Per quanto è possibile aspettare qualcuno? (senza sentire che ci tiene stretta la mano?)

Salve.


Sono una donna con la testa fra le nuvole e i piedi piantati a terra.
Spesso fuori posto, fuori tempo, fiduciosa e in perenne conflitto con sé stessa.
Ma tenace.

Disturbi del comportamento alimentare, periodi di ostinata chiusura e tanto dolore, mi hanno permesso di vedere e bramare il buono che sento di (dover) meritare: quelli contano i miei anni a ritroso, sono piccoli mostri quasi alleati che mi tengono poco più che adolescente a dispetto dei miei quasi quarant'anni.
E questo è un bene, e questo è un male.

Da anni non mi concedevo un rapporto con un uomo: rapporto di scambio, di fiducia, di gioco, senza che io mettessi prima infiniti divieti e fingessi di stare bene a prescindere.
Conosco lui, ci frequentiamo per due mesi intensi, ma non di frequente.
Parliamo per ore al telefono, notti intere fino al sorgere di un nuovo giorno.
Decido di farmi bene facendomi male per assurdo, mi mostro a lui del tutto nuda, e non mi riferisco al solo corpo.
Mi sento tipo Wonder Woman, è una sensazione spaventosa e bellissima al contempo.

Purtroppo all'improvviso muore suo padre.
Gli dico che ci sono per lui, giorno e notte se ha bisogno di me.
Viviamo a un paio d'ore di distanza e non mi peserebbe raggiungerlo anche per un'ora, mezz'ora.
Ma lui decide di non volermi vedere.
Non dubito del bene che mi vuole né di quanto sia difficile dare peso e contorno a una nuova fase della sua esistenza.
Decido di rispettare le sue scelte, continuare a sentirlo solo se è lui a telefonare.

Sono trascorsi due mesi, dalla morte del papà.
Tutto è nelle sue mani: sentirci o non sentirci quando vuole, non vederci, tutto.
Quanto è giusto sbilanciarsi così per un affetto che se pure acerbo, ha mosso tanto?
Per sua ammissione, gli sono stata vicina come mai avrebbe pensato.

E se ora io pensassi a me?
Perché mi viene così difficile?
Quanto si può essere comprensivi con qualcuno, e lievi col dolore che prova, e allungargli carezze tramutate in parole, lasciare tutto in sospeso se è per lui: che senso ha davvero, se dall'altra parte mi arriva la carezza sottintesa del bene che c'è, e null'altro?

Penso che il dolore proprio come l'amore, rendano in un certo modo egoisti.
Penso anche che ad un certo punto si debba avere la forza di portare un sentimento in una direzione qualsiasi.

Se di coppia - o probabile coppia - si parla, le forze che placano, trascinano, contengono e trattengono devono essere due, non una soltanto.
Sui tempi posso essere comprensiva, ma sui gesti che non arrivano, come dovrei fare?

È come se avesse uno spazio emotivo limitato, più facile da accomodare per gli amici e non per me.

Non è per niente semplice continuare così come lasciare andare, e a volte temo lui trascuri la parte di mondo che fa di tutto per non pesargli, e che sarei io.
Altre volte, seppure non lo "preghi" in alcun modo di venirmi incontro, temo di sminuirmi.
Sento di dover fare qualcosa e non so come, né cosa.


Vi ringrazio fin da ora per qualsiasi riflessione vogliate affidarmi.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> E se ora io pensassi a me?

Non sarebbe una cattiva idea.

In questo video parlo di ciò che probabilmente è successo al ragazzo in questione:

https://www.youtube.com/watch?v=iY2W5xCg0qc

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#2]
Attivo dal 2022 al 2022
Ex utente
La ringrazio, dott. Santonocito.
Sono pensieri condivisibili e già presi largamente in considerazione, i suoi. La razionalità c'è, sempre presente. Anche se invita poco e si tenta di affossarla a più riprese.