Come superare un periodo in cui non si sa cosa sta succedendo?
Salve, sono una ragazza di 22 anni iscritta al secondo anno di università.
È da un paio di mesi che non ho più la motivazione e la voglia a studiare, è come se avessi perso interesse nelle discipline che studio; durante il primo anno ero innamorata di quello che facevo, ho tentato per due anni di seguito a passare i test d'accesso perché avevo le idee chiare su quello che volevo fare.
Mi mancano due esami per finire il secondo anno e non sono nemmeno difficili (quindi il problema non può essere legato alla mole di studio) ma mi sembrano insormontabili.
Da poco ho scoperto di non essere "idonea" per una magistrale che mi sembrava adatta a me e a quello che vorrei fare, ma il mondo mi è un po' crollato addosso dopo aver saputo di non riuscire ad iscrivermi.
Mi sento perennemente distaccata dalle cose che vivo, è come se non sentissi a pieno la felicità per un esame passato o la spensieratezza di stare con le mie amiche.
Quando sto male e piango per sfogo è come se sentissi del dolore fisico, senza sapere da cosa è dovuto perché apparentemente non "è successo nulla", ma è comunque un dolore intenso e profondo.
Inoltre, tutto quello che ottengo è come se lo avessi ottenuto per merito di altri, come se io non avessi fatto abbastanza: per esempio, se supero un esame con un buon voto è perché ero l'ultima del mio gruopo, la professoressa era stanca e mi ha messo quella valutazione non perché io sia stata brava.
È come se tutto quello che facessi non fosse abbastanza, come se io non fossi all'altezza dell'università.
Non so cosa mi stia succedendo, mi sento di impazzire.
È da un paio di mesi che non ho più la motivazione e la voglia a studiare, è come se avessi perso interesse nelle discipline che studio; durante il primo anno ero innamorata di quello che facevo, ho tentato per due anni di seguito a passare i test d'accesso perché avevo le idee chiare su quello che volevo fare.
Mi mancano due esami per finire il secondo anno e non sono nemmeno difficili (quindi il problema non può essere legato alla mole di studio) ma mi sembrano insormontabili.
Da poco ho scoperto di non essere "idonea" per una magistrale che mi sembrava adatta a me e a quello che vorrei fare, ma il mondo mi è un po' crollato addosso dopo aver saputo di non riuscire ad iscrivermi.
Mi sento perennemente distaccata dalle cose che vivo, è come se non sentissi a pieno la felicità per un esame passato o la spensieratezza di stare con le mie amiche.
Quando sto male e piango per sfogo è come se sentissi del dolore fisico, senza sapere da cosa è dovuto perché apparentemente non "è successo nulla", ma è comunque un dolore intenso e profondo.
Inoltre, tutto quello che ottengo è come se lo avessi ottenuto per merito di altri, come se io non avessi fatto abbastanza: per esempio, se supero un esame con un buon voto è perché ero l'ultima del mio gruopo, la professoressa era stanca e mi ha messo quella valutazione non perché io sia stata brava.
È come se tutto quello che facessi non fosse abbastanza, come se io non fossi all'altezza dell'università.
Non so cosa mi stia succedendo, mi sento di impazzire.
[#1]
Gentilissima,
Ci sono alcuni punti che balzano all’occhio nel Suo messaggio.
Inizialmente, dice di essere stata persino innamorata di ciò che studiava (il che è bellissimo), avendo quindi chiarezza di intenti e direzione sul suo futuro.
Poi, improvvisamente, un appiattimento nel Suo percorso, l’ incertezza, lo svilimento, un’autocritica quasi spietata (se si passa un esame, è la stanchezza di una docente, non un traguardo meritato).
L’unico punto (in termini di evento) che emerge, è una laurea magistrale cui non riesce ad accedere (non so se il termine sia corretto, ai miei tempi c’era una struttura universitaria diversa).
È qui che parla di un mondo che crolla .
Vorrei chiederLe: cosa rende così impossibile l’accesso a questo percorso?
Vi sono strade alternative che potrebbero portare al medesimo punto?
Ma, soprattutto, se ciò fosse possibile, sarebbe ancora interessata? Si sentirebbe più motivata?
Era una strada che sentiva idonea e invece qualcosa ha bloccato.
Vede, dal Suo messaggio pare che sia stato l’accadimento che ha rimesso tutto in discussione.
Però, ovviamente, una persona non traspare chiaramente da una singola email: sono intercorsi altri fatti? Il peso specifico di questo impedimento sembra notevole, come un terremoto che destabilizza fondamenta già pronte.
Solo Lei può sapere se è proprio questo il momento incriminato , che, perdendo solidità, ha come privato di gusto e colore ogni progetto di una vita giovanissima e senza dubbio colma di potenziale.
Delle volte degli sbarramenti ci impongono di rivedere progetti, destabilizzano, per poi aiutarci a rimetterci in piedi più forti e consapevoli.
Nelle sue righe c’è però molta rassegnazione e un malessere pervasivo che colpisce anche la sfera personale, con un dolore profondo.
Di sfoghi e pianti.
Si è mai sentita così in precedenza?
Il suo titolo è molto indicativo: non si capisce bene cosa sta accadendo quindi forse bisogna considerare molteplici variabili, che concorrono a questo stato.
Ha preso in considerazione l’idea di rivolgersi a uno psicoterapeuta?
Ci sono alcuni punti che balzano all’occhio nel Suo messaggio.
Inizialmente, dice di essere stata persino innamorata di ciò che studiava (il che è bellissimo), avendo quindi chiarezza di intenti e direzione sul suo futuro.
Poi, improvvisamente, un appiattimento nel Suo percorso, l’ incertezza, lo svilimento, un’autocritica quasi spietata (se si passa un esame, è la stanchezza di una docente, non un traguardo meritato).
L’unico punto (in termini di evento) che emerge, è una laurea magistrale cui non riesce ad accedere (non so se il termine sia corretto, ai miei tempi c’era una struttura universitaria diversa).
È qui che parla di un mondo che crolla .
Vorrei chiederLe: cosa rende così impossibile l’accesso a questo percorso?
Vi sono strade alternative che potrebbero portare al medesimo punto?
Ma, soprattutto, se ciò fosse possibile, sarebbe ancora interessata? Si sentirebbe più motivata?
Era una strada che sentiva idonea e invece qualcosa ha bloccato.
Vede, dal Suo messaggio pare che sia stato l’accadimento che ha rimesso tutto in discussione.
Però, ovviamente, una persona non traspare chiaramente da una singola email: sono intercorsi altri fatti? Il peso specifico di questo impedimento sembra notevole, come un terremoto che destabilizza fondamenta già pronte.
Solo Lei può sapere se è proprio questo il momento incriminato , che, perdendo solidità, ha come privato di gusto e colore ogni progetto di una vita giovanissima e senza dubbio colma di potenziale.
Delle volte degli sbarramenti ci impongono di rivedere progetti, destabilizzano, per poi aiutarci a rimetterci in piedi più forti e consapevoli.
Nelle sue righe c’è però molta rassegnazione e un malessere pervasivo che colpisce anche la sfera personale, con un dolore profondo.
Di sfoghi e pianti.
Si è mai sentita così in precedenza?
Il suo titolo è molto indicativo: non si capisce bene cosa sta accadendo quindi forse bisogna considerare molteplici variabili, che concorrono a questo stato.
Ha preso in considerazione l’idea di rivolgersi a uno psicoterapeuta?
dr.ssa Alessia Ghisi Migliari
[#2]
Utente
Innanzitutto grazie per la Sua risposta, Le sono grata.
L'università magistrale era la stessa in cui volevo studiare alla trinnale, ma in cui non sono passata. Studio in una città e in un ateneo in cui mi sento limitata, di non star facendo le cose per bene (per il piano di studi, non perché io non stia studiando) ed è come se mi fossi accontentata e adattata a quello che gli avvenimenti mi hanno messo davanti. Quindi quando ho deciso di fare la triennale nella mia città sono stata sempre con la speranza di poter avere almeno una magistrale che sento mia. Penso che non avere il controllo della mia vita, delle mie decisioni sia una cosa che non riesco ad accettare; anche perché per quanto riguarda la magistrale io non posso fare niente per avere una soluzione. Perché gli altri riescono a raggiungere i miei obiettivi e per me è così "difficile"?
Si, penso molto spesso di richiedere un percorso di terapia, ma i miei genitori non sono molto d'accordo perché credono che non mi serva e che sia inutile (cosa un po' paradossale perché sono la prima a studiare psicologia all'università).
L'aspetto ipercritico verso me stessa è sempre stato, forse ora si è accentuato; mentre il dolore profondo è qualcosa che è inziato a febbraio, unito ad attacchi di panico poco frequenti.
L'università magistrale era la stessa in cui volevo studiare alla trinnale, ma in cui non sono passata. Studio in una città e in un ateneo in cui mi sento limitata, di non star facendo le cose per bene (per il piano di studi, non perché io non stia studiando) ed è come se mi fossi accontentata e adattata a quello che gli avvenimenti mi hanno messo davanti. Quindi quando ho deciso di fare la triennale nella mia città sono stata sempre con la speranza di poter avere almeno una magistrale che sento mia. Penso che non avere il controllo della mia vita, delle mie decisioni sia una cosa che non riesco ad accettare; anche perché per quanto riguarda la magistrale io non posso fare niente per avere una soluzione. Perché gli altri riescono a raggiungere i miei obiettivi e per me è così "difficile"?
Si, penso molto spesso di richiedere un percorso di terapia, ma i miei genitori non sono molto d'accordo perché credono che non mi serva e che sia inutile (cosa un po' paradossale perché sono la prima a studiare psicologia all'università).
L'aspetto ipercritico verso me stessa è sempre stato, forse ora si è accentuato; mentre il dolore profondo è qualcosa che è inziato a febbraio, unito ad attacchi di panico poco frequenti.
[#3]
Penso che non avere il controllo della mia vita, delle mie decisioni sia una cosa che non riesco ad accettare’ : credo che questa Sua frase sia profondamente indicativa, e un perno importante.
Per quel che concerne l’aspetto universitario, come Le dicevo, provengo da tempi diversi dai Suoi e non so come avvenga il passaggio alla magistrale. Quando si è giovani (e non solo), la spinta verso l’ oltre e altro possono essere motori importanti e positivi, un’inquietudine sana, se non diventa una costante insoddisfazione.
Non posso quindi darLe consigli in proposito: non è soddisfatta dell’esperienza presso l’Ateneo o sarebbe proprio una formazione diversa presso l’Università che voleva scegliere? Nessuna possibilità che nel futuro prossimo vi sia accesso? Potrebbe essere che ci sia stato un approccio molto critico verso l’Ateneo (e la città) in cui è stata sinora, malgrado la qualità dell’offerta formativa?
E si torna a quella frase così significativa: tutti noi dobbiamo apprendere che ci sono limiti e paletti che sono indipendenti dal nostro volere e dal nostro sforzo. Il compito, la sfida, è muoversi in uno spazio flessibile di possibilità, dove non tutto quello che si vorrebbe è, ma proprio per questo si è chiamati a reinventarsi, rimettere in gioco, cambiare prospettiva (che non vuol dire rinunciare al proprio sogno, se lo si sente così affine).
Lei non è impotente, di fronte agli accadimenti. Non abbiamo l’onnipotenza di un controllo totale, questo è vero.
Mi viene in mente una celebre frase di Viktor Frankl: Tra lo stimolo e la risposta c'è uno spazio; in questo spazio risiede il potere di scegliere la nostra risposta. In quella risposta c'è la nostra crescita e la nostra libertà’.
Spero sinceramente che Lei non perda il proprio scopo, ma credo davvero sarebbe utile, mentre cerca il suo spazio, la sua risposta e libertà, lavorare su questo aspetto che lei acutamente ha evidenziato.
Lavorare su se stessi, sull’ accettare che alcune frustrazioni sono inevitabili, ma non per forza una sentenza. Che non tutto è in nostro potere. E, mi preme dire, lavorare su quegli sporadici attacchi di panico e quel dolore per fortuna recenti, sul tono del suo umore, oltre che sul suo spirito ipercritico; possono esserci persone di particolare successo ai nostri occhi, ma l’autocritica porta a vedersi inadeguati in un mondo di vincenti (che non esiste). Lei è in gara con se stessa, in primis.
Mi rendo conto che il non supporto dei Suoi genitori può essere un ostacolo (economico e non solo) a una psicoterapia; ma Le consiglio caldamente di provare a intraprendere un percorso di questo tipo.
Nessuna chat può sostituire questo, e sarà prezioso per il Suo benessere e futuro.
Mi creda: lo spazio di fronte a Lei è tanto, e meno angusto e spaventoso di quel che Le sembra oggi, nel dolore.
Per quel che concerne l’aspetto universitario, come Le dicevo, provengo da tempi diversi dai Suoi e non so come avvenga il passaggio alla magistrale. Quando si è giovani (e non solo), la spinta verso l’ oltre e altro possono essere motori importanti e positivi, un’inquietudine sana, se non diventa una costante insoddisfazione.
Non posso quindi darLe consigli in proposito: non è soddisfatta dell’esperienza presso l’Ateneo o sarebbe proprio una formazione diversa presso l’Università che voleva scegliere? Nessuna possibilità che nel futuro prossimo vi sia accesso? Potrebbe essere che ci sia stato un approccio molto critico verso l’Ateneo (e la città) in cui è stata sinora, malgrado la qualità dell’offerta formativa?
E si torna a quella frase così significativa: tutti noi dobbiamo apprendere che ci sono limiti e paletti che sono indipendenti dal nostro volere e dal nostro sforzo. Il compito, la sfida, è muoversi in uno spazio flessibile di possibilità, dove non tutto quello che si vorrebbe è, ma proprio per questo si è chiamati a reinventarsi, rimettere in gioco, cambiare prospettiva (che non vuol dire rinunciare al proprio sogno, se lo si sente così affine).
Lei non è impotente, di fronte agli accadimenti. Non abbiamo l’onnipotenza di un controllo totale, questo è vero.
Mi viene in mente una celebre frase di Viktor Frankl: Tra lo stimolo e la risposta c'è uno spazio; in questo spazio risiede il potere di scegliere la nostra risposta. In quella risposta c'è la nostra crescita e la nostra libertà’.
Spero sinceramente che Lei non perda il proprio scopo, ma credo davvero sarebbe utile, mentre cerca il suo spazio, la sua risposta e libertà, lavorare su questo aspetto che lei acutamente ha evidenziato.
Lavorare su se stessi, sull’ accettare che alcune frustrazioni sono inevitabili, ma non per forza una sentenza. Che non tutto è in nostro potere. E, mi preme dire, lavorare su quegli sporadici attacchi di panico e quel dolore per fortuna recenti, sul tono del suo umore, oltre che sul suo spirito ipercritico; possono esserci persone di particolare successo ai nostri occhi, ma l’autocritica porta a vedersi inadeguati in un mondo di vincenti (che non esiste). Lei è in gara con se stessa, in primis.
Mi rendo conto che il non supporto dei Suoi genitori può essere un ostacolo (economico e non solo) a una psicoterapia; ma Le consiglio caldamente di provare a intraprendere un percorso di questo tipo.
Nessuna chat può sostituire questo, e sarà prezioso per il Suo benessere e futuro.
Mi creda: lo spazio di fronte a Lei è tanto, e meno angusto e spaventoso di quel che Le sembra oggi, nel dolore.
dr.ssa Alessia Ghisi Migliari
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.8k visite dal 17/06/2022.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.