La figlia di 9 anni del mio compagno è innamorata di lui e con il divorzio soffre di ansia

Salve
Scrivo perché vorrei sapere come aiutare il mio compagno.
Ha ottenuto il divorzio da poco e ha due figli un ragazzo di 14 anni e una bambina di 9.
Con il ragazzo non ci sono particolari problemi ma con la bambina invece si... Per un problema di salute della sua ex ha passato il periodo della separazione nella loro casa e i problemi con la bambina si sono presentati ora che con il divorzio ha finalmente lasciato la casa "familiare".
La bambina sempre solare e attiva è diventata più apatica e ha iniziato a chiamarlo in continuazione al cellulare a dire che avrebbe fatto la brava se tornava e ora ha crisi di notte e si sveglia piangendo chiedendo del padre.
I due genitori con la bambina sono già seguiti da una psicologa, che ha confermato il mio dubbio e cioè che padre e figlia hanno un rapporto da fidanzati anche per il rapporto che la bambina ha con la madre che è molto rigida con la figlia.
Su suggerimento della psicologa da una decina di giorni lui è tornato a dormire nella casa familiare per stabilizzare la bambina ma non ci sono ancora cambiamenti.
Il mio punto di vista è che questa situazione, che avrà sicuramente bisogno dei suoi tempi per migliorare, non potrà mutare finché il mio compagno non si imporrà di cambiarla.
Io vedo che lui si sente profondamente in colpa nei confronti della figlia, noi ci siamo conosciuti quando lui era sposato e solo dopo molto tempo abbiamo deciso di stare insieme e lui di divorziare, e abbiamo aspettato soprattutto per la bambina perché lui aveva paura che lei soffrisse.
Io penso che lui sia incatenato dal suo senso di colpa verso la bambina, per come sta adesso, ma per me non si rende conto che questo suo malessere lo sta trasmettendo alla figlia che inconsciamente lo vive come una dimostrazione di abbandono.
I bambini stanno con lui metà della settimana e insieme fanno molte cose, dai lavoretti fai da te a passeggiate, etc quindi lui è presente, non è di quei padri che si scordano dei figli.
Io vorrei aiutarlo a sbloccarsi in modo da poter combattere questi suoi sentimenti negativi e trasmettere ai figli un atteggiamento più positivo.
Lo so che non è una questione che cambierà dall'oggi al domani ma sento che continuare ad assecondare le paure della bambina e ad accontentare le sue richieste non farà altro che generare un meccanismo di azione e reazione che si trasformerà in un circolo vizioso senza uscita sia per lui che per lei.
La bambina imparerà che c'è un fondo di verità nella sua ansia da separazione e che a questo deve reagire con crisi e stati d'animo negativi per far sì che il padre stia al suo fianco... Forse è sbagliato il mio giudizio ma non riesco a non pensare che la chiave di tutto sia il mio compagno e il suo atteggiamento nell'affrontare la questione... È così?
Come posso aiutarlo a liberarsi dai sensi di colpa e a reagire a tutto questo?
Lui non è mai così, non si fa trascinare dagli eventi ma questa vola non sembra riuscire a riprendersi...
Grazie
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
per affrontare una difficoltà la prima regola è guardarla in faccia.
In altre parole, se una cosa è scomoda e dolorosa è bene non aggirare e camuffare questa verità, perché altrimenti non conosceremo veramente i fatti da affrontare, perderemo tutta la gamma dei sentimenti che li accompagnano e non potremo trovare nessuna soluzione.
Lei scrive diverse cose che mistificano la situazione del suo compagno.
Scelgo due frasi particolarmente significative: "questo suo malessere lo sta trasmettendo alla figlia che inconsciamente lo vive come una dimostrazione di abbandono"; "La bambina imparerà che c'è un fondo di verità nella sua ansia da separazione e che a questo deve reagire con crisi e stati d'animo negativi per far sì che il padre stia al suo fianco".
Mia cara signora, un divorzio non è un successo, ma un fallimento. Quando ci sono figli a maggior ragione. Ci sono stati amore, speranza di felicità, promesse, una costruzione complessa di vita, e tutte queste cose sono andate perse, deluse.
Spesso un secondo partner tende a dimenticare che un divorziato si porta dietro questa sofferenza e vorrebbe vedere soltanto la gioia del loro fortunato incontro, dimenticando che esso nasce da una precedente disfatta.
Quando ci sono figli, il coniuge che lascia la casa soffre ancora di più, perché perde la serena quotidianità dell'incontro coi figli, il piacere di vederli crescere, la certezza di star facendo del suo meglio per loro, a vantaggio di una serie di incontri artificiosi in cui deve farli divertire per forza, li deve rassicurare per forza sul suo amore immutato per loro.
I figli, specie nell'età difficile che hanno quelli del suo partner, non credono a queste rassicurazioni. Si chiudono in un'apparente indifferenza che spesso diventa cinismo e aggressività (la tranquillità del figlio quattordicenne), oppure temono di essere abbandonati o peggio ancora di essere i colpevoli di questo abbandono. La bambina di nove anni, infatti, assicura che sarà sempre buona, purché il padre rimanga con lei.
Ora, lei che ci scrive non sembra entrata in sintonia con la situazione, a quanto emerge dalla tortuosa spiegazione che dà di una cosa molto semplice: il papà è andato via, non è più con loro; la sera i figli non lo possano abbracciare prima di andare a letto. La certezza del suo amore esclusivo per la loro famiglia è perduta.
Non riesce a capire quanto sia doloroso, spiazzante, anche incomprensibile questo?
Ci chiede: "Come posso aiutarlo a liberarsi dai sensi di colpa e a reagire a tutto questo?"
Qui c'è un grande equivoco: il senso di colpa è fuori luogo quando non si è colpevoli di nulla; ma in condizioni ordinarie è il segnale che ci avverte che abbiamo sbagliato.
Ora, la bambina che promette di essere buona perché il padre torni con lei manifesta un senso di colpa fuori luogo; l'adulto che ha partecipato, poco o molto, ad infrangere una famiglia, sia pure per ragioni che riteneva valide, è giusto che rifletta e si chieda se per caso non poteva e non può ancora adottare soluzioni differenti.
Quello che lei deve chiedersi non è come aiutare lui, che con molto buon senso si fa già seguire, assieme alla ex moglie, da una psicologa. Deve chiedersi se lei è davvero pronta ad accogliere il particolare rapporto che si instaura con chi ha già degli affetti che prenderanno sempre un posto centrale nella sua vita, che impegneranno il suo tempo e il suo denaro in misura notevole, e questo non per un breve periodo, ma per sempre.
Un test potrebbe essere quello di leggere questa mia risposta assieme al suo partner. Se si sente di farlo, vuol dire che potete davvero discutere tutto senza finzioni e senza remore. Ma se non se la sente, forse lei sta costruendo su un inganno, un'illusione.
Ci rifletta; noi siamo qui.
Provi a leggere anche quest'altro consulto: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/924021-mio-figlio-di-12enne-ha-comportamenti-fisicamente-violenti-nei-miei-confronti.html

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
La ringrazio della risposta, io volevo solo cercare di capire come poterlo aiutare in questo momento di crisi perchè non viviamo insieme e non ci vediamo molto spesso e ci sentiamo per lo più al telefono (tra il suo lavoro e i momenti di libertà che passa con i bambini). Per molto tempo mi sono sentita in colpa per questa situazione e più volte ho cercato (senza mai volerlo realmente) di lasciarlo con il risultato di lasciare sempre a lui il compito di riprendermi (anche se probabilmente, me ne accorgo ora, era solo un modo per avere la sua attenzione). Io ho ricevuto il suo sostegno in un momento particolare della mia vita (mentre tutto il mondo combatteva il covid io accettavo il mio tumore che ad oggi è andato via). la mia richiesta è nata dalle mie ricerche in internet che mi hanno un pò preoccupata, forse non essendo del ramo sarebbe stato meglio se non le avessi fatte. Avevo paura di non essere io in grado di dargli forza, se forse lo devo solo "coccolare", se posso spronarlo a parlare con me per aprirsi e fargli esprimere i suoi dubbi e le sue paure a voce alta visto che lui si tiene tutto dentro (perchè questo è ciò che io faccio con lui e, anche se il problema rimane, mi sento meglio per averlo esternato) anche se poi io non posso dargli una risposta concreta. Io sono pronta ad accettare il suo test e spero che lui non se la prenda, ma non capisco la sua frase "forse lei sta costruendo su un inganno, un'illusione". Abbiamo attraversato molti momenti critici, veramente tanti e uno dietro l'altro e non so nemmeno come abbiamo resistito... io credo nel nostro amore e lo so che non mette il pane in tavola e non supera tutti gli ostacoli. Noi ci siamo trovati mentre nè io nè lui eravamo alla ricerca. E abbiamo fortemente cercato di farcela passare, di non provarci nemmeno. Io non credevo all'amore e lui si era dimenticato che esisteva. La mia filosofia è che la vita è breve e un attimo di felicità vale più di una vita vissuta nel rimorso. Forse è sbagliato, ma io ho vissuto in una famiglia in cui mi sentivo in colpa perchè vedevo mia madre infelice del suo matrimonio e credevo che se non ci fossi stata avrebbe potuto avere una vita più felice... Io non so cosa sia giusto e sicuramente far soffrire una bambina non era nei miei piani e ho il terrore della sua reazione quando un giorno dovessero sapere di me, che lui possa decidere anche di lasciarmi perchè so quanto i bambini valgano per lui... Non è una situazione semplice vorrei solo aiutarlo a riparare la situazione, vorrei essere la sua forza.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
lei è una persona riflessiva, capace di ricordare anche le sofferenze vissute da bambina, e questo è bene senz'altro sia per lei stessa che per le persone che con lei entrano in stretto contatto.
Tuttavia ripete che vuole aiutare il suo partner nella gestione del rapporto coi figli, pur avendo capito che ha fatto un errore interpretando le loro vicende tramite internet.
L'aiuto che lei può fornire all'uomo amato è quello dell'ascolto empatico, un ascolto che si guarda bene dall'offrire consigli e soluzioni, che non sollecita le confidenze ma le accoglie solo se sarà lui stesso a voler parlare.
Tra l'altro c'è una psicologa che già sta seguendo la famiglia, ci ha scritto, e questo in genere mal si concilia con altre confidenze sullo stesso argomento: lui ha già argomenti e proposte di soluzione su cui riflettere, da discutere semmai con la psicologa stessa.
Lei può essere la sua forza, non aiutandolo a 'riparare la situazione' (per questo, ripeto, c'è già una specialista) ma mostrandosi comprensiva nelle varie fasi evolutive che quest'uomo andrà attraversando. Teme addirittura che la possa lasciare. Tutto è possibile in questa fase ancora fluida: per ora occorre non mettere paletti e punti fermi che renderebbero l'intera situazione più tormentosa e non gioverebbero neanche al vostro rapporto.
A proposito della sua frase: "La mia filosofia è che la vita è breve e un attimo di felicità vale più di una vita vissuta nel rimorso", forse al posto della parola 'rimorso' voleva intendere 'rimpianto'?
Quanto alla mia frase che le risulta oscura: "se non se la sente [di leggere insieme a lui la sua domanda e la mia risposta], forse lei sta costruendo su un inganno, un'illusione", si riferisce al fatto che molti nuovi partner di persone che sono state sposate si offendono al pensiero che il/la loro partner ha amato un'altra persona e rimpiange quello che ha perduto, perciò tendono a negarlo.
Questo atteggiamento, che coinvolge anche i vedovi, rifiuta una parte fondamentale della vita dell'altro. Se invece lo accogliamo per intero accettiamo il fatto che ha amato, ha costruito un legame, ha sofferto della sua fine, può avere momenti di nostalgia e può essere assalito dal rimorso di non aver fatto abbastanza per tenerlo in vita.
Come le dicevo nell'altra email, leggere insieme queste parole è accettare il fatto che un divorzio non è un successo, ma un fallimento.
Buone cose, specialmente per la sua salute, e se può esserle utile ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
La ringrazio delle sue parole, per rispondere alla sua domanda "A proposito della sua frase: "La mia filosofia è che la vita è breve e un attimo di felicità vale più di una vita vissuta nel rimorso", forse al posto della parola 'rimorso' voleva intendere 'rimpianto'?" sicuramente il "rimpianto" non esula dall'esserci, ma intendevo "rimorso" perchè essendo questa una situazione particolare ho cercato al massimo delle mie possibilità di capire la situazione e aspettare di conseguenza (non a caso abbiamo aspettato quasi 3 anni per sentirci sicuri dei nostri sentimenti reciproci, 2 passati quasi completamente separati per la mia malattia e la situazione covid, e anche qui un milione di dubbi se non restava con me solo per la mia salute), i rimpianti sono due sicuramente: l'uno è che non avevamo previsto questo forte dolore che avrebbe investito la bambina e le nostre precauzioni non sono bastate ad arginarlo e l'altro, conseguente, che non avrei dovuto affatto iniziare una storia con lui per non vederlo soffrire così tanto, ma ormai lo sento così parte di me che è diventato come l'aria che c'è ma non ti accorgi nemmeno di averne bisogno. Lo so che è egoista e di solito non lo sono mi creda, non lo dico per autogratificazione o per mettermi in mostra, ma io voglio stare con questa persona, per una sola volta nella mia vita voglio essere egoista accettando le conseguenze. Ma io non mi arrendo, solo lui può decidere cosa fare, ma io non mi spezzerò finchè non capirò che lui sentirà di trovarsi ad un bivio, fino a quel momento resterò nella mia strada parallela aspettando di incrociare la principale. Non sono un bulldozer impazzito che calpesta tutto, ma voglio comunque combattere per la mia felicità, per quanto possibile (in fondo siamo esseri umani, per quanto io possa essere zen).
Ritornando al discorso iniziale, cercherò di essere il più elastica possibile con le esigenze del mio compagno, avevo paura che lui potesse avvertire un mio "distacco" dalla sua situazione con la bambina come un modo superficiale per affrontare tutto questo e magari poteva sentirlo come se "me ne fossi lavata le mani", per me è la prima volta in cui mi trovo in una situazione del genere e ho paura di non riuscire ad essere una compagna alla pari, ma che come sempre lui deve farsi carico delle mie emozioni. Voglio essere un sostegno ma soprattutto un porto sicuro dove si può rilassare per affrontare al meglio le sue emozioni. Il mio dubbio è dato dal fatto che lui cerca sempre di non farsi vedere mai ferito e "stanco" ma in questo devo essere io brava a farlo sentire sicuro abbastanza da aprirsi come io ho fatto con lui. Quando sono stata male scherzavo sul fatto che lui era l'addetto a ricostruire il mio "puzzle" quando non riuscivo a trovare una strada e crollavo. Alla fine mi davo la forza perchè sapevo che lui ci sarebbe stato oltre il mio tunnel. Ora tocca a me aspettare che attraversi il suo, e da quel che ho capito la strada sarà la pazienza (non cieca nè sorda).
Grazie per il suo consulto e per avermi fatto accettare che devo lasciarlo fare il suo percorso senza intromettermi ma sostenendolo solo se me lo chiede.
Spero di aver colto bene la sua consulenza e di non aver travisato le sue parole, nel caso mi corregga.
La ringrazio infinitamente
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
credo che lei mi abbia compreso, ma forse ci sono delle cose da chiarire.
La prima è quella di rendersi disponibile all'ascolto -che le raccomando- ma senza dare consigli.
Lo so che è difficile, ma alcuni, anche non psicologi, ci riescono.
Molti hanno l'impressione che interessarsi a qualcuno non sia solo lasciarlo parlare, ma offrirgli soluzioni: non è così. Se una persona trova un ascoltatore empatico riesce ad esprimersi, capisce dove sta imboccando una strada sbagliata, cerca soluzioni sentendosi supportato e accolto, anche se l'altro non dice una parola, anzi proprio per questo.
Il secondo punto da chiarire è che quando una persona, in questo caso una famiglia, si è affidata ad uno specialista, ogni interferenza rischia di spezzare il colloquio diretto che deve dare i suoi frutti nella riflessione, nella richiesta di chiarimenti, etc., all'interno della seduta terapeutica. Parlarne al di fuori può essere fuorviante, fino a vanificare il supporto dello psicologo.
Ma il suo partner quanti anni ha?
Ancora molti auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
"La prima è quella di rendersi disponibile all'ascolto -che le raccomando- ma senza dare consigli" sarà durissima, ed è la cosa che più temo in effetti, ma dovrò riuscirci. Il mio compagno non è un bambino quest'anno compirà 47 anni e se mi fa questa domanda avrà intuito che ho qualche anno in meno (13 e 1/2 per l'esattezza). L'amore per i bambini è indiscusso e non metto in dubbio quello che ha per me, anche se a volte vorrebbe ci lasciassimo per rendermi libera di avere una mia vita... In questi frangenti la mia domanda è sempre una: tu mi ami? e io mi fido dei suoi occhi più che delle sue parole... Non so se il nostro sia un rapporto "buono", a volte credo che ci facciamo più male che bene a stare insieme perchè sarebbe tutto più semplice per tutti, noi compresi se non fosse così. E forse la mia è una sciocca fantasia, una illusione (per usare un suo termine), ma alla fine del giorno anche se ci sentiamo al telefono quei 15-20 minuti, è come dare una passata di spugna a tutti gli accadimenti della giornata, come una doccia fresca dopo un giorno passato al sole. Forse è sciocco persistere così tanto ma non voglio avere rimpianti, non voglio svegliarmi una mattina e pensare a quello che avrei potuto fare. Io sono molto difensiva con le persone che amo e cerco sempre di vedere la felicità sui loro volti, e a maggior ragione vorrei vedere la persona che amo essere felice e vedere in pace le cose a cui lui tiene... non sono una persona sentimentale e non mi inganno che in futuro non ci saranno altri problemi, ma io affronto quello che posso per come posso, piangere sul latte versato è una prospettiva rincuorante per certi versi, piangere senza ferite, senza aver combattuto ... ma per quello che posso io combatto e sicuramente sarà una nuova lotta con me stessa stare in silenzio a guardare mentre lui combatte da solo ma devo riuscirci, ne vale la pena affrontare l'inferno, soprattutto dopo tutto il purgatorio che abbiamo passato. Per la nostra felicità, per dare un senso a questo dolore che i bambini stanno passando che non può essere cancellato con una spugna... Mi dispiace moltissimo di tutto questo, non sono un'insensibile, il loro era un matrimonio finito da tempo, più una convivenza per questioni economiche che altro, ma io ho sempre lasciato a lui la scelta, ovvio che non potevamo stare insieme se lui era sposato quindi ho dato a lui la scelta (un aut aut se vuole, ma credo fosse imprescindibile). Spero solo che le cose migliorino con il tempo, mio nipote ha una leggera forma di autismo e so che con la psiche, soprattutto infantile, il tempo ha un ruolo importante se non primario, e sono molto soddisfatta che lui abbia cercato l'aiuto di una specialista appena capito il peso del problema senza sottovalutarlo. In più dovrò impegnarmi a non chiedere come sono andate le sedute...... sarà durissima.
Il suo aiuto e consiglio è stato davvero utile per dissipare i miei dubi. Grazie
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Sono contenta se ho potuto dare un contributo.
Da parte sua immagino che comprenda di dover ricostruire sé stessa, dopo la dura esperienza della malattia, per poter dare felicità anche alle persone che ha vicino.
Buona fortuna!

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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