sono stati anche in passato.
Il segno sicuro del fatto che è proprio il cambiamento che viene rifiutato è che molti pazienti parlano di difficoltà a pagare la terapia anche quando costa meno delle sigarette o di altri loro consumi futili, e perfino quando la terapia, a carico dello Stato o anche di privati, è del tutto gratis.
Ora lei ci scrive che il partner dorme a casa sua e lei: "Non ho mai fatto nulla per impedirglielo ma io non sono felice. Non sono me stessa. Non sono coinvolta".
Questo nuovo partner è lo stesso di cui ci parlava nel consulto precedente, o un altro?
In ogni caso, esistono i Consultori familiari per poter verificare il vostro rapporto e scegliere con l'aiuto di un consulente l'eventuale nuovo binario su cui incamminarvi, insieme o separati.
Si tratta però di avere la costanza di iniziare un percorso, non di andare lì una volta come facevano gli antichi quando si recavano dalla sibilla, o dal mago.
Coraggio. Ci tenga al corrente.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Buonasera, grazie per la sua risposta. Onestamente non mi rivedo molto nella sua descrizione di soggetto passivo, sia per esperienze personali che per indole caratteriale, e nemmeno in questo supposto vivere senza mai sentirmi responsabile. Chiaramente in poche righe non dev essere facile inquadrare correttamente una persona. Semplicemente cerco aiuto nei momenti e nelle situazioni in cui ritengo di non avere le forze di farcela da sola. Piuttosto potrei concordare sul fatto che ci sia una certa mia tendenza ad affrontare le relazioni secondo un certo schema, seppur in miglioramento. Come scrivevo nella mia richiesta Il mio precedente consulto é del 2015, riguarda una relazione precedente, ora conclusa, con il padre di mia figlia e con il quale non ci sono problemi di sorta nella gestione della bambina. La situazione attuale riguarda tutt altro rapporto, e ciò che mi impedisce di portare a termine la mia volontà sono state dapprima le mie indecisioni e rivalutazioni, un riprovarci se vogliamo. Ora che è sopraggiunta la consapevolezza, sono in difficoltà con il raccogliere le energie per chiudere il cerchio.
[#3]
Gentile utente,
come le ho scritto non si tratta di "raccogliere le energie" in questa singola occasione, ma di andare a fondo.
Le faccio qualche esempio delle domande a cui potrebbe trovare risposta in un percorso di consapevolezza: 1) perché ho scelto certi partner; 2) come ho condotto/lasciato condurre le mie relazioni; 3) per quali ragioni non ho cambiato binario quando ho visto che le cose non andavano; 4) ma io desidero davvero una relazione stabile? 5) qual è il mio stile di attaccamento? 6) come mai sono sottopeso? 7) fin qui ho fatto il meglio che potevo per costruire la mia vita?
Si tratta, insomma, di andare a fondo di certi "intoppi" esistenziali che riguardano, a quanto pare, anche la sua sfera lavorativa.
Le mie risposte chiaramente sono generali. Questo sito si rivolge a tutti, non è ritagliato sul problema specifico, a noi per gran parte ignoto, di chi ci scrive. Tuttavia rileggendo con più attenzione la mia prima risposta, vedrà che definivo "finto passivo", ma in realtà ostinato a non cambiare, l'atteggiamento di chi non vuole andare a fondo nel capire sé stesso, le proprie reali difficoltà, e quindi nemmeno i propri reali bisogni e desideri.
Credo bene che questo discorso generale non calzi a pennello con la sua situazione a noi in pratica sconosciuta. Le nostre risposte servono a sgombrare il campo da pregiudizi pericolosi e fuorvianti, come appunto quello secondo cui si va dallo psicologo esclusivamente "nei momenti e nelle situazioni in cui ritengo di non avere le forze di farcela da sola".
In questo modo si continua -lei e chiunque altro faccia così- a non prendere mai atto del problema di fondo, non risolvendolo mai, e continuando a fare scelte che portano a situazioni sistematicamente imperfette e a lunghi periodi di "costante logorio mentale", come scrive.
Cercare il singolo rimedio, e solo nella fase acuta del disagio, è fare come chi ha continue malattie da raffreddamento perché si espone a venti gelidi, ma accetta di farsi curare con un bombardamento di farmaci solo quando la situazione di cronicità degenera in broncopolmonite acuta.
Del resto, che in lei ci sia un rifiuto al confronto con un professionista sembra confermato dal fatto che pur cercando "le energie per chiudere il cerchio", non prende minimamente in considerazione il mio suggerimento di accedere ad un Consultorio, dove l'energia per affrontare la separazione definitiva ma anche gli strumenti per riflettere sulle attuali resistenze, a lei e al suo ex verrebbero forniti.
Lei questo rifiuto come lo spiega?
Buone cose.
come le ho scritto non si tratta di "raccogliere le energie" in questa singola occasione, ma di andare a fondo.
Le faccio qualche esempio delle domande a cui potrebbe trovare risposta in un percorso di consapevolezza: 1) perché ho scelto certi partner; 2) come ho condotto/lasciato condurre le mie relazioni; 3) per quali ragioni non ho cambiato binario quando ho visto che le cose non andavano; 4) ma io desidero davvero una relazione stabile? 5) qual è il mio stile di attaccamento? 6) come mai sono sottopeso? 7) fin qui ho fatto il meglio che potevo per costruire la mia vita?
Si tratta, insomma, di andare a fondo di certi "intoppi" esistenziali che riguardano, a quanto pare, anche la sua sfera lavorativa.
Le mie risposte chiaramente sono generali. Questo sito si rivolge a tutti, non è ritagliato sul problema specifico, a noi per gran parte ignoto, di chi ci scrive. Tuttavia rileggendo con più attenzione la mia prima risposta, vedrà che definivo "finto passivo", ma in realtà ostinato a non cambiare, l'atteggiamento di chi non vuole andare a fondo nel capire sé stesso, le proprie reali difficoltà, e quindi nemmeno i propri reali bisogni e desideri.
Credo bene che questo discorso generale non calzi a pennello con la sua situazione a noi in pratica sconosciuta. Le nostre risposte servono a sgombrare il campo da pregiudizi pericolosi e fuorvianti, come appunto quello secondo cui si va dallo psicologo esclusivamente "nei momenti e nelle situazioni in cui ritengo di non avere le forze di farcela da sola".
In questo modo si continua -lei e chiunque altro faccia così- a non prendere mai atto del problema di fondo, non risolvendolo mai, e continuando a fare scelte che portano a situazioni sistematicamente imperfette e a lunghi periodi di "costante logorio mentale", come scrive.
Cercare il singolo rimedio, e solo nella fase acuta del disagio, è fare come chi ha continue malattie da raffreddamento perché si espone a venti gelidi, ma accetta di farsi curare con un bombardamento di farmaci solo quando la situazione di cronicità degenera in broncopolmonite acuta.
Del resto, che in lei ci sia un rifiuto al confronto con un professionista sembra confermato dal fatto che pur cercando "le energie per chiudere il cerchio", non prende minimamente in considerazione il mio suggerimento di accedere ad un Consultorio, dove l'energia per affrontare la separazione definitiva ma anche gli strumenti per riflettere sulle attuali resistenze, a lei e al suo ex verrebbero forniti.
Lei questo rifiuto come lo spiega?
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 3.2k visite dal 17/09/2022.
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