Perché divento ossessionata da persone che non posso avere?
Gentili specialisti,
Mi rivolgo a voi perché non ho i fondi per intraprendere un percorso di terapia e sono a dir poco disperata perché questo problema mi sta togliendo ogni voglia di vivere...Mi presento, sono una ragazza di 30 anni.
Ne vengo da un passato piuttosto turbolento all'insegna dell'autolesionismo in tutte le sue forme (autolesionismo da taglio, abuso di alcol e droga, dipendenza affettiva, bulimia etc).
L'ambiente famigliare da cui provengo è un ambiente piuttosto violento e invalidante da cui, nonostante io sia laureata, ancora non riesco a emanciparmi per la difficoltà a trovare lavoro a causa del particolare momento storico.
Il quesito che vi sottopongo riguarda una costante che ha caratterizzato la mia sfera affettiva sin dall'infanzia.
Ovvero la tendenza a diventare completamente ossessionata e a vivere in funzione di persone che per motivi diversi non vogliono o non possono esserci (persone anaffettive, dipendenti da sostanze o comunque già impegnate).
Persone che non è difficile capire essere dei transfert dei miei genitori emotivamente assenti.
Nei rapporti reali invece tendo ad essere io quella evitante e scostante, tengo tendenzialmente gli altri alla larga, alterno periodi di isolamento a periodi di ipersocialitá (in cui mi do manforte con l'alcol).
Il problema di queste ossessioni è che continuano anche quando intraprendo relazioni affettive.
Di solito tendo a stringere legami con ragazzi di indole infantile, ragazzi che non ritengo "alla mia altezza" e che finisco per accudire e detestare allo stesso tempo.
E il problema è che nella mia mente continuo a confrontare questi ragazzi con quelli da cui divengo ossessionata (modelli di autosufficienza e virilità almeno nella mia fantasia).
E non solo.
Spesso i miei fidanzati finiscono per dare manforte alla mia ossessione divenendo a propria volta ossessionati.
Tanto che l'oggetto della mia ossessione finisce per diventare l'oggetto della loro.
La nostra relazione finisce dunque per sorreggersi sul mito dell'uomo da me amato, assente e onnipresente al tempo stesso.
Spero di essermi spiegata ho cercato di essere il più possibile sintetica e Chiara.
Aiutatemi a uscirne non so da dove iniziare sto diventando pazza
Mi rivolgo a voi perché non ho i fondi per intraprendere un percorso di terapia e sono a dir poco disperata perché questo problema mi sta togliendo ogni voglia di vivere...Mi presento, sono una ragazza di 30 anni.
Ne vengo da un passato piuttosto turbolento all'insegna dell'autolesionismo in tutte le sue forme (autolesionismo da taglio, abuso di alcol e droga, dipendenza affettiva, bulimia etc).
L'ambiente famigliare da cui provengo è un ambiente piuttosto violento e invalidante da cui, nonostante io sia laureata, ancora non riesco a emanciparmi per la difficoltà a trovare lavoro a causa del particolare momento storico.
Il quesito che vi sottopongo riguarda una costante che ha caratterizzato la mia sfera affettiva sin dall'infanzia.
Ovvero la tendenza a diventare completamente ossessionata e a vivere in funzione di persone che per motivi diversi non vogliono o non possono esserci (persone anaffettive, dipendenti da sostanze o comunque già impegnate).
Persone che non è difficile capire essere dei transfert dei miei genitori emotivamente assenti.
Nei rapporti reali invece tendo ad essere io quella evitante e scostante, tengo tendenzialmente gli altri alla larga, alterno periodi di isolamento a periodi di ipersocialitá (in cui mi do manforte con l'alcol).
Il problema di queste ossessioni è che continuano anche quando intraprendo relazioni affettive.
Di solito tendo a stringere legami con ragazzi di indole infantile, ragazzi che non ritengo "alla mia altezza" e che finisco per accudire e detestare allo stesso tempo.
E il problema è che nella mia mente continuo a confrontare questi ragazzi con quelli da cui divengo ossessionata (modelli di autosufficienza e virilità almeno nella mia fantasia).
E non solo.
Spesso i miei fidanzati finiscono per dare manforte alla mia ossessione divenendo a propria volta ossessionati.
Tanto che l'oggetto della mia ossessione finisce per diventare l'oggetto della loro.
La nostra relazione finisce dunque per sorreggersi sul mito dell'uomo da me amato, assente e onnipresente al tempo stesso.
Spero di essermi spiegata ho cercato di essere il più possibile sintetica e Chiara.
Aiutatemi a uscirne non so da dove iniziare sto diventando pazza
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Gentile utente,
lei scrive: "non ho i fondi per intraprendere un percorso di terapia"; "vengo da un passato piuttosto turbolento all'insegna dell'autolesionismo in tutte le sue forme (autolesionismo da taglio, abuso di alcol e droga, dipendenza affettiva, bulimia etc)". Questo passato sembra tuttora presente, visto che ancora si dà "manforte con l'alcol".
Tutti questi elementi rimandano alla terapia erogata gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale nei SERT, nei Centri di Salute Mentale, nei Consultori e alle ASL.
Come mai non è in cura presso questi centri?
Venendo ad un altro aspetto, lei comprende che il processo di guarigione passa dal volersi curare.
Questo richiede due cose: la prima è l'assunzione di responsabilità da parte sua. Si definisce "ragazza" a trent'anni - e in verità è ancora maggiore; dice che il "particolare momento storico" le inibuisce di emanciparsi col lavoro, eppure a quanto scrive non è invalida, e ha anche una laurea.
La seconda cosa è affidarsi ad un curante, dopo averlo scelto.
Se lei continua a farsi costruzioni mentali che le permettono di indulgere alle sue scelte negative, accompagnate da pseudo diagnosi tipo "non è difficile capire essere dei transfert dei miei genitori emotivamente assenti", l'assunzione di responsabilità e la fiducia nel curante non arriveranno mai.
Posso capire il suo risentimento verso la famiglia d'origine e il rammarico per le occasioni perdute, ma lei ha davanti il futuro. Cerci subito un curante e valuti se è in grado di rinunciare agli alibi paralizzanti.
Buone cose.
lei scrive: "non ho i fondi per intraprendere un percorso di terapia"; "vengo da un passato piuttosto turbolento all'insegna dell'autolesionismo in tutte le sue forme (autolesionismo da taglio, abuso di alcol e droga, dipendenza affettiva, bulimia etc)". Questo passato sembra tuttora presente, visto che ancora si dà "manforte con l'alcol".
Tutti questi elementi rimandano alla terapia erogata gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale nei SERT, nei Centri di Salute Mentale, nei Consultori e alle ASL.
Come mai non è in cura presso questi centri?
Venendo ad un altro aspetto, lei comprende che il processo di guarigione passa dal volersi curare.
Questo richiede due cose: la prima è l'assunzione di responsabilità da parte sua. Si definisce "ragazza" a trent'anni - e in verità è ancora maggiore; dice che il "particolare momento storico" le inibuisce di emanciparsi col lavoro, eppure a quanto scrive non è invalida, e ha anche una laurea.
La seconda cosa è affidarsi ad un curante, dopo averlo scelto.
Se lei continua a farsi costruzioni mentali che le permettono di indulgere alle sue scelte negative, accompagnate da pseudo diagnosi tipo "non è difficile capire essere dei transfert dei miei genitori emotivamente assenti", l'assunzione di responsabilità e la fiducia nel curante non arriveranno mai.
Posso capire il suo risentimento verso la famiglia d'origine e il rammarico per le occasioni perdute, ma lei ha davanti il futuro. Cerci subito un curante e valuti se è in grado di rinunciare agli alibi paralizzanti.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.3k visite dal 12/08/2022.
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