Dipendenza affettiva da genitore in età adulta
Salve, sono una donna adulta ma ho un problema di dipendenza affettiva da mia madre, io non lavoro e vivo ancora con lei (mio padre non c'è più, siamo solo io e lei da molti anni), lei è stata sempre molto manipolativa con me, mi fa sentire in colpa per qualsiasi cosa, anche e soprattutto per il fatto che mi mantiene e che ha fatto infiniti sacrifici per crescermi, il problema è che probabilmente soffre di qualche disturbo mai diagnosticato caratterizzato da molta ansia e paura del mondo esterno, inoltre è una persona molto all'antica e "religiosa", da ragazzina non ho mai fatto una gita per questo motivo, perché secondo lei era pericoloso e sembrerà assurdo ma anche ora che sono una donna adulta non sono mai uscita dalla mia regione ne ho mai passato una notte fuori casa proprio per questa sua ansia.
Quando esco mi chiama molte volte facendomi stare con l'ansia (ripeto ha un fare molto manipolativo e mi convince che se non torno a casa subito si sentirà male) tra l'altro è come se mi considerasse una bambina non una donna, pensa che sia incapace di badare a me stessa, probabilmente perché ho un carattere un pò introverso e chiuso e quindi riesce a convincermi che qualsiasi tentativo che farò per cercarmi un lavoro sarà fallimentare perché non sono capace (secondo lei) di fare alcun tipo di lavoro, ovviamente non sono laureata perché non avrei mai potuto trasferirmi all'università o viaggiare con il suo assillo.
Negli anni ho comunque cercato di conquistarmi un pò di libertà frequentando un'uomo, va da se che questa persona si è stancata di questa assurda situazione e della continua e oppressiva presenza di mia madre (che era capace di chiamarlo anche dieci volte per sera se uscivamo insieme) e mi ha lasciata.
Io so benissimo di avere un problema, so che le persone hanno ragione quando mi dicono che questa situazione è assurda, so che dovrei rompere questa catena che lega entrambe ma non so come fare, il mio senso di colpa nell'abbandonarla e "farla sentire male" (come lei spesso mi dice per fare pressione psicologica su di me) è troppo forte, tra l'altro le paure che mi ha inculcato negli anni, sono anch'esse molto forti, in realtà io non ho "paura del mondo esterno" come lei, so che non c'è nulla da avere paura, mi sento semplicemente inadeguata al mondo esterno, (è come se non valessi nulla) per cui mi rinchiudo in casa.
Mi dicono tutti che dovrei semplicemente "mandarla a quel paese" e tagliare i ponti, ma per me è impensabile fare una cosa del genere, so che la ferirei troppo.
Vorrei sapere come poter risolvere questa situazione, potrei andare da una psicologa per gestire i miei di disturbi ma non posso convincere lei ad andarci, so che non ci andrebbe.
Come devo comportarmi con lei?
Quando esco mi chiama molte volte facendomi stare con l'ansia (ripeto ha un fare molto manipolativo e mi convince che se non torno a casa subito si sentirà male) tra l'altro è come se mi considerasse una bambina non una donna, pensa che sia incapace di badare a me stessa, probabilmente perché ho un carattere un pò introverso e chiuso e quindi riesce a convincermi che qualsiasi tentativo che farò per cercarmi un lavoro sarà fallimentare perché non sono capace (secondo lei) di fare alcun tipo di lavoro, ovviamente non sono laureata perché non avrei mai potuto trasferirmi all'università o viaggiare con il suo assillo.
Negli anni ho comunque cercato di conquistarmi un pò di libertà frequentando un'uomo, va da se che questa persona si è stancata di questa assurda situazione e della continua e oppressiva presenza di mia madre (che era capace di chiamarlo anche dieci volte per sera se uscivamo insieme) e mi ha lasciata.
Io so benissimo di avere un problema, so che le persone hanno ragione quando mi dicono che questa situazione è assurda, so che dovrei rompere questa catena che lega entrambe ma non so come fare, il mio senso di colpa nell'abbandonarla e "farla sentire male" (come lei spesso mi dice per fare pressione psicologica su di me) è troppo forte, tra l'altro le paure che mi ha inculcato negli anni, sono anch'esse molto forti, in realtà io non ho "paura del mondo esterno" come lei, so che non c'è nulla da avere paura, mi sento semplicemente inadeguata al mondo esterno, (è come se non valessi nulla) per cui mi rinchiudo in casa.
Mi dicono tutti che dovrei semplicemente "mandarla a quel paese" e tagliare i ponti, ma per me è impensabile fare una cosa del genere, so che la ferirei troppo.
Vorrei sapere come poter risolvere questa situazione, potrei andare da una psicologa per gestire i miei di disturbi ma non posso convincere lei ad andarci, so che non ci andrebbe.
Come devo comportarmi con lei?
[#1]
Gentile utente,
Noi qui ci occupiamo di chi ci scrive, cioè Lei.
E' Lei che prova disagio nel sentirsi imprigionata da questa situazione,
è Lei che nei fatti è "una una bambina non una donna" mantenuta in quanto senza indipendenza economica; e in quanto tale non ha nemmeno diritto di parola e di azione, deve solo obbedire in quanto priva di alternative concrete.
Sembra impossibile quanto l'indipendenza economica possa essere strettamente collegata all'autonomia psicologica, ma il doloroso quadro che lei lucidamente ci presenta ne è palese testimonianza.
D'altra parte non sarà certo attraverso uno strappo che Lei si staccherà la Sua madre, considerato che il "mandarla a quel paese e tagliare i ponti come mi consigliano tutti" (tutti chi?) riempie talmente di sensi di colpa da far prevedere un rientro a tempi brevissimi nella situazione precedente.
E nemmeno la frequentazione di un uomo può fornirLe quella sufficiente energia tale da metterLa in grado di fare il passo di crescita verso l'autonomia, considerato che il cordone ombelicale è molto più forte che non una frequentazione recente. Ma poi, se uscisse dalla casa di Sua madre, dovrebbe farsi mantenere da un uomo? La situazione potrebbe essere ancora peggiore.
Dunque quali alternative rimangono?
Lei dice di sé:
"Io so benissimo di avere un problema",
ed inoltre:
"..potrei andare da una psicologa per gestire i miei disturbi ma non posso convincere lei ad andarci..".
La soluzione per risolvere il problema di co-dipendenza di cui Lei ci parla è quella di effettuare un percorso psicologico Lei personalmente:
è Lei che sente di doversi liberare,
è Lei che chiede di diventare autonoma affettivamente ed economicamente,
è Lei che di sè dice ".. so che dovrei rompere questa catena che lega entrambe" anche se non sa "come fare". Certo non sarà Sua madre ad andare dall* Psicolog*, dato che essa (stando alla Sua narrazione) parrebbe ricavare solo vantaggi dalla situazione.
Considerata l'assenza di reddito proprio, mi permetto di segnalarLe le risorse che il Servizio Sanitario Nazionale mette a disposizione nel settore psicologico:
la psicologia e la psicoterapia sono comprese tra le prestazioni che esso (la mutua, comunemente chiamata) fornisce, anche se con una certa parsimonia a dire il vero.
E dunque chi ne ha bisogno/esigenza può rivolgersi
. al Consultorio pubblico telefonando e prendendo un appuntamento ( https://www.salute.gov.it/portale/donna/consultoriDonna.jsp?lingua=italiano&id=4524&area=Salute%20donna&menu=consultori ),
. al Servizio di Psicologia,
. al Centro di igiene mentale,
sempre e solo dietro pagamento di un modesto ticket, quando la persona non sia addirittura esente per reddito, per patologia ecc..
. Dal 2022 inoltre si va ad aggiungere un *Bonus per la psicoterapia gratuita*, come potrà leggere qui:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/8894-psicoterapia-gratuita-con-il-bonus.html (siamo in attesa delle modalità di accesso).
Come vede, le opportunità non mancano, se si ha la pazienza di accettare la lista d'attesa come per ogni altra prestazione sanitaria.
Di non secondaria importanza è il fatto che Lei prenda l'appuntamento da sola e che possa recarsi da sola ai colloqui, evitando di informare preventivamente Sua madre di quanto intende fare: il primo passo verso l'autonomia sta nella riservatezza sulle scelte personali.
Si ritiene, ci riscriva qui. Le risponderemo volentieri.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Noi qui ci occupiamo di chi ci scrive, cioè Lei.
E' Lei che prova disagio nel sentirsi imprigionata da questa situazione,
è Lei che nei fatti è "una una bambina non una donna" mantenuta in quanto senza indipendenza economica; e in quanto tale non ha nemmeno diritto di parola e di azione, deve solo obbedire in quanto priva di alternative concrete.
Sembra impossibile quanto l'indipendenza economica possa essere strettamente collegata all'autonomia psicologica, ma il doloroso quadro che lei lucidamente ci presenta ne è palese testimonianza.
D'altra parte non sarà certo attraverso uno strappo che Lei si staccherà la Sua madre, considerato che il "mandarla a quel paese e tagliare i ponti come mi consigliano tutti" (tutti chi?) riempie talmente di sensi di colpa da far prevedere un rientro a tempi brevissimi nella situazione precedente.
E nemmeno la frequentazione di un uomo può fornirLe quella sufficiente energia tale da metterLa in grado di fare il passo di crescita verso l'autonomia, considerato che il cordone ombelicale è molto più forte che non una frequentazione recente. Ma poi, se uscisse dalla casa di Sua madre, dovrebbe farsi mantenere da un uomo? La situazione potrebbe essere ancora peggiore.
Dunque quali alternative rimangono?
Lei dice di sé:
"Io so benissimo di avere un problema",
ed inoltre:
"..potrei andare da una psicologa per gestire i miei disturbi ma non posso convincere lei ad andarci..".
La soluzione per risolvere il problema di co-dipendenza di cui Lei ci parla è quella di effettuare un percorso psicologico Lei personalmente:
è Lei che sente di doversi liberare,
è Lei che chiede di diventare autonoma affettivamente ed economicamente,
è Lei che di sè dice ".. so che dovrei rompere questa catena che lega entrambe" anche se non sa "come fare". Certo non sarà Sua madre ad andare dall* Psicolog*, dato che essa (stando alla Sua narrazione) parrebbe ricavare solo vantaggi dalla situazione.
Considerata l'assenza di reddito proprio, mi permetto di segnalarLe le risorse che il Servizio Sanitario Nazionale mette a disposizione nel settore psicologico:
la psicologia e la psicoterapia sono comprese tra le prestazioni che esso (la mutua, comunemente chiamata) fornisce, anche se con una certa parsimonia a dire il vero.
E dunque chi ne ha bisogno/esigenza può rivolgersi
. al Consultorio pubblico telefonando e prendendo un appuntamento ( https://www.salute.gov.it/portale/donna/consultoriDonna.jsp?lingua=italiano&id=4524&area=Salute%20donna&menu=consultori ),
. al Servizio di Psicologia,
. al Centro di igiene mentale,
sempre e solo dietro pagamento di un modesto ticket, quando la persona non sia addirittura esente per reddito, per patologia ecc..
. Dal 2022 inoltre si va ad aggiungere un *Bonus per la psicoterapia gratuita*, come potrà leggere qui:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/8894-psicoterapia-gratuita-con-il-bonus.html (siamo in attesa delle modalità di accesso).
Come vede, le opportunità non mancano, se si ha la pazienza di accettare la lista d'attesa come per ogni altra prestazione sanitaria.
Di non secondaria importanza è il fatto che Lei prenda l'appuntamento da sola e che possa recarsi da sola ai colloqui, evitando di informare preventivamente Sua madre di quanto intende fare: il primo passo verso l'autonomia sta nella riservatezza sulle scelte personali.
Si ritiene, ci riscriva qui. Le risponderemo volentieri.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Gentile Dottoressa, la ringrazio per la sua risposta, si, è proprio così, la dipendenza economica gioca un ruolo cruciale in questa mia situazione di co-dipendenza, di fatto se fossi economicamente autonoma mi sentirei anche più utile, contribuirei alle spese famigliari e di conseguenza mi sentirei più libera di poter "azzardare delle pretese" in più, (anche se sembra assurdo usare il termine pretese perché sono una donna adulta e in teoria dovrei essere libera di decidere autonomamente per me). So che molte altre donne vivono situazioni come la mia ma in contesti diversi, ad esempio con il compagno e il primo passo verso l'indipendenza in questi casi come dice lei è spesso quello di acquisire un'indipendenza economica.
Sicuramente mia madre non lo fa con cattiveria, lo fa perché teme il mio abbandono (che in ogni caso non avverrà mai, non sono il tipo che abbandonerebbe una mamma, che tra l'altro è rimasta da sola senza marito molto presto, neanche fossi indipendente e vivessi per conto mio) ma negli anni mi ha inculcato l'idea che io non sia capace di lavorare per questo è difficile per me rendermi economicamente autonoma ma è un passo da fare, sicuramente non da sola ma con l'aiuto di un professionista. Cordiali saluti.
Sicuramente mia madre non lo fa con cattiveria, lo fa perché teme il mio abbandono (che in ogni caso non avverrà mai, non sono il tipo che abbandonerebbe una mamma, che tra l'altro è rimasta da sola senza marito molto presto, neanche fossi indipendente e vivessi per conto mio) ma negli anni mi ha inculcato l'idea che io non sia capace di lavorare per questo è difficile per me rendermi economicamente autonoma ma è un passo da fare, sicuramente non da sola ma con l'aiuto di un professionista. Cordiali saluti.
[#3]
Ci dice:
>> di fatto se fossi economicamente autonoma mi sentirei anche più utile, contribuirei alle spese famigliari e di conseguenza mi sentirei più libera di poter azzardare delle pretese. <<
È vero, condivido; ma occorre evitare che i *SE* diventino degli alibi per l’immobilismo personale.
Di fatto autonoma economicamente oggi non lo è, ed è questo il punto di partenza: presa d’atto dolorosa ma realistica. E’ con queste scarpe che occorre camminare, al momento non ce ne sono altre disponibili purtroppo.
Ci piacerebbe avere Sue notizie,
di conferma che ha iniziato un percorso psy.
Non permetta che il tempo scorra, in maniera irreversibile.
Grazie dell’apprezzamento.
Noi qui ci siamo.
Dott. Brunialti
>> di fatto se fossi economicamente autonoma mi sentirei anche più utile, contribuirei alle spese famigliari e di conseguenza mi sentirei più libera di poter azzardare delle pretese. <<
È vero, condivido; ma occorre evitare che i *SE* diventino degli alibi per l’immobilismo personale.
Di fatto autonoma economicamente oggi non lo è, ed è questo il punto di partenza: presa d’atto dolorosa ma realistica. E’ con queste scarpe che occorre camminare, al momento non ce ne sono altre disponibili purtroppo.
Ci piacerebbe avere Sue notizie,
di conferma che ha iniziato un percorso psy.
Non permetta che il tempo scorra, in maniera irreversibile.
Grazie dell’apprezzamento.
Noi qui ci siamo.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 11.7k visite dal 04/06/2022.
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