Dubbio esistenziale
Buonasera,
Scrivo per cercare di chiarire un dubbio che ormai da settimane mi attanaglia, facendomi sempre sentire in ansia.
Sono da sempre una ragazza abbastanza sensibile, sempre preoccupata di fare del bene o almeno di far meno male possibile.
Amo da sempre i libri, l’arte e il cinema.
Qualche settimana fa ho iniziato a riflettere sul senso del bene e del male e le mie convinzioni sono vacillate.
Mi spiego meglio: non tollero la violenza, in ogni sua forma, ma allo stesso tempo mi sono resa conto che l’idea di un mondo perfetto, senza violenza e sofferenza sarebbe ai miei occhi abbastanza noioso e se, per pura utopia, mi dovessi trovare a scegliere la fine ogni sofferenza umana, la mia scelta sarebbe combattuta.
Infatti tutti i libri che leggo o i film che guardo trattano principalmente storie di dolore umano, così come l’arte stessa e in un mondo in cui ci fosse solo del bene non ci sarebbero questi argomenti.
Quindi mi trovo a un bivio morale: sperare che la specie umana arrivi a una possibile perfezione, in cui sconfigga ogni malattia, in cui sia in perfetta pace con il prossimo ecc o sperare che il lato meno umano e la sofferenza che accompagna la vita di tutti continui ad esistere per risvegliare il nostro lato più creativo ma anche intellettivo (ad esempio senza malattie non esisterebbe la medicina).
Spero di poter avere un punto di vista differente da parte di un’esperto.
Grazie.
Scrivo per cercare di chiarire un dubbio che ormai da settimane mi attanaglia, facendomi sempre sentire in ansia.
Sono da sempre una ragazza abbastanza sensibile, sempre preoccupata di fare del bene o almeno di far meno male possibile.
Amo da sempre i libri, l’arte e il cinema.
Qualche settimana fa ho iniziato a riflettere sul senso del bene e del male e le mie convinzioni sono vacillate.
Mi spiego meglio: non tollero la violenza, in ogni sua forma, ma allo stesso tempo mi sono resa conto che l’idea di un mondo perfetto, senza violenza e sofferenza sarebbe ai miei occhi abbastanza noioso e se, per pura utopia, mi dovessi trovare a scegliere la fine ogni sofferenza umana, la mia scelta sarebbe combattuta.
Infatti tutti i libri che leggo o i film che guardo trattano principalmente storie di dolore umano, così come l’arte stessa e in un mondo in cui ci fosse solo del bene non ci sarebbero questi argomenti.
Quindi mi trovo a un bivio morale: sperare che la specie umana arrivi a una possibile perfezione, in cui sconfigga ogni malattia, in cui sia in perfetta pace con il prossimo ecc o sperare che il lato meno umano e la sofferenza che accompagna la vita di tutti continui ad esistere per risvegliare il nostro lato più creativo ma anche intellettivo (ad esempio senza malattie non esisterebbe la medicina).
Spero di poter avere un punto di vista differente da parte di un’esperto.
Grazie.
[#1]
Occhio a non scivolare verso un possibile disturbo ossessivo. Perché quando si dà troppo peso ai dubbi esistenziali, il rischio è quello.
"Ma è una questione importante!" potresti obiettare.
Il punto non è se sia o meno una questione importante, certamente lo è. Il punto è che è talmente più grande di ciò che ogni individuo può fare, da solo, per cambiare le cose che diventa irrilevante.
È meglio evitare di farsi domande per le quali non esiste risposta.
Inoltre, sperare non è mai una strategia.
Se vuoi vivere più serenamente preoccupati di ciò che è alla tua portata in termini di risultati che puoi ottenere, invece che di quesiti pseudo-filosofici ai quali nessuno può dare risposte.
"Ma è una questione importante!" potresti obiettare.
Il punto non è se sia o meno una questione importante, certamente lo è. Il punto è che è talmente più grande di ciò che ogni individuo può fare, da solo, per cambiare le cose che diventa irrilevante.
È meglio evitare di farsi domande per le quali non esiste risposta.
Inoltre, sperare non è mai una strategia.
Se vuoi vivere più serenamente preoccupati di ciò che è alla tua portata in termini di risultati che puoi ottenere, invece che di quesiti pseudo-filosofici ai quali nessuno può dare risposte.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Utente
Buongiorno,
Grazie intanto per la risposta tempestiva. Io capisco il suo punto di vista, ma trovo difficile non darmi una risposta una volta posta la domanda. Se mi dessero una bacchetta magica per cambiare lo stato delle cose, trasformare la terra in una sorta di Eden, senza alcun problema, lo farei? Si, è ovviamente giusto così. Ma sarei pienamente felice? La verità è no, perché appunto il mondo sarebbe felice si, ma piatto. Quindi a livello morale mi trovo a un bivio.
Grazie intanto per la risposta tempestiva. Io capisco il suo punto di vista, ma trovo difficile non darmi una risposta una volta posta la domanda. Se mi dessero una bacchetta magica per cambiare lo stato delle cose, trasformare la terra in una sorta di Eden, senza alcun problema, lo farei? Si, è ovviamente giusto così. Ma sarei pienamente felice? La verità è no, perché appunto il mondo sarebbe felice si, ma piatto. Quindi a livello morale mi trovo a un bivio.
[#3]
>>> ma trovo difficile non darmi una risposta una volta posta la domanda
Esatto, e infatti nel problem solving e in terapia strategica la cura per questo tipo di problema consiste nell'aiutare la persona a smettere di farsi domande. Perché il problema non nasce perché manca la risposta. Nasce perché esiste la domanda.
Esatto, e infatti nel problem solving e in terapia strategica la cura per questo tipo di problema consiste nell'aiutare la persona a smettere di farsi domande. Perché il problema non nasce perché manca la risposta. Nasce perché esiste la domanda.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#4]
Gentile utente,
vorrei aggiungere un ulteriore punto di vista a quello espresso dal collega.
Lei scrive ad un blog di psicologi, non su una delle tante pagine di filosofia che trova in rete. Scrive che il suo dubbio la fa "sempre sentire in ansia", aggiunge "non tollero la violenza, in ogni sua forma" e conclude: "se, per pura utopia, mi dovessi trovare a scegliere la fine ogni sofferenza umana, la mia scelta sarebbe combattuta".
Queste parole mi fanno convenire col dr Santonocito che la sua domanda ha la parvenza del quesito filosofico, ma in realtà manifesta un assillo che è estraneo alla serenità della riflessione filosofica. Le dico questo nella mia veste di insegnante di filosofia.
Non so che studi lei abbia fatto, ma la invito ad iscriversi ad un corso di filosofia per adulti anche senza titolo di studio; ce n'è pure online, per esempio presso le varie Unitré (le Università delle Tre Età) e le Università Popolari.
Anche servendosi di Wikipedia vedrà che il tema del Bene, centrale in Platone, dopo duemila anni sempre presente in Kant e vivo ancora ai giorni nostri, compare nella forma di opposizione tra due realtà, come binomio inscindibile Bene-Male, un secolo prima che in Platone, in Eraclito, dove lo scorrere incessante della vita è inteso proprio come separazione continua di opposti.
E prima di lui lo troviamo in Anassimandro, per cui il nascere stesso della vita è visto come atto di "violenza" compiuta dal singolo nel momento in cui si separa, in coppia di opposti, da un'entità unica, indeterminata, e con ciò condanna sé stesso -col suo "gemello negativo"- ad essere nel mondo, quindi anche al morire, al non essere più.
Questa concezione aveva avuto la sua prima formulazione nelle religioni orientali.
Lei percepisce rettamente che l'imperfezione umana, oltre che limite, è sviluppo. Il Bene è tensione etica, non staticità. Non a caso le varie religioni promettono la pace eterna in un aldilà che segue la fine della vita, così come in un oscuro "prima della vita" (ancestrale memoria della nostra esistenza intrauterina?) molte religioni collocano il Dilmun dei Sumeri, il Paradiso Terrestre, la Saturnia Tellus e così via.
Dice Wikipedia: "Secondo il racconto biblico tra tutti gli alberi piantati nel giardino due erano particolari: l'albero della conoscenza del bene e del male e l'albero della vita. Dio proibì all'uomo di mangiare i frutti del primo e la disobbedienza portò alla cacciata dal giardino dell'Eden, negando all'uomo anche i frutti del secondo, come in Genesi 3,22[1]: Poi Dio disse: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre".
Vede dunque che la conoscenza stessa è connessa al Bene e al Male, ed entrambi sono la radice del movimento incessante che connota la vita e la conduce al suo termine.
Quello che è importante è voler perseguire il Bene (in questo i grandi maestri sono gli Stoici, compreso Seneca): un orientamento dinamico, quindi, non una meta raggiunta una volta per tutte. Perché crearsi il problema sterile di una specie di bacchetta magica che annulli la tensione tra i due poli, quando già abbiamo il nostro da fare a riconoscere il Bene e a seguirlo?
Spero di averle dato qualche ulteriore spunto di riflessione.
Buone cose.
vorrei aggiungere un ulteriore punto di vista a quello espresso dal collega.
Lei scrive ad un blog di psicologi, non su una delle tante pagine di filosofia che trova in rete. Scrive che il suo dubbio la fa "sempre sentire in ansia", aggiunge "non tollero la violenza, in ogni sua forma" e conclude: "se, per pura utopia, mi dovessi trovare a scegliere la fine ogni sofferenza umana, la mia scelta sarebbe combattuta".
Queste parole mi fanno convenire col dr Santonocito che la sua domanda ha la parvenza del quesito filosofico, ma in realtà manifesta un assillo che è estraneo alla serenità della riflessione filosofica. Le dico questo nella mia veste di insegnante di filosofia.
Non so che studi lei abbia fatto, ma la invito ad iscriversi ad un corso di filosofia per adulti anche senza titolo di studio; ce n'è pure online, per esempio presso le varie Unitré (le Università delle Tre Età) e le Università Popolari.
Anche servendosi di Wikipedia vedrà che il tema del Bene, centrale in Platone, dopo duemila anni sempre presente in Kant e vivo ancora ai giorni nostri, compare nella forma di opposizione tra due realtà, come binomio inscindibile Bene-Male, un secolo prima che in Platone, in Eraclito, dove lo scorrere incessante della vita è inteso proprio come separazione continua di opposti.
E prima di lui lo troviamo in Anassimandro, per cui il nascere stesso della vita è visto come atto di "violenza" compiuta dal singolo nel momento in cui si separa, in coppia di opposti, da un'entità unica, indeterminata, e con ciò condanna sé stesso -col suo "gemello negativo"- ad essere nel mondo, quindi anche al morire, al non essere più.
Questa concezione aveva avuto la sua prima formulazione nelle religioni orientali.
Lei percepisce rettamente che l'imperfezione umana, oltre che limite, è sviluppo. Il Bene è tensione etica, non staticità. Non a caso le varie religioni promettono la pace eterna in un aldilà che segue la fine della vita, così come in un oscuro "prima della vita" (ancestrale memoria della nostra esistenza intrauterina?) molte religioni collocano il Dilmun dei Sumeri, il Paradiso Terrestre, la Saturnia Tellus e così via.
Dice Wikipedia: "Secondo il racconto biblico tra tutti gli alberi piantati nel giardino due erano particolari: l'albero della conoscenza del bene e del male e l'albero della vita. Dio proibì all'uomo di mangiare i frutti del primo e la disobbedienza portò alla cacciata dal giardino dell'Eden, negando all'uomo anche i frutti del secondo, come in Genesi 3,22[1]: Poi Dio disse: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre".
Vede dunque che la conoscenza stessa è connessa al Bene e al Male, ed entrambi sono la radice del movimento incessante che connota la vita e la conduce al suo termine.
Quello che è importante è voler perseguire il Bene (in questo i grandi maestri sono gli Stoici, compreso Seneca): un orientamento dinamico, quindi, non una meta raggiunta una volta per tutte. Perché crearsi il problema sterile di una specie di bacchetta magica che annulli la tensione tra i due poli, quando già abbiamo il nostro da fare a riconoscere il Bene e a seguirlo?
Spero di averle dato qualche ulteriore spunto di riflessione.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#5]
Utente
Gentile Dottoressa, ho apprezzato molto la sua risposta. I miei studi sono prettamente umanistici, ho studiato filosofia alle superiori, avendo poi continuato gli studi sul filone psicologico e letterario, conseguendo due lauree in questi ambiti. Nonostante ciò la filosofia mi ha sempre affascinata e proseguire gli studi in tal senso sarebbe solo un piacere.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 2.9k visite dal 02/08/2022.
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