Vivere con un (?) agorafobico
Gentili Dottori,
da più di due anni ho una relazione molto importante con un uomo che vive a 500 km da casa mia; ho dovuto aspettare la fine dell'università e dell'esame di stato per prendere in considerazione un trasferimento, in modo da mettere fine ai continui spostamenti (soprattutto miei) e poter construire una vita insieme.
Il problema è che, pur amando moltissimo il mio compagno, sono stanca di questa relazione, per mille motivi. Dal mio punto di vista lui è trincerato in un egoismo e in despotismo mostruosi, "obbligandomi" a fare tutto quello che vuole, mentre io, dalla mia parte, cerco spesso di accondiscendere per la mia innata paura dello scontro e della perdita... Potete immaginare che razza di cocktail venga fuori!
Recentemente la causa più grande della mia frustrazione è quella di non uscire mai di casa (un microlocale di 20mq, a esagerare) e di non essere minimamente considerata quando lui torna a casa la sera: si attacca al computer ed è quasi come se non esistessi... Sembra quasi un film anni 50, dove la moglie serve la cena al marito padrone, con le pantofole infilate e l'attenzione rivolta alla partita. Io mi sento più che in prigione e ho in continuazione attacchi di panico; ho provato a parlargliene e, messo alle strette, mi ha detto di essere depresso, di non avere voglia di uscire perché (forse) soffre di agorafobia. Quando gli ho chiesto di spiegarmi cosa sentisse, mi ha detto che sono intrusiva ed invadente.
Io mi sento presa in giro; se si tratta di uscire per un aperitivo con l'amico del cuore quando io non ci sono (se sono tornata nella mia città d'origine), la depressione e l'agorafobia svaniscono... Così come non aveva alcun segno di agorafobia l'estate scorsa, quando mi ha obbligata a girare l'Europa del nord in tenda, facendomi prendere una bronchite e fregandosene del mio stato di salute.
Quindi, in definitiva, io adesso sarei un mostro perché non voglio passare la vita dentro un tugurio di 20mq uscendo solo per fare la spesa, e trascorrendo tutti i fine settimana davanti al pc. Ho 26 anni e me ne sento addosso 110.
Mi ha detto che domani andrà a fare un colloquio al CSM, ma non so se poi effettivamente andrà o inventerà di nuovo delle scuse.
Scusate il disturbo, mi rendo conto che ci sono cose ben più gravi di questa, ma non so davvero più che fare... e sono talmente stressata ed esausta che ho paura di ammalarmi (basti pensare che ho perso 5 kg in poco tempo senza cambiare tenore di vita...)
Un caro saluto, e scusate ancora il disturbo.
da più di due anni ho una relazione molto importante con un uomo che vive a 500 km da casa mia; ho dovuto aspettare la fine dell'università e dell'esame di stato per prendere in considerazione un trasferimento, in modo da mettere fine ai continui spostamenti (soprattutto miei) e poter construire una vita insieme.
Il problema è che, pur amando moltissimo il mio compagno, sono stanca di questa relazione, per mille motivi. Dal mio punto di vista lui è trincerato in un egoismo e in despotismo mostruosi, "obbligandomi" a fare tutto quello che vuole, mentre io, dalla mia parte, cerco spesso di accondiscendere per la mia innata paura dello scontro e della perdita... Potete immaginare che razza di cocktail venga fuori!
Recentemente la causa più grande della mia frustrazione è quella di non uscire mai di casa (un microlocale di 20mq, a esagerare) e di non essere minimamente considerata quando lui torna a casa la sera: si attacca al computer ed è quasi come se non esistessi... Sembra quasi un film anni 50, dove la moglie serve la cena al marito padrone, con le pantofole infilate e l'attenzione rivolta alla partita. Io mi sento più che in prigione e ho in continuazione attacchi di panico; ho provato a parlargliene e, messo alle strette, mi ha detto di essere depresso, di non avere voglia di uscire perché (forse) soffre di agorafobia. Quando gli ho chiesto di spiegarmi cosa sentisse, mi ha detto che sono intrusiva ed invadente.
Io mi sento presa in giro; se si tratta di uscire per un aperitivo con l'amico del cuore quando io non ci sono (se sono tornata nella mia città d'origine), la depressione e l'agorafobia svaniscono... Così come non aveva alcun segno di agorafobia l'estate scorsa, quando mi ha obbligata a girare l'Europa del nord in tenda, facendomi prendere una bronchite e fregandosene del mio stato di salute.
Quindi, in definitiva, io adesso sarei un mostro perché non voglio passare la vita dentro un tugurio di 20mq uscendo solo per fare la spesa, e trascorrendo tutti i fine settimana davanti al pc. Ho 26 anni e me ne sento addosso 110.
Mi ha detto che domani andrà a fare un colloquio al CSM, ma non so se poi effettivamente andrà o inventerà di nuovo delle scuse.
Scusate il disturbo, mi rendo conto che ci sono cose ben più gravi di questa, ma non so davvero più che fare... e sono talmente stressata ed esausta che ho paura di ammalarmi (basti pensare che ho perso 5 kg in poco tempo senza cambiare tenore di vita...)
Un caro saluto, e scusate ancora il disturbo.
[#1]
Gentile signora, data la situazione dovreste recarvi in due da uno psicologo poichè sembra che il problema sia innanzitutto nella coppia e nella incapacità di venire incontro alle esigenze dell'altro. Un intervento sulla coppia sarebbe opportuno affinchè si definisca un nuovo contratto "psicologico" di convivenza. Ovviamente bisogna essere d'accordo in due.
cordialmente
cordialmente
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#2]
Utente
Gentile dott. De Vincentiis, la ringrazio innanzitutto della cortese risposta.
Il mio compagno mi aveva già proposto una terapia di coppia; io avevo accettato, ma ovviamente l'avevamo rimandata al periodo in cui avremmo vissuto entrambi nella stessa città, in modo da poter affrontare un percorso continuativo con il terapeuta.
E' passato qualche tempo e ho visto che lui non stava bene; ha iniziato a vomitare tutte le mattine prima di andare al lavoro, senza potersi trattenere... A volte mettendosi pure le dita in gola pur senza avere lo stimolo. Dice di avere qualcosa dentro che vuole "buttare fuori", ma non vuole dirmi di più. Ho cercato di farmi sentire vicina senza giudicarlo e gli ho proposto di andare a parlare, intanto, con il suo medico di base, in modo da chiedergli un consiglio.
Dopo un po' di tempo ha trovato il coraggio ed è andato, e il medico gli ha dato l'indirizzo di un CSM. Il mio compagno si è recato nel luogo indicatogli dal medico, ma gli hanno detto che avrebbe dovuto recarsi in un altro posto... Così è tornato a casa e così sono due settimane che rimanda.
Immagino(ma forse sbaglio) che non si possa contemporaneamente intraprendere un percorso terapeutico "personale" e uno "di coppia"... E, se da una parte mi viene da consigliargli di andare per conto suo al CSM, dall'altro mi sento presa in giro, perché prima mi dice che vuole fare qualcosa per sè (e di conseguenza per noi), ma poi non fa nulla.
E' stato lui a proporre la terapia di coppia... Poi mi ha detto di voler andare al CSM... Ma alla fine non fa niente
Il mio compagno mi aveva già proposto una terapia di coppia; io avevo accettato, ma ovviamente l'avevamo rimandata al periodo in cui avremmo vissuto entrambi nella stessa città, in modo da poter affrontare un percorso continuativo con il terapeuta.
E' passato qualche tempo e ho visto che lui non stava bene; ha iniziato a vomitare tutte le mattine prima di andare al lavoro, senza potersi trattenere... A volte mettendosi pure le dita in gola pur senza avere lo stimolo. Dice di avere qualcosa dentro che vuole "buttare fuori", ma non vuole dirmi di più. Ho cercato di farmi sentire vicina senza giudicarlo e gli ho proposto di andare a parlare, intanto, con il suo medico di base, in modo da chiedergli un consiglio.
Dopo un po' di tempo ha trovato il coraggio ed è andato, e il medico gli ha dato l'indirizzo di un CSM. Il mio compagno si è recato nel luogo indicatogli dal medico, ma gli hanno detto che avrebbe dovuto recarsi in un altro posto... Così è tornato a casa e così sono due settimane che rimanda.
Immagino(ma forse sbaglio) che non si possa contemporaneamente intraprendere un percorso terapeutico "personale" e uno "di coppia"... E, se da una parte mi viene da consigliargli di andare per conto suo al CSM, dall'altro mi sento presa in giro, perché prima mi dice che vuole fare qualcosa per sè (e di conseguenza per noi), ma poi non fa nulla.
E' stato lui a proporre la terapia di coppia... Poi mi ha detto di voler andare al CSM... Ma alla fine non fa niente
[#3]
visto che la proposta è partita da lui,ne approfitti, glielo ricordi e insista in tal senso. Dia l'idea che vuole mettere anche se stessa in discussione affinchè non si sentirà solo o giudicato. E' la coppia che deve essere curata. Partite da questo presupposto.
saluti
saluti
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 3k visite dal 27/06/2009.
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