Perché non si cambia?
Buonasera.
Premetto che ho una lunga e variegata storia di psicoterapia alle spalle.
Ora ho 57 anni.
I miei genitori sono morti e non ho alcun familiare.
Dal lavoro su me stessa, attraverso psicologi di vari indirizzi, ho compreso che sono affettivamente dipendente, ma contemporaneamente evitante.
Sono stata una bambina trascurata, poco amata, costantemente spronata al perfezionismo.
Attualmente sono
ipersensibile, insicura e ipercontrollata.
Non ho mai provato piacere nelle relazioni sessuali, anche se ero innamorata del partner.
In questa consolante cornice, mi ero rassegnata a rimanere da sola quando nella mia vita è apparso un uomo che mi ha aiutato molto nel drammatico momento in cui ho perso mia madre.
Questa persona non c'entrava niente con me... ma io ho cercato di aiutarlo in una situazione di vita che lo angustiava.
Non vi era alcun dialogo tra noi, ma molta affettività da parte sua (che io apprezzavo) e molte richieste sessuali, a cui io solo saltuariamente rispondevo.
È nata una specie di relazione, durata quasi tre anni.
Ora quest'uomo ha (giustamente) trovato una donna più adatta a lui e più affettuosa di me.
Nei miei confronti si mostra totalmente indifferente.
ll problema è che io ora mi sento straziata... la mia condizione emotiva è davvero preoccupante, tale di impedirmi di lavorare e di provare piacere nelle attività ricreative.
Io non amavo Romano, ma ne ero (e ne sono) inspiegabilmente legata.
Uno psichiatra mi ha prescritto degli antidepressivi, ma la sofferenza ed il terribile/mortale senso di vuoto non passano.
Vi chiedo, gentili dottori, un parere sulla mia storia ed un suggerimento su quale strada intraprendere.
Inoltre, una valutazione su questo: perché tutto il lavoro introspettivo fatto su me stessa, tutte le conoscenze faticosamente raccolte, non sono bastate a tutelarmi dal dolore?
Grazie.
Premetto che ho una lunga e variegata storia di psicoterapia alle spalle.
Ora ho 57 anni.
I miei genitori sono morti e non ho alcun familiare.
Dal lavoro su me stessa, attraverso psicologi di vari indirizzi, ho compreso che sono affettivamente dipendente, ma contemporaneamente evitante.
Sono stata una bambina trascurata, poco amata, costantemente spronata al perfezionismo.
Attualmente sono
ipersensibile, insicura e ipercontrollata.
Non ho mai provato piacere nelle relazioni sessuali, anche se ero innamorata del partner.
In questa consolante cornice, mi ero rassegnata a rimanere da sola quando nella mia vita è apparso un uomo che mi ha aiutato molto nel drammatico momento in cui ho perso mia madre.
Questa persona non c'entrava niente con me... ma io ho cercato di aiutarlo in una situazione di vita che lo angustiava.
Non vi era alcun dialogo tra noi, ma molta affettività da parte sua (che io apprezzavo) e molte richieste sessuali, a cui io solo saltuariamente rispondevo.
È nata una specie di relazione, durata quasi tre anni.
Ora quest'uomo ha (giustamente) trovato una donna più adatta a lui e più affettuosa di me.
Nei miei confronti si mostra totalmente indifferente.
ll problema è che io ora mi sento straziata... la mia condizione emotiva è davvero preoccupante, tale di impedirmi di lavorare e di provare piacere nelle attività ricreative.
Io non amavo Romano, ma ne ero (e ne sono) inspiegabilmente legata.
Uno psichiatra mi ha prescritto degli antidepressivi, ma la sofferenza ed il terribile/mortale senso di vuoto non passano.
Vi chiedo, gentili dottori, un parere sulla mia storia ed un suggerimento su quale strada intraprendere.
Inoltre, una valutazione su questo: perché tutto il lavoro introspettivo fatto su me stessa, tutte le conoscenze faticosamente raccolte, non sono bastate a tutelarmi dal dolore?
Grazie.
[#1]
>>> Io non amavo Romano, ma ne ero (e ne sono) inspiegabilmente legata
Perché probabilmente l'amore è stato qualcosa che da un certo punto in poi non si è più potuta permettere. Amare costa ed evidentemente la sua pelle troppo sottile (o assottigliata dall'educazione) le ha impedito di sopportare senza scossoni tale costo. Oltretutto può essere molto difficile lasciarsi andare e amare quando non ci si è sentiti amati. E quindi per reazione si può diventare controllanti, ipercritici, insicuri. Ma queste cose probabilmente gliele avranno già spiegate.
>>> perché tutto il lavoro introspettivo fatto su me stessa, tutte le conoscenze faticosamente raccolte, non sono bastate a tutelarmi dal dolore?
Perché l'introspezione ha poco a che vedere con cosa fare dopo. Capire esattamente da dove viene un problema non dà, di per sé, alcuno strumento per superarlo. Da un punto di vista strategico il modo migliore per cambiare è iniziare a farlo dai comportamenti. Non so se nella variegata storia terapeutica alle sue spalle le abbiano mai proposto in concreto di cambiare i suoi comportamenti, e in che modo, ma questo è il modo in cui molti comuni disturbi psicologici possono essere risolti, anche velocemente. Cambiando i comportamenti si cambiano le percezioni che si ricevono. E di conseguenza cambiano anche gli atteggiamenti.
Va detto che certe condizioni possono essere più difficili e resistenti da trattare, soprattutto quelle che affondano le radici nella personalità dell'individuo. Ma anche per queste è possibile fare molto.
Perché probabilmente l'amore è stato qualcosa che da un certo punto in poi non si è più potuta permettere. Amare costa ed evidentemente la sua pelle troppo sottile (o assottigliata dall'educazione) le ha impedito di sopportare senza scossoni tale costo. Oltretutto può essere molto difficile lasciarsi andare e amare quando non ci si è sentiti amati. E quindi per reazione si può diventare controllanti, ipercritici, insicuri. Ma queste cose probabilmente gliele avranno già spiegate.
>>> perché tutto il lavoro introspettivo fatto su me stessa, tutte le conoscenze faticosamente raccolte, non sono bastate a tutelarmi dal dolore?
Perché l'introspezione ha poco a che vedere con cosa fare dopo. Capire esattamente da dove viene un problema non dà, di per sé, alcuno strumento per superarlo. Da un punto di vista strategico il modo migliore per cambiare è iniziare a farlo dai comportamenti. Non so se nella variegata storia terapeutica alle sue spalle le abbiano mai proposto in concreto di cambiare i suoi comportamenti, e in che modo, ma questo è il modo in cui molti comuni disturbi psicologici possono essere risolti, anche velocemente. Cambiando i comportamenti si cambiano le percezioni che si ricevono. E di conseguenza cambiano anche gli atteggiamenti.
Va detto che certe condizioni possono essere più difficili e resistenti da trattare, soprattutto quelle che affondano le radici nella personalità dell'individuo. Ma anche per queste è possibile fare molto.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#3]
La sua età non è troppo avanzata per un cambiamento, a patto che sia sufficiente motivata e pronta a mettere in atto comportamenti cosiddetti controattitudinali, che cioè non le vengono "spontanei". Ma che però lo diventeranno via via.
Riguardo al tipo di approccio terapeutico, l'importante è che inizi a vedere dei cambiamenti molto presto, dopo poche sedute. La ricerca ha dimostrato che se in 20 sedute circa in qualunque percorso terapeutico ancora non si sono prodotti risultati nella direzione attesa, è inutile continuarla.
Può leggere questo articolo per chiarimenti su cosa dovrebbe avvenire in terapia:
https://www.giuseppesantonocito.com/art_psicoterapia.htm
La terapia cognitivo-comportamentale non è unica, ne esistono molte varianti. Le suggerirei una di quelle dove si dà più peso all'aspetto comportamentale che a quello cognitivo, come quelle basate sugli approcci iniziali di Beck ed Ellis. Oppure, se non l'ha mai fatta, può provare una terapia strategica.
Riguardo al tipo di approccio terapeutico, l'importante è che inizi a vedere dei cambiamenti molto presto, dopo poche sedute. La ricerca ha dimostrato che se in 20 sedute circa in qualunque percorso terapeutico ancora non si sono prodotti risultati nella direzione attesa, è inutile continuarla.
Può leggere questo articolo per chiarimenti su cosa dovrebbe avvenire in terapia:
https://www.giuseppesantonocito.com/art_psicoterapia.htm
La terapia cognitivo-comportamentale non è unica, ne esistono molte varianti. Le suggerirei una di quelle dove si dà più peso all'aspetto comportamentale che a quello cognitivo, come quelle basate sugli approcci iniziali di Beck ed Ellis. Oppure, se non l'ha mai fatta, può provare una terapia strategica.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.4k visite dal 04/06/2022.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.