Odio mio padre

Come indica il titolo odio mio padre.
Mi ripugna quasi e non riesco più a vederlo davanti agli occhi.
È sempre stato svalutante, ha sempre distrutto tutto quello che ho cercato di fare (ho concentrato la maggior parte delle mie forze nello studio e lui mi ha sempre preso in giro per l'impegno fino a dirmi che sono "handicappata" in quanto ci impiego troppo ad apprendere, incapace, che dovrei andare in una struttura per disabili- non ho alcuna disabilità premetto), mi ha sempre insultato con vari epiteti che non posso riportare da quando avevo circa 3 anni (inizialmente pensava che non fossi sua figlia dietro istigazione di sua madre che non riesco neppure a definire nonna, sono sempre stata una nipote di serie z) , senza considerare il clima di terrore e di violenza verbale e fisica (c' era stata pure una denuncia da parte di mia madre).
All'esterno lui appare come il padre migliore del mondo, in famiglia è tossico e sinceramente l'idea di passare ancora un anno con lui (sono studentessa, sono stata in cura per la depressione senza che lui lo sapesse e per alcuni anni non sono riuscita a dare esami) mi atterisce, non ho ancora una indipendenza economica e lui mi svaluta il percorso rispetto a quello di mia cugina che ha finito per tempo, brillantemente e tratta meglio di me.

Ho provato a inizio anno a fare un percorso di psicoterapia cognitivo per cercare di agire sui traumi che lui mi ha causato e sugli schemi che ho sviluppato, ma ho dovuto interromperlo per problemi economici (me lo pagava lui ed era convinto che io non avessi niente, che bastassero due sedute per stare bene - lui stesso sostiene di aver visto per due volte una psicologa e di essere "guarito- per me non ha mai visto nessuno psicologo).

La mia sensazione attuale è di essere di nuovo in una "fase depressiva" peggiore di quella passata in passato, sull'orlo della crisi anche e soprattutto dopo la diagnosi di malattia oncologica di mia madre oltre alla presenza di un personaggio del tutto svalutante, freddo e tossico.
Mi sento in uno stato di attivazione continua, provo vergogna, ho avuto di recente degli episodi che potrei ricondurre a degli attacchi di panico (tachicardia, dolore al petto, ma soprattutto senso di irrrealtà) e Preferirei la morte al vivere con lui in questo momento.

Non riesco a capire se rivolgermi a uno psichiatra che mi dia una terapia farmacologica o uno psicologo.
Ho paura di non riuscire a reggere una terapia farmacologica e psicologica (non saprei neppure quale orientamento scegliere), ho paura che i "traumi" (il suo costante rifiuto, la violenza, l'ingiustizia, l'umiliazione) siano troppo forti rispetto alle mie possibilità di recupero e temo di non riuscire mai a vivere una vita degna di essere tale.

Scusate il mio sfogo.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 194
Gentile utente,
anziché preoccuparsi di quale orientamento scegliere e del potere o meno "reggere" le terapie psico e farmacologico abbinate, vada subito da uno specialista e si affidi a lui.
Oltre al bonus psicoterapia offerto di recente dallo Stato (trova ampie notizie in rete e tra i nostri articoli) il Servizio Sanitario Nazionale offre da sempre percorsi gratuiti o a costo di ticket; chieda alle ASL, al consultori, al Centro di Salute mentale, ma anche all'Università, dove da anni è offerta la consulenza gratuita agli studenti. Chieda al suo medico di famiglia.
Tra le cose che rendono più dolorosa la sua situazione c'è il fatto che nomina sua madre solo per una vecchia denuncia (ma perché ha tollerato suo padre e le sue accuse?) e per l'attuale malattia, che certo non migliora in un clima come quello di cui ci parla.
Auguri, e ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Dr. Vincenzo Cosentino Psicologo 205 12
Buonasera,
Credo che dal suo racconto ha tutto il diritto di essere arrabbiata. Come figlia dovrebbe essere tutelata, protetta e non svalutata, quindi i sentimenti che prova verso suo padre sono sicuramente comprensibili e congrui con la sua situazione.
Per quanto riguarda la terapia, che non è possibile effettuare per via dell'indipendenza economica che ancora manca, le suggerisco di rivolgersi ai servizi del territorio, come il consultorio che possono esserle di grande aiuto.
Inoltre le voglio assicurare che il suo impegno per lo studio non può mai essere un handicap, anzi credo che abbia una buona capacità di definire lucidamente la situazione nonostante ne sia coinvolta. Quindi il suo percorso le è stato senz'altro utile per arrivare a questo punto a capire che necessita di un aiuto concreto di fronte ad alcuni comportamenti nei suoi confronti.
Ciò che le viene detto inoltre, è frutto di incomprensioni o divergenze tra gli adulti, che purtroppo spesso coinvolgono i figli nelle difficoltà relazionali. Quindi quelle parole non le appartengono e di fronte agli altri appare sicuramente una persona diversa.
Inoltre le posso suggerire di creare degli spazi diversi rispetto alla vita familiare, come amici, posti, realtà, gruppi, associazioni, diverse situazioni che le possono dare esempio di come ci si può relazionare con gli altri, per non correre il rischio di avere come punto di riferimento soltanto queste situazioni tossiche.
Buona serata.

Dr. Vincenzo Cosentino - Psicologo
In sede e online
www.psicologocosentino.it